Tecnologia farmaceutica e legislazione 2 -Palmieri,Unicam PDF

Title Tecnologia farmaceutica e legislazione 2 -Palmieri,Unicam
Author Valentina Scocco
Course Tecnologia Farmaceutica E Laboratorio Di Preparazioni Galeniche
Institution Università degli Studi di Camerino
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Summary

TECNOLOGIA, SOCIO-ECONOMIA ELEGISLAZIONE FARMACEUTICA IIProf. PalmieriVALENTINA SCOCCOREOLOGIALa reologia è quella branca della fisica che studia le proprietà meccaniche; essa studia come si comporta un materiale quando viene sollecitato, spinto o trascinato. Il materiale che viene spinto può essere...


Description

TECNOLOGIA, SOCIO-ECONOMIA E LEGISLAZIONE FARMACEUTICA II Prof. Palmieri

VALENTINA SCOCCO

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REOLOGIA La reologia è quella branca della fisica che studia le proprietà meccaniche; essa studia come si comporta un materiale quando viene sollecitato, spinto o trascinato. Il materiale che viene spinto può essere allo stato gassoso, liquido, solido o semisolido. In reologia ci sono 2 parametri fondamentali da considerare: ➢ Lo stress che noi applichiamo sul nostro materiale o spinta. Più stresso il materiale e più avrò una risposta dallo stesso. ➢ Il tempo, ovvero il periodo durante il quale applichiamo lo stress sul materiale. Distinguiamo due tipo di tempo: il tempo di applicazione dello stress e il tempo di osservazione. Per tempo di applicazione si intende il periodo in cui andiamo ad applicare uno stress al materiale; il tempo di osservazione è il lasso di tempo durante il quale il mio materiale avrà subito dei cambiamenti. Se, ad esempio prendiamo una siringa con all'interno dell’acqua e spingiamo lo stantuffo, l’acqua fuoriuscirà e fluirà molto rapidamente. Se non pongo attenzione (se non considero il tempo di osservazione), noterò solamente che l’acqua è fuoriuscita dalla siringa (effetto finale) ma non potrò descrivere come è fluita fuori e in che modo. Se la stessa spinta che ho applicato per far fuoriuscire l'acqua la applico ad un tavolo (quindi non sto più parlando di materiale liquido ma solido) e osservo il fenomeno per 15 secondi non noterò nulla, ma, se questa forza costante la applico per un lasso di tempo maggiore, ad esempio per 2000 anni, osserverò che il tavolo si sarà piegato. Deduciamo quindi che tra il materiale solido e quello liquido c’è differenza. Mentre nel materiale liquido posso andare a valutare la velocità con cui, nell’esempio precedente, l’acqua fluisce dalla siringa, nel solido vado a valutare la deformazione. Ogni sistema oppone resistenza alla spinta. Dipende dalle interazioni presenti. Maggiori sono le interazioni e maggiore sarà la resistenza. Nella reologia ricordiamo anche un altro parametro: la viscosità. Immaginiamo un cubetto di ghiaccio posto su una superficie orizzontale, e sopra al cubetto un’altra superficie orizzontale, alla quale andremo ad applicare una forza. Il cubetto di ghiaccio è formato da molecole di acqua che interagiscono tra loro. Nel momento in cui andiamo ad applicare una forza sulla superficie superiore, le molecole d’acqua del 2

primo strato del cubetto di ghiaccio si muoveranno più velocemente rispetto alle molecole sottostanti. Il cubetto di ghiaccio ha una sua resistenza interna; il movimento porterà quindi allo sviluppo di una FORZA. Questa forza la posso trasformare in pressione moltiplicandola per la superficie del cubetto.

FORZA (Newton) / AREA (m2) = PRESSIONE (Pascal=Newton/m 2) In reologia la pressione viene detta stress. (sigma) Per capire qual è l’attrito del mio materiale, la pressione la devo mettere in relazione alla velocità di spostamento (di quanto si è spostato il mio materiale?). Vado poi ad osservare la velocità con la quale il mio sistema fluisce, ed anche in questo caso sarà una velocità di taglio che è il rapporto tra la differenza di velocità normalizzata alla distanza esistente tra i due strati. La viscosità viene indicata con eta (η) ed è il rapporto tra lo stress (σ) e la velocità di taglio (D).

