Vattimo introduzione a Heidegger PDF

Title Vattimo introduzione a Heidegger
Course Filosofia
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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riassunto introduzione a Heidegger...


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ESSERE E TEMPO Heidegger fu la prima grande figura dell'esistenzialismo (ricerca del significato e della possibilità dell’esistenza) contemporaneo. Venne influenzato da Husserl (che considererà suolo successivamente suo maestro), al quale dedicò la sua opera più importante: Essere e Tempo. Grazie a Husserl, Heidegger si allontanò dal pensiero neokantiano, il quale privilegiava la scienza come unica forma di conoscenza valida; avvicinandosi agli scritti del suo maestro, secondo il quale l'atto conoscitivo si risolve nell’ anschaung: l'intuizione→ in filosofia indica quel tipo di conoscenza immediata che non si avvale del ragionamento o della conoscenza sensibile. Per Husserl la ‘cosa in sé’ si identifica totalmente con il suo manifestarsi alla coscienza, ovvero con la cosa così come appare al soggetto. Questo perché ogni atto psichico (pensiero, fantasia..) è sempre coscienza di qualcosa (un oggetto pensato o voluto); l'analisi degli atti della coscienza coincide con l'analisi dei modi in cui gli oggetti, dandosi alla coscienza, si costituiscono come tali, cioè appaiono o vengono all’essere in quanto fenomeni. Si comprende quindi In che senso la fenomenologia (Husserl fondatore) sia un ritorno ai fenomeni ovvero alle cose stesse→ analizza l'essenza degli atti mediante i quali la coscienza si rapporta alla realtà e la costituisce, attribuendole un senso. Heidegger invece, intende il fenomeno come la cosa in se stessa cioè nel suo essere→ rappresenta il manifestarsi della realtà stessa: LA VERITÀ . Applicato all'analisi dell'esistenza, il metodo fenomenologico consiste nel descrivere il senso dell'essere, che è appunto l'oggetto dell’ontologia. Essere e tempo porta come epigrafe un pasto del sofista platonico, nel quale si dice che il termine ente (in filosofia l'essere assoluto per eccellenza) nonostante l'apparente ovvietà del concetto, è lontano dal significare qualcosa dichiaro. Infatti la difficoltà che incontra la metafisica tradizionale (quel ramo della filosofia che ha come oggetto la realtà) dipende dal fatto che il senso del concetto di essere è sempre identificato con l’idea della presenza e cioè pensata in rapporto allo spazio temporale: non a caso l’essere supremo della metafisica (Dio) è eterno, cioè presenza totale. Come ai tempi di Platone, anche per noi la nozione di essere è solo apparentemente ovvia → lo scopo di Heidegger sarà quello di costruire un’ontologia che arrivi ad una determinazione completa del senso dell’essere in rapporto al tempo. Per fare ciò gli parte dalla domanda: Che cos'è l'essere? Nella quale si possono distinguere 3 cose:  Ciò che è cercato = l’essere stesso  Ciò che è interrogato = l’ente  Ciò che è ricercato = il senso dell’essere

