Fondamenti DI Cognitivismo Clinico PDF

Title Fondamenti DI Cognitivismo Clinico
Author Mariagrazia Caruso
Course Psicologia Cognitiva
Institution Università degli Studi di Messina
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FONDAMENTI DI COGNITIVISMO CLINICO CAPITOLO 2°: ARCHITETTURA DELLA MENTE: SCOPI, CONOSCENZE E LORO DINAMICA. La mente è un apparato di regolazione finalistica del comportamento di un sistema, sulla base di rappresentazioni. Si tratta dunque di un apparato che costruisce, elabora e mantiene le rappresentazioni al fine di regolare sulla loro base un sistema agente. Le categorie basilari dell’attività mentale sono: 1) le conoscenze (dette anche credenze). 2) gli scopi. Gli scopi GLI SCOPI: Le azioni di un agente sono guidate dagli scopi, nel senso che le azioni sono attivate ed eseguite sulla base di una rappresentazione del loro esito e in funzione di esso. Il modello che si prende in considerazione è quello dell’unità TOTE. Esiste un indice dello stato da raggiungere “set point”, e un indice circa lo stato corrente del mondo “stato percepito”; quest’ultime vengono poi confrontate e ne deriva: • Se coincidono, il sistema non agisce. • Se collimano, il sistema agisce. In questa prospettiva rientrano due stati, chiamati SR (stato regolatore) e SP (stato percepito). Lo stato regolatore è una rappresentazione a cui il sistema cerca di adeguare il mondo tramite azione; lo stato percepito, invece, è la rappresentazione che il sistema tende ad adeguare al mondo, in modo che la sua azione a sua volta basata sulla rappresentazione dello stato del mondo, abbia successo. La regolazione cognitiva e i suoi formati Ciò che caratterizza la regolazione cognitiva e la mente è il fatto che il set point sia formato da una rappresentazione e che quest’ultima venga confrontata con un’altra rappresentazione. La mente riesce a risolvere problemi tramite l’attività mentale; esistono due formati fondamentali delle rappresentazioni mentali: a. La rappresentazione percettivo-motorie (le immagini) b. La rappresentazione simboliche, in particolare quelle concettuali e proposizionali. Entrambi i tipi di rappresentazioni sono formati da componenti dotate a sua volta di significato (simboli) organizzati da regole che combinate insieme danno vita alla sintassi della rappresentazione, e da componenti più elementari che formano i simboli. Per le rappresentazioni percettivo-motorie bisogna precisare: • I key stimula o releasers che scatenano alcune reazioni emotive di basso livello sono rappresentazioni di tipo percettivo e non concettuali. • Le rappresentazioni percettivo-motorie sembrano avere un più diretto rapporto con l’attivazione fisiologica (arousal); la mente può impiegare strategie per allontanarsi da questo tipo di rappresentazioni per trasformarle, astrarle, o per sostituirle e confinarle tramite verbalizzazioni. Tipi di scelta Supponiamo di avere diversi scopi, ma quello che noi tendiamo a fare è scegliere tra tutti lo scopo migliore, ovvero quello che ci permette di arrivare alla realizzazione di qualcosa. Si parla di pseudoscopi per indicare una funzione adattiva esterna alla mente del sistema, verso la quale è orientato il comportamento, senza che lo scopo sia rappresentato nella mente. È importante che lo pseudoscopo non venga confuso con gli scopi inconsci. Essi appartengono alla categoria di ciò che non è esplicito nella mente, e a volte è anche difficile andare a stabilire se esso sia davvero uno pseudoscopo oppure uno scopo inconscio. Tipi di scopi e la loro organizzazione Esistono diversi tipi di scopi: • SCOPI STRUMENTALI: quelli perseguiti in un piano, ovvero in vista di qualche pseudoscopo. • SCOPI TERMINALI: quelli che non sono perseguiti da uno pseudoscopo.

