Storia Romana. Guerre PDF

Title Storia Romana. Guerre
Course Storia Romana
Institution Università della Calabria
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guerre sannitiche, guerre pirriche, guerre puniche, guerre macedoniche, guerra siriaca, guerra acaica, la Spagna ...


Description

LE GUERRE SANNITICHE 

La prima guerra sannitica

I sanniti abitavano un’area prevalentemente montuosa che consentiva comunque lo sfruttamento agricolo e particolarmente favorevole alla pastorizia. Ciò nonostante era, nei confronti di altri territori d’Italia, relativamente povero e incapace di sostenere una forte crescita demografica portandoli ad emigrare e ad occupare territori più fertili. -

LA STRUTTURA POLITICA E LA LEGA CAMPANA: il Sannio era quasi privo di strutture urbane ed era diviso in cantoni, chiamati pagi, che comprendevano uno o più villaggi, più pagi costituivano una tribù le quali unite insieme formavano la Lega sannitica. Questa possedeva una sorta di assemblea federale che in caso di guerra poteva nominare un comandante.

Alcune popolazioni che si erano staccate dai sanniti alla ricerche di territori più fertili e ricchi avevano occupato una delle regioni più ricche del meridione: la Campania, allontanandosi quasi completamente dal punto di vista culturale e politico dai sanniti. Queste popolazioni avevano infatti adottato l’organizzazione politica delle città-stato. Alcune delle città-stato della Campania si erano riunite in una lega, chiamata campana, che aveva come centro la città di Capua. La continua spinta migratoria esercitata dalle popolazione sannitiche nei confronti dei territori campani provocarono molti contrasti tra Sanniti e Campani che si vennero sempre più acuendo fino allo scoppio della guerra nel 343 a.C. -

LA PRIMA GUERRA SANNITICA (343-341 a.C.): Quando i Sanniti attaccarono la città campana di Teano questa chiese l’aiuto di Capua che, non riuscendo ad affrontare l’offensiva dei Sanniti si rivolse a sua volta a Roma. La decisione di Roma di intervenire contro i Sanniti, contravvenendo al patto da poco concluso con questi ultimi, sarebbe avvenuta, secondo Livio, solamente nel momento in cui Capua disperata si sarebbe consegnata a Roma e questa aveva di conseguenza l’obbligo di intervenire in difesa dei capuani. E’ più probabile invece che Roma pur di impadronirsi della regione più ricca e fertile d’Italia sarebbe stata capace di calpestare i patti con i Sanniti.

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ESITO DELLA GUERRA: La prima guerra sannitica fu rapida e si risolse in favore dei romani che (non essendo più in grado di proseguire la guerra a causa di una rivolta dell’esercito impegnato in Campania) acconsentirono alle richieste di pace avanzate dai Sanniti. Il trattato riconosceva a Roma la Campania e ai Sanniti Teano.

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La seconda guerra sannitica (326-304 a.C.) LE CAUSE: La fondazione di colonie latine nel territorio campano, in particolar modo a Fregelle nella valle del Liri (una posizione strategica molto importante) e soprattutto che i Sanniti consideravano propria sfera di influenza e l’occupazione di Napoli. In questo modo i Sanniti vedevano ostacolata ogni possibilità di espansione verso la costa. Queste le cause della seconda guerra sannitica che nei primi anni vide vincitori i romani i quali sconfissero rapidamente la guarnigione sannitica a Napoli e la conquistarono.

Il seguente tentativo dei Romani di penetrare nel Sannio fu fallimentare e l’esercito romano fu circondato al passo delle Forche Caudine e costretto alla resa. Alle quale sarebbe succeduto un periodo di tregua terminato nel 316 a.C. quando i romani, impegnatisi a stringere patti e alleanze con le popolazioni situate intorno ai Sanniti con lo scopo di isolare la lega Sannitica, attaccarono una località nei pressi di Terracina al confine tra Campania e Sannio. Le prime operazioni furono favorevoli ai Sanniti. -

LA RIFORMA DELL’ESERCITO: Probabilmente dopo la sconfitta delle Forche Caudine Roma procedette ad una riforma dell’esercito in procinto di un confronto finale con i Sanniti. Lo schieramento a falange si era infatti rivelato inadatto per il territorio accidentato dei Sanniti per questo la legione fu suddivisa in manipoli.

