Riassunto Teoria generale del diritto mio PDF

Title Riassunto Teoria generale del diritto mio
Author Enrico Erminio Cardillo
Course Teoria generale del diritto
Institution Università degli Studi Guglielmo Marconi
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1. Teoria generale del diritto (parte prima) 1.a Origini della teoria generale del diritto. L’origine della teoria generale del diritto si fa risalire, convenzionalmente, al 1847 con un saggio scritto da A. Merkel, intitolato Relazione della filosofia del diritto con la scienza del diritto positivo e con la sua parte generale, ma nel 1926, con la nascita della rivista franco-tedesca dal titolo Rivista internazionale della teoria del diritto, si esplicava la nascita della teoria generale del diritto, in polemica con la filosofia del diritto, per via della concezione normativistica kelseniana. La teoria generale del diritto nacque dall’esigenza di assicurare l’autonomia della scienza giuridica dalle altre discipline e dalle altre scienze in collegamento con il diritto, con l’intento di riflettere su se stesso e basata sul modello delle scienze, cosiddette, esatte. A ciò si aggiunse l’esigenza di creare un sorta di enciclopedia del diritto, utile a collegarne ogni aspetto, cosa che avvenne anche in Italia ad opera dello studioso Lorenzo Filomusi Guelfi. Il conflitto, evidente, tra la teoria generale del diritto e la filosofia del diritto era relativa dal fatto che quest’ultima includeva necessariamente nel diritto elementi, valutazioni e valori filosofici, che mal si sposavano con il pensiero normativistico di Kelsen. 1.b Sviluppi e critiche della teoria normativistica. Accanto a questa contrapposizione vi fu un altro conflitto, quello tra la concezione normativistica e la concezione morfologica del diritto, cioè la visione del diritto come un insieme di norme, nella sua formazione ed evoluzione, anche se un complesso di norme, collegate tra loro, implica necessariamente fare della morfologia. Questa polemica nasceva dal fatto che si voleva introdurre nell’esame interno del diritto, qualcosa che diritto non era, come la teoria di Santi Romano, che vedeva la nascita spontanea del diritto dalla società. Ciò rendeva, naturalmente, labili i confini tra diritto e sociologia. Il tentativo di includere la norma giuridica all’interno di altri processi, contrastava con la teoria normativistica che poneva il diritto al di fuori dello spazio e del tempo, anche se la norma giuridica può essere riferita a una situazione specifica, a un determinato spazio e un determinato tempo. In passato altre teorie avevano provato a sottrarre il diritto alla storia, al fine di porlo in una situazione di superiorità rispetto alle vicende storiche concrete. Oggi la teoria generale del diritto e la concezione normativistica vivono un periodo di crisi, iniziata a seguito dei due conflitti mondiali, con le ideologie radicali e totalitarie a essi collegate, che hanno messo in discussione gli equilibri politici e sociali in buona parte del pianeta. Ciò ha evidenziato la difficoltà del diritto di essere effettivamente indipendente, separato, neutrale e distante dalla società, e che quindi non può restare fuori dalla storia. 2. Teoria generale del diritto (parte seconda) 2.a Evoluzione della teoria generale del diritto. I successivi sviluppi concettuali della teoria generale del diritto, hanno portato a risolvere il problema del rapporto con la filosofia del diritto, che lo stesso Kelsen ha finito per considerare come uno strumento di controllo e di valutazione sperimentale delle teorie filosofiche del diritto in rapporto con il diritto positivo. Tuttavia Nelsen non negava che il percorso di formazione del diritto deriva dalla società, e che in origine, prima che acquisisse la propria autonomia, era prigioniero della religione, della tradizione e della magia. La nascita del diritto si collega alla formazione dell’individuo, il quale quanto più si separava dai rapporti che lo legavano al gruppo, ai comportamenti, alle tradizioni e alla religione, tanto Riassunto di “Teoria Generale del Diritto” pag.

