Acemoglu-Perchè le nazioni falliscono. PDF

Title Acemoglu-Perchè le nazioni falliscono.
Author Anonymous User
Course Diritto internazionale
Institution Università degli Studi di Milano
Pages 17
File Size 282.5 KB
File Type PDF
Total Downloads 112
Total Views 157

Summary

............


Description

PERCHE’ LE NAZIONI FALLISCONO

INDICE Prefazione! Perché gli egiziani hanno riempito piazza Tahrir per rovesciare Mubarak e che cosa significa per la comprensione delle cause di prosperità e povertà! 1. Così vicine, eppure così lontane! Nogales, Arizona, e Nogales, Sonora, hanno la stessa gente, cultura e geografia: perché una è ricca e l’altra povera?! 2. Teorie che non funzionano! I paesi poveri sono tali a causa della loro geografia o cultura, o perché i loro leader non sanno quali politiche arricchirebbero i cittadini! 3. La costruzione di prosperità e povertà! Come prosperità economica e povertà sono determinate dagli incentivi creati dalle istituzioni e come la politica determina le istituzioni di una nazione! 4. Piccole diffferenze e congiunture critiche: il peso della storia! Come le istituzioni cambiano con il conflitto politico e come il passato plasma il presente! 5. “Ho visto il futuro e so come funziona”: la crescita economica sotto regimi estrattivi! Ciò che Stalin, il re Skyaam, la rivoluzione neolitica e le città-stato maya hanno in comune, e come questo spiega perché l’attuale crescita economica cinese non può durare! 6. Sentieri divergenti! Come le istituzioni si evolvono nel tempo, spesso differenziandosi a poco a poco! 7. Il punto di svolta! Come le riforme politiche del 1788 cambiarono le istituzioni in Inghilterra, portando alla rivoluzione industriale! 8. Non a casa nostra. Le frontiere allo sviluppo! Perché in molte nazioni i potentati politici si opposero alla rivoluzione industriale! 9. L’arresto dello sviluppo! Come il colonialismo europeo impoverì vaste aree del mondo! 10. La diffusione della prosperità! Come alcuni regioni del mondo imboccarono sentieri verso la prosperità diversi da quello della Gran Bretagna! 11. Il circolo virtuoso! Come le istituzioni che incoraggiano la prosperità creano circoli virtuosi che le mettono al riparo dalle elite che le minacciano! 12. Il circolo vizioso! Come le istituzioni che creano la povertà generano circoli viziosi che consentono loro di durare! 13. Perché le nazioni falliscono oggi! Istituzioni, istituzioni, istituzioni! 14. Infrangere le barriere! Come diversi paesi hanno cambiato traiettoria economica cambiano istituzioni! 15. Comprendere prosperità e povertà! Come il mondo avrebbe potuto essere diverso, e come la comprensione di ciò che spiega perché gran parte dei tentativi di combattere la povertà sono falliti

Difficile scegliere se metterlo sotto economia o sociologia. Gli autori sono economisti, ma a me sembra un libro di sociologia o, forfse meglio, di scienza politica. Analizza, in maniera mirabile, il ruolo giocato dalle istituizioni, e quindi dei rapporti di potere, sullo sviluppo economico. La

