Angioini e Aragonesi PDF

Title Angioini e Aragonesi
Author Eleonora Gentile
Course STORIA MEDIEVALE
Institution Università della Calabria
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MAGNA CHARTA LIBERTATUM la dinastia dei Plantageneti regnò in Inghilterra dal 1154 al 1399. al nome di questa importante famiglia è legata la Magna Carta Libertatum, un diploma di privilegio concesso nel 1215 dal Re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra, autorevole esponente della dinasti, ai baroni e alla chiesa a garanzia dei loro diritti. La Magna Charta si affermò come il documento fondamentale delle libertà inglesi. Si può definire il risultato del lungo contrasto tra la monarchia, affermatesi con Guglielmo I, detto il conquistatore e consolidatasi con i sovrani successivi, e i baroni che volevano sottrarsi al potere assoluto dei re plantageneti. Nei 63 articoli del documento il re si impegnava a rispettare una serie di diritti feudali e libertà fondamentali; in essi veniva sancito ad esempio il principio dell’habeas corpus che aboliva ogni arresto arbitrario per ordine del re e l’impegno di non condannare nessun suddito se non in base a regolare giudizio dei suoi pari . Inoltre, vietava al re di imporre tributi nuovi se non approvati dal comune consiglio del regno. La Magna Charta, fondamento di una nuova concezione delle libertà costituzionali, assunse un significato rilevante per l’uso tecnologico che ne sarebbe stato fatto nei secoli successivi nei secoli successivi ai fini della legittimazione di un nuovo assetto costituzionale. 1266 chiamato nel regno meridionale da Papa Urbano IV, Carlo I d’Angiò, conte d’Angiò e marchese di Provenza, fratello del Re di Francia, si scontrò con Manfredi nella battaglia di Benevento.. il figlio di Federico II cadde combattendo. 1268 Due anni dopo, lo stesso Carlo I d’Angiò batté a Tagliacozzo anche Corradino, che con poche truppe fedeli era sceso nel regno nel disperato sforzo di riconquistarlo. Ma il tentativo del giovane e ultimo erede della dinastia Sveva fallì miseramente, ed egli stesso fu decapitato. La statua di Carlo d’Angiò, il fondatore della dinastia angioina, scolpita da Arnolfo di Cambio e custodita presso il Palazzo dei Conservatori di Roma. Per quanto il sovrano angioino si proclamasse fedele alla chiesa, i papi Gregorio X e Niccolò fecero il possibile affinché l’egemonia di Carlo non divenisse assoluta: intralciarono i suoi disegni sulla corona imperiale; cercarono di riavvicinarsi alla chiesa Ortodossa, in modo da evitare che L’angioino attuasse i suoi disegni di espansione anche sul mondo greco. 1282 In Sicilia, a Palermo, a seguito di un banale pretesto, scoppiò un’insurrezione contro il dominio di Carlo I d’Angiò, al quale i Siciliani non avevano mia perdonato il trasferimento della capitale da Palermo a Napoli. Gli insorti offrirono la corona a Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Hohenstaufen, figlia di Manfredi, la rivolta dette origine alla “Guerra del Vespro” tra Angioini e Aragonesi. 1302 Con la Pace di Caltabellotta, firmata alla fine della Guerra del Vespro da Roberto, figlio di Carlo II d’Angiò, e Federico d’Aragona, l’isola passò agli

