Analisi della domanda PDF

Title Analisi della domanda
Author Arianna Camillo
Course Psicologia delle organizzazioni
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Analisi della domanda, teoria e tecnica dell'intervento in psicologia clinica
R. Carli, R. Paniccia, riassunto capitolo 1...


Description

ANALISI DELLA DOMANDA Capitolo 1 ANALISI DELLA DOMANDA, TEORIA DELLA TECNICA La psicologia clinica può essere definita in funzione del contesto, degli obiettivi, del modello teorico, della metodologia della tecnica psicologica utilizzate (familiare, individuale, organizzativa). Applicare tecniche senza analisi della domanda, senza la fase istituente, riporta però a un modello fondato impropriamente sul modello medico. Viene presentato un caso, nel quale la madre invia la figlia dallo psicologo, riportando allo stesso le difficoltà della ragazza. Si può notare: - Intervento richiesto da un'altra persona diversa dal paziente(paziente non coincide con cliente) - Stigmatizzazione di un comportamento - Presenza di una concezione di normalità - Figlia che non accetta l'intervento in particolare questo atteggiamento sembra l'aggressione al malato, nell'intento di curare una malattia che non è distinguibile dal malato stesso, come nel caso della vecchia psichiatria. C'è il rischio di una collusione tra psicologo e committente dell'intervento, a scapito dell'utente designato e stigmatizzato nell'intervento stesso. Costruire committenza significa recuperare il contesto, la specificità delle questioni che lo caratterizzano. La committenza ancora da costruire, infatti è spesso caratterizzato dal riferimento al solo mandato sociale, ha pretese derivanti da ruolo. Costruire la committenza significa aiutare il committente a guardare criticamente i motivi che sostengono la sua domanda, significa spostare il fuoco del pensiero della questione così come è stata posta alla relazione, dalla realtà oggettiva al proprio mondo interno alla sua relazione con quella realtà. Si può parlare quindi di un intervento ortopedico, da parte dello psicologo, che ridurrebbe l'intervento a ricondurre la figlia al ortos, retta via. In alternativa si può analizzare la relazione collusiva fusionale tra le persone, la paura della separazione simboleggiato dal viaggio, la pretesa reciproca, la provocazione che induce la madre rivolgersi allo psicologo che è ostacolata dalla diffidenza della stessa, la quale reagisce nella restaurazione di una coppia genitoriale utilizzando il potere dello psicologo. Il triangolo ISO prevede un'analisi che riguarda individuo, organizzazione, setting, non vuole risolvere solo il problema con un rapporto di organizzazione, né relegare tutto al mondo interno del paziente utilizzando un solo rapporto individuo setting. Si basa sul racconto del problema, nel lá e allora è nella dinamica affettiva della relazione del qui e ora. Per collusione si intende la simbolizzazione affettiva del contesto. le nostre tradizioni sono intessute di significati simbolico affettivi servono come modo da organizzare costruire la realtà in relazioni spaziali temporali definita è descrivibile, entro le quali è possibile intervenire con azioni appropriate.

