6. Competenza (13p) - Riassunto Diritto processuale civile PDF

Title 6. Competenza (13p) - Riassunto Diritto processuale civile
Course Diritto processuale civile
Institution Università degli Studi di Perugia
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Capitolo competenza, Vol 1 Luiso ...


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LA COMPETENZA La competenza è definita come la ripartizione interna del potere appartenente a ciascun settore giurisdizionale. Problemi di competenza si pongono soltanto quando vi sono più uffici giurisdizionali competenti in prima istanza. La ripartizione di potere tra i vari uffici può essere di due tipi diversi: - orizzontale; - verticale. Problemi di competenza in senso orizzontale, cioè territoriale, si hanno quando il tipo di ufficio (criterio verticale) competente in prima istanza è uno solo , ma vi sono più uffici giurisdizionali distribuiti sul territorio. Per la giurisdizione ordinaria, oltre alla distinzione territoriale, è necessaria anche una distinzione verticale, perché i giudici ordinari competenti in primo grado sono due: - giudice di pace; - tribunale. Occorre, quindi, dapprima stabilire il tipo di ufficio competente, e poi a quale ufficio spetta, in senso territoriale, la competenza. Esistono, poi, altri organi della giurisdizione ordinaria, che non hanno competenza in primo grado ma solo per l'impugnazione: - la Corte di Appello (che in alcuni casi, è giudice di primo e unico grado); - la Corte di Cassazione.

( L'appello avverso le sentenze del giudice di pace è di competenza del Tribunale, il quale è l'unico organo giurisdizionale che assolve funzioni di primo e secondo grado in materia civile. Il giudice di pace è un organo monocratico onorario. Il Tribunale è organo collegiale formato da tre soggetti (di solito decide in composizione monocratica). La Corte di Appello è sempre organo collegiale, formato da tre soggetti. La Cassazione, invece, normalmente decide nella composizione di cinque consiglieri (nove, se decide a Sezioni Unite) ).

Le regole di competenza (ma non solo esse) attuano il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.); tali regole, quindi, non hanno solo una portata organizzatoria (distribuire il carico fra più uffici), ma anche una portata garantista, verso le parti, volta all'attuazione del principio costituzionale del giudice naturale. I criteri per stabilire la competenza sono tre: competenza per materia; - due in senso verticale (artt. 7 - 17 c.p.c.) competenza per valore; - uno in senso orizzontale competenza per territorio. (artt. 18 - 30 c.p.c.) L'ordine dei criteri di competenza è quindi il seguente: prima quelli verticali, per individuare il tipo di ufficio (se è competente, cioè, il giudice di pace o il tribunale) e poi il criterio orizzontale, per individuare quale ufficio, del tipo individuato attraverso il criterio verticale, è competente per territorio.