tesi è semplice: se le istituzioni sono etrattive, lo sviluppo economico e sociale è minore, ed il benessere peggio distribuito. Molto interessante. Prima di riprendere le citazioni fisso quello che mi sono detto più volte leggendo. Una sconfinata conoscenza storica, una ipotesi teorica convincente e ben dimostrata, ma una inadequate definizione terminologica. Quattro i concetti essenziali: inclusione ed estrazione, riferiti sia alle istituzioni politiche che a quelle economiche, distruzione creatrice, innovazione e congiunture critiche (momenti di crisi) (al momento non mi vengono in mente i termini esatti usati dagli autori, ma li inserirò ripercorrendo il libro). Il ruolo della casualità (cfr. CIT02).! Il rapporto fra innovazione, distruzione creatrice e congiunture critiche.: il centro dello sviluppo o del declino. Tanto da riflettere sul punto.! Le non cause del sottosviuppo: geografica, cultura ed ignoranza! Il difetto è la scarsa specificità delle definizioni. A pag. 88 definiscono le istituzioni estrattive come istituzioni che “”vengono usate da determinati gruppi sociali per appropriarsi del reddito e della ricchezza prodotti da altri”. Bisognerebbe definire gruppi sociali, reddito, ricchezza. Sono forse intuitivi ma … .! A pag. 92 si definiscono i sistemi istituzionali così: “i sistemi istituzionali sufficientemente centralizzati e al contempo pluralisti”. Di nuovo: cosa vuol dire centralizzati? cosa vuol dire pluralisti?! In sostanza il ragionamento è: lo sviluppo economico è determinato da istituzioni politiche inclusive, che pareggiano la possibilità di tutti, e che agevolano quello che loro definiscono l’azione di distruzione creatrice del progresso tecnologico. Gli esempi di blocco dello sviluppo tecnologico, dovuti alla volontà di difendere posizioni di potere, attraversano tutto il libro, in tutte le epoche, dagli antichi romani (p. 183) al medioevo e all’età moderna.! Delle due condizioni che pongono per la nascita di istituzioni inclusive (p. 200) una, il pluralismo, mi è chiara, la seconda, l’accentramento meno. Forse con accentramento intendono la sovranità della legge, il suo essere effettivamente uguale per tutti ed essere rispettata! Un tipico esempio della difficoltà che incontrano nel tentare una sistematizzazione teorica la si ritrova alle pp. 373-374 dove il tentativo di identificare i tra fattori alla base dello sviluppo di istituzioni inclusive in Gran Bretagna e Francia, di fatto descrivono semplicemente tre accadimenti storici, senza tentare una estrapolazione teorica. Con ogni probabilità il loro rifiuto alla teorizzazione non è dovuto ad incapacità, ma ad una precisa ispirazione metodologica o, più ampiamente, filosofica e culturale: mi pare evidente che se dò molto peso al fattore casuale nell’analisi degli accadimenti storici e non a quello causale, non sono interessato a creare grandi sistemi filosofici esplicativi e predittivi, ma semplicemente a descrivere l’accaduto. Ma il descrivere basta? A me viene istintivo tentare di ricavare insegnamento e precetti operativi per l’oggi dallo studio e dall’analisi dell’ieri.

C

ome si sono evolute, si evolvono e si evolveranno le disuguaglianze umane nella storia mondiale? Quali insegnamenti è possibile trarre dalla storia umana per capire quali ulteriori

