08 Le 3 Teorie PDF

Title 08 Le 3 Teorie
Author Alessia Bertellotti
Course Economia politica
Institution Università degli Studi Guglielmo Marconi
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Le 3 Teorie...


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Introduzione DAVID RICARDO Celebre economista inglese nato a Londra nel 1772 morì nel 1823, David Ricardo è uno dei massimi esponenti della scuola classica. Figlio di un banchiere ebreo, accumulò una considerevole fortuna prima come agente di cambio, poi come banchiere e, nel 1819, venne eletto alla camera dei comuni. Dopo alcuni saggi di teoria monetaria, nel 1817 pubblicò la sua opera fondamentale, “Principi dell'economia politica e dell'imposta”, nella cui prefazione affermava che il problema principale dell'economia politica era determinare le leggi che regolano la distribuzione del prodotto nazionale tra proprietari terrieri, capitalisti e lavoratori. Rifacendosi alla teoria smithiana del valore, Ricardo pose a fondamento del valore di scambio di un bene la quantità di lavoro necessaria per ottenerlo e, in opposizione a Smith, sostenne che tale principio era valido non solo per le società precapitalistiche ma anche per quelle capitalistiche. Nella teoria della distribuzione dei redditi Ricardo ricercò le leggi che regolano la rendita, il salario e il profitto. Considerò la rendita determinata dalla differenza fra costi di produzione su terre a fertilità diversa, il salario naturale determinato da quanto è necessario al mantenimento e alla riproduzione del complesso della manodopera esistente senza aumenti e diminuzioni; e infine il profitto determinato da ciò che rimane ai capitalisti una volta pagati i salari e le rendite. L'analisi della distribuzione dei redditi servì a Ricardo per formulare una teoria "pessimistica" dello sviluppo economico capitalistico. Posta come condizione allo sviluppo stesso l'esistenza di un saggio di profitto sufficientemente elevato da permettere un'adeguata accumulazione di capitale e quindi un aumento della produzione, l'economista inglese rilevò che la tendenza del saggio di profitto a diminuire, in quanto la necessità di coltivare terre sempre meno fertili in seguito allo sviluppo demografico avrebbe determinato da una parte un aumento della rendita e dall'altra un aumento del prezzo delle derrate alimentari e quindi dei salari correnti, avrebbe frenato lo sviluppo economico. Di notevole importanza sono anche i contributi di Ricardo alla teoria del commercio internazionale e alla teoria monetaria. In sostanza, Ricardo, pur condividendo i princìpi liberistici di Adam Smith, non ritiene che la legge della domanda e dell'offerta possa condurre ad un'equa redistribuzione della ricchezza: a tal proposito, Ricardo individua due fattori di squilibrio. Il primo è dato dal rapporto tra la rendita fondiaria, cioè il reddito prodotto dalla proprietà della terra, e la crescita demografica. Per sfamare la popolazione sarà necessario coltivare anche i terreni meno fertili, con maggiori costi di lavoro e una minore rendita. Poiché la popolazione crescerà sempre di più, sarà sempre più vasto il ricorso a terreni sempre meno fertili con rendite sempre più basse. Per questa via la "rendita differenziale", ovvero la differenza tra la rendita dei terreni più fertili e quella dei terreni meno fertili diverrà sempre più grande. Il secondo fattore di squilibrio economico/sociale è dato dalla cosiddetta legge ferrea dei salari, secondo la quale, in base alla legge della domanda e dell'offerta, i salari tendono ad abbassarsi sempre più, per attestarsi al mero limite di sopravvivenza del lavoratore.

