Annale - Riassunto completo del volume degli Annali riguardante l\'alimentazione italiana. PDF

Title Annale - Riassunto completo del volume degli Annali riguardante l\'alimentazione italiana.
Author Benedetta Ferrari
Course Scienza Gastronomiche
Institution Università degli Studi di Parma
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Riassunto completo del volume degli Annali riguardante l'alimentazione italiana....


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ANNALE La storia dell'alimentazione è una prospettiva d'indagine utile a cogliere i profondi mutamenti della società italiana Nell'Ottocento si verifica una vera e prorpia rivoluzione dell'alimentazione, innanzi tutto nella conservazione degli alimenti e, quindi, nella produzione agricola; ad inizio secolo in America ed Inghilterra si impantavano le prime fabbriche per l'inscatolamento dei prodotti e, successivamente, venne inventata la macchina per la produzione artificiale del ghiaccio, che permise l'aumento del commercio internazionale della carne. Nel caso italiano la rivoluzione ottocentesca si muove a fatica, a causa della denutrizione di massa dei ceti popolari delle città e delle campagne; nonostante questo tale secolo segnò la fine delle pratiche di magia e superstizione. Nel Novecento il cibo industriale, indipendentemente dalla cerimonia cui viene destinato, si presenta come figlio di un'arte seriale: caramelle e paste secche, bibite ed insaccati entrano nei circuiti di vendita con dei requisiti di appetibilità formale accuratamente studiati; alla loro definizione contribuiscono i comparti della filiera produttiva, il packaging e, soprattutto, la precisa attesa di un mercato che consuma l'art nouveau nelle scatole dei biscotti, ed i linguaggo d'avanguardia con gli aperitivi. La rivoluzione agricola significò anche un nuovo rapporto tra le campagne ed il mercato che comportò una diversificazione nella finalizzazione della produzione; il frumento, il bestiame, le derrate specializzate, come il vino o gli agrumi, vennero sempre più destinate allo scambio, reso vantaggioso da una costante lievitazione dei prezzi, e sottratti ai consumi soprattutto popolari. L'autoconsumo contadino ed il cibo del povero nelle città si ridussero ad una gamma ristrettissima di prodotti agricoli: quelli che potevano essere acquistati con salari che non riuscivano ad adeguarsi all'inflazione, e quelli che dai patti agrari venivano lasciati per la sussistenza della famiglia contadina. L'intreccio tra aumento della popolazione e mercantilizzazione si tradusse nel fatto che sulle mense della popolazione lavoratrice rimasero mais, pataate, castagne e cereali minori, con infine integrazioni di carni porcine e di legumi. L'integrazione del mais e delle patate, piante originarie dell'America latina, garantì apporti calorici indispensabili per consentire la riproduzione costante della forza-lavoro; la diffusione della coltivazione e dei consumi della patata e del granturco, che con il Settecento diventa tumultuosa, rappresentò l'effetto di una trasformazione profonda dell'agricoltura europea, sotto la spinta di quel processo che Emilio Sereni chiaamò "penetrazione del capitalismo nelle campagne". Fu così che boschi, fiumi e stagni, spazi comunitari, vennero privatizzati e che i diritti sulle terre signorili scomparvero, i fondi a colonia vennero ridimensionati per accrescere la produttività ed i contratti agrari vennero riformulati per intensificare il lavoro e ridurne i costi. Nel Settecento ci fu in Irlanda un nuovo patto agrario, chiamato conacre, che ridusse la remunerazione del lavoro contadino alla concessione di un piccolo pezzo di terra su cui era possibile coltivare le patate, vitali per i contadini; in Italia si verificò un fenomeno analogo in cui il mais giocò lo steso ruolo della patata in Irlanda, essenziale perchè rese possibile la rivolusione agricola e l'espansione demografica.

Tra il 1870 ed il 1890 lo stato e le altre istituzioni scientifiche promossero una mole cospicua di iniziative per esprimere lo sforzo della nuova classe dirigente liberale di portare alla luce la società italiana; le condizioni di vita peggiorarono ed i regimi alimentari si impoverirono ulteriormente. L'uso del frumento quasi si azzerò ed i consumi degli altri cereali calarono anche loro. In questo modo l'organismo andò incontro ad uno squilibrio sì calorico, ma anche nutrizionale, perchè si mangiavano eccessivamente carboitrati e si era in carenza di altre vitamine/ proteine molto importanti se si vuole che l'organismo sia sano, soprattutto in inverno che si tendeva a mangiare di meno poichè si lavorava di meno. Per quanto riguarda il consumo della carne, questo era doppio al Nord rispetto che al Sud, come per vino, uova, succhero, caffè e tabacco. Durante il XX secolo, almeno per i primi sessant'anni, la crescita industriale riuscì a trascinare la città fuori dai circuiti della fame e della sottonutrizione, senza però avere la forzza di collocarla in una condizione di benessere siffuso irreversibile; un difficile equilibrio dunque nel quale alcuni tratti di regimi alimentari moderni si delineano all'interno di un quadro stabile di origine rurale. L'avventura bellica del Fascismo si rivelò, dal punto di vista alimentare, una tragedia infatti, mentre la Grande Guerra non lasciò tracce negative nei trends alimentari ma addirittura permise agli uomini al fronte di cibarsi di alimenti che non avrebbero mai avuto in altro contesto, la seconda fece precipitare la massa della popolazione italiana nella denutrizione. Il 1958 venne chiamato, da Guido Crainz, un anno di confine, perchè segnò l'inizio del miracolo economico italiano, ossia un'accelerazione inaspettata dello sviluppo e dell'industrializzazione che portà l'Italia ad essere al vertice delle graduatorie internazionali relative all'incremento annuale del PIL. Segnò anche l'inizio della grande emigrazione dei meridionali cerso le città industriali del Nord e dello spopolamento delle campagne nelle quali comincia a prendere piede un'agricoltura senza contadini: iniziato ad essere superate le distinzioni sociali nella Penisola italiana.

