Wabi-sabi - estetica giaponese. cosa è il wabi sabi e in cosa consiste PDF

Title Wabi-sabi - estetica giaponese. cosa è il wabi sabi e in cosa consiste
Author Ottavia Daprile
Course Estetica generale
Institution Università degli Studi di Trento
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spiegazione dell'estetica del wabi- sabi in relazione al libro di Leonard Koren. consigliata la lettura del libro, ma gli appunti sono chiari....


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Lezione 22 – estetica Leonard Koren, Wabi Sabi per artisti, poeti, filosofi La questione di questa lezione è racchiuda nelle due parole “Wabi e Sabi”. Wabi Sabi sono due parole separate, entrambe cariche di valore estetico la cui radice affonda nella letteratura, cultura e religione giapponese e nella prospettiva dello zen. WABI indica la ricerca della bellezza nella semplicità e una ricchezza spirituale associata a serenità nel distacco dal mondo materiale. SABI ha a che fare con il passare del tempo, con il modo in cui tutte le cose si evolvono per poi deteriorarsi, appassirsi, e così alterarsi nella loro natura esteriore. Entrambi i concetti sono importanti ma il punto essenziale è: quanto sono importanti le cose che vengono associate alla cultura del Wabi Sabi? Innanzitutto il nesso del Wabi Sabi è la semplicità come ideale estetico. Si forma una cultura del tè che pratica una estetica molto basica  una estetica semplice, ascetica che proponeva di riflettere sulla natura tessa della vita. Il termine “Wabi” fu, appunto, riferito alla cerimonia del tè così come il suo fondatore (della cerimonia)  il nome del tè divenne “tè Wabi”. Wabi contiene il gusto della semplicità e questo termine aveva originarie associazioni linguistiche con povertà, insufficienza, preoccupazione, struggimento, qualcosa anche di miserevole  quindi come termine esisteva già nella letteratura precedente, ma come termine estetico è una sublimazione, trasformazione, perché la bellezza del Wabi consiste in quella tonalità di fondo che coincide con l’oscurità  è la sublime bellezza in mezzo alle oscure realtà della vita. Un sacerdote buddhista scrisse che “dobbiamo guardare la fioritura primaverile soltanto quando è al culmine, oppure la luna soltanto quando è limpida e senza nubi”  intendeva dire che la bellezza non è soltanto in tutto ciò che è gioioso e vistoso, il Wabi implica la quiete, l’dea di innalzarsi sopra il quotidiano, è un’accettazione della realtà con tutte le intuizioni che questa accompagna  il Wabi consente di rendersi conto che in qualsiasi situazione si cela una bellezza di qualche genere e descrive la sensazione generata dal riconoscere la bellezza che risiede nella semplicità, ed è un tutt’uno con un senso di appagamento tranquillo, quale si scopre allontanandosi dalle strutture del mondo materialistico. L’ideale del Wabi continua a far parte della filosofia del tè, anche oggi, e in un’ultima analisi è un atteggiamento mentale incentrato sull’umiltà, semplicità, frugalità in quanto sono vie per raggiungere tranquillità ed appagamento. Lo spirito del Wabi è strettamente collegato, così, ad accettare i bisogni autentici umani che sono semplici, è connesso alla raccomandazione di umiltà e alla raccomandazione di essere riconoscenti alla bellezza che già esiste qui dove ora ci troviamo. Sabi significa patina, aspetto antico, semplicità elegante. Lo stesso carattere del Sabi si può anche tradurre con “tranquillità” e l’aggettivo Sabi-shi significa “appartato, solo, solitario”. Esistono altre versioni che significano deteriorarsi, cadere, mostrare i segni dell’età  il termine Sabi, quindi è stato progressivamente sempre più spesso usato per comunicare una profonda e tranquilla bellezza che emerge con il passare del tempo e che riconosciamo progressivamente nella patina, in quel logorio che è quel dignitoso consumarsi e sopportare il tempo, quel subire dignitosamente l’erosione dell’atmosfera. Sabi coincide con l’appannamento che è segno della antichità  il Sabi è creato dal tempo, non tanto dalla mano umana, anche se emerge su oggetti che artificialmente la pongono. Sabi ha a che fare con la raffinata eleganza dell’età, l’ideale della bellezza è quella dell’età portata con dignità dove i segni che vengono lasciati sono espressivi, ed è una bellezza che si rivela con l’uso e con il decadimento come la lucentezza appannata di un tavolo da cucina di una casa di campagna.