Essendo terminali possono appartenere a uno stesso piano nella mente, alcuni sono innati, altri invece vengono appresi socialmente. Riguardo proprio a quest’ultimi esiste un processo, noto col termine di TERMINALIZZAZIONE, e secondo quest’ultimo lo scopo originariamente strumentale riesce ad ottenere autonomia motivazionale (è molto importante anche per l’evoluzione dei bisogni dell’individuo). Questo processo può avvenire in due differenti modi: 1. Perché il sottoscopo è la soluzione unica e abituale del sovrascopo, ovvero si attuano insieme. 2. Perché il sottoscopo si è rivelato utile in una varietà di circostanze, con vari sovrascopi di volta in volta attivi, e acquista quindi valore di per sé. La mente è guidata da molteplici scopi terminali, però può accadere che in una mente esso sia terminale e in un’altra sia strumentale. • SCOPI GENERICI: (ad esempio amare il prossimo). • SCOPI SPECIFICI: (ad esempio oggi vado al cinema a vedere un film). • SCOPI FISSI o PERMANENTI: (ad esempio evitare il dolore). • SCOPI VALIDI: in una certa situazione. Esistono differenze più qualitative fra scopi, essi sono un oggetto astratto, che accomuna molti e differenti stati mentali. L’organizzazione che sta alla base degli scopi è gerarchica, ossia uno scopo strumentale c’è e finchè c’è un altro scopo al quale serve (sovrascopo). La parte più bassa di questa gerarchia è costituita dalle azioni elementari, ovvero quelle che il sistema sa tradurre in scemi motori; la parte più alta è data dagli scopi terminali. Uno scopo può essere mezzo per più sovrascopi, viceversa più scopi possono essere mezzi convergenti rispetto allo stesso sovascopo. Questa struttura è alla base dei PIANI, ovvero quelle strutture di scopi in cui più di un’azione converge a realizzare una meta comune. Il processamento degli scopi • SCOPI ATTIVI: nel momento in cui il sistema lo esamina nel suo apparato decisionale. Esso non verrà mai PERSEGUITO, nel senso che posso avere fame mentre sto lavorando, ma allo stesso tempo o deciso di interrompere il lavoro e mangiare oppure continuare a lavorare e rimandare il pranzo. È importante distinguere gli scipi attivi da quelli PERSEGUITI, quelli che hanno passato il vaglio della decisione e sono stati scelti. Dunque gli scipi attivati e non perseguiti posso benissimo o essere abbandonati oppure rinviati. • SCOPI INATTIVI: (ad esempio lo scopo di mangiare) Non si sa molto sui meccanismi degli scopi, noi pensiamo che esistono scopi attivati dalla percezione dei KEY STIMULA, altri che sono attivati dalle emozioni, come la loro componente “conativa”, e altri che sono attivati dalle conoscenze. Organizzazione e coerenza delle conoscenze LE CONOSCENZE (O CREDENZE): Un sistema cognitivo è in grado di ricavare nuove conoscenze (inferenze) da quelle che ha. È in grado di fare questo sulla base delle procedure. Una regola di inferenza molto importante è quella che istanzia, ovvero fa ereditare delle conoscenze relative a una classe, a una sottoclasse o a un membro di essa. Di fatto è importante distinguere: • NODI CLASSE (o generici) • NODI INDIVIDUALI Un sistema cognitivo è un sistema coerente. Esso non può credere qualsiasi cosa, accettare qualsiasi credenza. Una nuova credenza deve essere coerente (inferibile) o almeno non contraddittoria rispetto alle credenze già acquisite (non si può inferire il suo opposto). QUINDI Non si può credere nello stesso momento, con la stessa forza, nello stesso contesto, a due proposizioni incompatibili.