Il primo problema dell'ontologia è quello di determinare qual è l'ente che dev'essere interrogato. Heidegger spiega che questo ente è l'uomo stesso, il quale ha un primato ontologico sugli altri enti (ad esempio animali e piante), visto che è lui che viene interrogato. Per questo Heidegger comincia col porre il problema dell’essere dell’uomo partendo da quella che egli chiama quotidianità o medietà. La medietà indica l’insieme dei modi di essere reali o possibili dell’uomo, come una sorta di media statistica delle maniere in cui i singoli uomini si determinano nel mondo. Parte dalla medietà perché riconosce che l’essere dell’uomo è caratterizzato dal trovarsi di fronte ad un complesso di possibilità, le quali però non si realizzano necessariamente→ da questo concetto segue l’idea dell’uomo come “poter essere” e cioè che l’essere uomo consiste nel rapportarsi a delle possibilità. Il poter essere è il senso stesso del concetto di esistenza→ il carattere dell’uomo è l’esistere. Il termine per descrivere l’esistenza è Dasein (dal tedesco), letteralmente esser-ci: essere, trascendenza situata nel mondo. Il mondo è un aspetto dell’esserci, è un esistenziale. Le cose che si incontrano nel mondo non sono semplici presenze, ma strumenti, in quanto hanno un significato, cioè possibili usi per i nostri scopi (in relazione alla nostra vita). Le cose sono tali in quanto appartengono e si identificano nel mondo: totalità strumentale basata sull’esserci. L’uomo è un essere nel mondo, ossia un prendersi cura delle cose che gli occorrono. Tale prendersi cura ha le caratteristiche della trascendenza e del progetto. Infatti oltrepassando (=trascendendo) la realtà come si presenta di fatto o a prima vista, l’esserci costituisce (=progetta) la realtà come un insieme di strumenti che egli può utilizzare→ dire che l’uomo è un essere nel mondo, significa affermare che l’uomo è nel mondo in modo tale da progettare il mondo stesso secondo un piano globale di utilizzabilità, volto a subordinare le cose ai suoi bisogni e ai suoi scopi. Quindi esistere, significa per l’uomo progettare, e poiché il progettare si fonda sulle possibilità che si offrono all’uomo, la comprensione di queste possibilità è un modo d’essere fondamentale dell’uomo stesso. La comprensione è progetto, in quanto è possedere una totalità di significati, che costituiscono il mondo prima di incontrare le singole cose (patrimonio di idee della conoscenza: articolazione di una precomprensione originaria delle cose→ circolo ermeneutico, concepisce l’essere come semplice-presenza). La comprensione dell'esistenza deve assumere come metodo quello fenomenologico, che ha come scopo quello di descrivere le strutture esistenziali in modo obbiettivo e imparziale.

L'esistenza è sempre essere-nel-mondo, ma è anche sempre essere-tra-gli-altri: per Heidegger non c'è un soggetto senza mondo, così come non c'è un io isolato senza gli altri. Ciò accade perché la sostanza dell'uomo è l'esistenza, la quale fin dal principio, è apertura verso il mondo e verso gli altri. Come il rapporto tra l'uomo e le cose è un prendersi cura delle cose, così il rapporto tra l'uomo e gli altri è avere cura degli altri. L’aver cura costituisce la struttura fondamentale di tutti i possibili rapporti tra gli uomini e può assumere due forme differenti: -Sottrarre agli altri le loro cure: l’uomo non si cura tanto degli altri (forma inautentica di coesistenza, in quanto è un puro essere insieme) -Aiutare gli altri ad essere liberi di assumersi le proprie cure: l’uomo apre agli altri la possibilità di trovare se stessi e di realizzare il loro essere (forma autentica cioè il vero coesistere. L’autenticità e l’inautenticità sono per Heidegger le due possibilità fondamentali dell’esistenza: -Autentica che si comprende dalla sua possibilità più propria (la morte) -Inautentica che si comprende a partire dal mondo e dagli altri uomini; è l’esistenza del sì, cioè quella del si dice o del si fa. Il linguaggio, che per natura è lo svelamento dell'essere, ciò in cui l'essere stesso si esprime e prende corpo, nell'esistenza inautentica (o anonima) diventa chiacchiera inconsistente e per questo si fonda esclusivamente sul si dice: la cosa sta così perché così si dice. È quindi caratterizzata dalla curiosità, non per l'essere delle cose, bensì per la loro apparenza visibile, che perciò reca con sé l'equivoco: l'esistenza anonima in preda alle chiacchiere e alla curiosità, finisce per non sapere neppure di che cosa si parli o a che cosa si riferisca il si dice. Heidegger non condanna comunque l'esistenza anonima, anche perché gli esistenzialisti non si spingono a pronunciare giudizi; egli dice che essa fa parte della struttura esistenziale dell'uomo, è una delle possibilità tra le quali l'uomo può scegliere. Alla base di questo poter scegliere però c'è quella che Heidegger chiama deiezione, cioè la caduta dell'essere dell'uomo nel mondo→ indica il modo d’essere inautentico proprio dell’uomo in quanto ‘è gettato’ (geworfenheit) nel mondo insieme agli altri esistenti, al loro stesso livello: l’uomo crede di realizzare la propria apertura al mondo e agli altri; in questo modo l’esserci è finito in quanto, pur essendo quello che apre il mondo, è a propria volta gettato in questa apertura. Questa struttura Heidegger la chiama effettività (Faktizitat) dell’esistenza. L’esserci è nel mondo con altri esserci (essere-con). Questa immedesimazione ha spesso il carattere pubblico del man (chiacchiera, curiosità, equivoco). Nel man l’esserci ha l’impressione di “comprendere tutto senza alcuna appropriazione della cosa”. Le opinioni comuni si condividono non perché verificate, ma perché comuni. Nel man l’esistenza è

