3- Giacomo Leopardi PDF

Title 3- Giacomo Leopardi
Course Lingua italiana
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto su vita e opere di Giacomo Leopardi...


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GIACOMO LEOPARDI Vita La vita di Leopardi è breve, vive 39 anni dal 1798 al 1837, è considerato l'ultimo grande autore dell'800 contemporaneo a Manzoni e Foscolo. L'operato è uno dei più importanti del Romanticismo Italiano e l'unico che si possa mettere in rapporto con il Romanticismo Europeo. La produzione letteraria è costantemente supportata da un pensiero di natura filosofica quindi presente in se una struttura complessa anche se comunque lui ha sempre accompagnato i suoi scritti da produzioni teoriche. Nasce a Recanati (Marche) che allora faceva parte dello Stato pontificio e quindi era lontano da tutte le trasformazioni economiche e culturali a causa della sua arretratezza. Il padre fu il Conte Monaldo e la madre Adelaide Antici, appartengono alla classe aristocratica e sono convinti dei loro privilegi. Hanno entrambi ideali estremamente conservatori, che condizioneranno tantissimo la sua infanzia. Tennero infatti i loro figli lontano dal mondo esterno a causa dei pregiudizi delle altre persone che potevano mettere a repentaglio tutta la sua rigida educazione e la mentalità. La madre fu una persona molto importante per lui, l'educazione era clericale e severa e gestiva il restante patrimonio familiare che il padre aveva precedentemente sperperato facendo fare ai figli una vita piena di sacrifici. Quando lui parla della madre la descrive come una donna inaffettiva e che invocava spesso la morte e la malattia ai propri figli per fargli evitare sofferenze e rischi. Il padre invece era una persona più affettiva ma possessiva, uomo di grande cultura e che possedeva circa 20.000 libri tecnici nella sua biblioteca dove Leopardi passerà letteralmente la sua infanzia. Il conte aveva riconosciuto nel figlio una grande intelligenza e voleva affidare a lui il compito di clericale di casa e inizialmente lui cerca di accontentarlo. Da quel momento sembrava vivesse in un collegio con tanto di pubblico anche se all'età di 11 anni i suoi precettori si resero conto di non potergli più insegnare qualcosa. Fu l'anno 1809, e inizia qui il periodo di studio più matto e disperato in cui si chiude nella biblioteca del padre. Per tutta la vita lui cercava di scappare di casa anche se alla fine si ritroverà sempre costretto a ritornare a causa del suo mancato senso di adattamento per la sua educazione. A 17 anni da autodidatta traduce opere in greco, latino, spagnolo ecc. Scrive saggi e arricchisce la sua preparazione che seguiva le orme del padre quindi molto tecnica e dettagliata. Il 1816 lo riconosce come l'anno di svolta (la 1' conversione all'erudizione al bello), ossia inizia a guardare i testi da una diversa prospettiva lasciandosi trasportare dalla bellezza della poesia e scopre di avere una forte vena poetica. In realtà ci sono tante maturazioni: inizia a leggere testi nuovi come Werter, Ortis, Alfieri e inizia ad allargare la sua visione. Nel 1816 inizia anche un fitto rapporto epistolare con Pietro Giordani, di stampo classicista, laico e portatore di idee politiche moderate. Le loro mentalità erano opposte e forse anche per questo che Leopardi si sente attratto nel frequentarlo, infatti manderà a lui tutte le sue opere che poi lo convinceranno a pubblicarle. Giordani si mostrerà come suo nuovo punto di riferimento eliminando il padre. Nel 1819 proverà a scappare di casa, si prepara il passaporto falso ma il padre lo scopre e Leopardi preso dal senso di colpa rimane a casa. Qui la 2' conversione dal bello al vero in cui entra in una fase depressiva ed estrema sofferenza. Quindi passa da una poesia

