Una sociologia della globalizzazione Saskia Sassen PDF

Title Una sociologia della globalizzazione Saskia Sassen
Course Logica
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

SOCIOLOGIA DELLA GLOBALIZZAZIONE di Sassen pubblicata originariamente nel 2007. Negli ultimi il mondo cambiato profondamente e con esso cambiata anche la condizione umana. Questo cambiamento avvenuto ad una e ad una che non hanno conosciuto precedenti, e di fronte ad uno stravolgimento profondo come...


Description

UNA SOCIOLOGIA DELLA GLOBALIZZAZIONE di Saskia Sassen pubblicata originariamente nel 2007. Negli ultimi trent’anni il mondo è cambiato profondamente e con esso è cambiata anche la condizione umana. Questo cambiamento è avvenuto ad una velocità e ad una intensità che non hanno conosciuto precedenti, e di fronte ad uno stravolgimento così profondo come quello che chiamiamo “globalizzazione” , non si tratta tanto di aggiornare le risposte, non bastano degli aggiustamenti parziali di ordine tecnico e istituzionale; è necessario reimpostare le questioni, riformulare le domande, attivare un nuovo sguardo sulle cose del mondo e ripensare quelle categorie fondamentali con cui si sono pensate la politica, l’economia, la società e la cultura. Questi autori e questi testi su cui rifletteremo insieme sono stati capaci di pensare e interpretare la contemporaneità immaginando ed elaborando paradigmi nuovi. Saskia Sassen, sociologa ed economista, propone una linea interpretativa dei processi globali ottimale, che riesce a collegare una densità teorica e critica con una analisi empirica rigorosa. Ecco il nucleo del suo pensiero e del suo programma di ricerca, immediatamente dichiarato in quest’opera, ma presente in tutti i testi dell’autrice; scrive Saskia Sassen: “uno degli obiettivi della ricerca sociologica è quello di ritrovare la località nel contesto della globalizzazione, delle telecomunicazioni e della proliferazione delle finanze transnazionali e translocali” . Dunque il punto è ritrovare la località. Da lungo tempo è in atto un progressivo sgretolamento dei rapporti tradizionali tra società e territorio, o meglio, è in atto una disgiunzione tra pratiche sociali, territorio e spazio politico. Oggi, anche a causa delle straordinarie evoluzioni tecnologiche, lo spazio socio-culturale e lo spazio geografico si dissociano progressivamente, non si corrispondono più. In questo quadro Saskia Sassen, pur senza negare l’ordine reticolare, immateriale e digitale che pervade l’epoca globale, nel suo grande affresco del tempo presente disegna uno spazio che è fatto di nodi, di centri di controllo, concentrazioni di potere e precisi assetti materiali, infrastrutture e luoghi concreti. Le immagini che si impongono nel racconto della globalizzazione evidenziano l’ipermobilità, le comunicazioni globali, l’annullamento della distanza. Afferma l’autrice che occorre invece esaminare aspetti che sono totalmente trascurati, come le categorie di spazio e località. Focalizzare l’attenzione su queste categorie significa riconoscere che molte risorse necessarie alle attività economiche globali sono profondamente radicate, inserite, nelle località, quali, per esempio, ne parleremo a breve, le città globali. Saskia Sassen fa riferimento a due livelli del medesimo concetto di globalizzazione. Da un lato c’è la globalizzazione più nota che riguarda la formazione di istituzioni e progetti globali, come i mercati finanziari, le organizzazioni internazionali, i tribunali internazionali per i crimini di guerra; dall’altro c’è una globalizzazione legata a quei processi che nascono e si sviluppano come essenzialmente localizzati in ambiti nazionali. questi progetti sono globali perché concernono reti transfrontaliere e attori internazionali, ma sono globali anche perché riflettono argomenti che interessano contemporaneamente molti paesi e molte località, come nel caso dei movimenti di protesta transnazionali. Dagli anni 80 abbiamo assistito alla progressiva decomposizione di alcuni ordinamenti statali, di alcuni aspetti istituzionali, in quella che prende il nome della de-nazionalizzazione. Si tratta di un processo di privatizzazione di alcuni comparti di ciò che prima era di pertinenza pubblica, come, per esempio, i servizi di sicurezza piuttosto che la previdenza. Scrive Saskia Sassen “la trasformazione epocale che chiamo globalizzazione sta cadendo nell’ambito nazionale molto più di quanto si riconosca. È qui che si costruiscono i certificati più complessi della sfera globale, inoltre