inautentica. La deiezione è lo stato interpretativo del man. L’esserci è possibilità e sembrerebbe una scelta sua essere secondo un’esistenza autentica o inautentica. L’autenticità è in correlazione al “proprio” (eigen) ed è il modo che in cui l’esserci si appropria per progettarsi in base alla possibilità più sua. Come distinguere una chiacchiera e un’interpretazione? L’interpretazione comprende che il suo modo non è quello del man, del pre-. L’autenticità, l’interpretazione, si rapporta alle cose stesse e le fa emergere da esse. Il man non è mai un vero progetto, non è scelto da qualcuno. Nel man le cose non si presentano come strumenti ma come oggetti. L’incontro con le cose presuppone una presa di responsabilità, una cura (Sorge). La Sorge è l’avanti-a-sé—essere-già-in. Le emozioni che accompagnano la consapevolezza di questa deiezione sono la paura (inautenticità) e l'angoscia (autenticità), l'uomo si sente abbandonato ad essere ciò che è di fatto, cioè conosce la noia, che è l'abbandonarsi agli eventi. Per Heidegger l'esistenza è autentica quando è pervasa dall'angoscia che scaturisce dal prendere coscienza della nostra finitudine: questo è il "vivere-per-la-morte", che ha dunque una valenza altamente positiva, in quanto rende autentiche le scelte e, con esse, la vita (cosa che non potrebbe avvenire in una prospettiva di vita eterna). E tuttavia possiamo vivere come fatto solamente la morte altrui, mentre la nostra la viviamo sempre e soltanto come possibilità solo nostra, nella consapevolezza che, prima o poi, essa ci coglierà. Ne consegue che la morte ha per noi un significato non come fatto, ma come possibilità: e, a questo punto, Heidegger fa notare come nella società moderna, in cui non si parla ma si chiacchiera e non si aspira alla conoscenza ma alla curiosità, la morte stessa è stata rimossa. E l'aspetto più inautentico dell'esistenza della società di massa risiede proprio nel fatto che si vive perfino la morte nel Si: non più io muoio, ma Si muore, quasi come se la morte non ci coinvolgesse mai in prima persona; essa viene tragicamente inserita nel "Si" generico e, pertanto, perde il suo significato di possibilità. Che cosa significa, per l’esserci, essere un tutto? Se l’esserci è essenzialmente poter-essere, non potremmo mai incontrarlo come un tutto. Non si può pretendere di sperimentare l’esserci come totalità nel senso della semplice-presenza, perché è costitutivo per lui l’essere possibilità aperta. Tuttavia, si può dire, l’esserci non è sempre nel modo della possibilità; esso infatti muore, viene dunque un momento in cui quella struttura di aperta incompiutezza non è tale. La morte, come fatto biologico, non rappresenta il compimento della totalità dell’esserci: così l’essere sarebbe una semplicepresenza. La morte è per l'esserci la possibilità di non-poter-più-esserci. Poiché in questa possibilità l'esserci sovrasta se stesso, esso viene completamente rimandato al proprio poter-essere più proprio. In questo sovrastare dell'esserci a se stesso, dileguano tutti i rapporti con gli altri esserci. Questa possibilità propria e incondizionata è, nel contempo, l'estrema. Nella sua qualità di poter-essere, l'esserci non può superare la possibilità della morte. La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'esserci. Così la

morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile: se l'esserci esiste, è anche già gettato in questa possibilità. L'esser-gettato nella morte gli si rivela nel modo più originario e penetrante nella situazione emotiva dell'angoscia, la quale costituisce l'apertura dell'esserci al suo esistere come esser-gettato per la propria fine. Il Si non ha il coraggio dell'angoscia davanti alla morte→ trasforma quest'angoscia in paura di fronte a un evento che sopravverrà. Un'angoscia, è presentata come una debolezza che un esserci sicuro di sé non deve conoscere. Un essere-per-la-morte è l'anticipazione di un poter-essere di quell'ente il cui modo dì essere è l'anticiparsi stesso. Nella scoperta anticipante di questo poter-essere, l'esserci si apre a se stesso nei confronti della sua possibilità estrema. Ma progettarsi sul poter essere più proprio significa poter comprendere se stesso entro l'essere dell'ente così svelato: l'anticipazione dischiude all'esistenza, come sua estrema possibilità, la rinuncia a se stessa, dissolvendo in tal modo ogni solidificazione su posizioni esistenziali raggiunte. CHE COS’È LA METAFISICA

Metafisica: (metà) oltre. Il problema dell’essere oltre l’ente. L’esserci, comprendendo l’essere, dovrebbe andare oltre l’ente come tale. In Heidegger questo termine assume una connotazione negativa: metafisica è tutto il pensiero occidentale che non ha saputo mantenersi sulla trascendenza dell’esserci, mettendo l’essere sullo stesso piano dell’ente. L’essere, come gli enti, viene pensato come Vorhandenheit. Essa diventa sinonimo di oblio dell’essere (Seinsvergessenheit). Il problema della temporalità è messo da parte? No, indagando l’essenza della metafisica verrà in luce da sé. L’essenza del fondamento: parte dall’analisi del principio di ragion sufficiente=tutto ciò che esiste ha una causa o fondamento e la conoscenza dell’ente è quella che lo conosce nel suo fondamento. Il vero fondamento per Heidegger è l’esserci, in quanto, comprendendo l’essere (il progetto) ancor prima dell’ente, apre e fonda la totalità di enti. Ma l’esserci non è un fondamento (non necessariamente ultimo) per come lo intende la metafisica (Dio di Aristotele come atto puro, in quanto è tutto realizzato, una presenza totalmente dispiegata). Non è una Vorhandenheit perché è un progetto. L’esserci è fondamento (Grund) solo come assenza di fondamento, abisso senza fondo (Ab-grund). Il positivo fondare dell’esserci è a sua volta radicato in una mancanza di fondamento (che appare tale solo in base all’idea metafisica di fondamento). Differenza ontologica: quella per cui l’essere si distingue dall’ente e lo trascende, essendo la luce entro cui l’ente si fa visibile. Questa esprime la negatività dell’Ab-grund, in quanto l’essere non è l’ente. “Perché l’ente e non piuttosto il nulla?”. Tutte le scienze, dice Heidegger, si pongono il problema della conoscenza dell’ente e di nient’altro. Cos’è il niente? La conoscenza del niente non ci è data a livello della comprensione ma a livello emotivo, attraverso l’angoscia. A differenza della paura, che è sempre paura di qualcosa, l’angoscia si rivela come paura “di nulla”: si sente sprofondare nell’insignificanza di tutto il suo mondo, della stessa esistenza come tale. L’esserci, in quanto apertura e fondamento, non sta in mezzo agli enti come un ente fra gli altri: quando avverte questa trascendenza si sente “spaesato”. Nella banalità quotidiana l’esserci si sente protetto e rassicurato, pensandosi come un ente fra gli enti. Dal nulla viene ogni ente in quanto tale. Il rapporto tra esserci e essere resta ancora un’”oscura trascendenza”, poiché non si risolve nel rapporto soggetto-oggetto. Il progetto non è un semplice esserci-essere.

# Verità e non-verità

Cercando la verità noi ci sforziamo di conformarci alla cosa. L’aprirsi alla cosa è un atto libero: l’essenza della verità è la libertà. Ma la libertà non è qualcosa che si possa scegliere, l’aprirsi costituisce l’esserci stesso come e-n-m. Non è l’uomo a disporre della libertà, ma essa a disporre di lui. L’uomo accede all’ente in una luce nella quale si trova già sempre (apertura originaria, Geworfenheit) in base a una precomprensione che non sceglie, ma che lo costituisce. Se la verità è libertà di lasciar essere l’ente, questa libertà si può sempre anche esercitare non lasciar essere l’ente come tale, deformandolo. Tale errore dipende però dalla apertura originaria stessa e non può essere attribuito solo all’uomo. La non-verità appartiene all’essenza della verità, in quanto il velamento (aletheia) è più originario dello svelamento. E’ solo in virtù di questo che la verità può apparire, nonostante la possibilità dell’errore. La nonverità è collegata all’esistenza inautentica, alla deiezione.

