start up diritto dell\'unione europea ipercompendio simone PDF

Title start up diritto dell\'unione europea ipercompendio simone
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale

Da anni si diventa notai, magistrati, avvocati, funzionari di enti pubblici e privati anche grazie al supporto delle Edizioni Simone che, per taglio, selezione degli argomenti, sistematica espositiva, aggiornamento e veste grafica, costituiscono gli strumenti ideali per lo studio, l’approfondimento e il ripasso. Così anche nelle collane universitarie, di cui gli ipercompendi fanno parte, vengono esposti gli argomenti di studio nella maniera più agevole e, soprattutto, tenendo conto delle reali esigenze di chi deve superare gli esami. Ci auguriamo che anche i lettori di questo ipercompendio possano trarre gli opportuni vantaggi raggiungendo risultati di eccellenza. In bocca al lupo, l’Editore.

Nella stessa collana: IP1 IP2 IP3 IP4 IP5 IP6 IP7 IP8 IP9 IP10 IP11 IP12

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Ipercompendio di diritto del lavoro Ipercompendio di diritto pubblico e costituzionale Ipercompendio di diritto penale Ipercompendio di diritto amministrativo Ipercompendio di diritto civile Ipercompendio di diritto commerciale Ipercompendio di diritto processuale penale Ipercompendio di diritto processuale civile Ipercompendio di istituzioni di diritto romano Ipercompendio di economia politica Ipercompendio di diritto dell’Unione Europea Ipercompendio di economia aziendale

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Coordinamento redazionale a cura della dott.ssa Simonetta Gerli Hanno collaborato all’aggiornamento di questa edizione le dott.sse Giovanna Cammilli e Sara Pugliese

Finito di stampare nel mese di giugno 2010 dalle «Arti Grafiche Italo Cernia» - Via Capri, 67 - Casoria (NA) per conto della «Esselibri S.p.A.» - Via F. Russo, 33/D - 80123 (Napoli)

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

PREMESSA Apriamo il nostro manuale per prepararci all’esame … Cominciamo a leggere… Poi … continuiamo … Nelle pagine che si susseguono incontriamo righi e righi da cui estrapolare nozioni e concetti da capire, selezionare e memorizzare. Sentiamo subito il bisogno, per entrare nel vivo della materia, di sottolineare le parole più importanti e di segnare brevi annotazioni a margine per imprimere nella nostra mente le parole cardine e la sequenza logica di quanto stiamo apprendendo. Il testo che abbiamo di fronte non è un romanzo che si divora in poco tempo, ma un testo universitario che ci costringe a leggere, rileggere, analizzare, consapevoli che dalla corretta conoscenza dei suoi contenuti dipenderà l’esito del nostro esame, gli umori dei giorni a venire, la tensione della preparazione… Quali argomenti prediligere? Quali approfondire con più attenzione? Solo il dopo-esame ci potrà confermare se abbiamo centrato i cardini della materia e soddisfatto esaurientemente le aspettative del docente! Ma perché non cambiare sistema? E come? Oltre al prezioso elenco delle «domande» d’esame diligentemente raccolte prima di affrontare la prova, cos’altro può venirci incontro? Gli ipercompendi, strumenti didattici di ultima generazione, costituiscono pratiche guide che, affiancate al manuale adottato, consentono di ripercorrere in forma sintetica e sistematica le linee espositive del programma. L’ipercompendio è una stimolante opportunità per sfuggire dalla monotonia di pagine tutte uguali: il colore, il neretto, le schede, le mappe concettuali permettono di ottimizzare la preparazione, «navigare» nella materia, tenere viva la curiosità di apprendere, e, soprattutto, migliorare attraverso l’ausilio della memoria visiva la memorizzazione. L’ipercompendio offre poi, in appendice, un glossario di particolare utilità per il ripasso finale, momento nel quale occorre concentrarsi sugli argomenti più ostici, sulle domande più «gettonate» per avere un quadro finale sintetico e completo della disciplina. Basta sfogliarlo per frugare gli ultimi dubbi terminologici, colmare possibili lacune, ordinare il pensiero e dormire più tranquilli la notte che precede l’esame. L’ipercompendio ha così compiuto la sua missione!