l’ambito nazionale è spesso anche uno dei catalizzatori e degli agenti dell’emergente scala globale. Buona parte della globalizzazione consiste in un’enormità di microprocessi che cominciano a de-nazionalizzare quanto era costruito come nazionale, politiche pubbliche, capitale, spazi urbani etc” . L’autrice sta dicendo che i progetti globali sfidano la pretesa di esclusività degli stati, ossia sfidano il monopolio esclusivo del potere su un territorio specifico delimitato dai confini dello stato. La globalizzazione infatti prende forma entro nuovi assemblaggi di territori e autorità, dentro imperi contingenti di poteri che si articolano e operano attraverso diverse scale e relazioni. Si tratta di dispositivi tesi a riconfigurare il territorio e l’autorità dello stato, a disarticolare poteri che un tempo erano incatenati nello stato-nazione e riarticolarli in combinazioni diverse, nuove. Succede che lo stato nazionale si trova a dover rinegoziare in qualche misura il proprio potere con attori e con fonti del diritto economici e sociali che sono sono ad un tempo sub-nazionali, transnazionali, internazionali/globali. Lo stato mantiene funzioni geopolitiche decisive ma fatica sempre più a presentarsi come quel contenitore di processi economici, sociali e politici, e a svolgere quella funzione di mediazione tra nazionle e globale. V’è dunque una riduzione delle sue capacità di intervento e regolazione nei confronti, per esempio, dell’economia. Lo stato presenta tale difficoltà perché è coinvolto in un riposizionamento scalare entro un quadro di poteri più vasto, più articolato. Nell’epoca globale, nel sistema statocentrico moderno, si sovrappongono in modo scomposto, fluido e instabile, altri ordini spaziali, sociali e politici. Con il parziale scioglimento e con il parziale riposizionamento della scala nazionale, oltre allo stato come unità spaziale, sono comparse altre unità di misura, altre scale: le unità nazionali (le città), le entità sovranazionali e le regioni transfrontaliere. Le regioni e le città investono reti di rapporti internazionali relativamente autonome da quelle degli stati nazionali, di cui pure fanno parte. Utilizzano nuove possibilità di comunicazione e interconnessione con l’esterno. Questa trasformazione dell’economia mondiale riafferma l’importanza delle principali città come luoghi di questi progetti, sedi di particolari attività e funzioni. Quindi nell’attuale fase, questa interessante combinazione di dispersione territoriale e integrazione globale, prevede il ruolo strategico delle città, che Saskia Sassen definisce, appunto, città globali. Queste città sono centri di comando e di controllo in grado di controllare e gestire attività intrecciate delle reti di imprese, sono sedi privilegiate di società finanziarie e delle aziende del terziario più avanzato, sono luoghi di produzione, di innovazione per le stesse società e aziende e sono anche mercati di compravendita dei prodotti e delle innovazioni. Le odierne dinamiche di re-scaling, di intrecci di scalarità, tagliano trasversalmente la dimensione istituzionale e l’incasellamento istituzionale del territorio prodotti dalla formazione degli stati nazionali, e questa ri-scalarità non significa la scomparsa delle vecchie gerarchie di scala, bensì l’affermarsi di nuove gerarchie accanto alle vecchie e il possibile ridimensionamento delle seconde rispetto alle prime. Tale intreccio di multiscalarità ha la sua espressione più nota nel modello delle città globali, le quali permettono di ripensare la specificità delle intersezioni tra dinamiche globali e componenti particolari. Scrive la sassen: “nella misura in cui strutture specifiche sono presenti in ciò che storicamente è stato definito e istituzionalizzato come territorio nazionale, si originano svariate negoziazioni tra il locale il nazionale. Queste terre di frontiera in cui si svolgono le negoziazioni” l’autrice spiega in questo passaggio che l’economia globale si materializza in territori nazionali. La sua topografia muove tra lo spazio digitale e i territori nazionali. Le città globali sono precisamente i luoghi in cui si costruisce e finanzia l’economia globale e le si forniscono i servizi necessari. Ecco allora il vero centro di interesse della sassen: le città globali, un ambito tra i più interessanti per comprendere e interpretare quella strutturazione materiale e simbolica che chiamiamo globalizzazione, una ristrutturazione del mondo che avviene sotto i nostri occhi. Per questo Saskia Sassen dice che “la città torna ad essere una lente per la teoria sociale, una lente attraverso la quale guardare al cambiamento in corso” perché dentro alle città, sembra un paradosso, la globalizzazione