1. LA COMPETENZA PER MATERIA E PER VALORE. Il criterio per materia si utilizza con precedenza rispetto al criterio per valore. Dapprima si vede se esiste un criterio di competenza per materia e successivamente, se non sussiste, si passa al secondo criterio verticale, quello per valore, che è residuale rispetto al primo. Il giudice di pace è competente per materia nelle cause relative: - ad apposizione di di termini e osservanza delle distanze; - alla misura e modalità d'uso dei servizi condominiali; - ai rapporti di vicinato (immissioni, esalazioni, rumori, scuotimenti che superino la normale tollerabilità); - agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. Il tribunale è competente in materia di: - stato e capacità delle persone (es. cittadinanza; matrimonio; filiazione ecc.); -diritti onorifici, per querela di fatto. Occorre tener presente che il tribunale ha “ereditato” le competenze per materia del pretore. Infatti, in base all'art. 1 del D.Lgs 51/1998 (che ha soppresso le preture) le competenze del pretore sono trasferite al tribunale: ad es. azioni possessorie; cause di lavoro e previdenziali; cause locative ecc. (è opportuno consultare la normativa per individuare quali materie, al momento della soppressione delle preture, erano di competenza del pretore, così da sapere quali sono tutte le materie di competenza del tribunale). La competenza per materia si determina sulla base della domanda, cioè sulla base delle affermazioni dell'attore. Esiste un principio generale in virtù del quale un presupposto processuale si determina dalla domanda, laddove siano rilevanti, ai fini del presupposto in parola (o anche fatti rilevanti per il merito), l'esistenza e/o il modo di essere della situazione sostanziale dedotta in giudizio. Es. : il tribunale è competente per materia nelle cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili; rilevante ai fini della competenza è l'affermazione, da parte dell'attore, della sussistenza di uno di tali rapporti. L'eventuale contestazione da parte del convenuto che si tratta, invece, di un altro diritto, non incide sulla competenza, ma solo sul merito. Il tribunale esamina la domanda nel merito, e se accerta che il rapporto effettivamente sussistente non è quello affermato dall'attore, rigetterà la domanda nel merito. Ferma rimanendo la riproponibilità della domanda sotto il diverso profilo giuridico, di cui il tribunale non si è potuto occupare (perché incompetente).

Al contrario, se il presupposto processuale è integrato da fatti che non sono rilevanti anche per il merito e sorge questione sulla sussistenza del presupposto processuale, occorre che sia autonomamente accertata la esistenza di questi fatti, e il giudice non può accontentarsi di quanto racconta l'attore, proprio perché in tal caso le affermazione dell'attore non sono rilevanti per l'accoglimento della domanda. Se sussiste una competenza per materia, si procede all'individuazione della competenza territoriale. Se la competenza per materia non è prevista per quella controversia, opera il criterio residuale del valore.

Il giudice di pace è competente per valore per le cause relative: - a diritti reali su beni mobili di valore non > 5.000,00€ (tranne quelle che abbiano ad oggetto un diritto reali su un bene immobile, anche se il valore di tale bene non è > 5.000,00€); - al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non sia > 20.000,00€. Il tribunale è competente per valore per tutte le cause relative: - a diritti reali su beni immobili; - a diritti reali su beni mobili di valore >5.000,00€; - al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia sia > 20.000,00€. In tema di competenza per valore l'art. 9, 1°co. c.p.c. contiene una norma di chiusura: “ Il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice. “ In virtù di tale norma, il tribunale è competente per ogni causa di valore indeterminabile. Non si deve confondere il valore indeterminato con quello indeterminabile: indeterminabile significa che non può essere determinato; indeterminato significa che in concreto non è determinato, ma in astratto è determinabile. Una volta individuate le fasce di competenza, è necessario stabilire come si determina il valore della causa ai fini della competenza. A questo problema sono dedicati gli artt. 10 - 15 c.p.c., per mezzo di tali articoli si attribuisce un valore alla causa, e poi si vede se tale causa rientra nella competenza del giudice di pace o del tribunale. Il criterio fondamentale per la determinazione del valore è enunciato dal primo comma dell'art. 10 c.p.c. : “ Il valore della causa ai fini della competenza si determina dalla domanda “. Non è rilevante ciò che il giudice accerterà esistente sul piano del diritto sostanziale (non è rilevante il merito), ma è rilevante ciò che è stato domandato. La competenza si determina da ciò che l'attore ha chiesto (quid disputatum) e non da ciò che il giudice riconosce effettivamente dovuto (quid decisum). Se è proposta una domanda di un valore che rientra nell'ambito della competenza del giudice adito, il giudice è competente anche per attribuire una somma inferiore al limite minimo della sua competenza. (il fatto che la somma dovuta sia < 5.000,00€, non determina l'incompetenza del tribunale). Ma se, al contrario, si chiede al giudice di pace una somma che supera la sua competenza, è irrilevante che il giudice ritenga che la somma effettivamente spettante sia inferiore al limite massimo della sua competenza. Tale accertamento circa

