5. ARTE E MODA, 22 Febbraio, Prof.ssa Enrica Morini PDF

Title 5. ARTE E MODA, 22 Febbraio, Prof.ssa Enrica Morini
Author Francesco Lasala
Course Arte e moda
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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5. ARTE E MODA, 22 Febbraio, Prof.ssa Enrica Morini...


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QUINTA LEZIONE PROGETTI D’ARTISTA: testimonianze passate di un diretto coinvolgimento di artisti nell'invenzione o progettazione della moda, di abiti o costumi per rappresentazioni teatrali. Ci sono stati alcuni progetti più diretti ma molto particolari. ABITO DELLA RIVOLUZIONE. Siamo nella Rivoluzione Francese, 1789, presa della Bastiglia, scoppia la Rivoluzione. Nel 1793 la Convenzione Nazionale emette una legge che riguarda l’abbigliamento e va insieme ai diritti dell’uomo e del cittadino: l’articolo 1 dice: Convenzione Nazionale, 8 brumaio anno II (29 ottobre 1793) – Decreto relativo all’abbigliamento delle persone dei due sessi “Art.1 Nessuna persona dell’uno e dell’altro sesso potrà obbligare alcun cittadino o cittadina a vestirsi in una maniera par9colare, i trasgressori saranno considerati e trattati come sospetti, e perseguiti come perturbatori della quiete pubblica. Ciascuno è libero di portare l’abito e l’aggiustamento del suo sesso che gli sembri buono”. L'abbigliamento inteso come lusso ma non solo era regolamentato da legislazioni sin dal Medioevo e si chiamavano Leggi Suntuarie che diceva sostanzialmente chi poteva mettere cosa, quindi dal punto di vista del potere, regale o cittadino, c'era l'idea che si dovesse controllare il modo in cui le persone erano vestite. L'elemento più forte di questa legislazione erano motivi principalmente economici. C'era anche il fatto che la società era rigorosamente suddivisa in modo gerarchico e quindi si consentiva di usare certi privilegi anche nell'abbigliamento ai ceti sociali più alti e vietarli a quelli più bassi, in modo che non ci fosse "confusione sociale". Ecco, durante la Rivoluzione francese, nel momento in cui la gerarchia sociale viene spianata, tutti gli uomini sono uguali e non ci sono privilegi di nascita né di altro genere, nessuno può dire agli altri come vestire. Questo fece si che le leggi suntuarie sparissero, sono tornate solo in momenti di grande necessità, durante le guerre, quando c'era bisogno di limitare certi materiali, come la lana che veniva destinata alle divise dei militari. L’anno dopo a qualcuno molto più talebano venne un’idea: Il 25 fiorile anno II (14 maggio 1794) “Il Comitato di Salute Pubblica invita David, rappresentante del popolo, a presentare le sue idee e progetti sui modi di migliorare il modo di vestire nazionale attuale, di renderlo più appropriato ai costumi repubblicani e al carattere della Rivoluzione, per presentarne i risultati alla Convenzione nazionale e raccogliere l’approvazione dell’opinione pubblica”. L’incarico faceva parte del generale progetto polittico e culturale di rigenerazione della Francia rivoluzionaria. Siamo alla fine della Rivoluzione, periodo del terrore, si pensa che tutta la Francia debba essere rivoluzionata in tutti gli aspetti, tra cui anche l'abbigliamento. Per questo David prepara otto disegni di indumenti e abbigliamenti completi per diverse categorie di persone, di cariche, che dovevano rappresentare la rivoluzione, la nuova Francia rigenerata dalla rivoluzione. I progetti piacciono e vengono approvati. Per questo 5 pratile anno II (24 maggio 1794) “il Comitato di Salute Pubblica autorizza David, rappresentante del popolo, a fare incidere e colorare i diversi progetti di abbigliamento nazionale, …per distribuirne un esemplare a ciascuno dei membri della Convenzione e ai cittadini dei diversi dipartimenti, nel numero di venti mila esemplari per il modello di abbigliamento civile e sei mila per ciascuno degli altri”. La cosa non va avanti anche perché siamo alla fine della Rivoluzione ma anche perché il progetto non convince nessuno perché talmente lontano dal modo di vestire della gente