fatta di sentimento ad una fatta solo di pensiero e filosofia. Vi è anche una riflessione sulla tragicità della vita dell'uomo ed è anche l'anno in cui scrive il maggior numero di pagine dello Zibaldone. Vediamo in lui una profonda crisi che si sintetizzerà nel “pessimismo storico”. In questa fase peggiora anche la salute, ha una grande cifosi e gravi problemi di vista fino a quando non diventerà quasi cieco anche se dal 1819 al 1822 scriverà gli Idilli, il cui più famoso è “L'infinito”. Nel 1822 ottiene il permesso di allontanarsi da Recanati perchè uno zio di Roma si offre per ospitarlo insistendo con i genitori. Leopardi parte ma questo viaggio gli si presentò come una grande delusione. Ci rimane 6 mesi e questa città così ampia e caotica susciterà in lui un grande senso di smarrimento e ansia. Nei salotti letterari nota ancora di più la mentalità classicista e gli da anche fastidio la monumentalità della città. Tutto questo fu troppo complesso da assimilare quindi torna a Recanati e inizia il suo periodo più duro infatti per 6 anni non scriverà più poesie. In questa fase lui raggiunge l'apice della depressione e il pessimismo da storico diventa cosmico, e ovviamente influenzerà i suoi testi. La produzione qui è solo in prosa e si dedica alla produzione di operette morali a cui affida il concretizzarsi del pessimismo cosmico. Nel 1825 troviamo Leopardi in viaggio e fino al 1828 era in diverse città (Roma, Firenze e Bologna) in cui cerca attività che possano permettergli il sostentamento. Ogni volta i soggiorni sono brevi ma insofferenti, non riesce a trovarsi bene da nessuna parte. Nel 1828 va a Pisa, qui si sente meglio sia psicologicamente che a livello di salute. Questo benessere fisico ne determina di conseguenza quello psicologico e letterario. Riinizia a scrivere poesie che si chiameranno Grandi Idilli o Canti Pisani–Recanatesi. Nel 1830 si sposta a Recanati e poi grazie ad un incarico di un fiorentino a Firenze, qua matura e si inserisce bene nei salotti e tra la gente. Importante è la conoscenza con un suo amico di Napoli, Antonio Ranieri con cui rimase amico fino alla morte. Ranieri era bellissimo e Leopardi viveva di luce riflessa nelle relazioni. Lui si innamora di Fanny Tozzetti che però era interessata a Ranieri e per lei scrive una raccolta di componimenti “Il ciclo di Aspasia” in cui per Aspasia si riferisce alla donna di Pericle. Nel 1837 dopo aver seguito Antonio a Napoli morirà per gravi problemi di salute anche se nello stesso anno riuscì a pubblicare un opera di 300 versi, “La Ginestra”, considerato il suo testamento spirituale.

ZIBALDONE Questa sorta di diario viene anche chiamata “L'officina intellettuale di Leopardi” in cui lui spiega in maniera approfondita le sue opere. Zibaldone perchè indica, in emiliano, una mescolanza delle cose più disparate. Attraverso le annotazioni di Leopardi capiamo il processo di maturazione del suo pensiero dal 1817 al 1832. questo diario rimane sottoforma manoscritta, non destinata alla pubblicazione infatti troviamo abbreviazioni e termini di tipo colloquiale. Quando Ranieri lo ritrovò non presta attenzione e venne pubblicato solo nel 900 da autori che ne capirono l'importanza come Giosuè Carducci. PESSIMISMO STORICO E COSMICO Leopardi riteneva che l'uomo fosse infelice poiché non poteva raggiungere il desiderato piacere infinito e illimitato, una condizione di benessere universale. L'uomo però ha nella sua stessa struttura l'impossibilità di raggiungerla materialmente e l'unica strada è l'immaginazione che è l'unico strumento astratto per poterla raggiungere. La natura ha creato l'uomo e l'ha dotato della dimensione immaginativa anche se con la ragione la limita sempre di più. Questo è il motivo per cui nelle epoche classiciste l'uomo era più felice. Questa fase iniziale è quella del pessimismo storico, storico perchè l'infelicità dell'uomo è peggiorato nell'andare avanti nella storia, nel tempo. Questo pensiero andrà però in crisi perchè se la natura veramente pensa al bene dell'uomo come può averlo dotato dell'impossibilità di percepire la felicità e di averlo dotato anche della ragione che ci rende consapevoli di ciò. Tra il pessimismo storico (manifestato negli idilli) e il pessimismo cosmico (manifestato in tutta la produzione) c'è una fase di passaggio e tra il 1821 e 1822 mette a punto un sistema dualistico: la natura si preoccupa del nostro bene e il fato. Il fato è una forza oscura che porta sofferenza e ne parla in due componimenti in cui i personaggi si suicidano. Dopo questo periodo arriva il pessimismo cosmico in cui la natura è vista in maniera negativa, è regolata da leggi meccanicistiche e l'uomo è parte di questo ciclo. L'uomo dunque soffre perchè nessuno si preoccupa effettivamente di lui e la ragione è un aggravante in quanto l'uomo prende consapevolezza di ciò. Tutto sommato però la ragione è vista in maniera positiva perchè mette a nudo la tragicità della vita. È cosmico perchè prende in esame la tragicità della condizione esistenziale dell'uomo. LA POETICA DEL VAGO E DELL'INDEFINITO La fase del pessimismo storico lo ritroviamo nello Zibaldone perchè si trova qui la poetica del vago e dell'indefinito. Anche se partorita in questa fase condizionerà molto anche il pessimismo cosmico. L'uomo è felice quando l'immaginazione immagina l'infinito sia nella sfera spaziale che temporale. Nello Zibaldone fa una rassegna di percezioni visive e uditive che stimolano la nostra mente ad immaginarlo, ad esempio, per quanto riguarda la percezione visiva se guardando l'orizzonte vediamo un ostacolo l'immaginazione cerca di andare oltre. La stessa cosa vale per le percezioni uditive ed insieme le scrive sotto il nome di “Teorie del suono e della vista”. Leopardi afferma che se l'immaginazione è stimolata dal voler vedere l'infinito non è necessario utilizzare queste percezioni ma basta che se ne occupi la poesia. La poesia deve solo nutrirsi di queste sensazioni.

