1. Giuseppe Ungaretti - In memoria PDF

Title 1. Giuseppe Ungaretti - In memoria
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Catania
Pages 5
File Size 144.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 43
Total Views 127

Summary

analisi poesia...


Description

Giuseppe Ungaretti – In Memoria • INTRODUZIONE La poesia In memoria è stata scritta nel 1916 e apriva la prima edizione del Porto Sepolto (1916) con due varianti principali: 1. il titolo era incorporato nel testo «In memoria di Moammed Sceab discendente di emiri nomadi...» 2. al termine si leggeva la seguente strofa «Saprò fino al mio turno di morire». I temi trattati sono: - il ricordo di un amico scomparso, - la riflessione sul destino, - la sofferenza degli immigrati, - il ruolo di testimonianza della poesia.

• PARAFRASI DISCORSIVA Si chiamava Mohammed Sceab, discendente di emiri, di nomadi, suicidatosi perché non aveva più una patria. Amò la Francia e cambiò nome, si fece chiamare Marcel, ma non era francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi compatrioti dove si ascolta ancora la preghiera del Corano, bevendo il caffè; e non sapeva nemmeno più cantare la canzone della sua lontananza. Io l'ho accompagnato insieme alla padrona dell'albergo dove abitava a Parigi, nel n°5 della Rues des carmes, una strada tutta in discesa e sfiorita. Adesso è morto e riposa nel cimitero di Ivry, un sobborgo che sembra sempre stare in una giornata di una fiera decomposta. Forse solamente io ricordo ancora che egli visse.

• ANALISI DEL TESTO Schema metrico: otto strofe di lunghezza irregolare, formate da versi per lo più brevi che creano un ritmo lento e

frantumato. Nel testo vi sono due aspetti fondamentali: 1. la commozione con cui il poeta ricorda l'amico scomparso, compagno di studi ad Alessandria fin dall'adolescenza; 2. è la riflessione non tanto sul perché del suicidio, bensì sul perché ai due amici sia toccata una sorte così differente, sebbene le premesse fossero simili. Sia Ungaretti sia Mohammed Sceabs, infatti sono dei sofferenti, in quanto esuli (nomadi, per utilizzare un termine ungarettiano), sradicati dalla terra d'origine, in cerca di stabilità. Da ciò si intuisce che la figura di Mohammed è vista dal poeta anche come simbolo dei cambiamenti in atto, di una crisi di civiltà, ovvero, lo sradicamento sociale, la Prima guerra mondiale che tormenta la sua epoca. La sottolineatura dell'integrazione mancata è assai forte: non aveva più Patria; non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda; non sapeva sciogliere ecc. Lo stile: Sul piano dello stile, la lirica ha un andamento intimo e affettuoso. I versi, brevi e rallentati, hanno il tono alto e severo di un'orazione funebre. I tempi verbali oscillano tra passato e presente, ricordo e cronaca: - I tempi passati (amò, mutò, fu) incalzano il lettore; - Gli imperfetti, spesso di forma negativa (si chiamava, non aveva, non sapeva), impongono una pausa; - Per la rievocazione usa il tempo presente: "Riposa / nel camposanto d'Ivry". La mancanza di punteggiatura sostituita dagli spazi bianchi i quali, oltre a scandire i periodi separandoli uno dall'altro, hanno due funzioni: 1. una semantica, in quanto le parole acquistano respiro e, così isolate, esprimono a fondo il loro significato; 2. una espressiva come pausa di silenzio, visto che prova a leggere ad alta voce e a fare una breve pausa ad ogni spazio. In questo silenzio che scandisce la lettura sentirai campeggiare le immagini che, libere da ogni vincolo metrico e talvolta sintattico (nota nella seconda strofa l'ellissi, cioè la soppressione del verbo) possono esprimere tutta la loro forza.