l'effettivo valore della controversia, è rilevante ai fini del merito e non della competenza. (se Tizio propone presso il giudice di pace una domanda per una controversia il cui valore è >5.000,00€, è irrilevante che il giudice accerti che somma effettivamente spettante sia, invece, di 500€ e quindi < rispetto al limite massimo della sua competenza: il giudice di pace è incompetente.) Può darsi che nel corso del processo l'attore modifichi la sua domanda, aumentando o diminuendo le sue richieste. La modificazione è possibile fino al momento del passaggio della causa dalla fase istruttoria alla fese decisoria, cioè fino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Se la modifica è in aumento, e l'aumento fa superare il limite massimo di competenza del giudice adito, il giudice diviene incompetente e la causa deve essere rimessa al giudice superiore. Una modifica è, invece, in diminuzione quando, avendo chiesto una certa somma al tribunale, in corso di causa si riduce la domanda. Si discute se la modifica in diminuzione sia rilevante ai fini della competenza oppure no. Secondo una prima opinione, se la competenza si stima dalla domanda, poiché sia l'aumento che la diminuzione costituiscono modificazioni della domanda, la competenza si valuta sulla domanda modificata: e quindi anche la modifica in diminuzione rileva ai fini della competenza. Secondo un'altra opinione (fatta propria dalla giurisprudenza) la diminuzione della domanda non è rilevante ai fini della competenza, ma lo è ai fini del merito, in base al principio per cui il giudice non può attribuire più di quello che gli è stato chiesto (principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato: art. 112 c.p.c.). Quindi la diminuzione non sposta la competenza ma vincola il giudice in relazione alla somma che riconoscere. Il giudice adito non può mai attribuire una somma che eccede la sua competenza massima: bisogna, quindi, dare all'attore la possibilità di far scattare l'incompetenza del giudice adito a favore del giudice superiore. Le modificazione della domanda, di cui si è parlato, riguardano la domanda proposta con l'atto introduttivo, non quel diverso fenomeno che è la proposizione di altre domande in corso di causa: esso si ha quando, a fianco alla domanda originaria, se ne aggiungono altre e quindi si realizza il processo cumulato. Il secondo comma dell'art. 10 c.p.c. disciplina il fenomeno della sommatoria fra domande, che ha luogo quando, con un unico atto, una parte propone una pluralità di domande contro una stessa controparte. Non si opera la sommatoria fra più domande nelle seguenti ipotesi: - le domande proposte dall'attore contro il convenuto non sommano alle domande proposte dal convenuto contro l'attore, poiché la domanda non è proposta da una parte nei confronti della stessa controparte.

- le domande proposte, anche con un unico atto, contro più soggetti non si sommano. ( es. Tizio chiede 3.000€ a Caio, e 4.000€ a Sempronio: competente rimane sempre il giudice di pace, perché le domande non si

sommano).

- le domande proposte da una parte nei confronti della controparte con un atto, non si sommano alle domande proposte dalla stessa parte nei confronti della stessa controparte con un altro atto. (es. se Tizio dopo aver proposto contro Caio una domanda del valore di 4.000€, nello stesso processi propone, sempre contro Caio un'altra domanda del valore di 3.000€ => queste domande non si sommano. Se invece Caio propone contro Tizio due domande con un unico atto, queste si sommano. E' rilevante solo il fatto che le domande siano proposte con un unico atto, non importa che siano proposte dall'attore contro il convenuto o viceversa.)

- ve vi sia ragione di connessione, più cause proposte in distinti processi possono essere riunite in un processo unico: le domande non si sommano, perché sono state proposte con atti diversi.

- può darsi che più domande siano proposte con un unico atto nei confronti di uno stesso soggetto, ma non in modo incondizionato.