T4a. “La teoria del piacere” dallo Zibaldone Leopardi qui è agli inizi del suo pensiero sul pessimismo e in questo testo fa un analisi sul piacere immenso che un uomo non potrà mai raggiungere nella realtà ma l'unico spiraglio è l'immaginazione. T4b. “Il vago, l'indefinito e le rimembranze della fanciulezza” dallo Zibaldone Questo è il testo in cui Leopardi unisce il suo pensiero alla poetica e alla rimembranza. L'idea è quella che la poesia debba nutrirsi delle percezioni visive e uditive anche se esse non sono reali, di conseguenza apprende che la poesia è uno strumento valido che descrive il vago e l'indefinito. Tutto ciò viene ricollegato alla poetica della rimembranza perchè in fondo queste situazioni in cui vediamo e sentiamo le cose indefinite non le stiamo provando per la prima volta ma le stiamo ricordando, ossia ci sono già capitate nel passato. Nel momento in cui riviviamo questa sensazione ci avviciniamo sempre più all'infinito. Dobbiamo sapere però che Leopardi con il termine infinito intende indefinito (qualcosa che non ha limiti nello spazio e nel tempo). Sostanzialmente, siccome l'uomo non può arrivare all'infinito assoluto, ci si avvicina solamente tramite l'indefinito quindi la cosa che realmente “raggiunge” è l'indefinito. T4c. “L'antico” dallo Zibaldone In questo piccolo testo Leopardi da spazio al termine antico che in poche parole esprime un periodo infinito, grande in cui si attua la rimembranza. T4e. “Il vero è brutto” Quello che Leopardi definisce brutto è il presente perchè è quello che si percepisce tutti i giorni con dei limiti precisi, con percezioni razionali e concrete. Il bello invece è rappresentato dal passato che ricorda in un tempo indefinito tutte le belle percezioni e il futuro in cui possiamo infinitamente immaginare le sensazioni. T4f / T4i. “Teoria del suono e teoria della visione” dallo Zibaldone Se la nostra unica possibilità di essere felici è solo quella di immaginare, allora dobbiamo cercare quegli imput che mettano in moto l'immaginazione per riuscire finalmente ad individuare l'infinito. In questi testi fa una rassegna dove elenca le situazioni di percezione visiva e uditiva. T4g. “Parole poetiche” dallo Zibaldone In questo testo parla delle parole che essendo piacevoli e poetiche riescono a darci la possibilità di vedere l'infinito. T4l. “Indefinito e poesia” dallo Zibaldone Qui parla delle arti che possono suscitare in noi la visione dell'infinito.