Pensiero polisemico (amico/nemico), senza questa riduzione saremmo confrontati con un mondo infinitamente omogeneo ed invisibile, mondo che ci precipiterebbe in uno stato di non-esistenza. Con il termine polisemia(dal greco “numerosi segni”) si indica la facoltà proprio di una parola di portare più significati. S’avvicina alla sovradeterminazione in Freud, un segno o un sintomo rinvia una pluralità di fattori determinanti, è strettamente correlata con la caratteristica inconscia della condensazione, che riunisce varie catene associative di cui costituisce un punto di intersezione. L'autore parla di parole ‘dense’. Al di lá del nome scelto per definirle, assumono quelli indefinitezza di senso, quella pluriformità con la conseguenza perdita dei legami che costituiscono il pensiero evidente ed eterogenico. Tramite percezione e collusione, all'interno della relazione tra individuo e contesto, l'individuo organizza, il suo mondo percepito ed emozionale, in dimensioni definite, coerenti con le competenze percettive ed emozionali, quindi mentali della persona. questo polisemia si fonda sui principi della generalizzazione della simmetria, consente di stabilire rapporti tra oggetti e la differenziazione. Colludere significa, trasformare la polisemia emozionale di base, in emozioni differenziate; vale a dire capaci di esprimere, nel loro manifestarsi, primitive o più evolute relazioni tra oggetti della realtà(es.pz borderline, il linguaggio in sostituzione all’agito di “andarsene” permette una relazione con l’analista, evolve la dinamica collusiva verso sent.lutto, perdita, riparazione, riconoscimento rapporto analitico). Il linguaggio all'interno della relazione diventa un potente strumento per la riduzione della polisemia; la collusione ha funzione di adattamento alla realtà, può evolvere entro la relazione oggettuale(pianto bambino capace di stimolare risposte simbolico-affettive intense). Il fallimento della collusione La domanda sorge quindi dal fallimento della collusione, nella speranza di un possibile intervento di instaurazione o di assestamento atto dare valore alla passata modalità collusiva. L’analisi dello psicologo deve tener conto della conoscenza del contesto o del sistema organizzativo, conoscenza dei processi simbolico emozionali. Il fallimento della collusione porta nel cliente un sentimento d’anomia, come se non conoscesse più le regole del gioco simboliche che reggono il funzionamento emozionale dell'organizzazione. C'è una regola generale entro il funzionamento organizzativo: non è possibile realizzare cambiamenti strutturali, senza aver prima preparato è avviato il cambio culturale che sostiene il funzionamento strutturale. L’Analisi della domanda quale intervento che promuove lo sviluppo Obiettivi ortopedici o di sviluppo? Nel primo caso si parla di ridurre lo scarto e di ricondurre le persone, le organizzazioni, le strutture sociali al modello desiderato, un modello di normalità preconfezionato. Si ha sempre una collusione tra fantasia dello psicologo e fantasia di un potere forte. Un tema importante in questo caso è quello del mandato sociale.

Si apre qui anche il tema dei valori che si propongono come astorici, fondati su una pretesa di universalità e acritici, nei confronti del sistema sociale entro i quali vengono perseguiti. Il perseguimento di questi valori può porsi come sostitutivo dello sviluppo degli obiettivi stessi della persona o dell'organizzazione destinataria dell’intervento. Spesso il committente ricerca interventi basati su prescrizioni e valori che spesso non gli sono chiari e definiti. Nell'analisi della domanda si può facilitare il perseguimento degli obiettivi di sviluppo. Lo sviluppo di una persona di un sistema sociale si fonda sulla competenza a trattare quelle strade. Il passaggio fondamentale è dalla collusione familistica alla solitudine alla simbolizzazione affettiva dell'altro. La dinamica simbolica emozionale esaurirà le relazioni entro sommovimenti emozionali intensi. La vita affettiva, d'altra parte, avrà necessità di un regolatore normativo che traccia la via agli adempimenti, garantiti al di là dei conflitti e dei coinvolgimenti emozionali. La solitudine rappresenta, nella nostra proposta, l'obiettivo metodologico dello sviluppo personale, condizione necessaria per l'interazione produttiva e per lo scambio. E’ un obiettivo metodologico, perché non configura uno stato terminale di un processo evolutivo, quale può essere ad esempio la maturità. La solitudine è data dal superamento della confusione emozionale che deriva dal mettere negli altri le proprie fantasie, seguendo la sostituzione del mondo esterno con il mondo interno quale modo di funzionamento del sistema inconscio. La solitudine quindi, che fare con un riappropriarsi delle proprie emozioni, con il limite della confusione tra sé e l'altro. Con la solitudine si può riorganizzare il proprio sistema emozionale, costruendo nuove dinamiche collusive, fondate sulla ricerca sulla verifica della simbolizzazione estranee dell'altro, più che sulla sostituzione, reciprocamente attuata, della realtà esterna con le proprie fantasie. L'ambivalenza(vd. caso) si può esprimere nel pretendere, nel provocare, nel preoccuparsi. Le neoemozioni sono tutte espressioni, anche, dell'ambivalenza insita nel rapporto familista, in quanto definito dall’assenza dell'estraneità. La presenza contemporanea di sentimenti contrastanti, disegno posto lungo il continuum amore-odio, può essere tollerata, oppure agita o vissuta come un pericolo immane. Una caratteristica importante delle relazioni familiste: vengono fuse, è confusa, emozioni d'amore ed aggressività distruttiva per l'oggetto. L’estraneo L'estraneità, comporta la comunicazione e lo scambio di informazioni quale condizione necessaria per la conoscenza. Barthes parla di noantritá: mito d'oggi che esprime il bisogno di fondare la socialità sul familismo, esprime la paura dei transteverini di sentirsi isolati e separati dagli altri. La separazione che configura l'altro come nemico. L'altro è nemico a meno che non dimostri di essere amico, le relazioni familistica sono improntate alla sola emozionalità. Scissione tra famiglia contesti produttivi nell'intervento Si porta l’esempio scuola come situazione transizionale tra famiglia e società. Nel modello medico, sembra che la relazione tra medico e paziente favorita sia quella degli “amici noti”, in quanto permette la dipendenza. Lo psicologo invece non è “l'amico noto”, la fiducia è l'obiettivo, non la premessa.

