Umanesimo-Rinascimento e tutto il periodo del 500 collegato PDF

Title Umanesimo-Rinascimento e tutto il periodo del 500 collegato
Author Francesco Cipriani
Course storia
Institution Liceo Scientifico Marie Curie
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tutto il periodo dell'umanesimo rinascimento dal punto di vista artistico , storico , filosofico e letterario...


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Umanesimo-Rinascimento Periodizzazione Il periodo che va dalla fine del 300 alla metà del 500 è importante soprattutto per motivi di natura letteraria perché, grazie all’impulso di intellettuali come Petrarca e Boccaccio, viene elaborata una cultura fondata sulla riscoperta dei classici latini e greci. La cultura si caratterizza per la valorizzazione degli studia humanitas, studi filosofico-letterari che pongono lo studio al centro dell’attenzione, e per il desiderio di far rinascere la civiltà antica. Dal 1380 al 1450, il rinnovamento culturale si sviluppa attraverso quasi per intero grazie al latino infatti questo periodo viene chiamato Umanesimo latino e uno dei principali autori è Lorenzo Valla che ha scoperto che l’editto di Costantino è in realtà un falso. In questo periodo il movimento umanistico ha un avvio impetuoso, caratterizzato da una polemica vivace e forte impegno educativo e civile, per questo tale periodo viene anche chiamato “Umanesimo civile”. Dal 1450 al 1482 c’è la riscoperta del volgare che in parte sostituisce il latino questo periodo è chiamato Umanesimo volgare. È un’età di fioritura artistica e letteraria in cui la cultura nata dalla renovatio umanistica diventa consapevole di aver creato una civiltà pari a quella degli antichi, ma anche originale. I più importanti autori che troviamo in questo periodo sono Pulci, Boiardo e Poliziano. Il contesto storico cambia con la crisi politica che segue la morte di Lorenzo e la discesa di Carlo 8 e l’inizio delle guerre per il dominio dell’Italia. Dal 1482 al 1540 in Italia e poi in tutta Europa si sviluppa il Rinascimento.

La società signorile La signoria costituisce un potere autoritario e gerarchizzato, che viene trasmesso per eredità ed è gestito da strette oligarchie . Dal 300, molti comuni sorti nell’Italia centro-settentrionale lasciano il posto a regimi signorili. Tale evoluzione si attua in seguito a una degenerazione della lotta politica cittadina per l’insufficienza delle strutture politico-amministrative del comune e per l’incapacità delle oligarchie dominanti di trovare un assetto istituzionale stabile.

Il passaggio avviene o in forme cruente attraverso conflitti più sotterranei e pacifici o con il consenso esplicito di gran parte della popolazione. La signoria quindi nasce quando una famiglia impone un’egemonia fondata sul potere economico e sul controllo sociale (Visconti a Milano, Medici a Firenze). Però il potere dei signori non è assoluto: ciò che sul piano istituzionale distingue le signorie italiane dalle monarchie europee è il fatto che le antiche magistrature municipale continuino a esistere anche sotto la signoria, sebbene con compiti ridotti. Inoltre il signore deve rispettare il contratto con le elites cittadine che è all’origine di molti regimi rinascimentali, garantendo la pace e orientando la sua azione di governo verso la difesa degli interessi del patriziato. Questo non rinuncia del tutto a esercitare forme di controllo e in situazioni particolare a riprendersi il governo dello stato. Una delle competenze dell’avvento delle signorie è la frattura fra patriziato cittadino e ceti subalterni. Ma la signoria deve scendere spesso a patto con le zone periferiche dello Stato e Macchiavelli lamenterà l’assenza degli stati italiani di una struttura burocratica moderna che invece si riscontra in Inghilterra e in Francia. Il principale limite storico alla formazione delle signorie è la divisione dell’Italia in tanti stati spesso in conflitto tra loro, costituendo un limite di debolezza soprattutto nei confronti delle potenze straniere. Perché l’Italia raggiunga l’unità politica si dovrà attendere fino al 1861. Ma la frammentazione ha anche degli aspetti positivi: lo sviluppo di tanti centri culturali, che danno vita a tradizioni artistico letterarie che non ha riscontri in altri paesi d’Europa.