• CONTESTO Come tutte le poesie del Porto Sepolto datato Locvizza 30 settembre 1916, dedicato a Mohammed Shehab, amico dell'adolescenza, morto suicida. Erano partiti da Alessandria per iscriversi all'università a Parigi. Mohammed è partito quindici giorni prima, mentre Ungaretti è passato prima dall'Italia, nell'estate del 1912. Mohammed si reca addirittura in montagna, lui che veniva dal deserto. Mohammed a Parigi prende una stanza dove Ungaretti lo raggiunge quindici giorni dopo. Intraprendono i loro studi e i loro interessi non solo giuridici, e Ungaretti frequenta soprattutto la facoltà letteraria e al College de France, la più importante istituzione universitaria francese, le lezioni del filosofo Henry Bensón. Lui è un filosofo influentissimo definendo la poetica e la Recherche de Marseille Proust. Influenza Ungaretti sul sentimento del tempo, che Benson distingue tra durata e tempo cronologico. La sensibilità nei confronti del tempo è una delle costanti della poesia di Ungaretti. Questa vita a Parigi prevede che conoscano molte persone influenti, Modigliani, Picasso, Apollinaire... Quest'ultimo veniva dalla Polonia, e Apollinaire era solo uno pseudonimo adattato alla lingua francese. Anche Mohammed sceglie di chiamarsi Marseille, solo che non dispone della vitalità di Apollinaire, e rimane uno straniero, alla fine facendo la scelta estrema di suicidarsi. È il primo grande trauma di Ungaretti dopo la morte del padre, ma più forte essendo più consapevole, era un'ancora della sua vita, e da quel momento vede Parigi con occhi diversi. La poesia prima iniziava con "In Memoria di Mohammed Shehab, e nel secondo verso il "di" veniva isolato, tecnica futurista, ed è il primo verso monosillabico di Ungaretti. Decide poi di cambiare i versi e di trasferire il primo verso nel titolo e di cominciare poi con "si chiamava Mohammed Shehab". Discendente degli Emiri, che sono figure nobili arabe, la parola fondamentale è NOMADI. Il tema infatti è il nomadismo, il fatto di non avere più patria, di sentirsi straniero. Amava già la Francia quando stava ad Alessandria, ma la rinuncia al nome proprio è già una rinuncia alla sua identità, diventando Marseille. Non è più così discendente degli Emiri nomadi, ma non è nemmeno francese. Il Corano viene cantato cinque volte al giorno nei campanili delle moschee, questi versetti vengono intonati e sembrano una sorta di musica. L'esperienza che Ungaretti aveva fatto della cultura musulmana era un'esperienza musicale, in questi versi quindi indica la cultura araba secondo la sua percezione. Anche il caffè come momento quotidiano è tipico della cultura araba. "Non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono" sono versi fondamentali. Quello che Shehab non sapeva fare era diventare poeta, attraverso la poesia invece è possibile abbandonarsi, cioè sciogliere se stessi nell'armonia con la natura, con il presente, e lui non sapeva sentirsi in armonia attraverso la poesia. NON SENTIRSI IN ARMONIA È UN ALTRO TEMA DEL PORTO SEPOLTO. Shehab è un Ungaretti che non è riuscito a trovare la redenzione dell'essere straniero nella poesia. La poesia salva invece Ungaretti. Noi sappiamo sempre il dove e il quando, abbiamo una concretezza del poetico. Il successo di Ungaretti infatti sta nel fatto che il pubblico sente l'incombenza del proprio vissuto. Qua ci vengono fornite addirittura le coordinate geografiche di Shehab. Qui spunta un vocabolo che da un Ungaretti più maturo non ci aspetteremmo, cioè "appassito", che fa parte del vocabolario della tendenza Crepuscolare della poesia italiana dell'inizio del '900. "Appassito" sta proprio nel lessico del crepuscolo, della fine del tempo, verrà superato nel vocabolario successivo che è meno sentimentale.