Aragonesi. Il trattato sancì la separazione tra l’isola e l’Italia Meridionale Angioina, una separazione destinata a durare fino alla conquista aragonese dell’intero regno meridionale. dell’età Angioina non resta in Calabria, che un mirabile esempio di architettura gotico – francese, la chiesa di Santa Maria della Consolazione di Altomonte. 1442 dopo lunghe e sanguinose guerre di successione, tra i vari rami della dinastia Angioina, che vedranno la comparsa sulla scena di Giovanna I d’Angiò, Primogenita dell’unico figlio di re Roberto d’Angiò. Carlo duca di Calabria, e Giovanna II, figlia del re Carlo III d’Angiò – Durazzo, Alfonso V d’Aragona detto il Magnanimo, riunificò i due possessi. L’avvento degli Aragonesi segno l’inizio di un periodo di potenza; tuttavia il regno era minato dalle ribellioni dei feudatari locali, cui si aggiunse la minaccia espansionistica del re di Francia, Carlo VIII , che conquistò Napoli nel 1494. LA CRISI DEL TRECENTO Dopo secoli di crescita nel 14 secolo , la popolazione diminuì drasticamente, il clima infatti dvenne più freddo incidendo negativamente sulla produzione agricola, ciò provocò numerose carestie, che causarono morte e devastazione. 1348 in questo anno giunse in Europa la peste, proveniente dall’Asia, veicolata dai marinai delle navi mercantili che commerciavano con i paesi orientali. Questa terribile pandemia uccise più di 20 milioni di persone, un terzo della popolazione europea. La diffusione della “peste nera” così chiamata perché si manifestava con la comparsa di grosse macchie nerastre su alcune parti del corpo, era anche favorita dalle precarie condizioni ambientali e igienico – sanitarie, dai lu9ghi e dalle abitazioni malsane, dal mancato rispetto di norme dell’igiene pubblica e personale. I medici avevano modeste conoscenze scientifiche e pochi mezzi a disposizione per curare le numerose malattie del tempo. Il contagio si diffuse con rapidità e forza mai viste prime, anche se le autorità avevano preso alcuni provvedimento per arginare il male; ad esempio era stato imposto ai viaggiatori un periodi di isolamento: le porte delle città erano state chiuse agli stranieri e anche ai cittadini non era consentito uscire se on in casi assolutamente eccezionali. Nella speranze di porre fine alla tragedia si organizzavano continuamente processioni religione, talvolta purtroppo accompagnate da terribili massacri di ebrei, considerati tra i nemici più pericolosi della religione cristiana in quanto “deicidi” e si credeva assurdamente che essi fossero responsabili della diffusione del contagio. BONIFACIO VIII

benedetto Caetani, cardinale dal 1281, fu eletto papa con il nome di Bonifacio VIII e il 24 dicembre 1294 a Castelnuovo di Napoli dopo l’abdicazione di Celestino V. Durante il suo pontificato si scontrò duramente con Filippo IV il Bello, figli di Filippo III l’Ardito e di Isabella d’Aragona, Filippo IV a seguito della bolla Clericis laicos del febbraio 1296, che proibiva al clero di versare somme, a titolo di tasse o di sovvenzioni, a qualsiasi autorità laica senza l’espresso consenso ella Santa Sede. Di fronte all’intransigenza del re, Bonifacio VIII formulò la dottrina della supremazia della Chiesa sui regni terreni con la bolla Unam Sanctam, manifesto della teocrazia medievale. Nella bolla Bonifacio ribadiva le idee già espresse da Gregorio VII e Innocenzo III, che volevano il papa come capo politico oltre che religioso della cristianità, ma il piano di affermazione teocratica da lui perseguito era ormai anacronistico, e la sua condotta politica mostrò di fatto la debolezza della sua posizione. Il pontefice volle rilanciare l’immagine della chiesa e farle recuperare credibilità dichiarando, nel 1300, un anno di indulgenza plenaria – il perdono dei peccati – per i pellegrini che arrivano a Roma, fu il primo “giubileo”, l’Anno Santo della Chiesa. Centinaia di migliaia do persone raggiunsero Roma e ne derivò un forte successo di immagine. Ma il conflitto con Filippo il Bello si riaprì nel 1301, quando il re fece arrestare il legato pontificio Bernard Saisset, vescovo di Pamiers. Dichiarato simoniaco ed eretico, fu fatto prigioniero da un membro della famiglia Colonna ad Anagni nel 1303 e morì dopo poco tempo. Dalla cattività Avignonese allo scisma d’Oriente 2 anni dopo la morte di Bonifacio VIII, il conclave elesse papa un cardinale francese, che assunse il nome di Clemente V e trasferì la sede del papato ad Avignone, ove rimase fino al 1377, quando Gregorio XI ultimo dei suoi successori, tutti francesi, di Clemente V, scelse di entrare a Roma. I pontefici , durante questo lungo periodo, furono soggetti all’influenza del re di Francia. Contro il successore di Gregorio XI, Urbano VI, si schierò il porporato d’Oltralpe, nettamente maggioritario all’interno del Sacro collegio. I francesi elessero l’antipapa Clemente VII, che si ristabilì ad Avignone. E condizioni particolari in cui era avvenuta l’elezione di Urbano VI contribuirono a far dubitare della sua legittimità: si aprì allora lo scisma d’Occidente, con due papi che risiedevano contemporaneamente, l’uno in Francia e l’altro in Italia. Riguardo al trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone, una lunga tradizione storiografica, sovente ispirata al moralismo, ha attribuito foschi colori a questo periodo di storia del papato. Alcuni storici scrivono invece che da Avignone, i pontefici irradiarono sull’Europa del Trecento un prestigio molto forte. Alla corte di Vignone soggiornarono personaggi come Francesco Petrarca e Simone Martini, contribuendo a fare di essa il centro di attrazione di ricche forza culturali. I papi del periodo avignonese furono soventi politici e generosi mecenati, nonché finanzieri competenti: la città francese divenne meta dei più grandi banchieri del tempo. LO SCISMA D’OCCIDENTE