η =σ/D L’unità di misura è Pascal x Secondi. La viscosità è una costante di proporzionalità tra lo stress che si applica al materiale e la velocità alla quale il materiale si sposta. La viscosità rappresenta la frizione interna di un materiale, cioè la capacità del materiale stesso di opporsi al movimento sollecitato. Tanto più un materiale è viscoso e tanto più fluirà lentamente sotto una spinta. Ritornando all’esempio dell’acqua nella siringa, essa fluisce rapidamente perché la sua viscosità è bassissima. La viscosità è differente in base al tipo di materiale che stiamo considerando e varia anche in base allo stato fisico in cui si trova. I liquidi hanno una viscosità di 103; i sistemi semisolidi hanno una viscosità maggiore, dell'ordine di 105 o 106. I materiali solidi hanno una viscosità ancora maggiore, dell’ordine di 1020 o 1030. L'acqua ha una viscosità di 10-3 Pa x s. Anche i gas hanno una viscosità, che è più bassa di quella dell'acqua. La viscosità è una costante, ma lo è a determinate condizioni sperimentali (temperatura, solvente o altro). ➔ Se io aumento la temperatura la viscosità nei sistemi puri normalmente diminuisce perché, fornendo energia termica al sistema, le particelle saranno più libere di muoversi e quindi saranno più indipendenti le une dalle altre. L’attrito ovviamente diminuirà. Questo concetto è valido per i liquidi. Per i solidi il concetto è differente. Può capitare che un solido abbia una struttura cristallina e, aumentando la temperatura, la viscosità non diminuisce in quanto le molecole sono tenute ferme dalla struttura del reticolo. Quando però supero la temperatura di fusione (ricordiamo che un solido è definito cristallino quando ha una struttura ordinata e ha un punto di fusione) il mio solido mi diventa liquido di colpo (passaggio di stato) e la viscosità inizia a diminuire. Più aumento la temperatura e più la viscosità diminuisce. 3

➔ Oltre alla temperatura, un altro parametro che mi fa cambiare la viscosità è lo stress. Dobbiamo quindi distinguere i materiali: ➔ -SISTEMI NEWTONIANI: La viscosità del materiale non cambia al variare dello stress; La proporzionalità tra stress e velocità segue la legge di Newton. Un esempio di sistema Newtoniano è l’acqua; se aumentiamo lo stress che applichiamo (es. se aumento la spinta dello stantuffo) l’acqua fluirà più velocemente. ➔ -SISTEMI NON NEWTONIANI: La viscosità del materiale cambia al cambiare dello stress. In base alla sollecitazione vedrò il sistema rispondere in maniera differente. Ciò succede perché, nel momento in cui vado a sollecitare il sistema, vado ad apportare dei cambiamenti strutturali, ovvero che vanno ad incidere sulla struttura interna del materiale (es. se cambio i legami chimici). Ogni materiale risponde in modo diverso. Per capire il comportamento dei materiali viene utilizzato il reometro. Un reometro è uno strumento costituito da due lastre di acciaio inox, tra le quali andiamo a porre uno spessore del mio materiale. La lastra inferiore è fissa mentre quella superiore è mobile. Quando viene accesa la macchina, la lastra superiore fa dei movimenti orizzontali e trascina tangenzialmente il primo strato del mio materiale. Vado a fare dei test per vedere cosa accade al mio materiale quando gli applico uno stress via via crescente. Vado poi a riportare in un grafico i dati. Nel grafico metto in relazione lo stress applicato e la velocità alla quale il sistema fluisce. Imposto il reometro tale da avere, ad esempio, un aumento di stress che va da 0 Pascal a 600 Pascal in 5 minuti. Partendo da 0 pascal il disco superiore è fermo, inizia poi a girare sempre più velocemente.