argini potrebbero crollare nell'affannosa ricerca di un'uscita da questo tragico periodo di stallo?! La vita umana su!scalamondiale è legata da sempre a fattori come prosperità, potenza e povertà: il raggiungimento di una di queste implica per forza l'arrivo ad un punto di picco (di fondo), al quale potrà poi far seguito (inevitabilmente?) un processo di declino (di risalita).! Sono prosperità, potenza e povertà a determinare, scardinare e sconvolgere vite ed esistenze intere: quali sono le strade che le politiche economiche potranno percorrere !per imparare dai molt(issim)i sbagli del passato? Quante sono le 'vie' rimaste concretamente percorribili, stando agli argomenti del dibattito contemporaneo? Le Istituzioni di ogni livello e grado dovrebbero riuscire a promuovere politiche consapevoli di indurre benefici a livello socio-economico per i cosiddetti 'utenti finali' della società, intendendo con tale termine tutti i membri della società stessa. Cosa significa, in concreto, la promozione di misure 'giuste' od 'utili' per l'economia e la società di uno Stato o di un continente? Come si può riabilitare un sistema come quello moderno che sembra, ad oggi, malato terminale per la stessa malattia che qualche decennio fa aveva iniziato a causare i primi 'raffreddori'?! Dietro a queste e molte altre domande, finiscono per intrecciarsi le 'tre p': prosperità, potenza e povertà. Il desiderio di realizzazione contemporanea di prosperità e potenza ha condotto, inevitabilmente e senza appello alcuno, larga parte del mondo su un sentiero dissestato di povertà senza quartiere e senza apparente uscita.! Il desiderio di fuga dalla povertà delle masse ha finito per generare, nella storia, altrettante istanze di potenza che hanno finito per forgiarsi su una 'quarta p' che non è affatto trascurabile: potere.! I finti equilibri fra prosperità e povertà hanno progressivamente degenerato, esponendo il mondo intero a periodiche crisi che avrebbero dovuto insegnare qualcosa. Condizionale d'obbligo, data la fallace natura umana.! Al di là di ogni ragionevole interpretazione possibile, data la tremenda complessità del sistema oggi ridotto allo stremo, è comunque possibile cercare di indagare attraverso quali siano le cause che stiano 'dietro' ai concetti di prosperità e povertà. Nella ricerca della risposta più facile da dare a problemi come questi, si perviene subito al fornire colpe esclusivamente attribuibili al complottismo: è stato tutto gestito ed architettato da poteri superiori ed incontrollabili, è inutile fare qualsiasi sforzo per cercare di capire e/o prevenire le ragioni che hanno portato ad una devastazione socio-economica assoluta.! Nel tentativo di fornire invece risposte appena più complicate e strutturate, si perviene al grande 'passo' che è necessario fare per cercare di capirne di più: informarsi.! L'informazione può rendere l'uomo un pò più 'carnefice' ed un pò meno 'vittima' sui mali che sembrano devastare l'umanità intera, in quanto finisce per responsabilizzare sui pochi/tanti errori commessi nell'ambito del personale. La ricerca vera di una soluzione dietro ai termini di prosperità e povertà conduce, inevitabilmente, alla necessità di attingere ad un'informazione che sappia evitare di battere le strade di un'estrema semplificazione per fini 'non divulgativi'. Questo è l'obiettivo che sembra porsi il libro "Perchè le nazioni falliscono", edito da "Il Saggiatore".! Il giornale "La Repubblica" ha definito tale testo in maniera breve ma essenziale:! "Una Bibbia per le nostre classi dirigenti." Gli autori riportano chiaramente il loro intento sin dall'introduzione della presente opera:!!! "[...]Per la scienza sociale è la madre di tutte le domande: perchè ci sono paesi che diventano ricchi e paesi che restano poveri? Per quale ragione nel mondo convivono prosperità e indigenza?![...]!Le origini di prosperità e povertà risiedono nelle istituzioni politiche ed economiche che le nazioni si danno.![...]!le elitè dominanti preferiscono difendere i proprio privilegi ed estrarre risorse dalla società che avviare un percorso di benessere per tutti. La crescita economica sovverte lo status quo, e per questo è temuta ed ostacolata da chi detiene il potere. Ma alcuni paesi sanno cogliere le opportunità della storia: la nascita di sistemi politici inclusivi e pluralisti diffonde la crescita economica a ogni latitudine.![...]!Nell'epoca in cui si assiste al tracollo di molti paesi ed alla travolgente ascesa di altri, 'Perchè le nazioni falliscono' propone una teoria[...]!che cambia il nostro modo di vedere il mondo. E, rifuggendo ogni conformismo, mette in discussione le certezze superficiali![...]"!! I finti equilibri del mondo si giocano su Istituzioni che compiono scelte, pesanti e potenti; dovendo decidere se praticare politiche di tipo inclusivo od estrattivo, finiscono per stabilire le sorti del mondo intero.! Questo stesso mondo ha sofferto, soffre e continuerà a farlo in eterno se si continueranno a battere le solite strade che ci hanno condotto fino a questo punto.! Lo stesso concetto è riconducibile in maniera diretta a parole attribuite al genio Albert Einstein:!!

"Non possiamo!!pretendere che!!le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.![...]!!La crisi è la più grande benedizione!!per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.![...]!E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.![...]!L' inconveniente delle!!persone e delle nazioni!!è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.![...]"!! Il presente libro si è proposto di indicare, pertanto, l'insieme delle 'stesse cose!' da non ripetere pena la possibilità di ritornare, identicamente, a precedenti problemi da riaffrontare in versione peggiorata ed aggravata. I capitoli più significativi sembrano essere illuminanti e sferzanti sin da titoli e didascalie a corredo di essi: •

"Teorie che non funzionano" -!I paesi poveri non sono tali a causa della loro geografia o cultura, o perchè i loro leader non sanno quali politiche arricchirebbero i cittadini;