La pace di Lodi L’Italia nel 300 si presenta frammentata in piccoli stati che nel 400 si uniscono in stati regionali così come avviene in Lombardia con i Visconti. Con la Pace di Lodi del 1454 si creano 5 grandi stati: - Ducato di Milano - Repubblica di Venezia - La Firenze dei Medici - Lo stato della chiesa - Regno di Napoli in grado di garantire una pace quarantennale. Lungo questo lungo periodo si assiste allo sviluppo dell’urbanistica dell’architettura e in generale di tutte le attività artistiche.

Tuttavia durante i 40 anni numerosi furono i focolai di crisi, le tensioni e le azioni militari sventate grazie all’azione diplomatica di Lorenzo dei Medici, l’artefice di questo periodo definito di pace armata. Quando questo periodo si rompe inizia un lungo periodo di guerre e una fase di decadenza politica, economica e sociale.

Renovatio fidei e umanesimo cristiano L’esaltazione dell’uomo operata dall’umanesimo in contrapposizione alla visione cristiano medievale, favorisce una v isione del mondo laica dove l’uomo è l’artefice del proprio destino ed in particolare della sua fortuna e felicità (quisque faber fortunae suae). Per virtù si intende la capacità dell’uomo nel realizzare i suoi ideali; la fortuna sono le circostanze per le quali il risultato delle proprie azioni può essere anche non desiderato. Il ritorno all’antico comporta una rivalutazione della visione pagana del mondo, dove la dimensione terrena aumenta di importanza. Il modello di riferimento è quello petrarchesco, ovvero c onciliare la cultura classica e la tradizione cristiana, etica pagana e cristiana o di tenere separate la sfera religiosa da quella scientifica e da quella politica. L’età nuova del rinascimento non è l’avvento di nuove religioni o culti, ma si caratterizza per una rivalutazione dell’interiorità. Questa sensibilità si traduce nell’esigenza di un rinnovamento della fede, renovatio fidei, che rigetta il rigorismo del medioevo e umanizza la religione mettendo l’uomo al centro del rapporto fra lui e Dio, riscoprendo i valori della fratellanza, della pace e della tolleranza. Tutto ciò si traduce a un ritorno al vangelo e alla necessità di rileggere i testi sacri e dei padri della chiesa interpretandoli con la sensibilità del tempo, con spirito nuovo e più aperto verso le esigenze dell’individuo, della natura e della pace.

L’invenzione della stampa Verso la metà del 400, si assiste all’invenzione e alla diffusione della stampa. Si tratta di un evento centrale per la diffusione dei testi letterari. Il primo stampatore fu Gutenberg e il primo libro fu la Bibbia. I vantaggi della stampa La stampa consentiva la produzione di un numero di copie in tempi più ridotti, ad esempio furono stampati 84 edizioni delle epistole di Cicerone. La stampa influì sui processi di alfabetizzazione e acculturazione aumentando la consapevolezza di

appartenere a una comunità linguistica. Infine influì sui processi cognitivi diffondendo l’abitudine alla lettura silenziosa, alla percezione visiva all’astrazione. Le botteghe degli stampatori divennero un centro di produzione culturale e fondamentale, un punto di riferimento e il luogo di incontro per molti intellettuali L’invenzione della stampa contribuì anche all’a ffermazione della filologia che è la disciplina che si occupa della ricostruzione e della corretta interpretazione dei documenti letterari di una determinata cultura.