del periodo. Questo perché fu difficile obbligare la gente a vestirvi così anche per la contrapposizione della legge. I costumi non furono mai indossati, se non da qualche amico o allievo di David. “Suppongo che l’artista abbia usato tutta la sua influenza per convincere i suoi amici ad adottarlo, e questo nella speranza che la città di Parigi apparisse così abbigliata alla prossima festa pubblica… Ho visto solo una persona vestita così in pubblico…il suo aspetto era piuttosto bizzarro. La giacca e i pantaloni erano blu; il mantello, da cui spuntavano le maniche blu, era bianco e rosso; il cappello rotondo era ampiamente fornito di piume; aveva due pistole bloccate nella cintura e una formidabile sciabola al fianco: era un uomo alto e dall’aspetto bellicoso. Pensai che fosse almeno un Maggiore dei Dragoni, scoprii che era un pittore di miniature”. John Moore, A Journal During a Residence in France, from the Beginning of August, to the Middle of December, vol. II, Larkin et al., Boston 1794 Una situazione molto diversa ma con esiti analoghi si verificò durante la Rivoluzione di ottobre in Russia. Gli artisti furono ampiamente coinvolti nella prima parte della costruzione della rivoluzione sovietica, ognuno in maniera diversa, anche inventandosi delle specializzazioni: uno fu Alexandr Rodcenko che si diede a grafica e fotografia e a cose innovative anche nella comunicazione. Fra le varie cose lui e Varvara Stèpanova, la moglie, inventarono questo movimento produttivista che aveva come obbiettivo l’impiego del lavoro degli artisti nella costruzione di una realtà quotidiana, di una nuova estetica Rivoluzionaria. Stepanova si occupò soprattutto di tessuti utilizzabili, di cotone, non particolarmente lussuosi, Rodcenko di tutte altre cose. “E’ compito del gruppo costruttivista guidare il lavoro materialista, costruttivista verso fini comunisti”. Aleksandr Rodcenko, Varvara Stèpanova, Programma del gruppo produttivista, 1921 "È necessario progettare abiti concepiti “per il lavoro nei diversi settori di produzione, per un’azione sociale definita”. VARST (Varvara Stepanova), Abbigliamento contemporaneo- Il prozodezhda (KosXum segodniashnego dnia-Prozodezhda), “LEF”, n.2, 1923, pp.65-68 Aleksandr Rodcenko con la tuta da lavoro progettata da lui, 1922-23, foto Mykhailov Kaufman La tuta era progettata per essere funzionale, dal punto di vista del tessuto, moderna, pratica per avere tutta una serie di caratteristiche come rinforzi. Il progetto della tuta non funzionò neanche in questo caso, anche perché non poteva imporre alla gente di vestirsi in un certo modo. Nel 1929, sette anni dopo, si occupava di teatro e presentando l’opera teatrale Inga, Rodčenko scrisse “nei costumi (…) la questione della razionalizzazione viene affrontata, ma solo da un punto di vista teorico, perché la soluzione è naturalmente un compito di estrema difficoltà. Questo problema richiede sempre più lavoro, per collegare la ricerca dell’artista ai vincoli della quotidianità”. Citato in Alexander N. Lavrentiev, John E. Bowlt, Aleksandr Rodchenko: Experiments for the Future, catalogo della mostra, The Museum of Modern Art, New York 2005, p. 199 Il rischio dell'artista è quello di essere lontano dai vincoli della quotidianità, di fare un lavoro teorico che magari ha una funzione e un peso sul lungo periodo ma che nell'immediatezza è troppo lontano dal quotidiano delle persone.