Figura 1. Schema Reometro 4

Valuto come reagisce il mio materiale al cambiare dello stress e riporto tutto nel grafico. Se il sistema è newtoniano vedo una retta perché c’è proporzionalità diretta tra stress e velocità. L' inclinazione della retta corrisponde al coefficiente angolare ovvero alla viscosità. Nei sistemi non newtoniani la velocità cambia al variare dello stress, ma non in maniera proporzionale. I sistemi non newtoniani li possiamo dividere in: plastici, reo ispessenti e reo fluidificanti. Un sistema viene detto reo fluidficante o pseudoplastico quando diventa più fluido man mano che viene stressato. Questo sistema è l’ideale per le pomate, le quali devono uscire dal tubetto più velocemente possibile quando lo premo. Nel sistema reo ispessente, più applico uno stress e più essi resistono alla spinta. Si maneggiano piuttosto male. Otteniamo questi sistemi quando il sistema è bifasico. Se creiamo un sistema semisolido con dei polimeri idrofili (vedi dopo) normalmente è reo fluidificante, quando invece aggiungiamo alla fase acquosa una notevole quantità di particelle di polvere solide il sistema tende a bloccarsi e diventa reo ispessente. Quando vado ad analizzare il tracciato del mio sistema vado a fare una scansione di stress. Nel caso del sistema reo fluidificante dove ho aggiunto il polimero idrofilo, i “fili” di polimero si allineano tutti nella stessa direzione. Una volta che la macchina arriva ad un determinato valore di stress, otteniamo un tracciato. In realtà otteniamo 2 tracciati: uno di andata e uno di ritorno (dovuto al fatto che lo stress si riduce). In alcuni casi questi due tracciati coincidono, in altri casi no; dipende dal materiale. Se io riduco troppo rapidamente lo stress il tracciato di ritorno non coincide. Ottengo un sistema tissotropico ovvero un sistema che recupera più lentamente rispetto alla velocità di riduzione dello stress, e quindi si forma un'area tra i due tracciati di andata e ritorno. Questo test è detto costruzione delle curve di flusso. Maggiore è l'area tra i due tracciati, più il sistema è tissotropico. La tissotropia è un fenomeno tempo dipendente, e quindi viene fuori o meno a seconda della velocità con cui noi impostiamo il test. 5

Il principio di indeterminazione di Heisenberg = nel momento in cui andiamo a sollecitare il nostro sistema inevitabilmente lo cambiamo e quindi quello che osserviamo non è più il sistema originario. Lo scopo della reologia è quello di capire attraverso una analisi meccanica qual’ è la struttura fisica di un materiale quando questo è a riposo.

POLIMERI IDROFILI I polimeri idrofili o addensanti o colloidi idrofili sono delle sostanze che vanno ad agire sulla viscosità, aumentandola. È grazie ai polimeri idrofili se otteniamo delle forme farmaceutiche semisolide reo fluidificanti. I polimeri idrofili sono delle macromolecole con un peso molecolare che parte da 10000. Sono quindi delle molecole molto ingombranti e li possiamo paragonare a dei fili, che altro non sono che molecole di soluto che si muovono random nella soluzione con movimenti browniani. Sono “idrofili” perché sono capaci di interagire con l’acqua. Lungo la catena hanno infatti dei gruppi funzionali idrofili (-OH, -NH2, -COOH) che sono in grado di fare legami idrogeno con l’acqua. In questo modo intorno al filo si viene a creare un alone di acqua, il quale si muove con il filo. Le molecole d’acqua trascinate dai gruppi funzionali del filo stesso fanno si che c’è un maggior ingombro sterico e così il movimento di questi fili non è più random ma viene ad essere impedito. Nella fase acquosa più polimero idrofilo metto e più il mio sistema passa da liquido a semisolido. Passo quindi da una semplice fase acquosa ad una pomata, con un aumento della viscosità (vado da 103 alla 106). Come abbiamo detto la maggior parte di questi sistemi sono reo fluidificanti perché quando sono a riposo sono semisolidi ma quando vengono spinti, proporzionalmente allo stress che applichiamo al polimero nella fase acquosa, questi fili non risulteranno più disposti a caso, ma si orienteranno in direzione della spinta che gli abbiamo dato. La spinta quindi orienta i fili e una folta orientati non si intrecciano più; il mio sistema è diventato più fluido e la viscosità scende. I polimeri idrofili derivano per lo più dal mondo vegetale; ricordiamo la cellulosa, che è un polimero del glucosio e l’amido, che però deve essere riscaldato sui 90°. L’amido è formato da una porzione amorfa (amilosio) e una porzione cristallina (amilopectina). L’acqua, pur entrando a T ambiente non riesce a rompere il reticolo cristallino; ecco perché dobbiamo scaldare. Intorno ai 90° il reticolo si rompe e l'acqua solvata la molecola di amilopectina singolarmente una per una e non c'è più il reticolo cristallino, e raffreddando la molecola di amilopectina rimane solvatata e forma il gel. Ci sono poi polimeri di origine animale come il glicogeno. 6