Nel suo libro d’ombra Jun’ichirō Tanizaki osserva infatti che i giapponesi scoprono la bellezza affermando il Sabi, scriveva lì “non disco e aborriamo tutto quello che luccica, è tuttavia evidente che preferiamo alle tonalità chiare, fredde e scintillanti quelle un po’ offuscate, caliginose nella pietra preziosa come nel vasellame, ci piacciono quei riflessi profondi e velati che sono inseparabili dalla patina del tempo. Fuor di eufemismo, questa patina non è altro che il sudiciume accumulato nel corso dei secoli, è lo sporco e l’untume di quegli oggetti toccati e accarezzati da molte mani che finiscono per impregnarsi con il passare degli anni.” Il suo significato più profondo fa riferimento a ciò che si nasconde sotto la superficie dell’oggetto reale che si vede e Sabi è una rappresentazione del modo in cui le cose evolvono, periscono approdando in una condizione che è caratterizzata da un velo di tristezza e ci porta a riflettere sull’evanescenza della vita. Quindi la bellezza del Sabi è il nostro legame, dell’essere umano, con il passato con il ciclo naturale della vita e con la nostra personale mortalità. Anche su questo aspetto del profilo culturale, vale tutt’oggi una pregiudiziale etnico culturale: nella letteratura spesso si citano aneddoti per i quali anche giovani quando si trovano a rispondere alla domanda se sia possibile imparare il Wabi Sabi, dicono che in realtà non si può imparare perché può essere appreso solo attraverso una percezione della quale si gode perché si è nati giapponesi. È un punto controverso ma che va tenuto presente perché è un po’ come chiedersi se sia più importante l’innamoramento o sia più importante l’amore e quale sia il rapporto tra lo stato di grazia che caratterizza inizialmente una relazione e poi la sua evoluzione  parallelismo interessante. Da qualche tempo l’espressione wabi Sabi viene usata in occidente come un aggettivo per descrivere un gusto particolare o per identificare il look dei tessuti fatti da materiali grezzi che privilegiano l’imperfezione (materiali ecologici), e viene anche impiegato anche per colori sulla tonalità della terra, blu, tinte neutre, grigi e ruggine.  è uno spostamento di significato che dovrebbe essere riportato al grafico che illustra i diversi concetti che sono Hade, Iki, Shibui e Jimi (?) che caratterizzano e fanno l’eleganza del gusto giapponese e dei tessuti. Nel gusto giapponese abbiamo Hade  indica gusto vistoso, sgargiante, abbondante  tipico dei manga coloratissimi Si ha lo Iki  caratterizza un gusto ricercato e sofisticato e che caratterizza un’eleganza innata anche se vi è uno sforzo  faccenda dello sforzo nello Iki come una delle sue tre componenti Il carattere Shibui  carattere austero, controllato, sobrio che ha un significato anche non facilmente traducibile ma indica una certa tranquillità, profondità, semplicità e purezza. In tempi più recenti, questo termine è stato usato per indicare una eleganza più riservata che sia accuratamente studiata e discreta  colori che valgono sono quelli scuri mischiati con qualcosa di neutro. Infine il senso dell’eleganza giapponese può essere espresso in Jimi  termine che significa letteralmente “sapore di terra” e che indica un gusto sobrio e moderato, toni neutri (beige o grigio opaco), disegni semplici con poco contrasto. Si tratta di termini che indicato aspetti di eleganza cioè di relazione all’abito ma possono essere usati per descrivere in modo traslato dei comportamenti o comunque delle tendenze. Sulla linea di un’interpretazione del Wabi Sabi come gusto speciale per il naturale e grezzo che privilegia l’imperfezione, vi sono termini quali asimmetrico, imperfetto, contenuto, discreto, irregolare, materico, naturale, segnato dal tempo…  vi è una contraddizione che potrebbe essere tra concetti perché da un lato vi è vistoso, sgargiante, complesso, luminoso e dall’altra umile, austero, semplice, opaco e silenzioso  laddove vale il vistoso abbiamo l’umile, laddove vale lo sgargiante abbiamo l’austero, laddove vale il complesso abbiamo il semplice, laddove il polo è quello del luminoso abbiamo l’opaco, laddove il polo è il rumoroso abbiamo il silenzioso  quindi quello che abbiamo è la costruzione di una bellezza sottesa che è quella di una sensibilità estetica che è quella Mono no aware (concetto estetico giapponese)  indica una sensibilità estetica e una partecipazione ad una bellezza che è circoscritta dal tempo, descrive il termine un’intensità dolce-

amara delle cose, una bellezza nelle deperibilità.  la bellezza del Wabi Sabi ricorda questo aspetto profondo della vita e quando i giapponesi usano delle metafore per descrivere il Mono no aware, fanno riferimento a un concetto quale è quello della bellezza caduca di un delicato bocciolo di rosa di ciliegio immediatamente prima che cada; mentre per il Wabi Sabi parlano di una foglia autunnale caduta, dunque è il prima e il dopo  il prima è il Mono no aware, la bellezza caduca, e il dopo è il Wabi Sabi, la foglia caduta....


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