Gli intellettuali fra corte e Chiesa Lo sviluppo delle signorie muta il rapporto tra intellettuale e società. Nel 200 l’intellettuale comunale è di professione un giudice, un notaio, insegnante o mercante che si dedica alla letteratura. Con Petrarca questo modello viene superato. Nel 300 l’intellettuale è colui che si dedica in modo esclusivo e professionale alla letteratura e cerca di garantirsi l’indipendenza economica, instaurando un rapporto con le corti e la chiesa che gli offrono ospitalità e benefici. Il modello dominante è d’ora in avanti quello dell’intellettuale chierico o cortigiano. La corte rinascimentale è diversa da quella feudale, non solo dal punto di vista amministrativo, ma piuttosto dalla permanenza di nobili che mettono in moto un processo di raffinamento della vita sociale di corte per cui vengono investiti capitali sempre più ingenti. Nasce la cultura di corte il cui scopo è la rappresentanza della corte. Il signore intende presentarla all’opinione pubblica, come un microcosmo ordinato, nobile, colto allo scopo di affermare il proprio prestigio personale. Di qui la necessità di arricchire le dimore di opere d’arte, di circondarsi di intellettuali, di costituire biblioteche, di organizzare feste e di proporsi come ispiratore dell’attività artistica e letteraria. Il mecenatismo diventa un attestato di legittimità della funzione di governo. I signori si mostrano ben disposti ad accogliere, remunerare artisti e letterari commissionando loro opere o stimolandole alla ricerca filosofica. Per questo la maggior parte dei letterari e degli artisti in quest’epoca vivono a corte o gravitano attorno ad essa. La CORTE offre un’opportunità, una protezione e una legittimazione sociale che difficilmente gli artisti avrebbero potuto trovare altrove. È anche vero però che la dipendenza da un mecenate può limitare la libertà di espressione perché il signore spesso interviene anche solo per orientare il gusto dell’artista le cui opere devono diffondere la fama di chi le ha promosse o commissionate.

La corte diventa anche il principale luogo di confronto e scambio di idee, ma è anche un circuito socialmente chiuso che favorisce la cultura aristocratica. La principale alternativa alla corte è la Chiesa, in verità sono pochi gli scrittori che appartengono a luoghi religiosi, ma sono molti ad essere attratti dalla chiesa per godere dei benefici ecclesiastici. La chiesa, d’altra parte, era molto tollerante nei confronti degli scrittori pur di favorire la produzione intellettuale e letteraria. Un’alternativa alla chiesa e alla corte avrebbe potuto fornirla il mercato libraio, ma ciò non accadde. In primo luogo il mercato non era regolamentato dalle istituzioni e il diritto d’autore non era tutelato: ciò riduceva la possibilità che un autore percepisse il necessario per vivere dalle sue opere. Inoltre la mentalità del tempo considerava poco onorevole ottenere compensi dalle opere di invenzione.

Origini dell’umanesimo Il termine “umanesimo” deriva dall’espressione studia humanitas con cui i latini designavano l’insieme di studi letterari e filosofici che avevano come oggetto l’uomo. Già nell’antichità classica la parola humanitas ha un significato che supera quello di “umanità”; con l’influsso della cultura greca che fa il suo ingresso a Roma, assume un significato sempre più forte: viene usato per indicare l’insieme di qualità morali e culturali che distingue l’uomo dagli altri animali (magnanimità, razionalità, sensibilità, cultura, moderazione). Si elabora così una visione ideale dell’uomo che a Roma va a modificare l’ideale di vir romanus fondato sulla forza, coraggio, serietà, perseveranza. Il termine humanitas sintetizza questo nuovo ideale e studia humanitatis viene a indicare il percorso formativo più adatto a realizzarlo. Il termine venne ripreso anche in Italia a Firenze nel 300, quando un rinnovato interesse per la cultura classica caratterizza l’attività dei letterati. Pertanto con l’espressione studia humanitatis, in questa epoca, si designa l’insieme di discipline che mirano a riportare all’attenzione dei moderni la cultura classica latina e greca nello sforzo di definire un nuovo modello di comportamento umano da contrapporre a quello medievale. Il primo impulso al rinnovamento culturale lo diede Petrarca: egli incarna un nuovo modello di intellettuale professionista dedito totalmente agli studi letterari e definisce un nuovo modello culturale fondato sulla conciliazione della cultura classica con quella cristiana. Avvia un processo di riscoperta delle opere dei classici, tesse una serie di relazioni a livello europeo scambiando libri e idee con appassionati