ENTRIAMO NEL MERITO: Entriamo nel merito dal momento in cui il rapporto fra arte e moda, in maniera differente, prende delle forme nuove. Nei secoli di Antico Regime precedentemente all’800 questi rapporti seppure ci furono stati hanno avuto caratteristiche che nel periodo successivo perderanno o cambieranno molto nel periodo successivo. Sostanzialmente questo nuovo statuto che viene dato all’arte e la nuova concezione costruita intorno alla moda, per quanto riguarda la nostra contemporaneità, nascono di fatto nell’800 e nascono in relazione all’organizzazione del mondo borghese. Importantissimi in questo periodo furono i ritratti: si dà una nuova importanza al ritratto nell’800, con confini diversi dalle situazioni e in base ai momenti, diventa più diffuso e importante. Manuel Charpy in un saggio dice: «Il desiderio di avere il proprio ritratto accompagnò l’ascesa della borghesia. La posta in gioco era inventarsi un’immagine e costruirsi una genealogia attraverso l’immagine, un problema che ossessionava la nuova borghesia alla ricerca di una legittimazione storica. In Francia, al Salon del 1844, su 2000 opere, 673 erano ritratti di borghesi. Sotto la monarchia di luglio il numero di pittori di ritratti esplose e il ritratto di Louis-François Bertin incontrò un immenso successo». Le caste che avevano costituito l'ossatura sociale del potere dell'antico regime erano costruite sulla base di privilegi riconoscibili: la nobiltà lo era per diritto di nascita, i militari per investitura, così come i rappresentanti del clero. I borghesi non sono assolutamente nulla. I borghesi vengono dal nulla, non sono legittimati da nulla e possono tornarci nel nulla, quindi hanno bisogno di identificarsi. Ingres fu uno dei più famosi, importanti e celebrati pittori della Francia dei primi dell’800, viaggiò molto tra Francia dove trovò molta contemporaneità, e l'Italia, dove trovò riferimenti alla cultura antica. Quando ritrae Bertin in realtà non è ancora così famoso e questo sarà poi uno dei suoi successi, mentre quando nel 1845-46 fa il ritratto di Madame Moitessier è già famoso. Al Louvre troviamo la descrizione del ritratto di Bertin: «Seduto su una poltrona, un uomo di una sessantina d’anni, con i capelli grigi, il corpo tarchiato, con un abito scuro, ci affronta e ci guarda intensamente. L’energia si legge nell’espressione del suo viso e nel suo atteggiamento abituale, le mani sulle ginocchia, pronto a reagire. Questo ritratto esprime perfettamente il carattere e lo status sociale di Louis François Bertin, giornalista e uomo d’affari, proprietario del ‘Journal des débats’. Sostenitore di una monarchia costituzionale, era stato imprigionato sotto l’Impero e poi si era opposto al regime di Carlo X. All’epoca del ritratto, sotto la Monarchia di Luglio, il suo giornale letto dalla borghesia liberale, sosteneva il governo di Luigi Filippo che aveva contribuito a insediare e a far trionfare». Quindi Bertin era un uomo con una grande storia alle sue spalle, un rappresentante della borghesia che stava prendendo potere nella Francia di quel tempo. È un borghese che svolge una professione nuova per la borghesia; la diffusione dei giornali controllata dalla corona non sarà la stessa che ci sarà nel secolo successivo. La stampa inizia ad essere un vero potere nella Francia borghese, e Bertin è tra quelli che fanno parte di quello sviluppo. Si tratta dell’opera più realistica di Ingres. L’artista aveva dipinto Bertin come l’aveva osservato un giorno, a casa sua, in piena discussione. Nonostante che l’artista non avesse l’intenzione di fare di questo ritratto il simbolo di un’intera classe sociale, i contemporanei ci videro subito e innanzitutto il ritratto di un borghese. Manet lo definì il “budda della borghesia facoltosa, sazia e trionfante”.

