Valerio Flacco - dettagliato PDF

Title Valerio Flacco - dettagliato
Course Latin Literature
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

dettagliato...


Description

IL CONTENUTO DELLE Libro

I

II

III

IV

V VI

VII

VIII

DI VALERIO FLACCO

Contenuto Dopo il proemio, in cui la partecipazione di Vespasiano alla campagna in Britannia di Claudio è equiparata all’impresa degli Argonauti, l’azione entra nel vivo. Il re Pelia, usurpatore del regno di Iolco, in Tessaglia, ai danni del fratello Esone, vuole convincere il figlio di quest’ultimo, Giasone, in cui riconosce una pericolosa minaccia, a un difficilissimo compito: impadronirsi del leggendario vello d’oro, la pelle di un capro fatato, posseduto dal re Eeta, nella lontana Colchide, sul Mar Nero. Attratto dall’impresa, Giasone con l’aiuto di Minerva costruisce la prima nave della storia, Argo, e con l’aiuto di Giunone, convince numerosi giovani eroi a seguirlo, tra cui Ercole, il cantore Orfeo, Castore e Polluce. Gli Argonauti partono. Pelia, adirato perché Giasone ha convinto anche suo figlio Acasto a unirsi all’impresa, manda dei sicari perché uccidano Esone e Alcimede, i genitori di Giasone, i quali, però, si suicidano. Dopo una navigazione notturna, gli Argonauti si fermano a Lemno, dove apprendono la storia delle donne dell’isola, che avevano ucciso tutti i loro uomini: solo Ipsipile, ora regina, era riuscita con uno stratagemma a risparmiare il proprio padre. Le donne sono liete di accoglierli. Ipsipile e Giasone vivono un amore intenso, fino a quando, anche per effetto dei rimproveri di Ercole, Giasone si impone di riprendere il viaggio. Nei pressi del promontorio Sigeo, gli Argonauti salvano Esione, figlia del re troiano Laomedonte, destinata a esser divorata da un mostro marino. Laomedonte si rifiuta, tuttavia, di accordare loro la ricompensa promessa. Gli Argonauti approdano presso il re di Cizico, che offre loro ospitalità. Ripartiti, durante la notte gli Argonauti vengono di nuovo sospinti verso Cizico, senza che se ne rendano conto. Durante una durissima battaglia notturna uccidono erroneamente il re loro amico. In Misia il fanciullo Ila viene rapito da una ninfa, che lo sottrae a Ercole, il quale, mentre indugia a cercarlo, viene abbandonato dai compagni. Ila appare a Ercole, lo consola: l’eroe è pronto alla sua prossima impresa, la liberazione di Prometeo. Polluce sconfigge nel pugilato il selvaggio Amico. Viene inserita la leggenda di Io, che spiega l’origine del nome Bosporo/Bosforo («passaggio della giovenca», animale in cui era stata trasformata Io). Successivamente gli Argonauti liberano il vate Fineo dalle Arpie. Alcuni Argonauti, il timoniere Tifi e il vate Idmone, muoiono per una malattia. A Sinope altri eroi si aggiungono al gruppo. Giunti finalmente nella Colchide, si alleano con Eeta, in guerra con il fratello Perse, ottenendo la promessa del vello d’oro, come ricompensa per l’alleanza. Scena divina: il colloquio tra Marte, Minerva e Giove si conclude con una profezia di quest’ultimo, e con un banchetto tra gli dei dell’Olimpo. Marte scende sulla Terra per distruggere i Minii. Mentre la battaglia infuria, Giunone ottiene l’aiuto di Venere perché Medea, la figlia del re Eeta, s’innamori di Giasone. La stessa Giunone, sotto l’aspetto della sorella Calciope, appare a Medea, e con lei osserva dalle mura le imprese di Giasone. Ottenuta la vittoria, Eeta non concede la ricompensa pattuita, e pretende da Giasone un’altra difficilissima prova. Giunone invia Venere, che sotto l’aspetto della maga Circe conduce Medea da Giasone. Dopo un aspro conflitto interiore tra l’amore per Giasone e l’affetto per il padre, Medea con le sue arti magiche aiuta Giasone a superare la prova: arare un campo servendosi di terribili tori spiranti fuoco, seminarvi i denti di un drago, e vincere i guerrieri che ne sarebbero scaturiti. Medea addormenta il drago guardiano del vello d’oro, del quale finalmente Giasone riesce a impadronirsi, per poi fuggire assieme ai compagni, portando con sé la stessa Medea. Il fratello di quest’ultima, Absirto, li insegue e li raggiunge alle foci del Danubio. I compagni chiedono a Giasone di abbandonare Medea, che, addolorata, scongiura Giasone di non ascoltarli. Il testo si interrompe nel mezzo della risposta di Giasone, assai incerto sul da farsi.