studiosi della cultura antica e contribuisce a elaborare un aristocratico ideale di res publica litterarum, cioè una comunità di cultori degli studi classici che prefigura i futuri cenacoli umanistici. Agisce quindi in una prospettiva non più municipalistica, come Dante, ma cosmopolita. Come lingua esclusiva della prosa usa il latino, depurandolo dagli usi medievali; elabora sia in latino che nelle liriche volgari un ideale di stile eletto, colto e raffinato; rimette nel circolo della riflessione letteraria e filosofica tardo-medievale un ideale di saggezza come dominio di sé che ha in particolare tra i principali referenti Seneca. Leonardo Bruni attribuisce al Petrarca il merito di iniziatore del movimento umanistico. Però bisogna anche riconoscere che Boccaccio dà un grande contributo in proposito, riunendo attorno a sé a Firenze un circolo di dotti che sarà il nucleo originario dell’umanesimo fiorentino favorendo un attenzione rinnovata allo studio della lingua greca. Quindi si vanno ad unire la figura cosmopolita petrarchesca, quella di Boccaccio e il primo Umanesimo fiorentino che ha in Coluccio Salutati, la sua figura di spicco. Se l’umanesimo è strettamente legato allo studio delle opere antiche, fondamentale è l’opera di ampliamento del canone degli autori classici noti che nei secoli precedenti erano stati limitati. In quesiti anni molti testi antichi vengono recuperati; in alcuni casi si tratta di scoperte causali, in altri di un’attività di investigazione nelle biblioteche monastiche ed ecclesiastiche. I nuovi testi, vengono immessi nel circuito culturale grazie all’arrivo della stampa. Poggio Bracciolini è il più famoso ricercatore di opere classiche; tra le quali troviamo varie orazioni di Cicerone, L’istituto oratoria di Quintiliano e il De rerum natura di Lucrezio. Ma egli fu importante anche per la lettera che mandò a Guarino Veronese in cui narra alcune sue scoperte nel monastero di San Gallo e parla di quei codici come se fossero “persone vive a lungo detenute in oscure carceri”. L’idea del dialogo con gli antichi che era già balenata nelle pagine in cui Dante affida a Virgilio il compito di guidarlo nell’aldilà si rafforza e diventa metafora del senso nuovo che si attribuisce al rapporto con l’antico. In tale contesto la scelta del latino assume un rilievo culturale e simbolico; viene sentita come l ingua d’elezione e viene celebrato per la sua novità intrinseca, ma anche per essere tramite di conoscenza del mondo classico. Esemplare è la prefazione che Lorenzo Valla scrive al primo degli Elegantiarum libri: si dice che mentre la conquista militare romana si era svolta con le armi, la conquista culturale era una conquista pacifica arricchendo le popolazioni che la accoglievano.

Il latino che si vuole adottare non è il povero e rozzo latino ecclesiastico medievale, bensì il latino dei classici restaurato nelle sue strutture morfologico-sintattiche e nella varietà dei registri. In seguito si apriranno dispute su quali siano i modelli da seguire (Cicerone, Virgilio, ecc.) Anche l’elogio degli studia humanita diviene un topos della letteratura umanistica. Via via si mettono in luce aspetti particolari come il canone degli autori da leggere, i metodi da seguire, i benefici che gli studi apportano alla formazione culturale e morale e la compatibilità con gli studia divinitatis. Ma comune a tutte queste laudationes è l’afflato: la consapevolezza del valore degli studi umanistici e l’entusiasmo per le fonti classiche a cui essi consentono di accedere. Coluccio, Bruni o Barzizza confermano che la vita dell’uomo senza queste arti, oltre ad essere deserta e derelitta, è inferiore e peggiore perfino a quella di molti animali. Nel 400 il processo di diffusione della conoscenza della lingua e cultura greca aumenta, grazie a persone come Manuele Crisolora e i suoi allievi Guarino Veronese e lo stesso Leonardo Bruni; a seguire Giorgio da Trebisonda, Giorgio Gemisto Pletone e Teodoro Gaza. Ma è soprattutto con la caduta di Costantinopoli che gli studi greci traggono nuovo impulso grazie ad un gruppo di dotti bizantini che si trasferirono in Italia portando codici preziosi e, grazie al loro insegnamento, le competenze linguistiche dei dotti greci andarono agli umanisti italiani.