Teoria economica di Carl Marx Marx era un intellettuale rivoluzionario, anche economista. La teoria economia di Marx non è originale nella sua costruzione, perché vengono ripresi due aspetti affrontati precedentemente da due economisti, che Marx rielabora: - TABLEAU ECONOMIQUE : Marx la riformula come uno schema di produzione semplice e allargato. - TEORIA DEL VALORE-LAVORO di Ricardo CONFRONTO TRA DUE SITUAZIONI: SITUAZIONE DI PRODUZIONE MERCANTILE SEMPLICE In questo caso si parla di un’economia pre-capitalistica, dove i lavoratori producono le merci, senza interventi esterni. Le merci prodotte vengono poi vendute per ottenere denaro, con il quale poi i lavoratori possono comprare altre merci, diverse da quelle che producono, utili per loro. M - D - MI

M : merci prodotte dai lavoratori D : denaro MI : merci acquistate dai lavoratori MI è equivalente a M in termini di scambio. Le merci MI sono quelle che i lavoratori sono interessati a consumare. SITUAZIONE DI PRODUZIONE CAPITALISTICA La forza-lavoro diventa una merce. Il capitalista acquista forza-lavoro, i mezzi di produzione, organizza il lavoro, in questo modo ottiene dei prodotti. I prodotti vengono venduti sul mercato, così il capitalista riesce ad ottenere una quantità di denaro superiore rispetto a quella inizialmente immessa nel processo produttivo. D - M - DI D : denaro di un capitalista M : merci vendute sul mercato DI : denaro ottenuto DI > D La differenza tra D e DI è il PLUSVALORE, che è lo scopo della produzione da parte del capitalista. Il problema che si pone Marx è stabilire dove si genera il plusvalore. Marx esclude che il plusvalore venga generato dalla sfera della circolazione dello scambio, perché le merci si scambiano in termini di equivalenza. Invece ritiene che il plusvalore sia generato dalla sfera di produzione, perché nel corso della produzione i mezzi produttivi cedono il loro valore ai prodotti. Secondo Marx la fonte del plusvalore è quindi la forza-lavoro. Per spiegare questo concetto Marx utilizza la seguente definizione: VALORE DELLE MERCI : è la quantità di lavoro socialmente necessaria per la loro produzione. Questa affermazione viene utilizzata come definizione e corrisponde alla teoria del valore-lavoro di Ricardo. La differenza principale con Ricardo è data dal fatto che Marx ritiene che il valore delle merci dipenda dalla quantità di lavoro socialmente necessaria, questo perché un lavoratore pigro e inefficiente impiega più ore di lavoro per produrre una merce, e di conseguenza questa merce ha un altro valore. Quindi non tutto il lavoro si trasforma in valore, solo quello impiegato in modo efficiente.

Sraffa: Produzione di merci a mezzo di merci Lo stesso argomento in dettaglio: Produzione di merci a mezzo di merci. Con la sua opera Production of Commodities by Means of Commodities. Prelude to a critique to economic theory (1960) si propone di gettare le basi teoriche per una critica della scuola economica ai suoi tempi prevalente, quella marginalista, e di perfezionare la teoria classica del valore in economia sviluppata da Ricardo. In tale opera, divenuta una pietra miliare nella storia del pensiero economico, Sraffa analizza un modello di produzione lineare in cui è possibile determinare la struttura dei prezzi relativi e una delle due variabili distributive (saggio di profitto o di salario), data esogenamente l'altra variabile e la tecnologia, rappresentata dalle quantità fisiche dei singoli beni necessari per produrre le varie merci con i relativi output.[3]

La determinazione simultanea comporta che il valore del capitale impiegato può essere conosciuto solo insieme ai prezzi delle merci da cui è costituito. In questo modo divengono incompatibili con questo sistema le teorie che partono da dati valori dei fattori produttivi e spiegano i prezzi con la remunerazione di tali fattori in base alla loro produttività marginale. In sostanza, Sraffa dimostra che: 



non è possibile individuare una legge che determini simultaneamente il salario ed il saggio del profitto (come remunerazioni, rispettivamente, del lavoro e del capitale), in quanto: o il saggio del profitto può essere determinato solo fissando il salario (o viceversa); o non è possibile misurare il capitale senza determinare anche i prezzi (compreso il profitto), quindi non è possibile calcolare il profitto sulla base del valore del capitale (come sua remunerazione); non si può assumere che, all'aumentare del salario, il lavoro venga sostituito dal capitale, in quanto il valore del capitale dipende dalla durata dell'investimento iniziale; considerando capitali di diversa durata, può ben succedere che si preferisca sostituire capitale con lavoro anche se i salari aumentano (cosiddetto "ritorno delle tecniche"); ne segue che non è possibile attribuire la disoccupazione all'aumento dei salari, come se si trattasse di minore domanda di un fattore di produzione il cui prezzo è aumentato.