I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea

Capitolo Primo I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea

L

’idea di costruire un’Europa unita nacque nel 1950 con la proposta di Robert Schuman di mettere l’intera produzione francese e tedesca del carbone e dell’acciaio sotto il controllo di un’organizzazione comune. L’obiettivo era di pervenire alla formazione di un’unione economica cui avrebbero potuto aderire gradatamente gli altri Stati europei. La proposta Schuman portò nel 1951 alla firma del Trattato di Parigi con il quale fu creata la Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA). L’esperienza positiva della CECA indusse gli Stati membri a promuovere altre forme di cooperazione; con l’entrata in vigore dei Trattati di Roma nel 1957 nacquero, così, la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM). L’obiettivo comune di tali comunità era rappresentato da una unione doganale cui sarebbe dovuta seguire la creazione di un’area economica integrata col divieto di applicare dazi e con l’adozione di una tariffa doganale comune. I Trattati istitutivi delle Comunità europee sono stati modificati e integrati diverse volte nel corso degli anni, sia per tener conto delle esigenze degli Stati che hanno aderito successivamente alla stipula del contratto (oggi gli Stati membri sono 27) che per ampliare il raggio d’azione delle Comunità (dall’idea iniziale dell’unione doganale si è giunti, attraverso varie tappe, all’unione economica e monetaria che ha condotto, il 1° gennaio 2002, all’adozione di una moneta unica, l’euro, per la maggior parte degli Stati europei. 1. LA DICHIARAZIONE SCHUMAN E LA NASCITA DELLA CECA Il 9 maggio 1950, l’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman rendeva pubblica una dichiarazione con la quale proponeva di «mettere l’intera produzione francese e tedesca del carbone e dell’acciaio sotto una comune Alta autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei». Per capire il senso della proposta francese si deve ricordare che lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di carbone e di acciaio della Ruhr e della Saar era stato in passato il motivo scatenante di vari conflitti tra la Francia e la Germania e, nel corso della prima metà del ‘900, di due conflitti mondiali. Inoltre, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati occidentali (in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna) volevano evitare un nuovo isolamento della Germania, anche nell’ottica di contrastare, col baluardo tedesco, l’affermarsi del blocco sovietico nell’Europa centro-orientale.

L’esperienza che si voleva realizzare con la costruzione dell’unione carbosiderurgica era del tutto originale; a differenza delle altre organizzazioni internazionali, in questo caso nasceva una figura nuova, una comunità internazionale nella quale i singoli Stati membri cedevano quote sovranità (v. in Appendice voce → Sovranazionalità) (anche se in un settore limitato) ad un organismo superiore, che avrebbe gestito la politica comune nel settore.