CANTI Frutto del pessimismo storico verso il 1819-1821 vi sono le canzoni e gli Idilli. Le canzoni scritte precedentemente agli Idilli sono componimenti, la maggior parte di tema civile-patriottico a causa dell'influenza di Giordani. Dopo la produzione degli Idilli decide di introdurre nei canti (quindi prodotte dopo) altre due canzoni e questo perchè esse sono espressione diretta della fase di transizione tra il pessimismo storico e cosmico. Le due canzoni sono “Bruto minore” e “L'ultimo canto di Saffo” anche conosciute come le canzoni del suicidio in quanto in entrambe il protagonista si suicida. Bruto si suicida perchè capisce che la Libertas Repubblicae non era più difendibile; Saffo invece sarebbe stata sgraziata nel suo aspetto fisico, una donna straordinaria dentro ad un corpo orrido, e durante le commedie greche la si prendeva in giro dicendo che sarebbe suicidata da una rupe per amore (a causa del rifiuto di Faone). Saffo si interroga (come spesso i protagonisti fanno nelle opere leopardiane), la sua sofferenza è quella di vedersi impossibilitata ad integrarsi con la Natura perchè brutta ed imperfetta, così arriva alla conclusione che in modo assai misterioso dobbiamo soffrire per un fato che agisce a caso nelle nostre vite. IDILLI Gli Idilli, inizialmente erano chiamati Idillion (= quadretto) perchè indicava la breve del componimento anche se col tempo si associarono alle opere bucoliche. Leopardi invece decide di chiamarli idilli proprio per la loro durata, iniziavano con un paesaggio agreste ma nei sui componimenti la descrizione è quella di un paesaggio soggettivo che è una rappresentazione dell'IO che lui stesso infatti definisce: avventure storiche del suo animo. Il più significativo degli Idilli è: l'Infinito. T5. INFINITO dai Canti Scritto nel 1819, l'infinito non è nato dopo le riflessioni nello zibaldone ma nasce prima, ne rappresenta l'incarnazione poetica dopo l'ampliamento delle sue riflessioni. È una meditazione nell'infinito (indefinito) e rappresenta una di quelle situazioni in cui la nostra mente è portata a usare l'immaginazione per vedere oltre gli ostacoli. Leopardi rinuncia alla metrica classica del sonetto e usa l'endecasillabo sciolto perchè il sonetto era troppo rigido e non gli permetteva di gestire al meglio la struttura del componimento. Il componimento è diviso in due parti da 7,5 versi ciascuna, è diviso tematicamente in quanto nella prima parte si parla dell'infinito spaziale mentre nella seconda nell'infinito temporale. Entrambe fanno parte del percorso immaginativo e alla fine troviamo un riferimento alla sensazione dell'animo rispetto a tutto. La divisione è data dal punto fermo dopo spaura e con questo il poeta ha voluto mettere in evidenza la divisione netta anche se nello stesso tempo collega le parti con una congiunzione coordinante E, e infatti qui vi è una fortissima sinalefe in quanto sono due parti della stessa esperienza. Ogni parte è suddivisa in due periodi collegati comunque fra loro da molte simmetrie. Solo in 2 versi (1 e 15) c'è l'unità sintattica e metrica uguale, gli altri invece possiedono l'enjambement che serve a descrivere la continuità dell'esperienza visto che il processo immaginativo è un continuo susseguirsi di sensazioni.