Questo apparato analitico è stato utilizzato dai seguaci di Sraffa anche per la critica alla teoria marxiana del valore e per la soluzione al problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione. Sempre secondo Pasinetti, Sraffa consente di superare i limiti del sistema input-output di Wassily Leontief, in particolare con riguardo agli effetti del progresso tecnico;[4] l'approccio di Pasinetti è stato recentemente ripreso ed ampliato, sempre in linea col pensiero di Sraffa, da Heinz

Kurz e Neri Salvadori.[5] Sraffa dimostrò come in un sistema economico, caratterizzato dall'esistenza di un sovrappiù, i prezzi relativi risultino determinati dalle condizioni di produzione e dal modo in cui tale sovrappiù viene distribuito tra salarî e profitti. Nella stessa opera S. risolse anche il problema ricardiano della determinazione di una misura/">misura del valore invariante rispetto alla distribuzione del reddito attraverso il concetto di "merce tipo" (merce composita per la quale è realizzata l'uguaglianza di due proporzioni: quella delle merci che la compongono e quella delle merci necessarie alla sua produzione). La sua analisi sfocia così in una critica decisiva alla concezione del capitale inteso come quantità misurabile su cui si basa la teoria marginalista del saggio di profitto. Con M. Dobb curò l'ed. critica dell'opera di D. Ricardo The works and correspondence of D. R. (10 voll., 1951-55).

La critica alla teoria neoclassica del valore e della distribuzione è stata sviluppata a partire dal dibattito sul concetto di capitale, sulla funzione aggregata di produzione e sul ritorno delle tecniche in seguito alla ricezione di Produzione di merci a mezzo di merci (1960) di Piero Sraffa. In questo libro schematico ed enigmatico si dimostra, in un centinaio di pagine, l’impossibilità di concepire il capitale come una merce, di cui il profitto possa essere considerato il prezzo, essendo il capitale in realtà un insieme di mezzi di produzione eterogenei. Da ciò consegue che il capitale non può essere dato, cioè misurato in termini di valore, indipendentemente dalla determinazione dei valori delle merci che lo costituiscono e anteriormente ad essa. Se questo non è possibile, allora non è possibile nemmeno misurare il prodotto marginale del capitale, e nemmeno quello del lavoro. Pertanto non esiste la possibilità di risolvere il problema distributivo adottando l’impianto marginalista, che calcola il profitto e il salario d’equilibrio proprio sulla base dei prodotti marginali di capitale e lavoro. Ne deriva che la divina armonia distributiva sancita dai neoclassici non è dimostrabile: non esiste quindi nessun livello “naturale” del salario, e di conseguenza nessuna configurazione distributiva del prodotto sociale d’equilibrio. Esistono invece limiti alquanto ampi entro i quali le quote distributive possono variare, ed entro tali limiti la situazione viene determinata in primo luogo dalle influenze storiche esercitate gradualmente dalle forze sociali e politiche. Lo scopo principale di Produzione di merci a mezzo di merci è enunciato nel sottotitolo: Premesse a una critica della teoria economica , e ancora nella Prefazione : è “carattere particolare della serie di proposizioni che vengono ora pubblicate che esse, per quanto non si addentrino nell’esame della teoria marginale del valore e della distribuzione, sono state tuttavia concepite così da poter servire di base per una critica di quella teoria”. Oggetto dell’analisi è la relazione che corre, in un dato momento di un sistema economico, tra i prezzi relativi e le grandezze distributive. L’obiettivo è l’elaborazione di una teoria economica che giunga alla determinazione dei prezzi delle merci e delle variabili distributive in maniera indipendente dal concetto di scarsità relativa dei fattori produttivi. L’analisi di Sraffa si struttura su uno schema del processo economico che non presuppone l’agire delle forze della domanda e dell’offerta come determinanti dei valori di equilibrio. La visione del sistema di produzione e di Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Software http://www.foxitsoftware.com For evaluation only. 2 consumo che si ricava è di un processo circolare; la stessa visione propria del Tableau économique di Quesnay e degli schemi di riproduzione di Marx.