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ESITO DELLA GUERRA: I Romani però pochi anni dopo portarono a casa una grande vittoria contro i Sanniti nella battaglia di Aquilonia e conquistarono la città di Boviano. Nel 304 a.C. fu stipulato un trattato tra le due popolazioni che rinnovava le clausole del trattato del 354 a.C. con la differenza che Roma prese definitivamente il possesso di Fregelle e Cales.

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La terza guerra sannitica (298-290 a.C.) LE CAUSE: Dopo la sconfitta del 304 a.C. il conflitto con i Sanniti si riaprì nel 298 a.C. quando i Sanniti attaccarono alcune comunità della Lucania le quali si appellano a Roma. E i romani vi accorsero in aiuto dando inizio alla terza guerra sannitica.

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LA TERZA GUERRA SANNITICA: Gellio Egnazio, il comandante supremo della lega sannitica crea con altri popoli del nord (galli ed etruschi) una lega antiromana in modo da avere più possibilità di vittoria poiché Roma era diventata ormai una grande potenza difficile da battere. Quindi si coalizzano contro Roma. I sanniti si trovano a sud. Roma a ovest ha già il controllo di una parte della Campani, a nord aveva fondato una serie di colonie e il territorio risultava quasi completamente accerchiato da Roma. I sanniti cercano quindi di aprirsi un corridoio verso l’Etruria e verso i galli in modo da mantenere contatti stabili con questi due popoli, cercano di rompere la morsa che Roma sta stringendo intorno al territorio sannita. La guerra è caratterizzata anche dal fatto che Roma deve impegnare più legioni in modo da poter controllare sia a nord che a sud i sanniti e i loro alleati. I romani in questi 2 anni effettuano attacchi ripetuti e contemporanei nel Sannio da nord e da sud con lo scopo di logorare i sanniti e soprattutto fomentare la rivolta delle genti della lega sannitica. Roma vuole spaccare il fronte impegnando i sanniti su più fronti in modo da non avere un unico esercito formato da sanniti, etruschi e galli contro cui combattere. I sanniti erudono le forze romane e formano con le truppe galliche una lega federale. In risposta a ciò i Romani organizzano sei legioni. I due eserciti si scontrano a Sentino nei pressi di Sassoferrato nel 295 a.C. in romani prevalgono su sanniti e galli. I sanniti cercano di resistere nelle loro roccaforti mentre Roma sconfigge singolarmente tutte le popolazioni schieratesi contro di lei. Questa terza guerra sannitica è anche chiamata la guerra della

nazioni. Il grosso delle forza romane si muove verso il Sannio partendo dalla valle del Liri spingendosi nel cuore occupandone la capitale. -

ESITO DELLA GUERRA: I romani riescono a sconfiggere i sanniti nel 290 a.C. e la guerra si conclude con un trattato tra lega sannitica e Roma in cui si stabiliva il ridimensionamento del territorio sannitico mentre Roma aveva il controllo di tutta l’Italia centrale: dall’Umbria alla Puglia.

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LA BATTAGLIA DI SENTINO: Durante la battaglia di Sentino fu console Publio Decio Mure appartenente alla gens Decia. In un momento deciso dello scontro quando l’esercito romano era in grande difficoltà egli sacrificò se stesso con il nemico per la vittoria romana con il rito della devotio sull’esempio di quanto aveva fatto il padre, Publio Decio, durante la grande guerra latina. Publio Decio si fa uccidere immolandosi al nemico. Vivere l’exemplum degli antenati significa significa anche prendere l’esempio fino all’estremo come Publio Decio Mure prese esempio dal padre e come suo figlio farà dopo di lui nella battaglia contro Pirro. I giovani venivano educati nei valori che sono utili alla res publica all’interno della propria gens. Appartenere ad una gens era un fattore importante a Roma, significava ereditare un bagaglio, e di far capire alla civiltà romana come fosse una garanzia a priori appartenere ad una determinata gens e si era portatori poi di quei valori. Tutto ciò si riversava sulle magistrature perché i cittadini riconoscevano la gens e i valori della quale si faceva portavoce.