Questo processo è comunque controllato dalla ragione e lo capiamo perchè descrive una situazione in cui si ritrova quotidianamente nel senso che lui va proprio alla ricerca di quella situazione fino a che l'immaginazione non entra in gioco. A livello lessicale c'è nella prima parte la presenza di termini lunghi che hanno la funzione di dilatare la percezione visiva, dando l'idea del precipitare vorticoso delle situazioni. Nella seconda parte troviamo termini più brevi perchè lo sgomento di questo precipitare vorticoso da via alla lentezza della percezione uditiva dando una sensazione di maggiore serenità. C'è la presenza anche di tantissimi aggettivi dimostrativi (questo/quello) che servono a descrivere la vicinanza o la lontananza rispetto a quello che parla. In particolare il rapporto tra soggetto e i vari elementi che stanno al di fuori o dentro di lui. T25. “Alla luna” dai canti In questo testo si da spazio alla poetica della rimembranza. La situazione è frequente, ossia il paesaggio notturno lunare. La luna, quasi umanizzata, è una sorta di confidente alla quale il poeta rivolge il suo discorso. Questa poesia è dedicata al passato in cui lui non riusciva a vedere questo paesaggio meraviglioso a causa delle lacrime che lo sovrastavano e oggi non piange, però non è comunque cambiato nulla, ora il ricordo del passato doloroso è piacevole perchè non soffre più come prima. OPERETTE MORALI Le operette morali sono un opera a cui era molto affezionato anche se fu quella più impopolare. Il gruppo maggiore di 25 componimenti (1827) fu composto nella fase successiva del viaggio a Roma e da quella crisi nasce appunto questo gruppo che è la prima rappresentazione del pessimismo cosmico. Morali perchè si tratta di prose con contenuti etici filosofici e operette perchè non sono ampi e non trattano argomenti impegnativi ma piuttosto leggeri e ironici. Per Leopardi era un progetto, voleva creare delle opere filosofiche leggere e moderne in un Italia che ancora si concentrava solo nei grandi trattati. Al centro delle operette vi è il radicalizzarsi del pessimismo cosmico, si rende conto che nessun uomo potrà mai essere felice, ed è un dato ontologico l'infelicità dell'uomo e fa parte della sua natura. La Natura invece è la responsabile di quest'infelicità e la visione di essa è materialistica e meccanicistica. La filosofia deve avere il compito di smascherare le convinzioni ingannevoli come: -miti ideologici del tempo → la religione che convince gli uomini di avere una sola possibilità dopo la morte; -miti del progresso → l'uomo, in quanto dotato di ragione, va verso il miglioramento. Ci sono aspetti comuni tra lui e l'illuminismo come la concezione materialistica e laica, la filosofia come strumento della ragione per migliorare la realtà. Per quanto riguarda la ragione fa diverse riflessioni perchè non ha una concezione eclatante e positiva ma semplicemente la usa come strumento per non farci ingannare da queste convinzioni. Le operette morali sono state pubblicate nel 1827, stesso anno della pubblicazione della seconda edizione dei promessi sposi. In quest'opera filosofica scritta in prosa che trattava di argomenti poco impegnativi troviamo le critiche di Leopardi a tutti i principali fondamenti del tempo. Per questo motivo fu censurata sia a livello civile che religioso, infatti fu inserito nella lista dei libri proibiti.

Ogni operetta aveva i propri personaggi che svolgono il ruolo di personificare soggetti astratti (natura, morte ecc) oppure personaggi inventati, storici o mitici. Vengono interamente svuotati della loro essenza umana. Gli argomenti principali sono di denuncia, di polemica o semplici riflessioni di carattere esistenziale come la ricerca del piacere, infelicità dell'uomo ecc. T21. “Dialogo della Natura e di un Islandese” dalle operette morali Quest'operetta segna una fondamentale svolta nel suo pensiero: ossia passa da un pessimismo sensistico ad uno radicalmente materialistico. L'infelicità qui è fatta dipendere materialisticamente dai mali esterni, fisici a cui l'uomo non è in grado di sfuggire. L'islandese (portavoce palese di Leopardi) ne fa un elenco ossessivo come i climi avversi, le tempeste, i cataclismi, le bestie feroci.. Leopardi così approda così in un materialismo assoluto e a un pessimismo cosmico che abbraccia tutti gli esseri. L'infelicità non è dovuta solo a cause psicologiche ma a cause naturali. Il dolore, la morte ecc. sono elementi essenziali del ciclo della natura il cui nome può essere riassunto in “produzione e distruzione”. Si può però osservare che nell'operetta risultano due diverse concezioni della natura: per l'islandese essa è come un entità malvagia che perseguita le sue creature; la natura stessa invece obbietta che fa il male senza accorgersene. In questa duplice immagine si rispecchiano due diversi atteggiamenti del poeta: quello filosofico-scientifico che considera la natura come un puro meccanismo impersonale; e quello poetico che vede la natura come una specie di divinità malefica. Anche lo stile di quest'operetta è diverso da quelle precedenti. GRANDI IDILLI Una volta chiusa la stagione delle canzoni e degli idilli, inizia nel 1822 un silenzio poetico di leopardi che durerà...


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