# Metafisica e storia dell’essere “Perché l’ente e non piuttosto il nulla?”: la metafisica ha dimenticato il piuttosto, la trascendenza, il problema del nulla. La metafisica cerca un ente su cui fondare gli altri, senza accorgersi che per questo ente si ripropone il problema dell’essere (oblio dell’essere). L’essere vale come una nozione ovvia. “E’ la situazione stessa in cui ci troviamo, è uno stato della nostra esistenza, è il nostro destino”. L’apertura in cui noi ci troviamo ad essere gettati è caratterizzata come un dimenticare l’essere a favore dell’ente. Non dipende però da noi, risale a qualcosa che non siamo noi: è l’essenza della verità o, più in generale, l’essere. Continua l’analitica esistenziale di Essere e Tempo: l’esserci non si definisce in base a delle proprietà; non è altro che l’apertura storica che lo costituisce. # Nietzsche e la fine della metafisica

Noi possiamo venire a conoscere l’essenza della metafisica perché questa “viene in luce” e questo venire in luce è legato al suo esser giunta alla fine.

L’essenza della metafisica è l’oblio dell’essere. L’essenza del nichilismo è la storia in cui dell’essere non ne è più nulla. Nietzsche rappresenta la fine della metafisica. Heidegger preferisce l’espressione “volontà di volontà” a “volontà di potenza”. La volontà è puro volere senza un vero voluto (“totale infondatezza”). 1) A-letheia: idea di verità che scaturisce dalla non-verità; 2) Platone: idéa, ente in quanto isibile all’intelletto. Se il vero è il visibile, ciò che importa è veder giusto. 3) Aristotele: essere come eìdos (che cosa, essenza) e ousìa (che, esistenza effettiva). L’esistenza effettiva è enérgheia, essere in atto. Pensare l’essere come atto presuppone una potenza, un “venire da” (più vicino al concetto di aletheia). Tuttavia rappresenta un passo verso la sempre più completa identificazione dell’essere con ciò che è presente. 4) Medioevo latino: ripresa l’enérgheia, tradotta con actualitas, attribuita a Dio=effettiva presenza e capacità di fondazione, causalità. Attribuire la causalità all’essere significa collocarlo tra gli enti. Dio onnipresente-onnipotente. 5) Cartesio: idéa + enérgheia=certo. Ciò che è stabilito in una forma (idea) è presente (attualità) è vero, si dà come certo. Il carattere dell’essere è allora la certezza. Il reale è solo ciò che è certo. La certezza è ciò di cui abbiamo una conoscenza distinta (venire in primo piano del soggetto). Il soggetto diventa l’io dell’uomo, fondamento assoluto della realtà. La realtà obiettiva è quella che si mostra e dimostra tale al soggetto. La tecnicizzazione del mondo è l’effettivo attuarsi di questa idea: il mondo è un prodotto dell’uomo. Anche l’obiettività è un prodotto di un soggetto. La riduzione dell’essere ha il carattere di una presa di possesso. La riduzione dell’essere alla certezza è la riduzione dell’essere alla volontà del soggetto (es. Fichte, Schelling, Hegel). La storia della metafisica è storia di parole: fonda tutto ciò che sembrerebbe esterno al linguaggio e più vasto di esso. La filosofia ha influenzato le scienze moderne che, a loro volta, nella tecnica hanno trovato il venire a compimento della metafisica. La tecnica dà al mondo quella forma di “organizzazione totale”. La tecnica abolisce la differenza ontologica, poiché non prevede una differenza tra realtà vera e realtà empirica: la teoria è pratica. Dell’essere non vi è più nulla, non ci sono che gli enti. Il man è ora uno degli elementi fondamentali della metafisica. Nel mondo metafisico, caratterizzato dalla dittatura della pubblicità, l’essere dell’ente coincide con la sua strumentalità. L’unica conoscenza adeguata si rivela quella del man.

# Superamento della metafisica?

Il pensiero non è più che escogitazione tecnica. In questa situazione di estrema povertà (Holderlin...


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