LE GUERRE PIRRICHE 

La guerra contro Taranto Dopo la sconfitta definitiva della lega sannitica Roma esercitava un predominio su quasi tutta la penisola italica partendo a nord da una linea immaginaria che univa Pisa con Rimini e scendendo fino ad arrivare a ridosso delle colonie della Magna Grecia che si affacciavano sul golfo dominato dalla più importante di queste: Taranto. Alcune colonie della Magna Grecia si erano strette in un’alleanza, la Lega italiota di cui Taranto assunse la leadership, per fronteggiare la spinta espansionistica esercitata da Lucani e Bruzi. La lega non riuscì tuttavia ad impedire né l’avanzata dei Lucani né quella dei Bruzi, per cui la lega dovette disgregarsi e rompere l’alleanza costringendo le singole città a provvedere singolarmente alla difesa delle altre popolazioni italiche. Durante le guerre sannitiche Roma aveva stretto una serie di alleanze con queste colonie, assicurandosi la loro neutralità, in cambio di un’indipendenza altrimenti minacciata dall’espansionismo romano. Una di queste alleanza era stata stipulata proprio tra Roma e Taranto nel 303 a.C. dove in cambio della neutralità dei tarantini, Roma si impegnava a non penetrare nelle acque del golfo di Taranto.

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LE CAUSE: ed è proprio la violazione di questo trattato da parte dei romani che porterà allo scoppia della guerra. Nel 282 a.C. una città greca del golfo di Taranto, Turi, minacciata dai Lucani chiede aiuto a Roma che invia una guarnigione nella città e una piccola flotta davanti alle acque di Taranto. I

romani avevano in questo modo violato il trattato e scatenato la reazione dei tarantini già in contrasto con Roma per lo stanziamento delle colonie di Venosa e Luceria (e per la sua alleata Cartagine minacciosa potenza marinara), che marciarono su Turi cacciando la guarnigione romana e attaccarono la flotta inviata dai romani affondando alcune navi. Quando Taranto ignorò le richieste di pace avanzate dai romani la guerra fu inevitabile. -

LA GUERRA CONTRO TARANTO: Taranto decise di rivolgersi al re dll’Epiro, Pirro con il quale aveva già avviato un’intensa attività diplomatica in modo da avere il suo supporto. Egli aveva fama di generale dalle eccezionali qualità e di grandi ambizioni. Nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un esercito di 22.000 fanti, 3.000 cavalieri e 20 elefanti da guerra per affrontare la guerra Roma fu costretta ad arruolare per la prima volta i capite censi (nullatenenti fino ad allora esentati dal servizio militare) anche a causa delle gravi perdite demografiche subite durante la terza guerra sannitica. Nonostante la superiorità numerica Roma fu sconfitta ad Eraclea non solo per l’abilità tattica di Pirro, ma soprattutto per l’effetto psicologico che gli elefanti ebbero sui soldati romani che per la prima volta vedevano quegli enormi animali. Dopo lo scontro Pirro cercò di suscitare una ribellione tra gli alleati di Roma senza successo e non potendo assediare la città nemica ben difesa dalle sue lunghe mura, decise di stringere la pace con Roma. Nel trattato chiedeva libertà e autonomia per le città greche dell’Italia meridionale e la restituzione dei territori confiscati a Lucani, Bruzi e Sanniti, richieste che i romani furono costretti a prendere in considerazione a causa del periodo di difficoltà che Roma stava affrontando in quel periodo. Solo dopo l’intervento di Appio Claudio Cieco, le richieste di Pirro furono respinte. Accettarle avrebbe infatti significato perdere il dominio sul Mezzogiorno. Dopo il rifiuto da parte dei romani Pirro rafforzò l’esercito, mosse contro le colonie di Venosa e Luceria e si scontrò con l’esercito romano inviato per bloccare l’avanzata dell’esercito epirota. Pirro vinse anche questa volta, ma non riusciva a vincere la guerra. Protetta dalla sue mura e dai soldati fornitigli dai suoi alleati Roma non avrebbe resistito ancora a lunga e penetrare nella città era quasi impossibile. Un clima diverso si stava formando invece tra l’esercito epirota e i suoi alleati dell’Italia meridionale i quali rapporti si stavano incrinando a causa delle pesanti richieste finanziarie che Pirro era costretto ad imporre per mantenere l’esercito.