La "decomposta fiera" equivale ad un luogo solitario, al circo senza pubblico, al mercato già smontato. In una di queste giornate avviene il funerale di Shehab. Ovviamente è una metafora della solitudine di Ungaretti dopo aver perduto questa amicizia. Shehab, che aveva perduto l'identità, è uno che non lascia traccia, solo Ungaretti sa che visse. Tutto ciò ci introduce ai temi del Porto Sepolto, cioè attraverso la memoria del suo amico e attraverso il tema dell'estraneità, del nomadismo, della ricerca di una patria che non si può conquistare o possedere perché è archetipica. Ungaretti pensa che la poesia preesista e si tratta solo di liberarla, si tratta della nostra patria originaria. Anche il porto è un'anima che accoglie il poeta e lo radica nel mondo, allo stesso tempo è anche il luogo in cui si parte. È anche il simbolo del nomadismo, simbolo sia della fuga che del ritorno. Ad Alessandria non tornerà più, è un ritorno al luogo da cui scaturisce la sua poesia, qualcosa che preesiste alla nostra percezione.

• COMMENTO La poesia parla della morte di un caro amico di Ungaretti, Mohammed Sceab, con il quale Ungaretti aveva condiviso una parte della sua vita negli anni giovanili ad Alessandria d'Egitto e in seguito a Parigi in Francia. Nella poesia emergono i due destini a confronto: il destino tragico di Mohammed e il destino, sempre sofferente, ma con un diverso epilogo del poeta. Mohammed Sceab, un giovane arabo discendente di emiri, si è ucciso perché non aveva più una patria. Stanco di vivere in una tenda del deserto, aveva raggiunto Ungaretti nella grande metropoli francese e li aveva cambiato il suo nome Mohammed in Marcel. Ma non basta mutare il nome per sentirsi francese: a Parigi, lui, figlio di un capo tribù, era un emarginato della società, era "nessuno"! E così, non potendo vivere a Parigi, né volendo ritornare nel deserto, patria dei suoi avi, si era tolto la vita. L'amico ha pagato con il suicidio l'incapacità di uscire dalla solitudine attraverso relazioni d'amore e di amicizia. Entrambi i personaggi si ritrovano senza patria, senza radici. È diverso però l'esito: Ungaretti, come si coglie nel finale, si salva grazie alla poesia, cioè nel canto, in cui trova una risposta alle sue sofferenze, perché ha la funzione di conservare nella memoria gli avvenimenti e le persone, mantenendo in vita il loro significato. Invece per l'amico la poesia non è intervenuta a costituire un elemento di aiuto e di risposta ai propri bisogni ed alle proprie ansie. Si nota da questo testo che Ungaretti vede nella poesia una funzione sacrale, in quanto la poesia è una conoscenza che si diffonde su una totalità di contenuti che risultano indeterminati: l'uomo, la vita, la morte. Attraverso la scrittura l'uomo, pur essendo senza radici, riesce a sublimare i valori dello sradicamento, della mancanza di una patria e della vita in solitudine in un paese straniero dove è difficile ambientarsi. In sostanza il testo, posto a premessa della raccolta, è un canto che inneggia al valore e anche dalla funzione della poesia come memoria e ricordo.

• GLOSSARIO CON SPIEGAZIONE Emiri: capi politici e militari arabi, discendenti di Maometto e dei califfi. Non aveva più patria: in quanto esule. Mutò nome: tentò di mutare la propria identità storica e culturale, la propria personalità senza riuscirvi. Fu Marcel: trasferitosi a Parigi, Mohammed aveva scelto per sé il nome francese di Marcel. La cantilena/del Corano: la monocorde recitazione delle preghiere previste dal Corano, il libro sacro dell'islamismo e dei musulmani. Allude anche alla perdita delle radici religiose da parte dell'amico. Gustando un caffè: secondo l'usanza araba. Sciogliere: esprimere. Canto: è sinonimo di poesia, attraverso la quale ci si può "abbandonare", mendicando le ferite dell'esistenza. L'ho accompagnato: allude naturalmente alla bara, nel senso che ha seguito il suo funerale fino al cimitero. Trasmette