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Si inaugurava in questo modo un approccio funzionalista al processo di integrazione europea, che doveva attuarsi attraverso il graduale trasferimento di compiti e funzioni in settori limitati a istituzioni sovranazionali, indipendenti dagli Stati, capaci di gestire in modo autonomo le risorse comuni (il cd. sector by sector approach). La favorevole accoglienza alla proposta Schuman, che nel frattempo aveva ricevuto anche l’adesione dell’Italia, del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi, portò alla firma del Trattato di Parigi il 18 aprile 1951 (entrato in vigore il 23 luglio 1952), con il quale fu creata la Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA). Il trattato CECA aveva, però, durata cinquantennale ed è giunto a scadenza il 23 luglio 2002. Le attribuzioni della CECA sono state assorbite dall’Unione europea (oggi subentrata alla Comunità europea). 2. LA CREAZIONE DELLA CEE E DELL’EURATOM La positiva esperienza dei primi anni di attività della CECA indusse i governi degli Stati aderenti a promuovere nuove e più ampie forme di integrazione. Ben presto quegli stessi Stati avviarono le trattative per costituire altre due Comunità. Nel corso dell’incontro tenutosi a Messina il 1° giugno 1955 i ministri degli esteri dei sei delinearono le tappe per la costituzione della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom o CEEA) e della Comunità economica europea (CEE), affidando ad un Comitato di delegati governativi il compito di esaminare, perfezionare e trasformare in strumenti concreti le direttive e le idee scaturite dalla conferenza. I negoziati per la stesura dei nuovi trattati iniziarono il 30 maggio 1956 e si conclusero nel mese di febbraio dell’anno successivo. I due testi furono ufficialmente firmati a Roma il 25 marzo 1957 e le due organizzazioni poterono cominciare a lavorare a partire dal 1° gennaio 1958 (v. in Appendice voce → Trattati di Roma). Con la ratifica dei trattati comunitari è stato istituito un nuovo tipo di ordinamento giuridico (nel campo del diritto internazionale) che impone agli Stati membri determinati comportamenti per il raggiungimento di una unione economica e monetaria tra gli stessi. La caratteristica di tale comunità sovranazionale è rappresentata dal fatto che i rapporti fra gli Stati membri non sono improntati alla mera coordinazione intergovernativa per il raggiungimento dei fini dell’ente, ma sono subordinati direttamente (solo in determinati campi) alla volontà superiore dell’ente stesso, che travalica la volontà dei singoli Stati membri. L’or dinamento comunitario (oggi dell’Unione europea) è, infatti, in grado di imporsi direttamente ai singoli Stati membri e, pertanto, si caratterizza come organizzazione sovranazionale, ossia come un’unione di Stati fornita di istituzioni legittimate ad emanare provvedimenti di carattere generale, nonché provvedimenti di carattere individuale (ordini e sanzioni) che non hanno necessità di essere recepiti dai singoli Stati partecipanti, ma che entrano a far parte direttamente nell’ordinamento nazionale dei vari Stati. Rispetto alle organizzazioni di semplice cooperazione (vale a dire le classiche organizzazioni internazionali), le Comunità europee (ora sostituite dall’UE) presentano alcune particolarità: infatti, perché si realizzi il processo di integrazione, occorre che gli Stati membri limitino in qualche modo la propria sovranità, delegando alle istituzioni dell’organizzazione il potere di prendere decisioni in via esclusiva e vincolanti in nome e per conto di tutti i membri, riconoscendo diretta applicabilità alle norme emanante dagli organi di vertice. Naturale conseguenza di questa impostazione è la creazione di una serie di vincoli all’esercizio di determinate attività dello Stato in numerosi settori, nei quali i singoli paesi non sono più liberi di agire, ma sono tenuti a rispettare la volontà delle istituzioni comunitarie (oggi dell’Unione). Settori come la gestione delle risorse agricole o i rapporti commerciali con gli Stati terzi sono ormai completamente gestiti in ambito europeo. Altri settori, invece, sono sottoposti a regolamentazioni comuni che spesso impongono l’adozione di determinate misure interne.

I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea

➤ Firma del trattato istitutivo: Parigi, 18 aprile 1951 ➤ Stati firmatari: Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo ➤ Entrata in vigore: 23 luglio 1952 CECA

➤ Scadenza: il trattato è stato firmato per un periodo di 50 anni. È venuto a scadenza il 23 luglio 2002 ➤ Obiettivo: cooperazione nel settore del carbone e dell’acciaio in vista del raggiungimento di un’unione economica fra gli Stati europei ➤ Istituzioni

• Alta autorità • Consiglio dei ministri • Corte di giustizia

➤ Firma dei trattati istitutivi: Roma, 25 marzo 1957 ➤ Entrata in vigore: 1° gennaio 1958 ➤ Stati firmatari: Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo CEE ed EURATOM

➤ Obiettivi fondamentali: creazione di un mercato comune e una politica comune nel settore dell’energia nucleare

➤ Istituzioni

• Assemblea (in comune con la CECA) • Consiglio • Commissione • Corte di giustizia (in comune con la CECA)

