2)I Fondamenti dell’assessment comportamentale PDF

Title 2)I Fondamenti dell’assessment comportamentale
Author Giulia Monteverde
Course Psicologia cognitivo comportamentale
Institution Università di Pisa
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Appunti e riassunti prof Berti ...


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FONDAMENTI DELL’ASSESSMENT COMPORTAMENTALE

ASSESSMENT – tutte le operazioni che un clinico deve fare a partire dai dati anagrafici al motivo della consultazione, recupero di tutte le informazioni necessarie attraverso colloqui, test osservazioni dirette per poter giungere a una concettualizzazione del caso. E' un'ampia valutazione che lo psicologo clinico conduce sul soggetto e sui suoi problemi personali, è un processo ipotetico-deduttivo continuo, durante il quale si raccolgono osservazioni, si avanzano ipotesi, se ne riformulano altre sulla base delle nuove osservazioni e così via. L’assessment consente di formulare per ogni singolo paziente programmi terapeutici flessibili per affrontare problemi e ostacoli che si incontrano durante un trattamento psicologico. Questa valutazione serve a comprendere e interpretare i fenomeni comportamentali dei pazienti ricostruendo e analizzano storicamente le fasi che hanno portato alla loro concettualizzazione attuale. ANAMNESI - indagine conoscitiva sui precedenti fisiologici e patologici, individuali e familiari, di un paziente, redatta dal medico e finalizzata alla diagnosi. Io dovrò dare un nome al problema per cui il paziente viene in terapia, fino poi ad arrivare a fare una diagnosi. Nell’ottica cognitivo-comportamentale questo non basta, bisogna difatti capire quali sono gli obiettivi da raggiungere con il paziente tramite un determinato metodo di lavoro = fare un assessment. Dobbiamo fare una differenza tra: (possibile domanda esame) ASSESSMENT TRADIZIONALE – si focalizza sullo studio delle variabili individuali sottostanti, come le caratteristiche di personalità.

ASSESSMENT COMPORTAMENTALE – cerca di studiare le risposte di un individuo nelle diverse situazioni partendo presupposto che ciò che determina il comportamento è l’apprendimento precedente, insieme alla configurazione attuale di antecedenti e conseguenze ambientali. L’assessment comportamentale include: •

Osservazione dei comportamenti di una persona in vivo o durante un roleplaying.



Misurazioni di tipo fisiologico



Osservazione sistematica di determinati comportamenti da parte del paziente stesso.

L’assessment tradizionale e quello comportamentale non si distinguono tanto per i mezzi utilizzati, quanto per lo scopo per cui tali mezzi sono impiegati.

I due approcci si differenziano per 4 punti: ➊ Il significato del termine personalità: Assessment tradizionale Propende per un determinismo psichico in cui le azioni di una persona sono causate da certe dinamiche di tipo interno.

➋ Selezione degli stimoli: Assessment tradizionale Tende ad utilizzare stimoli generali (item di un test) perché si ipotizza che il comportamento è indipendente dalle variabili ambientali.

Assessment comportamentale Enfatizza ciò che una persona fa nelle diverse situazioni, quindi il comportamento viene considerato il problema e non il sintomo di un problema. In quest’ottica il comportamento umano è causato sia dalle esperienze passate di apprendimento sia dalle immediate contingenze ambientali.

Assessment comportamentale E’ fondamentale costruire degli stimoli che siano rappresentativi della situazione di interesse.

➌ Interpretazione delle risposte agli stimoli: Assessment tradizionale Assessment comportamentale La risposta agli stimoli è considerata Tende a considerare la risposta come un un’indiretta manifestazione di una campione di un più largo set di risposte caratteristica sottostante. a disposizione del soggetto.

➍ Utilizzo dei dati raccolti: Assessment tradizionale L’assessment costituisce un procedimento chiuso, nel senso che una volta effettuato non ha più alcuna utilità.

Assessment comportamentale Nell’approccio cognitivo-comportamentale l’assessment è un processo aperto e dinamico, assessment e terapia sono processi interconnessi che si influenzano reciprocamente. Ma cosa bisogna valutare? A tal proposito può essere utile distinguere tra variabili associate al comportamento maladattivo e variabili importanti per la scelta e la messa in pratica delle tecniche terapeutiche.