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PIRRO AIUTA SIRACUSA: Nello stesso periodo Siracusa, in lotta con i Cartaginese ormai da tantissimo tempo per il dominio della Sicilia, non è più in grado di fronteggiare la situazione e chiede aiuto a Pirro. Quest’ultimo, volendo accrescere la propria potenza prendendo possesso della ricca isola, acconsentì alle richieste dei siracusani. Cosa che diede una svolta decisiva alla guerra visto il patto di alleanza che legava Roma e Cartagine. Le prospettive espansionistiche di Pirro si rivelarono infatti ben presto fallimentari poiché le clausole del trattato romano-punico prevedevano la mutua collaborazione militare contro il nemico comune. Il trattato prevedeva inoltre che se una delle due potenze avessero stretto la pece con Pirro l’altra doveva esservi inclusa. Nel frattempo Pirro, che si era recato in Sicilia, in un primo momento passa di vittoria in vittoria costringendo i cartaginesi a chiudersi a Lilibeo. Cosa che fu in

realtà favorevole ai cartaginesi che potevano essere continuamente riforniti via mare vista la superiorità sulla flotta di Pirro di cui godeva Cartagine. -

LA BATTAGLIA DI BENEVENTO ED ESITI DELLA GUERRA: In assenza del re epirota i romani ne avevano approfittare per riconquistare terreno quindi Pirro fu costretto a lasciare incompiuta l’impresa in Sicilia per tornare in Italia. Nella traversata dello stretto di Messina l’esercito di Pirro subì gravi perdite a opera di una flotta cartaginese. A questo punto Pirro avrebbe dovuto reclutare altri mercenari per colmare i danni causati dall’attacco cartaginese, ma non essendo in grado di ripagarli, fu costretto ad imporre dei tributi straordinari alle citta del Mezzogiorno. Arrivò addirittura a saccheggiare i templi dei suoi alleati alienando definitivamente la simpatia di cui fino a quel momento aveva goduto rivelandosi oppressore e profanatore di templi. Così quando nel 275 a.C. si combattè l’ultima battaglia a Beneventum, prima colonia latina, Pirro in grande inferiorità numerica fu sconfitto e costretto alla fuga, alla sua morte Taranto si arrese.

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CONSEGUENZE: Con la vittoria di Roma Taranto fu costretta ad allearsi con lei a fornire navi ed equipaggi alla flotta navale di romana ancora inesperta. Ai Bruzi gli venne confiscata una porzione dell’area montuosa della Sila molto vantaggiosa dal punto di vista economico per i suoi boschi e l’abbondante legname che poteva fornire soprattutto per le costruzioni navali.

LE GUERRE PUNICHE E LE GUERRE MACEDONICHE 

Il contrasto tra Roma e Cartagine Roma controllava ormai tutta l’Italia peninsulare fino allo stretto di Messina. Gli interessi di Roma verso questa zona di fondamentale importanza strategica ed economica entrarono in serie collisione per la prima volta con la vecchia alleata Cartagine.

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LE CAUSE: La causa scatenante è da ritrovare nella popolazione dei Mamertini, mercenari campani che controllavano la città di Messina e saccheggiavano le città vicine. Questo comportamento scatenò la reazione dei siracusani che reagirono con la guerra e avanzarono verso Messina. I Mamertini a loro volta stanchi della pressione di Siracusa si rivolsero a Cartagine che inviò una guarnigione nella città. Il presidio cartaginese stancò ben presto i Mamertini che decisero di chiedere aiuto questa volta alla grande potenza romana. A Roma si venne a creare un dibattito a favore o contro l’intervento a Messina. CONTRO: Intervenire in favore dei Mamertini significava essere incoerenti dopo aver punito duramente una guarnigione campana che ebbe lo stesso comportamento violento nei confronti della città di Reggio. Inoltre intervenire a Messina significava guerra contro Cartagine poiché, secondo il trattato probabilmente stipulato tra le due potenze, la Sicilia era assegnata alla sfera di influenza cartaginese e intervenire in favore dei Mamertini avrebbe significato violare i patti. PRO: D’altra parte non si poteva lasciare una guarnigione cartaginese a Messina a minaccia dell’Italia e l’occasione era perfetta per i romani per mettere

piede nella ricchissima Sicilia, terra fertile e ricca di grano, materie che a Roma avrebbero fatto molto comodo. Andare in aiuto dei Mamertini significava comunque difendersi da Cartagine che essendo nello stretto di Messina era molto vicino all’Italia, assegnata alla sfera di influenza di Roma secondo il presunto trattato. 