La maggior parte dei polimeri idrofili sono le proteine, che hanno sia il gruppo -OH, -NH2 e -COOH. Oltre alle proteine abbiamo anche i polisaccaridi che presentano il gruppo -OH. Ricordiamo la pectina, che viene estratta dalla polpa della mela ma viene utilizzata maggiormente in ambito alimentare come addensante. Ci sono poi dei polimeri che possono essere estratti dalle alghe come la carragenina derivante da carragheen, l’acido alginico o alginato di sodio. Altri ancora possono essere estratti dalle gomme come la gomma arabica, gomma adragante, gomma xantana e la gomma guar. Polimero molto utilizzato è il gellan gum. Ha un elevato potere viscosizzante; ne basta lo 0,5%. Viene usato soprattutto nella formulazione dei gel. Intorno alla particella di solido si forma un gel che è via via più sfumato. Se si viene a formare il gel intorno alle particelle queste tenderanno ad allontanarsi le une dalle altre e passeranno in soluzione. Però attraversare un gel non è facile. Ci vorrà quindi tantissimo tempo affinché il granello di polvere venga eroso. Tutti questi polimeri vengono utilizzati per il loro effetto addensante. In realtà i polimeri idrofili svolgono 3 funzioni principali: EFFETTO VISCOSIZZANTE; EFFETTO PROTETTORE E FUNGONO DA AGENTI FLOCCULANTI NELLE SOSPENSIONI. × L’effetto viscosizzante o addensante fa si che il mio sistema da liquido diventi semisolido. A seconda del tipo di polimero che andremo ad utilizzare dovremo aggiungere piccoli quantitativi. In alcuni casi già lo 0,5% (gellan gum) è sufficiente a trasformare una fase acquosa in un gel. In ogni caso per l’effetto addensante è importante che questi polimeri presentino dei gruppi funzionali capaci di dare legami idrogeno con l’acqua; il polimero deve solvatarsi. I gruppi funzionali del polimero trattengono l'acqua ed intorno al polimero si forma uno strato di fase acquosa le cui molecole sono legate al polimero con legame idrogeno e quando il filo si sposta random nella soluzione, l'acqua che interagisce con il filo si sposta con esso. Non è solo il filo che si sposta ma anche il volume d'acqua intorno: così il polimero occupa un volume molto maggiore di quanto non ne occupa senza lo strato d'acqua circostante. è molto più piccolo. In genere si aggiunge una quantità compresa tra lo 0,5 e il 5%. × L’effetto protettore è dato dal fatto che questi polimeri che sono circondati dall’acqua si trovano in mezzo alla sospensione, dove abbiamo le particelle solide che sono insolubili in acqua. Il polimero si adsorbe parzialmente sulla superficie del solido; si ottiene così un solido idrofobico con una superficie esterna idrofila. Questo effetto protettore si manifesta su qualsiasi tipo di particella, sia liquida che solida. Per stabilizzare ulteriormente la sospensione viene poi aggiunto un tensioattivo che mi va ad abbassare la tensione interfacciale. Per far si che ci sia l’effetto protettore il tensioattivo e il polimero idrofilo non devono interagire tra loro. × I polimeri idrofili sono anche agenti flocculanti nelle sospensioni, ovvero il corpo di fondo che si forma per sedimentazione delle particelle solide, è formato da queste particelle che hanno un cuscinetto di acqua, che fa si, nel momento in cui vado ad agitare la sospensione, che mi ritornino in sospensione più rapidamente. 7