Lo stereotipo individualista nell'intervento Nello rivolgersi allo psicologo, con pregiudizi individualista, ci si può imbattere in due diverse categorie: 1. domande con committenza sociale, esterna l'individuo che ha il portatore del problema. Tossicodipendenza, violenza infrangere le regole. 2. situazione dov'è la persona che ha il problema chiede aiuto per disagio sofferenza psicologica o forme analoghe. E’ importante a definire bene quale dei due interventi stiamo considerando, cambia il grado di collaborazione, allo stesso tempo cambia anche la richiesta tra modifica del comportamento e obiettivo di conoscenza di se. All'inizio del Novecento la conoscenza di sé era l'obiettivo più valorizzato e ricercato, oggi l'obiettivo più richiesto è quello della modificazione del comportamento. Il comportamentismo è maggiormente ricercato per la sua natura strettamente collegata all'individuo, in una sorta di società orwelliana, guidata da chi possiede le leve del condizionamento stesso. L’autore vuole riprendere le idee freudiane valorizzando la prima topica, mentre considera riduttiva la seconda topica che toglie importanza l'inconscio, rivisto da Matte Blanco nei principi di generalizzazione e simmetria. L'autore(Renzo Carli) dagli anni ‘70, si propone di sconfermare le impostazioni individualiste dell'intervento psicologico, ritenendo che questa concezione faccia perdere d’importanza e d’efficacia alla funzione psicologica entro il sistema sociale. Le regole del gioco La convivenza è segnata da due modalità di relazione: la modalità fondata sul potere delle regole e quella fondata sulla competenza, sono interconnesse in modo interdipendente, entrambe partecipano alla realizzazione del prodotto. La regola del gioco è un mediatore che permette la convivenza di due o più estraneità senza che questo comporti necessariamente una conoscenza reciproca dell'estraneità stesse. Permette l'emancipazione della fusionalità. La fusionalità infatti,sembra essere il naturale esito della “sostituzione della realtà esterna con la realtà interna”, azione propria dell'inconscio secondo Freud. Le regole del gioco, permettono di porre una differenza tra ciò che si prova emozionalmente è ciò che si agisce entro la relazione ancorata alla realtà. Si passa così dal agito emozionale alla simbolizzazione emozionale. Per costruire la committenza, lo psicologo ha bisogno di una specifica regola del gioco, la sospensione dell’agito emozionale che caratterizza la domanda. Senza questo e la simbolizzazione emozionale che la domanda vorrebbe agite, l’intervento si svuoterebbe: diverrebbe un’azione caratterizzata da tecnicalità senza prodotto. La produzione di senso, fondata sul riconoscimento delle risorse, è resa possibile dalla rinuncia all’onnipotenza. Differenziare e confondere nella narrazione Il narrare comporta la produzione di un racconto, privilegio nel suo insieme piuttosto che nelle sue parti, la funzione quella di trasmettere una costruzione di senso. Se si guarda il sogno come una narrazione, si possono trarre interessanti inferenze sulla storia che satura il racconto del sogno, sulla sua struttura narrativa, su altre componenti della narratologia, ma si capirà ben poco del sogno sotto il profilo psicoanalitico.