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più acquisiva una soggettività necessaria alla costituzione delle norme di diritto, al fine di regolare i suoi rapporti con gli altri uomini. Oggi si sostiene che la separazione dell’individuo dal gruppo e dalla comunità, faccia parte della cultura giuridica occidentale, estranea alle altre culture giuridiche. Seguendo i vari percorsi storici del diritto, sia nell’ambito dei rapporti giuridici che in relazione con la crescita delle altre discipline, si percepisce il ruolo primario del diritto, in Europa e soprattutto in Italia, con l’avvio delle università, e la separazione dei saperi e delle altre scienze, fin dal medioevo. Negli ultimi due secoli, però, questa separazione si è sviluppata in modo estremamente rapido, sotto le spinte derivate dall’applicazione degli ordinamenti e delle norme giuridiche, portate dalle codificazioni, che sempre di più conducono alle differenziazioni tra i vari rami del diritto. La globalizzazione, inoltre, che oggi riguarda anche il diritto, sta sempre di più facendo perdere l’elemento della costrizione, tipico del diritto positivo, ma ciò sta portando a una diminuzione dell’ordine a vantaggio del disordine, e ne sta minando anche l’indipendenza, per via della commistione delle norme giuridiche con altre norme tecniche. La costruzione del discorso giuridico moderno si è sviluppata attraverso gli elementi concettuali del diritto romano, i quali hanno fornito le tracce guida, unitamente ad alcuni elementi derivanti dal diritto delle popolazioni germaniche, che finirono per integrarsi in epoca medioevale. Carlo Magno, infatti, che intendeva ripristinare l’impero romano, invitava i suoi consiglieri e giuristi a leggere la romanam legem, e ciò era necessario al fine di comprendere le nuove situazioni che si ritrovarono ad affrontare. Successivamente la produzione culturale giuridica si è sviluppata attraverso la glossa e l’annotazione della produzione giuridica romana, passando poi dalle summe: cioè il tentativo di assumere attorno ad argomenti e voci consimili una serie di elementi, trattazioni e decisioni; per finire al commento. Anche se il diritto romano ha avuto un’incidenza maggiore sul diritto privato che su quello pubblico, il diritto in se ha dimostrato la sua capacità di adeguarsi alle modifiche della realtà sociale, e prova ne è, nella sua evoluzione, la separazione tra il diritto privato e il pubblico, che è riuscito così a penetrare meglio negli spazi della società. 2.b La zona di frontiera. Tuttavia, la formazione storica del diritto non può illustrarci quale posizione abbia oggi la teoria generale del diritto, la quale include necessariamente i rapporti tra il diritto e le altre discipline, e quindi si potrebbe considerare come la teoria della zona di frontiera tra il diritto e il non diritto, e tra le varie partizioni del diritto. La zona di frontiera è una teoria elaborata dallo studioso di diritto privato, Lodovico Barassi, che tentava di studiare una serie di istituti giuridici ai margini tra il diritto pubblico e il diritto privato. La teoria generale del diritto intervienne, quindi, nello studio degli effetti del confine, rispetto all’applicazione: degli ordinamenti giuridici, delle leggi e delle regole giuridiche. Si tratta però di un confine non definito ma in continuo movimento tra ciò che è diritto e ciò che non è diritto, tra il diritto privato e il diritto pubblico, tra diritto della navigazione e diritto dei trasporti, oppure tra il diritto commerciale e il diritto industriale. Questi sono tutti confini che si modificano continuamente. Da ciò nasce, infatti, la necessità di uno studio basato su regole generali, collocate lievemente al di sopra delle altre, che contribuiscono a fornire elementi per la comprensione e il collegamento del diritto con le altre scienze e tra i vari rami del diritto stesso, considerando che ogni evoluzione scientifica determina una modifica dei rapporti tra gli uomini, e, di conseguenza, situazioni che tendono a essere regolate dal diritto. Riassunto di “Teoria Generale del Diritto” pag.

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3. Il diritto naturale 3.a Il diritto nella cultura greca e latina. Lo studio del diritto è stato ed è soggetto a varie teorizzazioni, ma la prima tra tutte è sicuramente la teoria del diritto naturale, quella che ha fornito al diritto un’importanza maggiore rispetto alle altre discipline. Ciò nasce dall’antica idea che tra il diritto e la natura c’è un rapporto, il quale è oggetto di studio fin dai tempi dei filosofi greci. Con Platone, infatti, il discorso del diritto naturale comincia a prendere forma, e si collega con l’essenza delle cose e dell’uomo, ma è con Aristotele che diventa più preciso, tanto che nella sua opera, l’Etica nicomachea, egli fa la distinzione tra il diritto nomikon: che identifica quello che è posto dalla polis e che riguarda solo il cittadino che ne fa parte; e il diritto phisikon: il quale è quello che riguarda ed è comune tutti, indipendentemente dall’appartenenza o meno alla polis. Tale distinzione trae origine dalla consapevolezza che non tutti gli uomini appartengono a una determinata polis, e quindi dall’esigenza di avere un insieme di regole applicabili a tutti. Questo discorso, più tardi, si trasferiva anche alla cultura latina, la quale fu molto influenzata da quella greca, infatti, i romani distinguevano lo ius naturale, che riguardava tutti gli esseri animati, dallo ius gentium, il diritto che riguardava tutti gli esseri umani. 3.b Il diritto nell’Impero Romano. Accanto a questa distinzione, i romani adoperavano un ulteriore riconoscimento, quello dello ius civile, cioè quel diritto appartenente a ogni ordinamento. Questa tripartizione, però, sarà poi superata da Gaio, il quale include lo ius gentium nello ius naturale, poiché, secondo lui, c’è una ragione naturale che riguarda il diritto di tutti gli uomini. 3.c Il medioevo e il cristianesimo. Tale concezione romana, fu rivista poi nel medio evo con l’avvento del cristianesimo. Accursio, infatti, spiegava che il diritto naturale è solo quello contenuto nei libri sacri, e ciò veniva ripetuto anche nel decreto di Graziano. In questa epoca, però, si ha anche una profonda riflessione su questi argomenti, infatti da parte di San Tommaso d’Aquino vi è un tentativo di mediazione tra il discorso romano, greco e cristiano, relativamente al diritto naturale, e comincia ad affiorare il collegamento con la ragione, anche se il precetto religioso tende a prevalere e a condizionare ogni discorso del diritto. Successivamente, nel rinascimento, lo sviluppo di vari settori della cultura umana: l’arte, la politica, la letteratura, il diritto; condizionano anche il concetto di diritto naturale. Durante questo periodo, si manifesta un fortissimo interesse per la natura, la scoperta di nuovi continenti, nuovi materiali e alimenti. Emerge anche l’idea di centralità dell’uomo all’interno dell’universo e l’esigenza della sua libertà. 3.d Grozio e l’illuminismo. Grozio, sul finire del rinascimento, inizia a prospettare la necessità di un diritto naturale anche senza la presenza di Dio, che deriva dall’uomo grazie all’illuminazione della ragione. Tuttavia il discorso di un diritto che valga per tutti gli uomini, senza che siano gli uomini stessi a stabilire come, cioè l’idea di un diritto naturale, continua a permanere. L’origine politica del mondo moderno trova nel diritto naturale il suo punto di riferimento. Riassunto di “Teoria Generale del Diritto” pag.