Nell’ASSESSMENT COMPORTAMENTALE vado ad analizzare i comportamenti disfunzionali e la loro storia, in che momento sono iniziati e come si sono andati a stabilizzare. Antecedenti e conseguenze. Importanza dell’AMBIENTE nel determinare il comportamento disfunzionale. Si tratta di un processo ipotetico e deduttivo con lo scopo ultimo di andare a dedurre un trattamento mirato con un obiettivo. Recupero la storia del paziente e di quel suo problema, individuando gli stimoli che sono più discriminativi per quel determinato problema, e quali sono le conseguenze ambientali in termini di risposta che rinforzano quel problema → concetto di RINFORZO. L’approccio comportamentale all’assessment cerca di studiare le risposte specifiche di un individuo nelle specifiche situazioni sulla base dell’apprendimento precedente e interazione antecedenti e conseguenze ambientali per spiegare un comportamento. L’assessment comportamentale è differente da quello psicodinamico. Nell’ASSESSMENT COGNITIVO-COMPORTAMENTALE l’ambiente avrà un ruolo più o meno determinante a seconda dell’orientamento. Chiaramente non si ha una visione univoca da parte di tutta la famiglia cognitiva comportamentale, si prenderanno in considerazione le variabili covert e personali, tuttavia all’inizio si parte dall’AMBIENTALISMO ESTREMO  vedere il disturbo patologico come frutto di un ambiente che lo vede come tale, non si considerava una causa legata alla personalità dell’individuo. Visione estrema rispetto alla psicanalisi dove la causa sono i conflitti interni. Inoltre l’ambiente interagisce con il soggetto ma il anche soggetto interagisce con l’ambiente. --Nella VISIONE COMPORTAMENTALE il comportamento diventa dunque una variabile dipendente. Ma allora quali sono le variabili indipendenti da manipolare per cambiare quel comportamento? Variabili associate al COMPORTAMENTO MALADATTIVO: il comportamento maladattivo è considerato una variabile dipendente, compito del clinico è scoprire quali variabili indipendenti possono essere manipolate per portare ad una modificazione del comportamento. Bisogna studiare i campioni del comportamento maladattivo in relazione a specifici contesti insieme a caratteristiche che riguardano la durata, la frequenza, l’intensità e la pervasività.

Sono almeno 4 le variabili associate al comportamento maladattivo, il processo che consente di valutarle prende il nome di ANALISI FUNZIONALE: ➊ Stimoli antecedenti: si possono distinguere due tipi di variabili: • Quelle che stimolano direttamente delle risposte, dunque il clinico agisce partendo dal presupposto che la risposta del soggetto sia diretta conseguenza della situazione esterna; • Quelle che costituiscono degli stimoli discriminativi per l’emissione delle risposte stesse, in cui sarà indispensabile ottenere informazioni dettagliate sulla natura della situazione, in quanto gran parte dei comportamenti si manifestano in precise circostanze sulla base di determinati stimoli antecedenti. ➋ Variabili interne all’organismo: (NB aggiunte dalla visione cognitivocomportamentale) in questo gruppo di variabili assumono particolare importanza le interpretazioni che la persona fa riguardo ad una certa situazione, il modo in cui l’individuo etichetta il proprio comportamento maladattivo, gli standard che una persona possiede circa le proprie prestazioni. È importante anche l’indagine di variabili fisiologiche. ➌ Comportamento maladattivo: nella valutazione del comportamento maladattivo è importante focalizzarsi su ciò che una persona fa in una determinata situazione, occorre quindi studiare campioni di comportamento maladattivo in relazione a specifici contesti. ➍ Conseguenze: l’emissione dei nostri comportamenti può essere facilitata o inibita dalle conseguenze che si creano a seguito della loro stessa emissione (rinforzo positivo/negativo) → si va a vedere quali effetti hanno le reazioni ambientali sul soggetto, qual è la rappresentazione mentale interna che l’individuo fa (esempio: la prof mi fa uscire e io ho un rinforzo, mi sento frustrato, aumenta la visione negativa di me).