Si definisce credenza incompatibile quella credenza che non può convivere nello stesso contesto di credenze. C’è uno pseudoscopo che è violato e dunque si deve sceglier a quale credenza rinunciare. Abbiamo dunque due possibilità: 1. Rigettare la credenza nuova incompatibile. 2. Accettare la nuova credenza e revisionare la vecchia. In entrambi i casi una delle due credenza incompatibili deve essere eliminata. Le credenze si sorreggono fra di loro in due modi, determinano una coesione che rende complicato manipolarle. I°: la credenza c¹ è la fonte esplicita della credenza c² II°: la credenza c¹ è una premessa inferenziale di c² Le credenze dunque si trovano in questi nessi di supporto tra loro. Ciò ha delle conseguenze rilevanti, in quanto da un lato contribuisce alla loro credibilità, dall’altro determina la loro importanza epistemica. Infatti una credenza è tanto più importante quante più credenze supporta e da quante più credenze è supportata. Credenze e scopi Un agente cognitivo è un agente che basa le sue decisioni, le sue decisioni e azioni sulle sue credenze. Esiste una specifica struttura di credenze necessaria per mantenere e giustificare un dato scopo in un dato stato, senza queste credenze di supporto, lo scopo cadrebbe. Le credenze di supporto sono le seguenti: • Credenze relative al nesso mezzo-fine • Credenze di preferibilità • Credenze relative ai costi • Credenze di raggiungimento • Credenze di competenza • Credenze condizionali La resistenza al cambiamento delle credenze. Credibilità e resistenza Come sappiamo le credenze non sono credute tutte allo stesso modo, con la stessa forza. La certezza o credibilità costituisce una delle dimensioni che differenziano le varie famiglie di credenze tra loro. Quando una nuova credenza arriva dall’esterno o dall’interno, viene sottoposta a un vaglio relativo alla sua credibilità. I fattori della credibilità sono molteplici: • In primo luogo la FONTE della sua credenza, la sua ATTENDIBILITA’. • In secondo luogo il NUMERO DI FONTI. • In terzo luogo, se la credenza deriva da credenze, la certezza di queste e l’affidabilità del processo di inferenza. Una credenza sul mondo può avere varie origini nella nostra mente, possono essere percettive quando derivano dai nostri sensi, sociale quando deriva da ciò che ci viene comunicato dagli altri, inferenziale quando la ricaviamo da altre credenze tramite le regole di inferenza. Si definisce INTROSPEZIONE COGNITIVA la possibilità di esplorare i contenuti delle proprie rappresentazioni e di formarsi rappresentazioni di metalivello su di esse, in poche parole creare credenze basate su quelle prima. Le credenze sociali sono credibili in base all’attendibilità degli agenti da cui derivano, come ad esempio la sincerità oppure qualcuno esperto. Le credenze possono essere più o meno certe. - L’affidabilità della fonte determina la credibilità dell’assunzione. - Più fonti o evidenze ha un’assunzione, più è credibile. Infatti una stessa credenza può avere diverse fonti o dello stesso tipo o di tipo diverso. - Una credenza inferenziale è tanto più credibile quanto più credibili sono le sue premesse e quanto più robusta è la regola di inferenza. Se una credenza deriva da altre, alcuni fattori importanti ne determinano la credibilità. Esistono regole di inferenza di tipo MONOTONO o meglio conservativo che conservano la forza delle premesse, dunque “da premesse certe si generano credenze certe” e “da premesse dubbie si generano conclusioni dubbie”.

Vi sono regole di inferenza NON CONSERVATIVE, che da premesse certe traggono conclusioni non certe. Importanza epistemica e resistenza al cambiamento La revisione delle credenza è un tema molto studiato in intelligenza artificiale, dove segue un modello idealtipico di agente razionale basato su CRITERI MERAMENTE INTERNI AL MONDO DELLE CREDENZE. CRITERIO DEL CAMBIAMENTO: dato che le credenze derivano la une dalle altre e si sostengono a vicenda, rigettare una credenza crea problemi con le credenze che supporta e da cui è supportata. Il cambiamento si ripercuote nella rete di credenze. Pertanto, per ridurre al minimo i cambiamenti, conviene cambiare le credenze che hanno minore importanza epistemica. Il rigetto di una credenza è complicato dal fatto che si deve mantenere coerenza nel contesto di credenze, se si rigetta un credenza inferenziale bisogna rivedere le sue premesse. Se rivedo una credenza devo anche rivedere le sue conseguenze. Se rivedo una credenza sociale ciò mi impone di rivedere le mie credenze sull’attendibilità della fonte. Oltre ai criteri epistemici, quali importanza, cambiamento minimo e credibilità, ci sono i CRITERI PRAGMATICI. La gestione delle credenze non è separata da quella degli scopi. Pertanto si parla di rilevanza e di gradimento. RILEVANZA: una conoscenza è rilevante rispetto a uno scopo quando in qualche modo lo riguarda, o riguarda le relazioni tra scopo e sottoscopi. Esiste dunque riguardo questo un terzo principio di resistenza: “l’agente cognitivo preferisce rigettare le credenze meno rilevanti”. GRADIMENTO: una conoscenza è gradita , quando collimano