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3.e Il rinascimento e le rivoluzioni. Con la dichiarazione dei diritti della Virginia, in un territorio americano da poco occupato da europei, per esempio, si afferma l’esigenza di tutelare i diritti delle persone che si trovano lontano dalla madre patria, che, a causa della lontananza non potevano partecipare alla vita politica. In questo contesto si affermano due principi, che sono alla base della rivoluzione americana, quello della “nessuna tassazione senza rappresentazione” e quello che afferma l’uguaglianza, la libertà e l’indipendenza degli uomini, come un diritto naturale appartenete a tutti. Anche nella carta della Pennsylvania, del 1776, coeva alla dichiarazione dei diritti della Virginia, si afferma che ogni governo è impegnato a tutelare e attuare i diritti naturali dell’individuo. Il contatto tra la rivoluzione americana e quella francese è molto stretto, infatti, nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, troviamo l’affermazione che “lo scopo di ogni associazione è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo”. Da ciò, il diritto naturale, inizia a condizionare la costruzione di tutti gli ordinamenti giuridici contemporanei perché posto alla base delle elaborazioni costituzionali, e questo ne ha permesso la sopravvivenza fino ai giorni nostri, anche se, rispetto alla concezione di Ulpiano e di San Tommaso, il diritto naturale è cambiato molto, infatti ha finito per razionalizzarsi, come espressione della ragione umana. 3.f Il mondo conteporaneo. Giorgio Del Vecchio, uno degli ultimi teorici del diritto naturale in Italia, prova a considerare i diritti naturali come principi generali del diritto, proprio perché il diritto naturale non si sostanzia in norme determinate in modo assoluto, e di conseguenza lascia ampio spazio all’interpretazione, la quale sopperisce ai vuoti normativi, e ciò è presente nei principi generali dell’ordinamento contenuti nell’art. 12 delle preleggi del c.c. del 1942. Questo discorso finisce per collegare il diritto naturale ai principi generali dell’ordinamento giuridico, cioè a quella parte di norme giuridiche generiche che di conseguenza valgono per tutte le altre norme. Tutto questo però si complica e si intreccia con altri approcci al diritto, relativamente alla distinzione tra diritto e giustizia, considerando il diritto naturale come un’espressione di giustizia che il diritto positivo non sempre comprende. Gustav Radbrouch (1878-1949), mette in contrapposizione la genericità della giustizia e del diritto naturale con la chiarezza del diritto positivo, in quanto, quest’ultimo assicura una certezza che il diritto naturale non riesce ad assicurare. Nel momento in cui, però, il diritto della giustizia si distacca radicalmente dal diritto positivo, questo può esprimere ingiustizia. Da qui, afferma Radbrouch, la frattura tra diritto e giustizia implica che il diritto naturale non possa essere giustizia. Dall’insistenza di Del Vecchio sulla deducibilità dei principi generali dell’ordinamento dal diritto naturale, si prospetta un altro angolo di visione relativamente al processo di storicizzazione del discorso del diritto naturale. Infatti, se il diritto naturale esprime i principi generali, nei quali sono spesso inclusi i valori di determinate epoche, culture e società, questi finiscono per essere integrati da valori non comuni, e ciò determina che il diritto naturale non è più un diritto di tutti gli uomini, e di conseguenza non lo è neanche la giustizia. Quindi l’approccio storicistico, implica la trasformazione del diritto naturale da un diritto di tutti gli uomini, ius gentium, a un diritto legato a determinati contesti storico-politico-culturali.

Riassunto di “Teoria Generale del Diritto” pag.

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4. Il volontarismo giuridico 4.a La volontà nel diritto.

4.b L’interpretazione.

4.c La sanzione.

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