«E’ un’immagine viva di tutta la borghesia dell’ultimo regno, con la sua forza intelligente, la sua bonomia orgogliosa, il suo aspetto disinvolto, e la sicurezza che le viene dalla fortuna e la fermezza che trae dai suoi privilegi pazientemente conquistati, ostinatamente difesi». «E’$un’immagine$viva$di$tutta$la$borghesia$dell’ultimo$regno,$con$la$sua$forza$intelligente,$la$sua$ bonomia$orgogliosa,$il$suo$aspetto$disinvolto,$e$la$sicurezza$che$le$viene$dalla$fortuna$e$la$ fermezza$che$trae$dai$suoi$privilegi$pazientemente$conquistati,$ostinatamente$difesi».$Charles Blanc, Ingres. Sa vie et ses oeuvrages, Renouard, Paris, 1870, p. 98 Come è vestito? Perché si parla subito di BORGHESIA? La teoria della classe agiata 1899, Thorstein Veblen, un sociologo che ha scritto un importante testo, "La teoria della classe agiata", parlando dell’abbigliamento scrive a un certo punto: “Vi sono altri metodi egualmente efficaci per mettere in mostra la propria esibizione pecuniaria, e altri metodi si trovano infatti ad essere sempre e ovunque di moda; ma rispetto alla maggior parte di essi la spesa per l’abbigliamento ha il vantaggio che il nostro modo di vestire è sempre in evidenza e della nostra situazione pecuniaria dà un’indicazione immediata a ogni osservatore.” Nella bozza del disegno di Ingres si possono osservare meglio i vestiti che lui indossa, ha addosso un gillette, una cravatta con nodo, giacca redingote con larghe maniche da dove escono le mani. «L’espressione interrogativa del suo occhio penetrante, il leggero disordine dei suoi capelli, il nodo allentato della sua cravatta, l’ampiezza del suo gilet, che riempie lo sviluppo del suo petto, la forma di una giacca redingote le cui pieghe tradiscono le abitudini di un corpo tendente a ingrassare, le larghe maniche da cui escono delle mani tozze con le dita affusolate e delicate». Charles Blanc, Ingres. Sa vie et ses oeuvrages, Renouard, Paris, 1870, p. 98 Bertin ha addosso un gilet, una cravatta con il nodo, una giacca redingote con larghe maniche da cui escono le mani, quindi pochi pezzi scuri di abbigliamento, con una semplice rottura di bianco. Molto in linea col modo di vestire del momento: Paul Gavarni nel 1830 pubblica nella rivista "La Mode" un disegno dove vediamo dei signori raffinati ed eleganti che indossano la REDINGOTE MASCHILE che somiglia a quella indossata da Bertin; hanno in comune il colore scuro, l’assenza di colore. Questo è uno dei pochissimi abiti maschili conservati in un museo di questo periodo ed è datato 1840, ed è una redingote doppio petto. Se li si confronta con ritratti maschili del 700, vedremo che troveremmo uomini vestiti di rosa, verde, azzurro, giallo e pochi vestiti di nero. In questo caso, sia nel figurino di moda, sia nel vestito realizzato, troviamo assenza di colore. È quello che è successo nel passaggio dall'antico regime al mondo borghese. Gli uomini eliminarono il colore dai loro abbigliamenti. I colori rimasti sono pochissimi, presto scomparirà anche il bianco.

Ha addosso Bertin una camicia abbottonata sul davanti con un colletto in piedi che si aggancia con i bottoni, le camicie erano quindi fatte in due pezzi: il corpo e il colletto, che veniva inamidato e irrigidito, attaccato grazie a delle asole che consentono di agganciarlo. Intorno al collo indossa appunto una cravatta con un tipo di nodo detto alla Byron, l'inventore del nodo-portato da lui, il cui colore doveva essere o bianco o nero. C'erano tanti modi per annodare le cravatte: questa è indicata come cravatta comoda; dalle descrizioni dell’abbigliamento ci sta che lui usi una cravatta comoda. Cravatta alla Byron «Questa cravatta è molto comoda in estate e in viaggio, perché non facendo che un solo giro attorno al collo gli lascia grande libertà. Il suo colore deve essere bianco o nero». [Emile Marco de Saint-Hilaire ], L'art de me:re sa cravate de toutes les manieres connues et usitées ... Précédè de l'histoire complete de la cravate, Perichon Ainé, Bruxelles 1827 Abbiamo poi un altro elemento, dove finisce il gillette spunta il gancio di un orologio; normalmente nei pantaloni vi era un taschino dove si inseriva l’orologio, ma per comodità iniziarono a incastralo con un gancio nei pantaloni. La DIVISA BORGHESE: La società di antico regime è dominata da caste chiuse, ciascuna delle quali deriva il proprio potere da dati reali incontrovertibili: - La nascita per la nobiltà; - La consacrazione per il clero; - Il grado per i militari. Il loro abbigliamento può essere più o meno lussuoso, decorato in modo fantasioso, ma non è da esso che dipende il ruolo del nobile, del prelato o del militare. - Nobiltà che affondava il proprio potere e identità sul DIRITTO DI NASCITA (il figlio del Re diventava poi Re); - L’aristocrazia che si faceva CONSACRARE quindi un riconoscimento divino di appartenenza al gruppo; - Militari avevano una progressione intera, grado militare fatto dava il titolo e l’elemento identitario al personaggio. Il loro abbigliamento era consono all’appartenenza: Il nobile si vestiva come voleva nel modo più lussuoso, il clero aveva una serie di elementi di riconoscimento (i vari rossi ci dicono il grado), per i militari ci sono ancora molti elementi di riconoscimento. Per la borghesia non esiste nulla di tutto questo, il costume borghese è più di un segno, è un carattere costitutivo, la sua funzione distintiva supera la sua caratteristica estetica. Divisa fatta di mancanza di colori e particolari che toglie e non aggiunge. «Il borghese non è stato né investito come tale, né consacrato, né diplomato, né riconosciuto ufficialmente o ufficiosamente in alcun modo, e la nascita è per lui priva di valore, poiché la classe è aperta. Il costume borghese è quindi più di un segno: è un carattere costitutivo. È l’apparenza che fa quasi tutta la realtà. Così la sua funzione distintiva supera di molto in importanza la sua funzione estetica.» Edmond Goblot, La barriére et le niveau. Etude sociologique sur la bourgeoisie française moderne, 1925 “Nella borghesia moderna, il costume maschile completamente perso la sua funzione decorativa, mentre ha preso importanza la sua funzione distintiva. L'uomo essere bello