Il potere viscosizzante del polimero dipende da: - Conformazione che il polimero assume in acqua. Una proteina è formata da una struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Il filo potrebbe essere teso o arrotolato. La forma arrotolata è meno ingombrante di quella allungata. I polisaccaridi invece hanno una conformazione ad elica parzialmente srotolata. Le diverse conformazioni sono dovute a fattori esterni come PH, temperatura, tamponi, ecc... - Peso molecolare. Molecole che hanno un PM maggiore avranno un effetto viscosizzante maggiore. L'effetto addensante aumenta all'aumentare del peso molecolare per uno stesso polimero. Se ho materiali diversi avrò un diverso potere addensante. Se invece ho lo stesso materiale con PM diverso, quello con PM maggiore avrà un potere addensante maggiore. - Solubilità. Fino ad un certo PM il polimero è solubile poi inizia a non esserlo più pur mantenendosi idrofilo. In questo caso al polimero andiamo a fare una reazione di reticolazione; andiamo a creare dei legami cross linkati, ad esempio tra il gruppo -OH di un filo e un -COOH di un altro filo. In questo modo otteniamo una molecola di 10-20-50 fili legati tra loro che avranno un PM maggiore. I singoli fili saranno solubili in acqua, ma la molecola reticolata che abbiamo formato non lo sarà, ma conserverà l’idrofilia. I polimeri idrofili li possiamo classificare in: -IDROCOLLOIDI NATURALI: amido, cellulosa, derivati dalle alghe (carragenani e acido alginico) e gomme (gomma arabica, gomma xantana, gomma adragante, gomma guar) -IDROCOLLOIDI SEMISINTETICI: Sono derivati dalla cellulosa o dell’amido. Sono detti semisintetici perché si parte da un polimero naturali, appunto cellulosa o amido, e poi si fanno delle reazioni su gruppi funzionali ossidrilici presenti lungo la catena. Nei derivati del glucosio (cellulosa o amido) ci sono ben 3 -OH liberi lungo la catena polimerica e possiamo intervenire facendo delle reazioni di esterificazione o eterificazione. ★ Le reazioni di esterificazione consistono nel far reagire l’-OH della cellulosa, ad esempio, con un -RCOOH, o meglio ancora con un RCOCl. Otteniamo così un estere. A seconda di R possiamo avere la cellulosa acetato (R=CH3), cellulosa propionato (P=CH2CH3) o cellulosa butirrato (R= CH2CH2CH3). Quando facciamo una reazione di esterificazione devo esterificare TUTTI gli ossidrili. Quelle che ottengono si chiamano cellulose triacetato. In commercio esistono anche degli esteri parziali, i diacetati o i monoacetati in cui abbiamo esterificato 2 o solo 1 ossidrile. In ogni caso si parte sempre da una esterificazione completa e poi si fa un’idrolisi parziale che mi rende libero 1 o 2 -OH. In commercio troviamo cellulose che hanno lunghezze delle catene differenti e cellulose con una percentuale di esterificazione degli -OH liberi differente. 8

La maggior parte degli esteri della cellulosa o dell’amido non sono solubili in acqua a meno che non hanno dei gruppi ossidrilici liberi che li rendono sia solubili che addensanti e conferiscono caratteristiche dei colloidi idrofili. ★ L’altra reazione è quella di eterificazione; consiste in una reazione di condensazione con eliminazione dell’acqua e formazione dell’etere. Con questa reazione potremmo ottenere la metilcellulosa, solubile in acqua, o l’etilcellulosa, che invece in acqua è insolubile. (La solubilità in acqua dipende dalla lunghezza della catena) L’etilcellulosa viene utilizzata nei rivestimenti filmogeni insolubili in acqua nella formulazione delle compresse. Possiamo anche ottenere degli eteri con -OH terminali che quindi diventano solubili in acqua; ricordiamo l’idrossietilcellulosa e l’idrossipropilcellulosa. Possono esistere anche eteri misti come l’idrossipropilmetilcellulosa (HPMC). Anche in questo caso gli eteri che troviamo in commercio variano in base alla lunghezza del derivato di cellulosa o amido di base, dal rapporto tra le due catene e dalla percentuale di eterificazione. Troviamo poi la carbossimetilcellulosa che è un etere con un gruppo carbossilico. -IDROCOLLOIDI SINTETICI. Ricordiamo il polivinilpirrolidone (PVP) o il carbopol o carbossipolimetilene. Il PVP viene utilizzato nei rivestimenti filmogeni, nel liquido di granulazione o per il suo effetto protettore in un sistema disperso. Ha un effetto addensante scarso. Viene molto utilizzato il carbopol che è solubile in acqua. In commercio esistono diversi tipi di carbopol: possono essere cross-linkati, avere una percentuale diversa di C, ecc... Quello più conosciuto con potere viscosizzante maggiore è il Carbopol 5984. Il carbopol se viene salificato, aumenta la sua capacità viscosizzante. Se salifichiamo il gruppo carbossilico creiamo delle cariche negative e la capacità del polimero di interagire con l’acqua aumenta; il polimero diventa più ingombrante e l’azione viscosizzante è migliore. Inoltre, il “filo” tende a stirarsi perché le cariche si respingono tra loro. I fili danno maggior ingombro e così si passa da una soluzione acquosa ad un gel. Per salificare aggiungo una base (es. NaOH, trietanolammina o trietilammina). Se ...


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