Oggi nel cognitivo-comportamentale con questo tipo di lavoro si cerca di capire anche la funzione relazionale del sintomo (esempio il sintomo avviene sempre con la mamma che poi

reagisce così… problema relazionale con la madre, comportamento della madre che rinforza il comportamento maladattivo del bambino) Quindi non ci si limita più a guardare il solo comportamento.

Come si agisce per cambiare un comportamento maladattivo? Per i cognitivi la riflessione è che a volte si può entrare in azione sulle credenze interne di un organismo tramite esperienza (esposizione in vivo ecc) e si modifica la credenza e l’immagine che il paziente ha di sé. Altre volte invece si deve agire direttamente sulla storia e sulla natura dei pensieri automatici* (lo vedremo meglio con Beck) il più delle volte in terapia cognitivocomportamentale si fanno entrambe le cose. *Storia dei pensieri automatici: Comportamento maladattivo (B) caratteristiche di quel comportamento. (C) conseguenze – con rinforzo positivo o negativo. Vedere nel capitolo precendente la tabella con analisi funzionale, ABC comportamentale e ABC cognitivo messi insieme. Il terapeuta inoltre deve capire su cosa si deve lavorare, se su... Antecedenti Comportamento Conseguenze I rinforzi non sono solamente esterni ma possono anche essere interni al soggetto, in questo caso si va a lavorare su componenti cognitive.

VARIABILI DA CONSIDERARE PER LA SCELTA E LA MESSA IN PRATICA DELLE TECNICHE TERAPEUTICHE La scelta delle strategie dipende dal tipo di comportamento da modificare, ma non è così facile scegliere la strategia più idonea. Sicuramente l’esperienza clinica è un fattore decisivo, ma sarà importante effettuare: • Un’attenta valutazione del paziente e delle sue caratteristiche • Valutare le credenze e le aspettative del paziente • Tenere in considerazione i diversi fattori ambientali. La complessità della ricerca delle tecniche migliori è esemplificata dal classico quesito di Paul: “Quale trattamento, in che circostanze, somministrato da quale terapeuta, è efficace per questo specifico individuo, con questo tipo di problema?”

CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI DAL PUNTO DI VISTA DELLA TERAPIA DEL COMPORTAMENTO Partendo dalla teoria che un individuo ha specifiche risposte in determinate situazioni, i comportamenti maladattivi sono stati classificati in base alle variabili che potrebbero causare e/o mantenere una specifica condotta disadattiva. Tali condotte possono essere classificate in base agli stimoli antecedenti, alle variabili che caratterizzano l’individuo o alle variabili di mantenimento. ► Comportamenti controllati da uno stimolo Si suddividono in due classi di comportamento: • •

Difetti nel controllo dello stimolo → adeguati comportamenti che vengono emessi in circostanze sbagliate. Risposte inappropriate allo stimolo → comportamenti inadeguati che si verificano contingentemente a stimoli in precedenza neutri.

► Deficit nel repertorio comportamentale Mancanza di capacità da parte del soggetto di gestire le richieste ambientali. Tali problemi in genere sono aggravati dal fatto che comportano anche una riduzione dei rinforzi se non addirittura delle conseguenze avversive. ► Repertori comportamentali di tipo aversivo Comportamenti maladattivi che provocano reazioni negative negli altri. I soggetti hanno quindi capacità adeguate per affrontare la maggior parte delle situazioni, ma tendono a comportarsi con modalità che creano numerosi fastidi agli altri. ► Difficoltà con il sistema di rinforzi Comportamenti maladattivi che possono dipendere da: •

Un sistema di incentivi deficitario → stimoli che per la maggior parte delle persone hanno un valore rinforzante o aversivo, per quel soggetto non sembrano essere efficaci.



Un sistema di rinforzi inappropriato → i rinforzi stessi sono in quel caso socialmente disapprovati o danno luogo a condotte dannose per il soggetto o per gli altri.



