Riassunto Principi di diritto processuale generale di G.F. Ricci - Diritto processuale generale PDF

Title Riassunto Principi di diritto processuale generale di G.F. Ricci - Diritto processuale generale
Author Alessandro Pinazzi
Course Diritto processuale generale
Institution Università di Bologna
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CAP. I – PROCESSO 1. Processo e procedimento Il processo evoca l’idea del giudizio e della sanzione, ma esistono processi senza giudizio (esecuzione forzata) o sanzioni senza processo (sanzioni amministrative). Spesso si abusa del termine processo, confondendolo con il procedimento, ma di quest’ultimo si parla solo come sequela di atti diretti ad un risultato finale, mentre il processo si caratterizza per una particolare struttura dialettica, ovvero la duplice caratteristica di: partecipazione degli interessati e il loro agire in contraddittorio. Tuttavia: a) Contraddittori senza processo: nelle semplici violazioni amministrative, in cui gli interessati possono inviare all’ufficio competente richiesta di “essere sentiti” prima dell’emanazione del provvedimento, ovvero un diritto ad “essere sentiti” anche se non vi è processo (art. 17-18 L. 689/1981) b) Processi senza contraddittorio: emerge dalla disciplina delle indagini preliminari (cpp) per cui il pm raccoglie informazioni a mero scopo istruttorio per decidere se esercitare o meno l’azione penale e non per far valere le prove in giudizio; tuttavia questo sistema è criticabile in quanto le informazioni si trasformano da notizie di natura endoprocessuale in prove vere e proprie assunte senza le necessarie cautele difensive (diritto alla difesa); il processo civile è più garantista raramente vede compromesso il contraddittorio, e qualora venga limitato ad es processi speciali a cognizione sommaria o procedimenti cautelari vengono preposti strumenti specifici, sia pure a posteriori per la tutela del diritto di difesa. Anche nel processo di esecuzione forzata viene dato rilievo al rispetto del diritto di difesa, il meno garantista è il processo penale, nel quale i controlli sono trattati sbrigativamente con il rito della camera di consiglio. 2. Attività giurisdizionale La differenza tra processo e procedimento, viste le tante eccezioni per quanto riguarda il contradditorio, va ricercata su altre basi, in particolare nell’esercizio della giurisdizione: il procedimento diventa processo solo quando assume carattere giurisdizionale. - Profilo soggettivo: l’attività giurisdizionale è tale solo se è presente un giudice (art 102 Cost), ma non basta, rimane, infatti, il problema della giurisdizione volontaria che è solo formalmente attività giurisdizionale, ma sostanzialmente ha affinità con attività amministrativa. Considerando quindi la vasta gamma di procedimenti a giurisdizione volontaria, si conclude che la presenza del giudice non sia condizione sufficiente per l’esistenza di un processo. - Profilo oggettivo: interpretazioni elaborate con riferimento al processo civile, e poi estese a tutte le tipologie di processi, con risultati insoddisfacenti in quanto ogni processo ha le sue regole. x CHIOVENDA attività volta all’attuazione della legge x ZANZUCCHI tale attività avrebbe avuto il duplice scopo di reintegrare il diritto soggettivo lese e attuare il diritto oggettivo x REDENTI o con il fine di irrogare sanzioni x ALLORIO forza della res iudicata, ovvero importanza dell’atto finale del processo, basata sull’immutabilità della decisione del giudice, quando la sentenza diviene definitiva, al contrario degli altri poteri dello stato. Ulteriori profili di comparazione dei processi:  Parlare di tutela del diritto soggettivo lascia fuori diritto amministrativo (anche interesse legittimo) e il diritto penale (non si parla qui di diritti soggettivi)  Parlare di lite aiuta a distinguere fra giurisdizione contenziosa e giudiziaria, ma lascia fuori l’esecuzione forzata e il processo penale (per i poteri concessi al pm)  L’idea della sanzione avvicina il processo penale a quello civile, ma non è esclusiva dell’attività giurisdizionale, inoltre il processo civile di accertamento non ha sanzioni.  Il richiamo al giudicato è distintivo della giurisdizione, ma si ha un’ assenza della cosa giudicata nel campo della giurisdizione volontaria, che è anche estranea all’esecuzione forzata (esecuzione civile costituisce esercizio di giurisdizione, diverso è l’esecuzione penale) 3. Giudice come ‘terzo’ Il carattere fondamentale ed esclusivo della giurisdizione è quello della terzietà rispetto agli interessi in conflitto, concetto del tutto diverso da quello di imparzialità che caratterizza tutte le altre funzioni dello Stato. La terzietà, infatti, implica agire al di sopra di ogni interesse, per cui, lo stato-giudice non agisce come