una condizione di solitudine desolata. Dal numero...Carmes: strada della vecchia Parigi dove i due amici alloggiavano. Appassito vicolo: l'aggettivo indica lo sfiorire della vita, il sentore della morte che incombe. L'amico abitava in solitudine e povertà. Camposanto d'Ivry: cimitero alla periferia di Parigi. Sobborgo: sulla riva della Senna. Decomposta fiera: allude alla sporcizia che rimane accumulata in terra dopo il mercato. Ma "decomposta" richiama anche l'immagine del camposanto (v. 29), stringendo in un unico rapporto le manifestazioni della vita e il destino dell'amico. Nell’edizione del 1916 il testo della prima stanza è questo: In memoria Di Mohammed Sceab. Questa poesia è stata scritta in trincea, ma non parla del tema della guerra. L’argomento principale è la perdita d’identità; in questo caso la perdita d’identità dell’amico fraterno del poeta. A lui manca la lingua paterna. Ciò che è da evidenziare in questa poesia è il fatto che appaia un nome proprio. Accade la stessa cosa nell’ultima poesia, dove troviamo il nome dell’editore de Il Porto sepolto, Ettore Serra. In contrasto con eliminazione dell’io. Questi nomi propri si trovano nelle poesie posizionate al limite della raccolta in quanto la prima poesia è una dedica e l’ultima un ringraziamento. Già dalla prima stanza, il verbo all’imperfetto ci fa comprendere che Moammed.

• TESTO Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè

L’amico viene immaginato da Ungaretti come il discendente di una stirpe nobile di origine araba. Non importa se l’amico appartenga davvero a una famiglia abbiente o no, ma il riferimento ci permette di collocare nello spazio le origini di Moammed. L’amico si suicida perché non aveva più Patria (maiuscola nella nuova edizione). Tema della deriva nomade. Il nomade ha dei punti di riferimento, ma vaga sempre in dei territori dai confini incerti. Si tratta di una metafora dell’inconscio, qualcosa che sta sotto, da scavare, un pozzo. La liberazione dell’inconscio tramite la parola, come liberazione dei pensieri, tramite l’analisi. Troviamo lo stesso tema anche nella poesia “Il porto sepolto”. Un poeta arriva nel porto sepolto, si immerge e poi torna alla luce. Il poeta diventa così un nuovo Orfeo, mitica figura di cantore e poeta che era riuscito a commuovere gli dei degli inferi e a farsi restituire Euridice, sua giovanissima sposa da poco defunta. Fare poesia significa così tirare fuori le parole dagli abissi, portarle alla luce e disperderle nel mondo, affinché vivano di vita propria. Al poeta, di questa complessa operazione, non resterà altro che “il nulla”, fatto però di un segreto inesauribile, che lo spingerà a reimmergersi nel suo io profondo altre mille e mille volte. Contrasto tra orizzontalità della deriva e verticalità della poesia. Il tema di colui che è privato delle radici è fortemente presente nella poesia. Anche Ungaretti è uno che deve recuperare le sue radici e solamente la poesia può restituirgliele. Moammed finge di essere francese per recuperare le sue radici. “Non sapeva” (Moammed non riesce a strapparsi al destino di deradicato, tema del déraciné).

E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa Riposa

La cantilena ci riporta al canto della poesia. La cantilena è come un canto non articolato. Ungaretti dice che del suo contatto con il mondo della sua infanzia non gli è rimasto che il canto del mondo arabo, la cantilena della musica araba. La poesia è ritmo e si nutre dei ritmi della nostra memoria e quindi della nostra lingua madre, che Moammed ha in un certo modo rinnegato e perso. Moammed si suicida perché non seppe sciogliere (liberare) il canto del suo abbandono (dell’abbandonarsi all’universo), non seppe essere poeta. Ungaretti invece è un superstite perché tramite la guerra riuscirà a ritrovare sé stesso, Ungaretti riesce ad essere una “piccola fibra dell’universo. Moammed Sceab è quello che Ungaretti avrebbe potuto essere se non avesse saputo diventare poeta. La poesia è all’inizio della raccolta, sta al confine tra la “non poesia” e la poesia, rappresenta una soglia. Da una parte c’è l’io di un uomo che non sa essere poeta, dall’altra parte c’è la poesia e quindi torniamo al mito di Orfeo che si immerge e riesce a riemergere.

nel camposanto d’Ivry sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse...


Similar Free PDFs