Assenza di incentivi → il soggetto non ha accesso ai rinforzi.



Conflitto di incentivi → quando lo stesso comportamento è seguito contemporaneamente da una conseguenza aversiva (in genere manifesta) e da un rinforzo (in genere meno evidente).

Anche il dialogo interno può rappresentare una fonte di rinforzo/punizione. STRUMENTI DI ASSESSMENT COGNITIVO-COMPORTAMENTALE ➊ COLLOQUIO CLINICO È lo strumento più importante. Questa parte risente molto della corrente di riferimento del terapeuta. Come interpreto il processo e la relazione terapeutica. Ci sono però delle regole in comune su come condurre un colloquio: ◙ Errore del colloquio è attribuire una propria interpretazione, anticipazione o emozione al paziente. Lo psicologo si sarebbe sentito in colpa e deduce che il paziente si è sentito in colpa. ◙ Non bisogna dare niente per scontato durante il colloquio. ◙ Un bravo psicologo clinico è quello che fa tante domande aperte e riformulazioni aperte senza grandi affermazioni. ◙ Richieste di chiarimenti, meglio apparire poco brillante che dare per scontato. ◙ Bisogna dare un sacco di spazio alla parola del paziente. I colloqui clinici mal condotti sono quelli dove il terapeuta fa dei grandi monologhi. ◙ Importanza del rispecchiamento emotivo nel colloquio clinico: non bisogna sminuire le emozioni del paziente, bensì mostrarci comprensivi nei confronti di esse (esempio paziente arrabbiato non bisogna dire "eh vabbè dai non devi reagire così" bensì "cavolo devi aver avuto proprio una giornata difficile"). ◙ Riassunti – fare il punto durante il colloquio. Si possono incontrare persone prese dall’emotività e che quindi non seguono un filo cognitivo. Oppure ci sono delle non integrazioni, delle incongruenze tra due affermazioni. “Riassumiamo un pochettino… come concili queste due cose?” In questo modo il paziente si rende da solo conto delle incongruenze nel suo racconto. Inoltre possono essere importanti per restare in linea.

◙ Bisogna inoltre porre molta attenzione a tutto il non verbale, sia del paziente, sia imparando a monitorare il nostro non verbale. Se c'è una cosa che ci provoca una reazione emotiva visibile piuttosto bisogna dire "abbi pazienza se mi vedi così ma quello che hai appena detto è molto forte". ◙ Bisogna avere una mappa del colloquio: sapere bene cosa stiamo facendo e cosa vogliamo ottenere. Avere cioè delle linee guida circa i vari argomenti da trattare nel colloquio. Presupposti... Il colloquio è reso possibile da uno specifico contesto motivazionale, nel quale esiste una richiesta d’aiuto psicologico, esiste un professionista con una propria competenza tecnica, è condivisa l’idea che il colloquio non è una terapia e difficilmente potrà dar luogo ad un sollievo immediato, esistono delle aspettative circa la possibilità di ricevere e fornire aiuto, direttamente o indirettamente Secondo Sanavio il colloquio si divide in varie fasi: ① Preliminari Il colloquio prende avvio con alcuni convenevoli che avvengono generalmente nelle varie situazioni sociali: presentazioni, parole di circostanza... ecc ② Esposizione del problema (o apertura) Ci sono dei problemi che il paziente non vuole prendere in considerazione magari perché non li vuole affrontare oppure perché non ne vede la connessione logica. Bisogna chiedere dunque al paziente se ci sono altre cose che non lo fanno stare bene. Magari il paziente arriva con un problema urgente da affrontare e non concentra la sua attenzione sugli altri problemi. ③ Approfondimento Definizione accurata del problema. Nel cognitivo comportamentale si cerca di concettualizzare ciò che viene riportato sul piano cognitivo (cosa vuol dire ad esempio “ansioso” o “depresso”, qual è il dialogo interiore, quali sono i pensieri automatici sottostanti), psicofisiologico (palpitazioni, vertigini, mal di stomaco) e comportamentale (quello che il soggetto fa e non fa). ④ Analisi funzionale In questa fase del colloquio si cerca di individuare eventuali situazioni o stimoli che possono fungere da antecedenti e avere un ruolo determinante nell’elicitare un disturbo. Si indaga poi sulle conseguenze interiori, familiari, sociali che scaturiscono dal comportamento problematico e di cui ne sono frequentemente fonte di mantenimento. Si procede poi con l’indagare l’intensità, la frequenza, il grado di interferenza che caratterizzano tali problemi o disturbi.