accade localmente. Dentro alle città la globalizzazione consiste nella complessa interazione di molteplici dimensioni locali attraverso reti di portata globale. Dentro alle città modalità, decreti, ma anche ideali, immaginari e culture precipitano nei luoghi e li trasformano, li ridisegnano in continuazione, è questo ciò a cui si riferisce l’autrice quando parla di “ritrovare la globalità”; la globalizzazione è l’effetto che si produce sui luoghi. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento lo studio delle città è stato un nucleo fondamentale della sociologia moderna, in quanto in qualche modo riguardava lo studio dei principali processi sociali di quell’epoca. Oggi la città non è un’unità limitata, bensì una struttura complessa; la città è la figura della complessità. È una struttura complessa capace di articolare al suo interno un gran numero di processi, per questo diventa una lente. La città non è semplicemente collocata nella gerarchia scalare al di sotto del nazionale, del regionale e del globale, ma anzi le città sono uno spazio del globale perché si agganciano direttamente al globale, spesso aggirando la scala nazionale. Alcune città possono aver avuto questa capacità ben prima dell’epoca attuale. Oggi però queste condizioni si sono ampliate, si sono grandemente intensificate, e si sono intensificate al punto da ritenere che possano contribuire all’avvento di un’era urbana qualitativamente diversa. Le città si pongono come un nodo di intersezione tra la dimensione globale e la dimensione locale, destrutturando, pur senza comprometterla, la gerarchia scalare moderna, fondata sullo stato nazionale. La globalizzazione economica, le tecnologie dell’informazione, della comunicazione, l’aumento di interessi e competenze sovranazionali, disegnano una sovrapposizione scomposta, mobile e instabile di diversi ordini mondiali, locali, regionali, statali, macroregionali e continentali. La città globale gioca un ruolo strategico dentro a una molteplicità di scale diverse, le quali articolano spazi di governo, giurisdizioni e geografie materiali e simboliche, quali gli aspetti culturali da non trascurare in quanto decisivi della globalizzazione. In altre parole la città non può essere pensata come un contenitore di fatti sociali di ordine locale, ma come una forma trans-scalare, cioè capace di operare trasversalmente attivando relazioni con attori nazionali, sovranazionali e transnazionali, e questo vale per l’economia, per la società e per la cultura. per la Sassen la nozione di città globale, una vera e propria categoria ai suoi occhi, consente di studiare i processi globali attraverso le particolari modalità in cui queste si insediano nei luoghi. Saskia Sassen ritiene quindi che accanto ai fenomeni di diffusione spaziale delle attività economiche, si manifestino significative forme di concentrazione territoriale delle funzioni superiori di direzione e di controllo. I mercati nazionali e internazionali necessitano di luoghi centrali in cui realizzare e coordinare nel concreto il lavoro della globalizzazione. Allo stesso modo le industrie dell’informazione richiedono una vasta infrastruttura materiale che comprende nodi strategici e una forte concentrazione di mezzi. Si noti come continuamente rimane il vocabolario del globale, dell’immateriale e delle telecomunicazioni, ma con un forte ancoramento locale concreto ai luoghi di produzione, ai mezzi. Emerge quindi una configurazione economica, sociale e culturale, molto diversa da quella semplicemente immateriale implicita in istituzioni come quelle dell’economia e dell’informazione. In questa configurazione si richiede la presenza di assetti materiali, luoghi di produzione, vincoli spaziali precisi. Le società, le imprese, le strutture materiali coinvolte nella globalizzazione sono concentrate nei centri urbani. Da un lato noi vediamo come gli aspetti più avanzati funzionali all’economia globale, la finanza, le assicurazioni, le consulenze legali, ma anche il marketing, la pubblicità, le relazioni pubbliche, la raccolta e diffusione delle informazioni, tutto ciò acquista sempre più importanza; dall’altro lato tutti questi elementi e questi aspetti sono concentrati in pochi punti nodali di alcuni paesi. Le informazioni e i centri di potere sono raccolti in alcune aree metropolitane. Negli anni novanta l’autrice collocava tali sostanzialmente nelle città di New York, Londra, Tokyo, ma successivamente allarga la prospettiva e oltre a queste città individua anche Parigi, Francoforte, Amsterdam, Zurigo, Sydney, Hong Kong, San Paolo e Città del Messico, e dunque le città che chiamiamo globali, diventano