CUMULO INCONDIZIONATO: Si ha cumulo incondizionato, quando le più domande sono proposte in modo tale, che l'esito dell'una non condiziona l'esame dell'altra. Il cumulo è incondizionato anche quando l'esito dell'una incide sull'esito dell'altra. Il cumulo è CONDIZIONATO se l'esito dell'una incide sull'esame dell'altra. Il condizionamento può aver luogo in tre modi diversi: 1. CUMULO ALTERNATIVO: l'attore può chiedere o questo o quello e non esprima una preferenza; il giudice può accogliere alternativamente o l'una o l'altra domanda. Il giudice accoglie la domanda che per prima è matura per la decisione. Le due domande non si sommano, in tema di competenza, perché non possono essere accolte entrambe (l'accoglimento di una domanda impedisce l'esame dell'altra).

2. CUMULO CONDIZIONATO IN SENSO PROPRIO: l'attore propone in via principale una domanda e, per il caso che sia rigettata, ne propone un'altra. Le due domande non si sommano, in tema di competenza, perché non possono essere accolte entrambe.

3. CUMULO CONDIZIONATO IN SENSO IMPROPRIO: in caso di accoglimento di una domanda si chiede di esaminare anche l'altra. Deve essere effettuata la somma fra le due domande, perché ambedue possono essere accolte (l'accoglimento di una domanda, costituisce il presupposto per

l'esame, e quindi potenzialmente per l'accoglimento, dell'altra).

- le due domande, proposte nello stesso atto dallo stesso soggetto nei confronti della stessa controparte, sono una soggetta alla competenza per materia e l'altra alla competenza per valore (ad es. perché la domanda per materia non ha valore). Un'eccezione alle regole dell'art. 10 c.p.c. è contenuta nell'art. 11 : “ Se è chiesto da più persone o contro più persone l'adempimento per quote di una obbligazione, il valore della causa si determina dall'intera obbligazione.” Si tratta di un'eccezione perché qui fa difetto l'unicità dei soggetti; sulla base dell'art. 10 più domande proposte contro soggetti diversi non si sommano tra di loro. Il principio soffre di una deroga quando si tratta di domande che fanno riferimento ad un'unica obbligazione di cui è chiesto l'adempimento pro-quota. Es. : Successione ereditaria nel debito => i debiti ereditari si dividono in proporzione delle rispettive quote fra i coeredi. Il debito del de cuius è di 10.000,00€, lascia quattro eredi in parti uguali; ciascun coerede è obbligato per 2.500,00€. Il creditore ereditario chiede l'adempimento dell'obbligazione proquota nei confronti dei quattro eredi. => la fattispecie rientra nell'art. 11 c.p.c. : il valore si determina dall'intera obbligazione. => la domanda va proposta al tribunale, proprio perché l'obbligazione ha il valore di 10.000,00€, anche se sono proposte, contro soggetti diversi, quattro domande del valore di 2.500,00€ ciascuna. Se si applicasse l'art. 10, competente sarebbe il giudice di pace. L'art. 11 c.p.c. si applica nel caso di adempimento pro-quota, quindi non si applica alle obbligazioni solidali o a quelle indivisibili, ove ciascun debitore è obbligato per intero. Se un creditore chiede l'adempimento di un'obbligazione solidale del valore di 2.000€ nei confronti di tre condebitori solidali, si rientra nella previsione dell'art. 10 c.p.c.: il valore della causa è di 2.000€ => si tratta di un'obbligazione di cui si richiede a ciascun convenuto l'adempimento non pro-quota, ma per intero. L'art. 12 c.p.c. contiene due disposizioni: 1° comma: “ il valore delle cause relative all'esistenza, validità o risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione “. Il rapporto giuridico obbligatorio è quella figura di diritto sostanziale che ha la funzione di unificare fra di loro una pluralità di effetti giuridici, per dare loro una disciplina unitaria e coerente. L'esistenza di un rapporto obbligatorio da sola non attribuisce alcuna utilità concreta, la quale discende, invece, dai singoli effetti (diritti) che scaturiscono dal rapporto. E' necessario ribadire la irrilevanza economica del rapporto fondamentale, che è uno schema astratto, una figura giuridica strumentale che serva a far sì che i più effetti non siano separati l'uno dall'altro, ma siano ricompresi in un'unica disciplina. Il rapporto giuridico obbligatorio è come un recipiente che contiene una serie di diritti; operando sul contenente, si opera unitariamente ed omogeneamente su tutto il