con i nostri scopi, informandoci di averli raggiunti. Si dice sgradita quando intendiamo la cosa inversa. Esiste un quarto principio di resistenza: “l’agente cognitivo preferisce conservare le credenze più gradite e rigettare quelle sgradite.” (tutto questo è volto a evitare la sofferenza ingenerata da credenze). COME DEMOLIRE LE CREDENZE? le credenze sono tra loro integrate in una rete cognitiva in cui si reggono e si giustificano tra loro; per demolire una credenza è necessario demolire le credenze a essa connesse. In primo luogo occorre intervenire sulle sue fonti e supporti, in secondo luogo occorre sistemare le sue conseguenze. Le varie manovre che il soggetto fa per demolirla, va dalla demolizione della fonte, all’attacco o all’attendibilità del processo inferenziale, alla contrapposizione di una credenza forte e incompatibile con quella sotto accusa. COME DEMOLIRE GLI SCOPI? Uno scopo è DOLENTE o perché non è tollerabile o perché non raggiungibile. Per attaccare uno scopo bisogna sostanzialmente lavorare sulle credenze. Esistono due modi per farlo: 1. Invalidazione dall’alto: se distruggiamo i fini, allora i mezzi, i piani a essi strumentali, perdono di senso e decadono i loro fini. 2. Invalidazione dal basso: se distruggiamo i mezzi (gli scopi strumentali e i piani per un dato fine) e se il sistema non vede mezzi alternativi, il fine decade (o per lo meno viene accantonato). Pertanto per eliminare lo scopo-bersaglio, si lavora su altri scopi a esso connessi, come ad esempio alternative, sovrascopi e mezzi. L’abbandono di scopi, infine, si basa sul mutamento di credenze. Si assume quindi che se una credenza di supporto è abbandonata o indebolita, anche lo scopo relativo decade o è indebolita.

CAPITOLO 4°: EMOZIONI. Le emozioni sono un complesso stato soggettivo “ibrido”, ibrido in quanto sono costituite dall’integrazione di componenti somatiche e mentali, cognitive e motivazionali. Le emozioni hanno una intenzione, ovvero vertono su qualcosa, hanno un oggetto, ciò per cui si ci emoziona e anche un destinatario, in quanto sono rivolte a qualcuno. Le emozioni si possono distinguere in positive e negative, e secondo queste possiamo intendere: -Emozioni soggettivamente piacevoli o spiacevoli -Emozioni riguardanti il raggiungimento di scopi -Emozioni lodate e incoraggiate o criticate e scoraggiate dalla cultura In generale la tesi sostiene che SONO SOGGETTIVAMENTE NEGATIVE (SPIACEVOLI) LE EMOZIONI CHE SEGNALANO LA COMPROMISSIONE DI UNO SCOPO. I costituenti fondamentali delle emozioni sono le credenze e gli scopi, l’AUROUSAL o attivazione somatica e la sua propriocezione, e la tendenza all’azione o componente conativa. LE CREDENZE Le credenze hanno 3 funzioni fondamentali: 1. CREDENZA DI ATTIVAZIONE: molte emozioni non sono attivate da stimoli esterni ma da rappresentazioni, come ad esempio quelle percettivo-motorie (immagini) e proposizionale. Queste credenze attivano e spiegano l’emozione, nel senso che sono connesse in modo coerente con la condotta dell’individuo. La configurazione di queste credenze provoca il senso di colpa e ne diventa parte integrante. Tra le credenze attivanti ve ne sono alcune SPECIALI, che indicano la connessione tra emozioni e scopi. Le reazioni emotive scattano quando uno scopo è compromesso o raggiunto. Questa parte di credenze prendono il nome di CREDENZE DI COMPROMISSIONE E RAGGIUNGIMENTO. Parte delle credenze attivanti sono valutazioni positive o negative. Il cosiddetto appraisal emotivo consiste in effetti in una valutazione della situazione rispetto agli scopi dell’individuo. 2. CREDENZE DI ATTRIBUZIONE CAUSALE: le credenze attivanti provocano una reazione somatica, un arousal più o meno specifico di ogni emozione. Questa reazione è una componente essenziale di come ci si sente, quindi rappresenta un aspetto soggettivo dell’emozione. In un agente cognitivo, la mente interpreta gli stimoli e li attribuisce allo stato emotivo. Essa assume che quelle alterazioni, quelle sensazioni sono dovute a una determinata emozione e di conseguenza ne attribuisce la causa ad esempio del senso di colpa. Quindi con credenze di attribuzione si fa riferimento all’attribuzione della reazione somatica ad un particolare stato emotivo. 3. CREDENZE DI CATEGORIZZAZIONE: il soggetto interpreta ed etichetta il proprio stato d’animo come una determinata emozione. Le credenze di categorizzazione sono connesse ad altre, non è possibile fare una categorizzazione se non in presenza di una specifica configurazione di credenze e attribuzione delle relative sensazioni. Quando ci difendiamo da alcune emozioni andiamo ad attaccare le credenze, smontando i presupposti, ma si può anche lavorare sugli scopi che spesso costituiscono le emozioni. GLI SCOPI Le emozioni si traducono in scopi e hanno il ruolo di monitorare il perseguimento e il raggiungimento degli scopi e infine li attivano. 1. EMOZIONI COME SCOPI: l’individuo può compiere o evitare di compiere un’azione allo scopo di (non) provare una data emozione. Le emozioni sono spesso un rinforzo positivo o negativo ad adottare o evitare dati comportamenti.