3. L’UNIONE DOGANALE Mentre il Trattato CECA prevedeva l’instaurazione di un’area di libero scambio limitatamente al settore carbo-siderurgico (che comportava l’abolizione ai dazi doganali interni e la soppressione di qualunque limite all’importazione ed esportazione di carbone e acciaio tra gli Stati membri), i Trattati CEE ed Euratom gettavano le basi per la creazione di un’unione doganale, ossia di un’area economica in cui vigono: — il divieto di applicare dazi o altre tasse di effetto equivalente ovvero introdurre qualsiasi altra regolamentazione che limiti la libera circolazione delle merci provenienti dal territorio di uno degli Stati membri; — una tariffa doganale comune, che si applica ai prodotti importati da Stati terzi, per evitare che l’applicazione di una tariffa diversa (es.: più bassa) all’importazione un membro possa generare effetti distorsivi nel sistema. Secondo le intenzioni dei sottoscrittori del trattato, l’unione doganale doveva essere realizzata nell’arco di un periodo di dodici anni e, quindi, essere completata entro il 1970. In realtà i notevoli progressi compiuti consentirono di raggiungere l’obiettivo in anticipo rispetto ai tempi fissati, per cui già dal 1° gennaio 1968 gli Stati hanno creato un’unione doganale e istituito una tariffa doganale esterna unica. 4. LE ADESIONI DI NUOVI STATI Il principale Stato europeo occidentale a non aderire al progetto lanciato nel 1950 fu il Regno Unito, che decise di creare nel 1960 un’area di libero scambio con vincoli meno stretti insieme ad altri Stati europei (l’EFTA - European Free Trade Area) (v. → in Appendice). L’adesione all’EFTA permetteva alla Gran Bretagna di mantenere la sua posizione di privilegio negli scambi commerciali con le sue ex colonie, a cui era legata, attraverso

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il Commonwealth, in una misura che non sarebbe stata possibile qualora fosse entrata a far parte della Comunità. Tuttavia, già a partire dal 1961 il governo britannico cominciò a modificare il proprio orientamento e presentò una prima domanda di adesione, che fu però bloccata dall’opposizione del governo francese, all’epoca guidato dal generale De Gaulle. Sorte analoga toccò ad una nuova domanda di adesione presentata nel 1967, bloccando in tal modo per diversi anni qualunque progetto di allargamento delle Comunità europee. Soltanto a partire dai primi anni settanta furono riprese le trattative per consentire l’adesione dei nuovi Stati membri. Tali trattative proseguirono altresì negli anni seguenti come si evince dalla tavola che segue. LE ADESIONI ALL’UNIONE STATO

Danimarca Irlanda Regno Unito Grecia Portogallo Spagna Austria Finlandia Svezia

DATA DI INGRESSO

1° gennaio 1973 1° gennaio 1973 1° gennaio 1973 1° gennaio 1981 1° gennaio 1986 1° gennaio 1986 1° gennaio 1995 1° gennaio 1995 1° gennaio 1995