Crediamo che lo stesso valga anche per la narrazione, che viene proposta entro la domanda di intervento rivolta lo psicologo clinico. Pensiamo che la conoscenza sia possibile solo quale risultante delle due istanze tra loro integrate: quella differenziante quella omogeneizzante. Senza la differenziazione, precipiteremo nel l'inconscio come insiemi infiniti, incapaci di percepire. Senza il modo d'essere inconscio della mente, non potremmo investire emozionalmente gli oggetti, quindi non potremmo organizzare simbolicamente e motivazionalmente la nostra relazione con la realtà. La narrazione ha la funzione di esprimere le neoemozioni, che ben si differenziano da quelle, per così dire, di base. Le neoemozioni, non possono esprimersi se non tramite delle storie, perché hanno bisogno di una retorica che motivi l'altro ad agire collusivamente con il narratore. La componente narrativa dell'analisi della domanda assume una valenza emozionale che va ricondotta al qui ed ora della relazione con lo psicologo. Se non si tiene conto di questo non si vedrà la dinamica emozionale a cui la storia è finalizzata. Una sorta di copione che narra processi emozionali ben evidenti, ed al tempo stesso teso a estendere l'efficacia di quel codice emozionale alla relazione con lo psicologo. Alla base quindi dei singoli o gruppi che si rivolgono lo psicologo via sempre una situazione che possiamo definire quale vissuto di impotenza. Impotenza e pretesa Possedere scambiare sono le due modalità con cui si può strutturare la relazione con la realtà: realtà che viene confusa con le proprie fantasie nel possedere, riconosciuta come estraneo nello scambio produttivo. Il potere pretende di annullare l'altro e se stessi entro la relazione, ma questo annullamento non è possibile: si può solo costruire un'illusione della sua realizzazione, da qui il sentimento di impotenza. Possedere e farsi possedere sono modi per esorcizzare l'impotenza. L’agito confusivo delle proprie fantasie conduce inevitabilmente all'impotenza. Di fronte per esempio a una descrizione di un caso borderline, lo psicologo ha due possibili modalità di conduzione dell'intervento: analizzare la storia clinica dell'uomo, oppure affrontare i temi contingenti(lavoro, scuola, relazioni...) Nel caso presentato, si evidenzia che l'unica relazione, che l’uomo ha con la dimensione della realtà riguarda l'ineludibile estraneità della situazione lavorativa dove gli viene richiesto il potere della competenza al posto delle fantasie collusive, infatti in questa situazione egli si trova in difficoltà. L'impotenza, se analizzata nella sua dinamica di insorgenza, può essere descritta quale assenza di pensiero che dia senso alla situazione relazionale. Quando la convivenza è fondata sul potere, le relazioni si trasformano in rapporti deliranti, dove l'altro non è visto nella sua esistenza autonoma e portatrice di esigenza altre alle sue bensì quale competitore entro una relazione dove gli si attribuiscono le proprie intenzionalità al fine di farne il nemico da combattere o da sedurre, entro una lotta senza fine. C'è però un modo per difendersi dall' impotenza: dare senso, tramite il pensiero emozionato, alla situazione, non rispondere conclusivamente a chi ti sfida, dare senso alla situazione provocatorie piuttosto che buttarcisi dentro, non entrare in simmetria.

La componente delirante è data della fluttuazione continua dei sentimenti di onnipotenza impotenza. Alla base della convivenza violenta d'altro canto è sempre rintracciabile la neoemozione della pretesa. Pretendere significa trasformare una relazione di convivenza asimmetrica in una simmetrica, dove una qualsiasi ragione o pretesto funge da motore per creare rapporti di potere. La pretesa d'altro canto, è fondata su una specifica cultura, su una costruzione simbolica emozionale che organizza da senso alla pretesa, che la legittima socialmente ne fa un delirio condiviso. La pretesa si appoggia ai miti. (Es. caso presentato della donna che vuol far sentire i genitori come dei falliti, nello stesso sistema viene coinvolto lo psicologo, in un'esperienza di distruttività reciproca, non è facile analizzare la domanda centrata sulla pretesa.) Si tratta di situazioni dove la fantasia che sostiene la pretesa quella di indurre nello psicologo un'emozione di impotenza; nell'attesa che reagisca, nell'unico modo che la reazione consente, quello di una risposta onnipotente. Laddove manca un intenzionalità di scambio, sono possibili due modalità emozionali: la dipendenza e la pretesa. La prima può essere funzionale nell'esercizio di molte professioni, la dipendenza si trasforma in pretesa tutte le volte in cui non è chiara la finalità che la prestazione professionale intende perseguire. Pretendere significa anticipare l'obiettivo dell'intervento, tramite la agito delle fantasie del cliente entro la relazione con lo psicologo. L'analisi della pretesa, quindi alla condizione centrale per porre le premesse dell'intervento psicologico....


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