non deve esserlo, ma deve essere distinto punto ora, per un borghese il modello di distinzione e svegliare la bellezza delle apparenze.” -Edmond Goblot. (Sarà il tessuto più lussuoso e una serie di segni a farci capire chi sarà più ricco e chi meno.) “Un gioiello deve avere un pretesto, essere altro che puro ornamento: una spilla è un ricordo, una catena di orologio è una sicurezza. Un uomo non deve essere ornato; il solo pensiero di abbellirsi è per lui una mancanza di eleganza, quasi una volgarità. Il borghese moderno ostenta del suo costume una austerità, un ascetismo, un quasi giansenismo.” Goblot Importante era il NERO: Baudelaire scrive nel 1846: “quanto al vestito, la buccia dell’eroe moderno l'abito nero e le redingote non hanno solo la bellezza politica virgola che è l'espressione dell'uguaglianza universale, ma anche la loro bellezza poetica virgola che è l'espressione dell'anima pubblica; un'immensa sfilata di becchini, becchini politici, becchini innamorati, becchini borghesi. Noi tutti celebriamo qualche seppellimento”. Ad esempio: -

BANCHIERI. Ritratto del banchiere di Edgar Degas: il banchiere è vestito di nero come quelli intorno a lui. Il dipinto è il ritratto del banchiere Ernest May (1845-1925), collezionista e intenditore delle opere di Degas. “Il nero che porta dice … che non si lascia sedurre dalle tentazioni e dai facili piaceri. Un uomo in nero è qualcuno in cui si può credere. È un uomo, insomma, cui si può affidare il proprio denaro.” John Harvey, Men in Black, Chicago, University of Chicago Press, 1995 MERCANTI. Edgar Degas andò a New Orleans nell’autunno 1872 per fare visita alla famiglia della madre. Lo zio, Michel Masson, era un importante commerciante di cotone di New Orleans. Nel quadro, Degas rappresentò lo zio Michel Musson, seduto in primo piano, il fratello René De Gas, mentre legge il giornale seduto, l’altro fratello, Achille De Gas, in piedi in fondo a sinistra con una giacca chiara. Degas nel 1872 fece un viaggio a New Orleans per fare visita alla sua famiglia e nel quadro rappresenta suo zio Michel Musson seduto in primo piano, il fratello Renè De Gas mentre legge il giornale e l'altro fratello Achille De Gas in piedi in fondo a sinistra con una giacca chiara. Nel dipinto rappresenta il luogo di lavoro della famiglia e a parte alcuni particolari (giacche da lavoro e pantaloni chiari dello zio Renè) sono tutti vestiti di nero.

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ARTISTI E INTELLETTUALI. Fantin-Latour, radunò un gruppo di giovani aritsti dalle idee innovatrici: da sinistra a destra, Otto Schölderer, un pittore tedesco trasferitosi in Francia; Edgar Manet, seduto di fronte al suo cavalleXo; Auguste Renoir con il cappello; Zacharie Astruc, scultore e giornalista; Emile Zola; Edmond Maître, funzionario del Comune; Frédéric Bazille ed infine Claude Monet. Ritratto collettivo di Fabtin-Latour mette insieme una scena di colleghi artisti, Manet al centro che dipinge e intorno a lui una serie di artisti, Renoir, Zola, Astruc, Maitre, Bazille, tutti vestiti di neri con camice bianche e cravatte nere e Manet tutto nero....


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