REFERENDUM

SI SI NO NO NO NO SI SI SI

5. UN’EUROPA SENZA FRONTIERE INTERNE Nel 1968 gli Stati membri avevano realizzato l’unione doganale, ma non avevano completamente liberalizzato la circolazione di merci, servizi, persone e capitali da uno Stato all’altro. Alla nuova Europa restavano ancora da eliminare molte barriere fisiche (i controlli alle frontiere tra uno Stato e l’altro), barriere tecniche (i diversi requisiti richiesti dagli Stati per la fabbricazione di determinati prodotti) e barriere fiscali (la diversa incidenza delle imposte sugli stessi prodotti da uno Stato all’altro). Fu proprio per eliminare tali ostacoli che si frapponevano alla creazione di un mercato unico europeo che nel giugno del 1985 fu presentato a Milano il famoso «Libro bianco sul completamento del mercato interno» (v. → in Appendice), con il quale si individuavano tutte le azioni da realizzare per completare, entro il 31 dicembre 1992, uno spazio senza frontiere interne nel quale fosse assicurata l’effettiva libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali. Le indicazioni contenute nel Libro bianco furono successivamente richiamate nell’Atto unico europeo (v. → in Appendice) del 28 febbraio 1986. Negli anni successivi fu avviato un intenso lavoro di armonizzazione in tutti i settori, che diede i risultati sperati e consentì di far partire dal 1° gennaio 1993 il mercato unico (v. → in Appendice). 6. L’UNIONE EUROPEA. I TRATTATI DI MAASTRICHT E AMSTERDAM Gli anni ‘90 rappresentarono per le Comunità europee un periodo di grandi slanci e di grandi iniziative. Ancora doveva essere completato il lungo lavoro per la realizzazione del mercato unico che già gli Stati membri avevano fissato nuovi e più ambiziosi obiettivi, con la firma, il 7 febbraio 1992, del Trattato sull’Unione europea (meglio noto come Trattato di Maastricht) (v. → in Appendice).

I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea Si trattava di un atto per molti versi rivoluzionario nel panorama internazionale, con il quale si inaugurava la fase più ambiziosa del processo di integrazione, volta a creare una comunità politica ed economica unica nel suo genere, che unisce ai tradizionali elementi di cooperazione intergovernativa altri straordinariamente innovativi di sovranazionalità. Con il Trattato di Maastricht veniva, infatti, creata l’Unione europea (v. → in Appendice), una organizzazione anomala che da un lato inglobava le Comunità europee già esistenti e dall’altro avviava la cooperazione tra gli Stati membri anche in settori non strettamente economici, come la politica estera comune, la politica di difesa europea, la cooperazione tra le forze di polizia e tra le autorità giudiziarie. Nasceva in tal modo un’organizzazione la cui struttura viene spesso illustrata attraverso la figura del tempio retto da 3 pilastri (v. in Appendice voce → Pilastri dell’Unione europea). UNIONE EUROPEA PRIMO PILASTRO

SECONDO PILASTRO

CE + CECA + EURATOM

POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA COMUNE (PESC) (TITOLO V TUE)

COOPERAZIONE GIUDIZIARIA E DI POLIZIA IN MATERIA PENALE (TITOLO VI TUE)

METODO COMUNITARIO

METODO INTERGOVERNATIVO

METODO INTERGOVERNATIVO

TERZO PILASTRO PILASTRO

DISPOSIZIONI COMUNI

La Comunità europea (CE) è sempre stata considerata una comunità di diritto di tipo sovranazionale, fondata su competenze di attribuzione: gli Stati membri, ricorrendo al principio costituzionale della cessione di quote di sovranità, hanno affidato alla gestione centralizzata delle istituzioni comunitarie tutte quelle materie che ritenevano potessero essere meglio disciplinate ad un livello sovranazionale (riguardanti essenzialmente la sfera economicosociale), sottoponendosi ad atti normativi (regolamenti, decisioni, sentenze della Corte di giustizia etc.) aventi effetti giuridici vincolanti, in grado persino di abrogare fonti del diritto interne. Il secondo ed il terzo pilastro, invece, sono stati sempre caratterizzati da una struttura più tradizionale, intergovernativa, in cui il potere decisionale è stato attribuito agli Stati membri. Il Trattato sull’Unione europea, così come concepito a Maastricht, è stato sottoposto a successive modifiche ed integrazioni, che già il 2 ottobre 1997 hanno condotto alla firma del Trattato di Amsterdam, in vigore dal 1° maggio 1999. Le novità introdotte ad Amsterdam La più importante novità introdotta dal Trattato nell’ambito delle politiche comunitarie è consistita nell’impegno assunto per la promozione di un più alto livello occupazionale: nel Trattato istitutivo della Comunità europea, infatti, è stato aggiunto un nuovo titolo interamente dedicato alle problematiche occupazionali, con il quale, pu...


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