Harrod-Domar, modello di Primo modello di crescita moderno, risultante dalla sintesi dei lavori svolti indipendentemente da H.R.F. Harrod (➔) ed E. Domar (➔). Il modello di H.-D., che muove dall’ipotesi keynesiana secondo la quale il risparmio è una proporzione costante del reddito (s), fa uso dell’acceleratore, dato dal rapporto fra capitale e prodotto (ν), e di una proporzione fissa tra capitale e lavoro, che può per semplicità essere assunta uguale a 1. Il modello consente di identificare il ‘saggio di crescita garantito’, vale a dire quel saggio che assicura simultaneamente l’equilibrio tra risparmi e investimenti e la realizzazione delle aspettative circa la variazione del reddito prodotto. Tale saggio di crescita è esprimibile con la formula. Modello elaborato da R. F. Harrod (v.) che tenta di spiegare quali condizioni permettono la crescita e lo sviluppo (v.) economico di un sistema. Si tratta, in pratica, di una teoria keynesiana del reddito nazionale resa dinamica grazie all'introduzione di alcune ipotesi quali il principio dell'acceleratore (v.), per quanto riguarda gli investimenti, e una funzione del risparmio aggregato che dipende non dal reddito corrente ma da quello maturato nel periodo precedente. Se, dunque, i risparmi sono: St = SYt – 1 e gli investimenti It = (Yt – Yt – 1) br dove br rappresenta l'ammontare di investimento che gli imprenditori effettuano ad ogni incremento unitario della domanda globale, la condizione di uguaglianza del sistema sarà data da I = S da cui, attraverso alcuni passaggi matematici, si otterrà che S/br (rapporto fra propensione al risparmio e coefficiente di capitale) è uguale al tasso di crescita del reddito monetario (Yt – Yt – 1 /Yt – 1). Il rapporto S/br è definito da Harrod tasso giustificato di crescita (Gw) poiché esso è l'unico tasso che assicura che tutti i risparmi vengano investiti. Queste grandezze, però, sono grandezze ex-ante, valori pianificati che non necessariamente coincidono con le grandezze verificate ex-post. Risparmio effettivamente realizzato e coefficiente di capitale effettivo determinano il tasso di sviluppo effettivo (G). Ovviamente, perché il sistema cresca in modo equilibrato occorre che G = Gw, ovvero che grandezze pianificate e grandezze realizzate coincidano. Se, invece, il tasso effettivo è maggiore del tasso giustificato (G > Gw), gli investimenti provocano una crescita del reddito maggiore di quella giustificata dal solo utilizzo dei risparmi spontanei e dunque i beni di consumo risulteranno insufficienti rispetto alla domanda di mercato. A questa deficienza si potrà rispondere o riducendo le scorte (ed allora nuovi investimenti saranno effettuati per ripristinarle) o facendo salire i prezzi (così che si abbia risparmio forzato ed inducendo nuovi investimenti). Invece, se G < Gw, i risparmi superano gli investimenti, cosicché i prezzi diminuiscono e/o le scorte si accumulano (con relativa ulteriore riduzione degli investimenti). È evidente, dunque, che una volta che il sistema si sia allontanato dalla posizione di equilibrio, essa non viene più restaurata automaticamente. Un modello di sviluppo molto simile a quello di Harrod fu sviluppato da Domar: in entrambi gli autori (appartenenti alla scuola keynesiana) la propensione al risparmio viene considerata costante ed è, dunque, quest'ultima a determinare il tasso di sviluppo di equilibrio del sistema. Le coincidenze fra le ipotesi dei due autori sono così frequenti che, spesso, si parla di modello di sviluppo Harrod-Domar.

l modello di Kaldor pur utilizzando gli strumenti e le ipotesi del modello keynesiano di Harrod e Domar cerca di conciliare la possibilità dell’uguaglianza tra gn e gw ponendo l’accento sulla distribuzione del reddito e sugli effetti di questa sul tasso di crescita dell’economia. • Per comprendere il modello occorre partire...


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