La prima guerra punica (264-241 a.C.) La scelta decisa dunque di Roma di aiutare i Mamertini, e quindi l’attraversamento dello stretto di Messina con l’esercito, aprì la lunghissima guerra punica che durò 23 anni. Già nei primi anni di guerra Roma riuscì a raggiungere un primo successo, la conquista della grande base cartaginese di Agrigento e ciò portò i romani ad avere uno scopo diverso da quello iniziale, credendo nella possibilità di riuscire a conquistare tutta la Sicilia eliminando Cartagine dall’isola. Dopo questa importante conquista Roma si fa protagonista di una serie di successi. Infatti nel 260 a.C. sconfigge i cartaginesi nelle acque di Milazzo, nel 256 a.C. sconfigge nuovamente i cartaginesi in mare nelle acqua di Ecnomo e nel 241 a.C. quando Roma sconfigge nell’ultima battaglia alle isole Egadi i cartaginesi. Tuttavia non fu facile per i romani scontrarsi con una delle più grandi potenze navali dell’epoca. Fu fondamentale per Roma l’apporto di navi ed equipaggi dei socii navales delle città greche del mezzogiorno e soprattutto il legname silano che riforniva i cantieri dell’Italia meridionale. Altro fattore che giocò a favore dei romani fu l’utilizzo delle cosiddette “navi a corvo” dotate di ponti mobili che, agganciati alla nave nemica, ne consentivano agevolmente l’abbordaggio, dando modo ai romani di far valere l’abilità dei loro soldati negli scontri corpo a corpo e ricompensando in qualche misura la loro minore esperienza nelle manovre navali.

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LA SCONFITTA DI ATTILIO REGOLO: Roma pensò allora di attaccare Cartagine direttamente nei suoi possedimenti africani e nel 256 a.C. dopo aver sconfitto la flotta cartaginese ad Ecnomo i romani sbarcarono in Africa. Le prime operazioni si conclusero a favore di Attilio Regolo, il console di quell’anno, che però non seppe sfruttare i successi ottenuti e impose condizioni durissime che fecero fallire le trattative di pace che si erano già avviate, rafforzando la determinazione cartaginese, e non riuscì ad approfittare del malcontento che serpeggiava tra gli alleati di Cartagine per portarli dalla sua parte. Così l’esercito romano fu sconfitto da Cartagine e a completare il disastro i superstiti della sconfitta di ritorno dalla battaglia furono colpiti da una tempesta che causò la perdita di buona parte delle navi e degli equipaggi. A ciò si aggiunse l’incapacità di alcuni comandanti successivi che, dopo alcuni scontri con la flotta cartaginese, provocò la perdita delle flotte romane che erano state allestite con grande sforzo.

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LA VITTORIA DI ROMA ALLE EGADI: Solo dopo qualche anno Roma fu in grado di costruire una nuova flotta grazie a un prestito di guerra dai cittadini più facoltosi che sarebbe stato restituito in caso di vittoria. Nella nuova flotta vennero eliminate la navi a corvo poiché negli anni precedenti si erano rivelate un grave impedimento alla manovrabilità delle navi causando spesso il loro naufragio.

Grazie a questa nuova flotta Roma concluse la guerra a suo favore nella battaglia finale alle isole Egadi nel 241 a.C. dove buona parte della flotta cartaginese venne affondata o catturata. Le clausole del trattato che vi seguì prevedeva lo sgombero dell’intera Sicilia e delle isole che si trovavano tra Sicilia e Italia, la restituzione dei prigionieri di guerra e il pagamento di un indennizzo. 

La seconda guerra punica: i successi di Annibale (219-202 a.C.) Dopo la prima guerra punica Cartagine, in un momento finanziario molto difficile, non riuscì a pagare le truppe di mercenari che avevano combattuto contro Roma. I soldati stanchi di attendere si ribellaro...


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