portatore di un interesse proprio, benché generale, ma in posizione di terzo estraneo al rapporto. Tant’è che la reazione contro i provvedimenti giurisdizionali non si propone contro lo stato-giudice, ma allo statogiudice. La mera imparzialità, invece, implica agire nell’interesse pubblico dello stato, ma come soggettopersona giuridica, che realizza un proprio interesse (campo amministrativo-legislativo). In campo giurisdizionale, invece, lo stato non agisce come persona giuridica pubblica, ma come ordinamento nella sua “oggettività universale” della funzione giurisdizionale, operando uno sganciamento della funzione giurisdizionale da tutte le altre altre dello stato persona giuridica. 4. Garanzie della terzietà e indipendenza Affinché il giudice sia terzo è necessario che sia indipendente sia da altri poteri dello stato, la cosiddetta indipendenza esterna, sia da qualsiasi altro componente dell’ordinamento giudiziario, cd. Indipendenza interna. L’indipendenza è il mezzo cui si garantisce la terzietà del giudice: non nasce terzo ma lo diviene perché un complesso di strumenti glielo assicurano. Il complesso di strumenti ha natura composita sia costituzionale che processuale:  Costituzionale: Art. 104 cost., per quanto riguarda l’indipendenza esterna, i magistrati sono svincolati dagli altri poteri dello stato e rispondono unicamente ad un organo di autogoverno, il CSM (funzioni inerenti allo status dei magistrati, amministrazione della giustizia, potere disciplinare). È un organo a composizione mista, per evitare la difesa di posizioni corporative e di casta, tuttavia mentre la carta costituzionale detta le proporzioni fra i vari membri, non specifica il numero di questi, modificabile quindi con legge ordinaria. Il CSM risulta così composto: 3 membri di diritto, Presidente della Repubblica, Presidente Corte Cassazione, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, 1/3 nominati dal parlamento (componente laica) e 2/3 scelti tra i magistrati di tutte le categorie (componente togata). Attualmente il numero dei membri è di 27. Fra le varie proposte di riforma vi è un aumento della componente laica, per diminuire gli interessi di casta) ma appare già tuttora largamente politicizzato: varie correnti si agitano in seno alla magistratura facendo spesso prevalere un interesse partitico sull’effettivo ruolo di indipendenza dell’organo. Art. 107 Cost., per quanto riguarda l’indipendenza interna, per garantire l’autonomia nello svolgimento delle funzioni dei magistrati questi sono inamovibili, caratteristica derogabile solo per giustificati motivi vagliati dal CSM o a seguito del consenso del magistrato. Inoltre, come secondo principio, i magistrati si distinguono fra loro solo per diversità di funzioni, ma non per maggiore/minore potere in quanto è completamente assente un criterio gerarchico. Per esempio, nonostante la funzione nomofilattica (interpretazione uniforme della legge) della cassazione, le sue interpretazioni possono essere disattese dai giudici di merito. Tuttavia al riguardo si sta affermando il principio dello stare decisis, per cui ci si distacca dall’orientamento della corte solo per giustificati motivi (ciò va a beneficio dell’unità del diritto oggettivo nazionale)  Processuale: La garanzia d’indipendenza del giudice è data dalla possibilità di astenersi dal giudizio per motivi espressamente previsti dalla legge (è sufficiente che sia dichiarata dal giudice o al massimo prevede un placet da parte del capo dell’ufficio) ad es per legami di parentela con le parti o grave inimicizia con essa, ovvero in tutti quei casi in cui il suo giudizio potrebbe non essere imparziale (51 cpc e 36 cpp). Le garanzie sono poi ulteriormente rafforzate dall’istituto della ricusazione che può essere azionata dalle parti ogni volta che il giudice doveva astenersi e non l’ha fatto (efficacie però solo se un altro giudice valuta l’esistenza di un fondamento della richiesta) e dà origine ad un procedimento incidentale (52 cpc e 37 cpp). 5. Rapporti tra diritto sostanziale e processo Esaminando i rapporti tra diritto sostanziale e processo, alla luce delle varie concezioni della giurisdizione, appare ovvio come non sia esauriente l’ipotesi che il processo serva a garantire l’attuazione e l’osservanza della norma sostanziale. Questo avviene in ragione di casi in cui l’intervento dell’autorità giudiziaria prescinde dalla violazione della norma (processo di accertamento), ma anche nelle ipotesi in cui il mancato rispetto della norma giuridica, la tutela giudiziaria non opera sempre nel medesimo modo.