"La costruzione di prosperità e povertà" -!Come prosperità economica e povertà sono determinate dagli incentivi creati dalle Istituzioni e come la politica determina le istituzioni di una nazione;



"Piccole differenze e congiunture critiche: il peso della storia" -!Come le istituzioni cambiano con il conflitto politico e come il passato plasma il presente;



"'Ho visto il futuro e so che funziona': la crescita economica sotto regimi estrattivi" -!Ciò che Stalin, il re Shyaam, la rivoluzione neolitica e le città-stato maya hanno in comune, e come questo spiega perchè l'attuale crescita economica cinese non può durare;



"L'arresto dello sviluppo" -!Come il colonialismo europeo impoverì vaste aree del mondo;



"Il circolo virtuoso" -!Come le istituzioni che incoraggiano la prosperità creano circoli virtuosi che le mettono al paro dalle élite che le minacciano;



"Il circolo vizioso" -!Come le istituzioni che creano la povertà generano circoli viziosi che consentono loro di perdurare;



"Infrangere le barriere" -!Come diversi paesi hanno cambiato traiettoria economica cambiando istituzioni;



"Comprendere prosperità e povertà" -!Come il mondo avrebbe potuto essere diverso, e come la comprensione di ciò spiega perchè gran parte dei tentativi di combattere la povertà sono falliti.

Al di là di ogni interpretazione possibile, i fenomeni finanziari che sono diventati problema conclamato e conosciuto solo di recente hanno radici ben più gravi e pesanti, legittimate da politiche sbagliate o non adeguatamente ponderate in tutta la loro 'potenziale prepotenza'.! Il presente libro cerca di fare luce in un abisso di drammi, problemi e tragedie di matrice socioeconomica: nessun passo più pesante ed importante può essere fatto senza comprendere gli esempi 'pratici' che hanno condotto zone del mondo a devastare od incrinare i propri livelli di benessere, conoscenza e competenza. Il passo più importante deve essere ragionato ed assimilato ricorrendo ancora una volta al grande valore dato dall'Esempio: solo attraverso la conoscenza di quello che è stato è infatti possibile capire come migliorare ciò che sarà o potrebbe essere del futuro.! A seguito di studi e ricerche durate oltre quindici anni, ha trovato vita il saggio "Perchè le nazioni falliscono".! Dietro a questo titolo potrebbe nascondersene, però, un altro per certi aspetti più calzante: "Affinchè le nazioni non falliscano" Dietro ad ogni domanda ed ogni titolo si nascondono e si nasconderanno, forse per sempre, concetti riassunti da parole semplici ma devastanti: prosperità, povertà, potenza, potere, prepotenza, possibilità o passato solo per citarne alcune. Se il mondo ha bisogno di riflettere (oggi più che mai), lo deve fare sapendo di attingere ad obiettive e complete fonti di informazione.! In questa direzione, infatti, il saggio "Perchè le nazioni falliscono" sembra gettare qualche luce in un abisso di ombre e tragedia sociale.!!

Perché gli Stati Uniti sono più ricchi del Messico? E perché alcuni paesi falliscono mentre altri imboccano la strada dello sviluppo e della ricchezza? È la domanda delle domande, la stessa a cui Adam Smith cercò di rispondere nel 1776 quando pubblicò!La Ricchezza delle Nazioni, e che oggi ci poniamo quando vediamo la Grecia che affonda, l’Italia che imbarca acqua e la Germania che va avanti come una portaerei nei mari in tempesta. Per sciogliere questo interrogativo Daron Acemoglu (economista del Mit) e James A. Robinson (Harvard) hanno pubblicato un libro (Why Nations Fail, Random House) che molti economisti già considerano una pietra miliare nella storia dell’economia politica. Anche perché i due economisti non si limitano a formulare una teoria.