I cardinali francesi, dichiararono nulla l’elezione di UrbanoVI, avvenuta sotto la minaccia della folla romana, e scelsero come papa il cardinale Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII. Fu l’inizio di un vero e proprio scisma, in quanto i sostenitori di Clemente VII si ritirarono di nuovo ad Avignone riaprirono la vecchia curia pontificia. Per 40 anni, tra il 1378 e il 1417, la Chiesa rimase divisa. I pontefici romano e avignonese si fronteggiarono scomunicandosi a vicenda e pretendendo ciascuno obbedienza alla cristianità, a sua volta divisa in 2 fazioni: favorevoli al papa di Roma e favorevoli al papa di Avignone. Lo scisma determinò nell’Europa cristiana un crescente disagi: al punto che nel 1409 un gran numero di prelati si riunì a Pisa per cercare di ricomporlo. Fu in quell’occasione che venne eletto un nuovo papa, Alessandro V. gli intervenuti al concilio pisano speravamo che i papi avignonese e romano abdicassero e si sottomettessero entrambi al nuovo pontefice , ricomponendo così lo scisma. Ma nessuno dei due papi si uniformò alle decisioni del concilio: da allora, fino al 1417, vi furono addirittura tre obbedienze. La maggior parte dei vescovi e dei governi europei si schierò a favore del papa eletto nel concilio pisano. IL CONCILIO DI COSTANZA: LA VIA DEL CONCILIARISMO Lo scisma del 1378, poi l’aggravamento della situazione all’indomani del concilio pisano del 1409. determinarono un rilancio del “conciliarismo”. Si trattava d una tesi secondo la quale alla monarchia pontificia avrebbe dovuto accompagnarsi (o in casi precisi sostituirsi) nella direzione della chiesa l’assemblea dei vescovi periodicamente riunita e chiamata a decidere almeno sulle questioni teologiche e disciplinari più importanti. Facendo leva sulle tesi conciliari del 1414, Sigismondo di Lussemburgo – Boemia indisse nella città di Costanza un concilio, durante il quale si sarebbero dovuti tenere tre temi: la composizione dello scisma, la riforma delle istituzioni gerarchiche e dei costumi della chiesa, l’organizzazione di una nuova crociata che fermasse il minaccioso avanzare dei tirchi nei Balcani e verso la città di Costantinopoli. All’autorità di questo nuovo concilio, che era appoggiato dai grandi governi europei, si sottomisero tre papi in carica. Al loro posto fu eletto Ottone Colonna, nobile cardinale romano, che assunse il nome di Martino V. un nuoco concilio s riunì a Pavia nel 1423, dopo o scioglimento di quello di Costanza. Nel 1424 il concilio si concluse senza risultati apprezzabili. Sette anni dopo, nel 1431, a Basilea si aprì un nuovo concilio; ma papa Eugenio IV, prima tentò di scioglierlo, quindi ne impose il trasferimento a Ferrara e di lì a Firenze (1439). Il concilio fiorentino sarebbe restato nella storia come uno dei più fastosi dei secolo. Vi convennero in folto gruppo anche molti prelati delle chiese cristiane d’Oriente, preoccupati per l’avanzata dei Turchi ottomani e in cerca d’aiuto da parte degli occidentali. Eugenio IV, da parte sua, promise l’organizzazione di una nuova crociata, a patto che gli orientali accettassero di ricomporre lo scisma del 1054 e di riconoscere la suprema autorità de papa. I delegati sul momento accettarono, ma la oro sottomissione provocò indignazione a Bisanzio e

nelle comunità cristiano – orientali sparse per la Grecia e nel vicino Oriente. Si può dire che se lo “scisma d’Oriente” s è trascinato fono ad oggi, nonostante la sua fragile sostanza teologica – culturale, ciò è dovuto proprio al rinnovarsi delle ostilità orientali determinate dal concilio di Firenze, la cui pretesa unitaria fu accolta dagli orientali come una sorta di ricatto. Le tesi conciliari furono malinconicamente accantonate a Basilea...


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