 Obbligazione: il provvedimento giudiziario consente all’avente diritto di conseguire quell’interesse che la mancata cooperazione spontanea del debitore gli impediva di realizzare, ovvero permette l’attuazione del diritto soggettivo insoddisfatto vs  Diritti reali: la tutela è simile, tuttavia non realizza appieno l’interesse (per es.) del proprietario: la rivendica può solo porre fine alla violazione e impedire che questa continui, la funzione è quindi meramente repressiva dell’attività posta contra ius, ma non elimina gli effetti della avvenuta violazione. L’atteggiarsi del processo rispetto al diritto sostanziale, muta , quindi, rispetto alla situazione tutelata anche nell’ambito dei diritti soggettivi. Rispetto ai diritti soggettivi, inoltre, il processo impedisce ogni forma di esercizio privato delle proprie ragioni, che viene anche perseguito penalmente. L’autotutela è ammessa solo in casi eccezionali (art. 2796 ss. c.c. : consente al creditore pignoratizio insoddisfatto di far vendere direttamente il pegno; art. 2756.3 c.c. a chi ha effettuato spesi di miglioramento su una cosa mobile, il diritto di ritenzione della stessa e di farla vendere privatamente secondo le regole per il pegno)  Processo penale: Non soddisfa l’interesse protetto dalla norma sostanziale, né può eliminare le conseguenze della violazione, ma consiste solamente nell’ accertamento del reato in vista dell’applicazione della sanzione: non realizza l’utilità che la norma sostanziale dovrebbe garantire, soddisfa solo un interesse ulteriore a carattere spiccatamente processuale (accertamento illecito).  Processo amministrativo di legittimità: Diretto all’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo, non realizza uno specifico interesse sostanziale del ricorrente giacché nel momento in cui l’atto è annullato, difficilmente il ricorrente vede attribuirsi l’utilità che gli doveva spettare secondo diritto. (es: annullamento di un concorso pubblico: il ricorrente non ottiene di essere automaticamente ammesso al concorso, ma ci sarà un nuovo bando etc). Non tende quindi di per sé a realizzare direttamente l’interesse protetto dalla norma sostanziale ma soddisfa solo un interesse ulteriore volto ad ottenere che l’atto posto in essere contra ius sia annullato. La situazione sembra cambiata con la L. 205/2000 per cui il giudice amministrativo, oltre all’annullamento dell’atto, può provvedere pure al risarcimento del danno, anche mediante la reintegrazione in forma specifica. Queste nuove previsioni sono però, rimedi aggiuntivi alla funzione di annullamento, che rimane la principale, e non consentono una reintegrazione piena della sua sfera soggettiva lesa. I processi penale e amministrativo di legittimità non tendono alla ricostruzione del rapporto sostanziale, ma si configurano come esempi di giurisdizione oggettiva, ovvero che si esplica sulla norma e non sul diritto (come invece avviene per il processo civile). La giurisdizione sull’atto (amministrativa) e quella sul fatto (penale) presentano alcune affinità ma sono entrambe molto diverse dalla giurisdizione sui diritti (civile). nel processo civile si può cogliere anche un aspetto concreto dell’azione, mentre in quello penale e amministrativo esclusivamente astratto. Emerge quindi, in tutti i casi, il carattere strumentale del diritto processuale: la norma processuale (secondaria) interviene solo dove la norma sostanziale (primaria) è stata violata, assicurando, quindi, l’osservanza della norma primaria o reprimendo le violazioni della stessa l’idea della norma processuale come norma secondaria, non può essere osservata, con riferimento a quelle ipotesi in cui consenta la realizzazione dell’interesse sostanziale, reprimere la violazione e ripristinando la situazione quo ante. In questi casi, infatti, senza la norma processuale, i