Filologia e critica storica Questo fervore di studi si traduce spesso in profondo rispetto e amore per il mondo antico ed è proprio la filologia che si propone, con metodo razionale, di dare edizioni dei testi scrupolosamente esatte e rispettose della cultura. La filologia può essere considerata la disciplina dell’umanesimo perché consente una riscoperta autentica del mondo classico e una rilettura qualitativamente migliore delle opere già note nel medioevo. Anche se il metodo dell’interpretazione allegorica non cessa del tutto, lo scrupolo filologico costituisce una delle premesse indispensabili perché il mondo antico venga riscoperto nell’autenticità dei messaggi. Pilastri di tale disciplina sono Lorenzo Valla, il Poliziano ed Ermolao Barbaro. Non stupisce quindi che con la diffusione della stampa molti umanisti avviarono imprese editoriali; basti ricordare le edizioni di classici greci e latini di Aldo Manuzio date a Venezia nei primi del 500. Con il ritorno all’antichità classica, si prende più coscienza della decadenza dell’arte e della cultura in genere. Basti pensare che il Campidoglio e il Palatino, luoghi simbolo della civiltà romana, erano ridotti a luoghi di deposito e pascolo per animali.

Concetto di media aetas La presa di coscienza porta come conseguenza la definizione del concetto di media aetas , ovvero età di mezzo che separa il presente dall’antica antica. Il concetto di Medioevo nasce dunque in questo contesto di riflessioni sulla decadenza della civiltà antica. L’ UMANESIMO costituisce per tali ragioni un momento fondamentale nella formazione della coscienza storica moderna. In questo rinnovato fervore di studi storici finalizzati a comprendere il passato e il presente si unisce la volontà di sottrarre all’oblio le imprese gloriose e di garantire attraverso la parola scritta una memoria. Guarino Veronese scrive nel 1446 in una epistole la necessità di formare scrittori capaci di narrare le imprese dei grandi al fine di evitare che il ricordo muoia con gli uomini. Già Alessandro Magno e Cesare ebbero cura di affidare ai poeti e agli scrittori la narrazione delle loro imprese affinché rimanessero vive in eterno. Le lettere, la poesia, la storiografia, (studia humanitatis) sottraggono l’uomo all’oblio e alla morte. Con le parole di Guarino emerge un nuovo punto di vista circa lo stato degli studi e della civiltà di fine Medioevo e la consapevolezza che la media aetas si sta chiudendo e dalle sue ceneri sta nascendo un’età nuova. Significativa è la dichiarazione di Marsilio Ficino, il quale in una epistole definisce il suo secolo come aureo poiché ha riportato alla luce le arti, la grammatica, la poesia, l’oratoria, la pittura, la scultura, la musica.

Lorenzo Valla, Elegantie Linguae Latinae Il latino, lingua di civiltà In questo scritto di Lorenzo Valla, la lingua latina è celebrata come non mai soprattutto per essere stata uno straordinario strumento di diffusione della civiltà, capace di portare benefici all’umanità intera. Nel passo si intrecciano 3 ordini di considerazioni: 1. una riflessione di natura teorica, che connette il fiorire della lingua con il fiorire della civiltà; essa riguarda la lingua latina, ma anche il fatto che gli studi linguistici e retorici sono indispensabili per la nascita di una civiltà. Un’altra importante dichiarazione è che la lingua diffonde la civiltà con strumenti pacific i, mentre il potere politico-militare lo fa con strumenti di guerra che portano orrore. 2. un’analisi storica che riguarda l’eccellenza della lingua latina e i suoi rapporti con l’impero romano. I romani coltivavano ogni genere di studi e promuovevano sia le lettere sia l’uso del latino e la diffusione di quest’ultima è stata considerata impresa superiore rispetto alla diffusione dell’impero; mentre quest’ultimo per formarsi ha tolto la libertà ai popoli conquistati, la lingua si è imposta con amore e concordia e ha arricchito i popoli che l’hanno utilizzata.

3. e dichiarazioni riguardo l’attualità culturale. Le considerazioni di Valla non sono solo di ordine teorico e storico, ma costituiscono anche un programma...


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