2. EMOZIONI SORVEGLIANO GLI SCOPI: le emozioni svolgono anche il ruolo di segnalare all’individuo la compromissione e il raggiungimento degli scopi. Paura, ansia, gioia, senso di colpa sono tutti degli indicatori sul possibile destino dei nostri scopi. Sono dei segnali estremamente efficaci e immediati che portano a reazioni comportamentali (fuga/avvicinamento) 3. EMOZIONI ATTIVANO GLI SCOPI: oltre a monitorare gli scopi, le emozioni riescono anche ad attivarli. Ovvero le reazioni comportamentali L’attivazione di scopi via emozioni ha caratteristiche ben distinte d’attivazione di scopi via pure credenze. Tuttavia l’attivazione cognitiva è imparentata con i meccanismi di ragionamento e pianificazione su scopimezzi-condizioni. Invece gli scopi che vengono attivati direttamente dalle emozioni sono irrazionali, nel senso che non esiste un nesso logico di pianificazione tra condizioni attivanti. Nell’attivazione emotiva di scopi, una credenza, produce lo scopo, senza la mediazione di conoscenze di pianificazione. Noi risolviamo gli scopi attivati dalle emozioni attraverso la componente conativa, cioè la tendenza all’azione. L’oggetto dell’emozione sembra venire dalle credenze attivanti, in particolare da quelle a cui è attribuita la causa dell’emozione; il destinatario di quest’ultime è legato allo scopo attivato. Perché difendersi dalle emozioni? È possibile difendersi da alcuni aspetti delle emozioni. 1→ Come abbiamo visto le emozioni sono dolorose o sgradevoli e costituiscono dei rinforzi negativi. Noi non solo possiamo cercare di prevenire l’esperienza di queste emozioni spiacevoli, ma quando si provano si può fare in modo di non continuare a provarle. 2→ Possono presentarsi anche dei casi di attivazione sgradita: si può sfuggire o difendersi da un’emozione perché non si sopporta lo stato dell’arousal, la tensione o eccitazione implicata. Questo arousal potrebbe essere intollerabile per diverse ragioni, tra queste esso è una minaccia per il nostro controllo sul corpo e sugli scopi e ci mette paura per idee di minaccia a cui è associato. 3→ Le credenze implicate possono essere inaccettabili; si può evitare un’emozione perché una delle sue credenze costitutive o la credenza categoriale è sgradevole. Anche gli scopi attivato o gli impulsi possono essere sgraditi, perché irrazionali o perché turbano il mio progetto di vita o le mie decisioni. Come ci si sbarazza di un’emozione La scelta di una strategia difensiva dipende sia da quale aspetto della configurazione emotiva è più dolente e quindi bersaglio, sia dal fronte nemico, cioè da quale parte della configurazione sia più attaccabile, meno resistente al cambiamento. I principali interventi difensivi sono: 1. DISATTIVAZIONE: eliminare le credenze che attivano e giustificano l’emozione in modo da spegnerla 2. REINTERPRETAZIONE (ricategorizzazione): visto che le emozioni non sono stati mentali, ma sono stati d’animo, e implicano che si senta qualcosa, non sempre basta eliminare certe credenze o scopi, quindi bisogna attuare una sua reinterpretazione soggettiva. Infatti se l’attivazione è iterata o perdurante, non è così facile ignorarla per non sentirla. Quindi, se alcune credenze attivanti restano valide,...


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