diritti resterebbero solo sulla carta e non sussisterebbe la garanzia che essi possano estrinsecarsi liberamente senza che qualcuno ne impedisca o limiti l’esercizio. Il diritto processuale si configura quindi, come mezzo necessario per poter applicare la sanzione e, anche nei casi in cui la situazione quo ante non sia ripristinabile (reato), funge da deterrente. Nel campo amministrativo, è solo mediante l’annullamento dell’atto che è possibile un nuovo intervento dell’autorità amministrativa che soddisfi l’interesse del ricorrente. In tutti i casi, quindi, il processo si pone come condizione essenziale per il rispetto della norma e quindi per l’esistenza del diritto, creando una vera e propria relazione di interdipendenza fra diritto e processo: senza il primo, infatti, il secondo sarebbe una mera illusione. L’essenzialità del diritto processuale si coglie anche in qualità di modalità di produzione del diritto stesso,

come nel caso di azioni costitutive cd. Necessarie, nelle quali la giurisdizione prescinde da ogni insoddisfazione o violazione del diritto ed è invece condizione del suo stesso sorgere. (divorzio: non c’è violazione o insoddisfazione, ma un’utilità sostanziale che può conseguirsi solo attraverso il processo, non c’è carattere strumentale) La vera questione tra diritti e processo, è legata al problema della effettività della tutela giurisdizionale, ovvero la norma processuale deve essere valutata in termini di efficienza riguardo alla difesa del diritto soggettivo, non considerando sufficiente che si conceda agli interessati il potere di ricorrere al processo in vista di tutela dei propri interessi (strumentalità del diritto soggettivo), ma tali strumenti devono essere in concreto idonei alla tutela delle relative posizioni. È, quindi, necessario che quell’esercizio porti in concreto quella utilità effettiva per la quale sono predisposti. Questo particolare aspetto del problema appartiene ad un filone dottrinario recente, che ha il suo nucleo fondamentale nell’opera di Proto Pisani, il quale ha rilevato come in molte ipotesi il potere concesso al singolo di ricorrere agli organi giudiziari non si risolve in quelle utilità effettive che invece la norma sulla carta sembra garantire.  i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione sono garantiti dal processo in modo estremamente carente, per quanto riguarda i mezzi di tutela. Il processo ordinario è, infatti, improponibile a causa della sua lunghezza, per cui anche in caso di provvedimento giudiziario favorevole, potrebbe essere venuto meno lo stesso interesse delle parti in causa, che a causa dei tempi non ricevono una tutela effettiva. Per questo motivo si fa ricorso a provvedimenti urgenti, denominati provvedimenti cautelari, esistenti per ogni tipo di processo, ma che nel campo amministrativo sono troppo lenti. Nell’amministrativo, inoltre, non è possibile chiedere i cautelari ante causam, al contrario del processo civile, rendendo il meccanismo lento e farraginoso che non consente un’effettiva tutela dei diritti personalissimi tutelati dalla Costituzione.  il problema si pone anche processo penale, con riferimento alla posizione delle parti private e al diritto di difesa. Per quanto riguarda la difesa d’ufficio svolta da un difensore nominato non dalla parte interessata, ma dal giudice quando quest’ultima ne è priva, è praticamente un suicidio per l’imputato, che si trova ad essere difeso da un difensore fortemente demotivato in quanto non ha particolare interesse per la causa e solitamente incombe su di lui il rischio di non essere pagato. Analogamente avviene per quanto riguarda l’istituto del gratuito patrocinio, che regola la difesa dei non abbienti.  