Fanno un passo in più: la applicano formulando una previsione che ha il sapore dell’eresia: la travolgente avanzata della Cina, secondo loro, è destinata a entrare in crisi se il colosso asiatico non affronterà radicali riforme istituzionali. Ma cominciamo dall’inizio. Acemoglu e Robinson!sostengono che sono le istituzioni a determinare il destino delle nazioni: un paese fiorisce quando le istituzioni sono “inclusive” e pluralistiche, cioè quando i diritti di proprietà sono garantiti, i livelli di partenza uguali per tutti, l’iniziativa individuale incoraggiata. Al contrario, le nazioni falliscono quando le istituzioni sono “estrattive” ed elitarie, cioè quando «sono strutturate per estrarre risorse da molti per distribuirle a pochi, i diritti di proprietà non vengono protetti e gli incentivi per l’attività economica sono insufficienti». In parole povere: la storia insegna che la ricchezza di un paese cresce se i cittadini sono incentivati a innovare e a investire; al contrario, i paesi si impoveriscono se le istituzioni disincentivano i singoli individui e proteggono piccole aree di privilegio. Per avere un’idea della complessità e delle ambizioni!di questo libro basta dare un’occhiata al sommario del quinto capitolo, che suona così: «Che cosa hanno in comune Stalin, la Rivoluzione del Neolitico e le città-stato della civilità Maya; e perché l’attuale crescita economica della Cina non può durare». Il libro fornisce un ventaglio di esempi, accuratamente documentati, che copre tutto l’arco della storia umana. Prendiamone alcuni, partendo dalle domande poste da Acemoglu e Robinson. Perché l’industrializzazione compì i primi passi!in Gran Bretagna e non altrove? Secondo i due autori la data chiave è il 1688, quando una dura lotta tra gli Stuart e il Parlamento (che rappresentava i proprietari terrieri e la borghesia nascente) finì con l’espulsione di Giacomo II e l’ascesa al trono di Guglielmo d’Orange. Il nuovo monarca firmò la Dichiarazione di diritti (Bill of Rights), accettando il ridimensionamento dei propri poteri. Da quello scontro (passato alla storia come la Rivoluzione Gloriosa) partì un circolo virtuoso di riforme che portarono a “includere” settori sempre più ampi della popolazione. Quella “inclusione”, con tutte le garanzie costituzionali che rapidamente vennero conquistate (fino al suffragio universale), spiega perché la rivoluzione industriale partì proprio in Inghilterra: la nuova borghesia nascente sapeva che avrebbe potuto godere dei profitti del proprio lavoro. Perché il Messico è più povero degli Stati Uniti?!Perché quelle due aree geografiche, nell’era della colonizzazione, ebbero destini diversi. In Messico, dopo la caduta dell’impero atzeco (1521), gli spagnoli imposero odiose tasse alla popolazione locale, che venne ridotta in schiavitù. Così ai locali fu impedito di trarre beneficio dal loro lavoro, mentre gli spagnoli si abituarono ad arricchirsi del lavoro degli altri. Negli Stati Uniti questa strada non fu percorribile. I tentativi di imporre un sistema feudale alle tribù locali (e poi ai coloni) si infranse contro la vastità del territorio: se si cercava di imporre regole troppo stringenti a un gruppo di persone, questo si spostava da un’altra parte. Rapidamente i coloni pretesero di avere voce in capitolo nella gestione di quelle terre, e di poter godere dei frutti del loro lavoro. I colonizzatori inglesi dovettero abbozzare.! In Messico si svilupparono istituzioni che sostenevano un’economia schiavista (estrattiva), negli Stati Uniti un’economia da uomini liberi (inclusiva).! Anche il successo e il declino dell’antica Roma!vengono spiegati utilizzando questo schema. La potenza e la ricchezza di Roma crebbero finché le istituzioni repubblicane consentirono un’ampia partecipazione dei cittadini e l’inclusione di molti degli stranieri che accorrevano nella Città eterna. Quando l’avvento dell’Impero restrinse tali diritti, cominciò il declino. La Repubblica “inclusiva” si trasformò nell’Impero “estrattivo”, e la società romana andò incontro alla decadenza. Uno schema analogo, accuratamente documentato, viene proposto per l’ascesa e il declino di Venezia. Applicata al comunismo sovietico, la teoria!di Acemoglu e Robinson funziona così. L’URSS registrò una sostenuta crescita economica, alla metà del secolo scorso, quando riuscì a trasferire imponenti riso...


Similar Free PDFs