contenuto. Il rapporto in sé (il contenente) non ha alcuna utilità economica, ciò che è utile sono i singoli diritti ad esso ricollegati (il contenuto). Il primo comma dell'art. 12 istituisce un criterio di semplificazione per determinare il valore della causa ai fini della competenza. Quando in giudizio viene dedotto un effetto giuridico del rapporto obbligatorio, può essere che il giudice debba portare la sua attenzione sull'esistenza e il modo di essere del rapporto giuridico obbligatorio. In tal caso il legislatore, per semplificare il calcolo del valore, invece di far riferimento al rapporto fondamentale, ai soli fini della competenza fa riferimento a quella parte del rapporto che è in contestazione, ossia la valore del singolo effetto dedotto in giudizio. Può succedere che non sia dedotto un singolo effetto, ma che sia chiesto l'accertamento dell'esistenza o inesistenza, o la qualificazione del rapporto in sé. In tal caso, il criterio semplificatore non funziona e il valore va determinato sulla base dell'intero rapporto, e cioè sulla base del valore pecuniario degli effetti della sentenza che accoglie la domanda. Gli artt. 14 e 15 c.p.c. stabiliscono come si determina il valore di una somma di denaro, di un bene mobile o immobile. Quindi in un primo momento si individua, attraverso gli artt. 10 - 13 ciò che è rilevante per calcolare il valore; poi attraverso gli artt. 14 e 15 si calcola il valore di ciò che è stato individuato come rilevante per la determinazione della competenza. L'art. 14 si occupa sia dell'ipotesi in cui è controversa una somma di denaro sia dell'ipotesi in cui è controverso il diritto su un bene mobile: - cause relative a somme di denaro: vi sono due alternative, la somma di denaro può essere o quantificata oppure non quantificata dall'attore. E' quantificata quando l'attore precisa che vuole tot€; non è quantificata quando l'attore rinvia all'esito dell'istruttoria la determinazione della somma che pretende. Se la somma è quantificata, il valore si determina in base alla richiesta. Le eventuali contestazioni del convenuto circa l'esistenza e l'entità della somma sono irrilevanti ai fini della competenza, e sono invece rilevanti ai fini del merito. Se la somma non è quantificata, la causa si presume di competenza del giudice adito (art. 14, 3°co., c.p.c.), cioè si presume rientri nel limite massimo della sua competenza. Anche in queste ipotesi le contestazioni del convenuto non sono rilevanti ai fini della competenza, ma solo ai fini del merito. L'irrilevanza delle contestazioni del convenuto ai fini della competenza, discendono dalla considerazione per cui, quando il convenuto nega di dovere la somma o l'entità della stessa effettua una difesa che è sicuramente rilevante ai fini del merito. Quando uno stesso fatto rileva sia per il rito che per il merito, per la questione di rito è determinante non ciò che il giudice accerta, ma ciò che l'attore afferma. Infatti, se l'attore afferma un fatto non vero, paga la sua infondata affermazione con il rigetto nel merito della sua domanda. Quindi non c'è alcun inconveniente a prendere in parola l'attore ai fini del rito, ed a verificare, solo ai fini del merito, la verità di quanto da lui affermato.

Può succedere che la causa passi in decisione senza che l'attore abbia quantificato la somma richiesta, oppure che l'attore la quantifichi in corso di causa, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Se l'attore quantifica in corso di causa si possono avere tre ipotesi: - l'attore indica una somma compresa fra il...


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