per il processo civile, l’esistenza di posizioni sostanziali che non riescono ad ottenere effettiva tutela attraverso il processo ordinario, ha imposto la necessità di creare per tali situazioni mezzi di tutela giurisdizionale differenziata. Per esempio, la riforma del processo del lavoro 1973, con la quale fu creato il rito da ricorso e consentita una tutela accelerata al lavoratore, e i processi locatizi. Una procedura accelerata fu concretizzata anche per i coniugi che volessero modificare le condizioni di separazione. Nonostante l’introduzione dei riti speciali non si è sufficientemente arginata la cronica lunghezza dei tempi del processo, i quali sono, spesso, talmente lunghi da vanificarne spesso l’esito in ogni tipo di processo. Nella giustizia civile i tempi del processo di primo grado si misurano ormai in svariati anni. Nel caso del processo penale invece sovente l’eccessiva durata del processo non consente di arrivare alla pronunzia definitiva prima della prescrizione del reato, in quanto se l’inizio del processo civile sospende il decorso della prescrizione ciò non accade nel processo penale. I processi sono strutturati sulla base di meccanismi lenti e farraginosi. Larghi margini di tempo separano ogni fase del processo civile per legge, ai quali si è cercato di porre rimedio tramite il procedimento sommario (L. 69/2009) che può sostituire il processo ordinario di fronte al tribunale nei casi in cui questo giudichi in composizione monocratica. Quanto al processo penale la lunghezza deriverebbe da una probabile impostazione erronea del disegno generale che ha sostituito quello del 1930: il quale prevede da un lato un processo ordinario (strutturato in 3 momenti distinti indagini preliminari, udienza preliminare , dibattimento) estremamente lento e 5 procedimenti speciali collegati a presupposti diversi da utilizzare in alternativa a quello ordinario (da utilizzare in un numero limitato di ipotesi), ma l’imputato sceglie quasi sempre l’ordinario per sfruttare la possibilità della prescrizione.

6. Processo e accertamento della verità Discusso è stato il rapporto fra lo scopo del processo e l’accertamento della verità, ovvero la caratteristica per cui il giudizio deve sempre tendere all’accertamento della verità, anche se questo profilo non è sempre stato colto, finendo per privilegiare altri aspetti: in particolare per quanto riguarda il processo civile, la risoluzione dei conflitti, applicazione delle sanzioni e la reintegrazione del diritto oggettivo leso. Tuttavia, qualsiasi fine si attribuisca al processo, non dovrebbe mai essere disgiunto dall’accertamento della verità, che rimane uno dei fini fondamentali della pronunzia giudiziaria, ovvero l’accertamento della verità deve essere almeno il modo tramite il quale il processo giunge al suo scopo, secondo giustizia. Queste considerazioni sono, però, oggi intaccate da alcuni istituti giuridici:  Patteggiamento: introdotto nel 1988 (applicazione della pena su richiesta delle parti art.444 cpp), per cui l’ordinamento rinunzia all’accertamento della verità a favore di una sanzione concordata fra accusa e difesa ed avvallata dal giudice, che può solamente valutare la congruità della pena. La verità non viene più considerata irrinunciabile ma ad essa viene preferita una soluzione sollecita del caso, rispetto al ben più consistente accertamento dei fatti.  Preclusioni: nel processo penale contrasta con il materiale accertamento della verità. (es. obbligo di presentare una lista dei testi 7gg. Prima del dibattito  un teste fondamentale per l’esito del processo può diventare inutilizzabile) Di recente la Corte Costituzionale ha riaffermato il principio della ricerca della verità materiale con la sua interpretazione dell’art.507 cpp (sent 111/1993) ampliando il potere del giudice di acquisire nuove prove da esercitarsi non solo in caso di necessità ma ogni qualvolta...


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