(Vedere appunti precedenti sull'analisi funzionale). ⑤ Allargamento Presa in considerazione di altri problemi. Ci sono dei problemi che il paziente non vuole prendere in considerazione magari perché non li vuole affrontare oppure perché non ne vede la connessione logica. Bisogna chiedere al paziente se ci sono altre cose che non lo fanno stare bene. Magari il paziente arriva con un problema urgente da affrontare e non si concentra su quelli che lui reputa secondari.

⑥ Analisi storica del problema Capire da quanto tempo quel problema è presente, quali sono i precedenti e perché il paziente decide di chiedere una consulenza proprio in quel momento, nonostante ci conviva per esempio da anni. Potrebbe essere che è arrivato a decidere di andare in consulenza a causa del sintomo diventato invalidante, o di altre variabili…. ecc Bisogna capire nella storicità del sintomo se esso è apparso in cocomitanza con degli avvenimenti nella vita del paziente, un fatto o uno sbilanciamento affettivo relazionale. NB Indagando sulla causa del sintomo non ci si limita a gli stimoli di superficie, bisogna indagare su quello che accadeva nella vita di una persona in quel momento e che può aver fatto insorgere o mantenere il sintomo → questo pezzo ovviamente non c ’è nella CBD standard! Quasi mai un attacco di panico o una depressione avviene dal nulla, c’è sicuramente una predisposizione ma ci sono anche una serie di stimoli esterni. ⑦ Storia personale del paziente Si cerca di ripercorrere la storia personale del paziente e capire quelli che sono i fattori di vulnerabilità, gli eventi stressanti e organizzazione cognitiva del soggetto. Fase del profilo complessivo del soggetto.

⑧ Aspettative del trattamento Cosa si aspetta lei da questo percorso? A volte il paziente ha delle prospettive irrealistiche e bisogna cercare di definire e incentrare il paziente su un obbiettivo specifico. Esempio “mi aspetto di diventare una persona felice” è irreale quindi bisogna chiedere cosa significa per questa persona essere felice. Inoltre il trattamento richiede una disponibilità al cambiamento che spesso il soggetto non ha o non è in grado di affrontare.

⑨ Ipotesi di trattamento Si espone al paziente la modalità di trattamento che il terapeuta ritiene più adeguata per fronteggiare in modo efficace e duraturo i problemi del soggetto. Si illustrano al paziente gli obbiettivi di trattamento sia per il breve che per il lungo periodo. ⑩ Formulazione conclusiva e chiusura Lo psicologo restituisce al soggetto ciò che è emerso sia dal colloquio che dai test effettuati. Compie una formulazione del caso e analizza i principali meccanismi che possono aver dato origine ai problemi o disturbi in esame. Illustra poi possibili ipotesi di trattamento e invita il soggetto a considerarne vantaggi e svantaggi e a riflettere prima di decidere se iniziare o meno la terapia. ➋ OSSERVAZIONE IN CONTESTI NATURALI Sistemi anche molto sofisticati che provengono dalla ricerca etologica (= ricerca scientifica che ha come oggetto di studio l’osservazione dei comportamenti umani e animali nel loro habitat naturale). A differenza di altri orientamenti l’approccio cognitivo-comportamentale giudica positivamente il coinvolgimento di figure esterne significative per il paziente → tuttavia l’osservatore dovrebbe essere addestrato per evitare il più possibile errori e inferenze, e fornito di schede di rilevazione. ➌ OSSERVAZIONE IN CONTESTI SIMULATI (AD OPERA DEL TERAPEUTA) Osservazione del paziente durante le sedute. Si può condurre tramite le seguenti tecniche: •

Role-playing (tecnica introdotta negl...


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