Da L. Canali, A. Cucchiarelli, S. Monda, Ingenium et ars, vol. 3, Einaudi, Torino 2014

Il vello d’oro e la nave Argo (magia e civilizzazione) Il mito degli Argonauti. Quello degli Argonauti è uno tra i più antichi e più importanti temi mitici del mondo classico (già presupposto in Odissea XII, vv. 69-72): ne sono protagonisti eroi vissuti nella generazione precedente rispetto alla guerra di Troia. Principali fonti greche sono Apollonio Rodio, Pindaro (Pitica IV) e l’opera mitografica attribuita ad Apollodoro, accanto a numerosi accenni nel teatro tragico (per esempio, nella Medea di Euripide). All’interno del mito si possono isolare due elementi dal forte valore simbolico e culturale, legati da una complessa serie di analogie e opposizioni: il vello d’oro e la nave Argo. L’antefatto mitico. Nell’antefatto mitico, il figlio di Eolo, Atamante, aveva avuto due figli da Nefele («Nuvola»): Frisso ed Elle. Ingelosita, Ino, dalla quale Atamante aveva avuto Learco e Melicerte, aveva spinto Atamante a uccidere i due figli di Nefele, come sacrificio per placare una carestia. Nefele era, tuttavia, riuscita a trarli in salvo, consegnandoli a un ariete dal vello d’oro, che avrebbe dovuto condurli verso il favoloso regno del Sole, Ea (presto identificato con la Colchide, all’estremità orientale del Mar Nero, governata dal re Eeta). Durante la traversata in groppa all’ariete, Ella era caduta nel tratto di mare che proprio da lei avrebbe preso il nome, l’Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli). Frisso, giunto presso Eeta, aveva sacrificato l’ariete. Un mito di civilizzazione. Decisiva per la conquista del vello – tenuto da quel momento in poi sotto la custodia di un drago, è l’invenzione della prima nave, Argo: al “veicolo” magico (l’ariete che conduce a volo Frisso ed Elle) si contrappone ora il veicolo che è frutto della tecnologia (la nave), e voluto da Atena, divinità civilizzatrice. All’impresa partecipano gli eroi civilizzatori, come Ercole, Castore e Pollice, o il cantore Orfeo; grazie a loro viene inventata la navigazione, fondamentale per la civiltà greca. Gli eroi rappresentano complessivamente la Grecia continentale (la Tessaglia, il Peloponneso, la Grecia centrale), mentre il regno di Eeta rappresenta l’Oriente (analoga contrapposizione fra Greci e Troiani): gli stessi antichi videro nella spedizioni degli Argonauti un mito di civilizzazione, che segna la supremazia dei Greci nel confronto con altre civiltà. Il vello d’oro: un oggetto magico. Nella prassi sociale greca la civilizzazione viene di fatto concepita come una forza che non può prescindere dal magico e dal selvaggio, ma deve recuperarlo e integrarlo in sé (interviene, altrimenti, la hýbris, la «superbia» sacrilega dell’uomo). A quest’esigenza rispondeva istituzionalmente il rito. Il vello d’oro simboleggia esattamente l’oggetto magico, emblema religioso di autorità e supremazia, in funzione del quale la società deve esprimere il massimo di tecnologia e civilizzazione: in un nesso inscindibile, al momento della più intensa spinta civilizzatrice corrisponde il recupero del primitivo. Per questa ragione il mito degli Argonauti presenta quella polarità, apparentemente contraddittoria, tra magia e civilizzazione. Il significato strettamente simbolico - funzionale del vello d’oro è confermato, in primo luogo, dalle sue connotazioni religiose. Sul suo significato solare (non dimentichiamo che è custodito in Oriente) non sembra che si possano nutrire dubbi: a questo dovremmo riferire anche la sua caratterizzazione aurea. Se l’egida ateniese (la pelle di capra attributo di Atena) è stata più facilmente recepita come garanzia della protezione divina, il vello d’oro sembra essere una prerogativa regale: si ricollega a Poseidone, a Hermes, a Zeus, ad Ares, e come simbolo del potere regale di Frisso fu interpretato già dal bizantino Eustazio. Le implicazioni negative del mito. La cultura romana non era estranea a questi intrecci di significati profondi, ma, al momento in cui gli scrittori latini guardarono al mito degli Argonauti, il loro occhio era quello della raffinata dottrina ellenistica: ne riconobbero il significato culturale, valorizzandone però soprattutto le implicazioni negative. In particolare Virgilio (Bucolica IV, vv. 31-35) identificò nella prima nave Argo il momento di frattura con l’età dell’oro, e a Virgilio si allineò Orazio (Epodo 16)....


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