sempre di più e assumono un ruolo sempre più decisivo nelle trasformazioni dell’economia internazionale. Questo focus sulle città rende possibile un cambiamento di prospettiva, un cambiamento di paradigma. L’attenzione si sposta da potere delle grandi imprese su governi ed economie, alle molteplici attività, ai molteplici assetti materiali necessari per mantenere la rete di produzione, la rete dei servizi e dei mercati. È possibile in questo modo, in questa lettura, fare emergere un ordinamento urbano, sociale e politico associato a queste città. La globalizzazione quindi si concentra dentro a complessi produttivi reali, situati in luoghi precisi sedi di attività e di interessi molti dei quali non direttamente legati a dinamiche globali. Le città sono luoghi subnazionali dove molteplici dinamiche globali si intersecano disegnando nuove geometrie. Tali intrecci collocano le stesse città entro circuiti globali, entro geografie transnazionali caratterizzate da regole e strutture, dinamiche e da attori molteplici. Le città nell’economia globale diventano delle porte, degli ingressi, dei passaggi attraverso i quali le economie transitano. Ciò contribuisce a generare un riposizionamento strategico delle città quali attori fondamentali sul piano nazionale e globale. Non tutte le città sono parte di queste reti, un vasto territorio rimane escluso. È possibile tracciare una nuova geografia delle centralità e dei margini i cui confini non necessariamente corrispondono alla divisione tra paesi ricchi e paesi poveri, ma vi si sovrappongono ancora una volta in modo frastagliato. All’interno di questa nuova geografia le città globali tendono a costituirsi come zone di frontiera, con un profilo straordinariamente interessante: al loro interno crescono e si sviluppano le nuove classi sociali globali che sorgono proprio grazie alla possibilità di sperimentare forme nuove, per esempio, di cittadinanza e di appartenenze molteplici. Appartenenze e cittadinanze non sono legate alla prossimità territoriale e alla cornice nazionale. Saskia Sassen individua oltre alla classe dei professionisti, dei manager, una classe di funzionari statali, di giudici, funzionari dell’immigrazione, di polizia, ma anche una classe di lavoratori, di attivisti politici con grandi risorse, e infine lavoratori a basso salario, per lo più svantaggiati, tra cui comunità e famiglie di migranti che, ripete in tutta l’opera, allo stesso titolo sono parte di progetti globali. Queste città sono luoghi decisivi non solo per la transnazionalizzazione del lavoro ma anche per la formazione di nuove identità, culture, comunità. Per questa ragione sono spazi molto interessanti; da questo punto di vista la città globale è un laboratorio per nuove forme e pratiche di cittadinanza. La città è uno spazio politico materiale e simbolico di grande interesse, uno spazio in cui la città diventa matrice di esperienze politiche e di pratiche di democrazia nuove, nonché di forme di cittadinanza emergenti. Si tratta, come dicevo poc’anzi, di un laboratorio molto interessante per studiare i cambiamenti in atto. La città racchiude uno spazio politico vitale, dinamico in cui cominciano ad esprimersi come forza sociale soggetti invisibili alla lente del contenitore nazionale; si muovono e prendono forma dentro alla città individui e gruppi etnico-socio-culturali i quali affermano la propria presenza nella sfera pubblica attraverso forme di mobilitazione e di contestazione dal basso. La globalizzazione prende forma come costellazione di nuove forme sociali, politiche, economiche e culturali reciprocamente interdipendenti. Le grandi città del mondo sono il luogo in cui una molteplicità di progetti di globalizzazione assume forme concrete. Tali forme sono in buona sostanza la globalizzazione. Le città sono un luogo strategico per tutta una serie di conflitti e contraddizioni, quelli proposti dalla popolazione svantaggiata e quelli proposti dalla globalizzazione del capitale. La città globale, inoltre, è forse uno degli spazi più strategici per la formazione di nuove forme di politica. Per concludere, in questo paradigma proposto da Saskia Sassen, paradigma incentrato sui luoghi, la città è certamente uno spazio in grado di produrre conoscenza sulle trasformazioni in corso. La città è un tessuto, è la pelle di questo mondo che sta cambiando. In qualche modo risente prima delle trasformazioni e le rilascia, le rende plasticamente visibili e riconoscibili, ma, afferma la Sassen, la città è un sistema complesso e incompiuto, dunque aperto, e proprio in questa apertura alle infinite

possibilità dell’avvenire sta la possibilità di un’altra storia della globalizzazione: la storia di tutto il mondo dentro alle città come in un grande caleidoscopio; una storia che potrebbe dischiudere degli scenari inediti nel contesto della globalizzazione....


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