L'Italia del boom economico è dunque un paese che raggiunge finalmente l'abbondanza alimentare, nel quale, come si diceva all'inizio, la povertà inizia a non essere più sinonimo di mancanza di cibo e di nutrizione. Si apriva così una sorta di rincorsa al cibo che, insieme ad altri prodotti della società di massa, costituiva pienamente uno status simbol del conquistato benessere: questo è provato dal fatto che carne, zucchero, frutta ed ortaggi connobbero tassi di crescita superiori alla media. Come fu breve ed intesta l'affermazione di una Italia industriale, fu altrettanto breve ed intensa la sua dissoluzione: si verificò la dissoluzione definitiva della tradizione alimentare a partire dagli anni Ottanta, e si aprirono nuovi scenari nei rapporti tra gli uomini ed il cibo; le mense italiane sono sempre di più invase da nuovi cibi e la rivoluzione genetica portò alla destagionalizzazione degli alimenti, rendendoli disponibili durante tutto il corso dell'anno a prezzi abbordabili per consumatori di massa. Infine deperiscono i consumi dei prodotti tradizionali e ci fu rottura definitiva de rapporto tra casa e cibo siccome bar, pizzeria, risotrante e fast food vanno a sostituire progressivamente la tavola domestica mano a mano che le nuove dinamiche lavorative tennero lontani da casa le persone, generando una frantumazione del desco famigliare.

Maria Luisa Betri - L'alimentazione popolare nell'Italia dell'Ottocento •

Con l'Ottocento ci fu un momento di transizione fra l'ancien régime ed i sistemi socio-economici e politico-culturali contemporanei; anche se la gravissima penuria sopraggiunta dopo gli sconvolgimenti dell'età neoplatonica agli inizi dell'età della Restaurazione, tra il 1815 ed il 1817, sembrò replicare l'andamento trammatico della crisi d'ancien régime, un susseguirsi di cattivi raccolti provocò infatti il rialo del prezzo dei grani e connsessi episodi di incetta e speculazione, riducendo alla fame la popolazione, soprattutto delle campagne.



L'introduzione della coltura del granoturco innescò in Italia un processo di contrazione e semplificazione alimentare che ebbe uno dei suoi esiti più funesti nell'epidemia pellagrosa.



L'aumento della domanda dei prodotti mediterranei provocò un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, soggetti alle clausole vessatorie dei patti miglioatari.



Negli ultimi anni dell'Ottocento si iniziò ad usare la strategia dell'inchiesta: INCHIESTA JACINI tratta degli aspetti delle "Italie agricole", INCHIESTA BERTANI tratta le condizioni sanitarie dei lavoratori della terra.



Componente alimentare principale era la farina, di graoturco o cereali inferiori siccome quella di frumento era riservata al mercato cittadino ed ai consumi di qualità, usata sotto forma di pane, polenta, focacce ed ogni sorta di farinate.



Il pane, con legumi, verdure e pochi altri prodotti dell'economia di cortile, ci appare come il protagonsita assoluto della dieta delle popolazioni rurali.



Pane nero e pesantissimo= alimento base dei braccianti



La diffusione del consumo della patata fu più lenta, poiché presentava spesso una polpa acida ed acquosa, tossica



Si introduce il tubero che, a differena del mais, risultò assai meno accetto ed entrò a fare parte a pieno titoo dell'alimentazione popolare solo dal 1840



Il consumo di riso era molto limitato, siccome quasi esclusivamente destinato al mercato



Un cibo molto raro per i contadini era la carne, destinata alle occasioni festive od a ristorare gli organismi debilitati da malattie prolungate, tranne quella di maiale; limitato era anhe il consumo di uova, prevalentemente deastinate al mercato e riservate nel nucleo famigliare al capo di casa ed agli uomini



Poco corroborante era il vino, bevanda residuale a bassa gradazione, generalmente ricavata dalle vinacce



Un regime di alti prezzi limitò l'uso del vino di qualità superiore, mentre andò aumentando dalla metà del secolo, anche in conseguenza dall'invasione della crittogama che distrusse gran parte dei bigneti dell'Italia settentrionale, quello dei distillati, meno costosi ma resi spesso nocivi dalle aldulterazioni. Una netta nversione di tendenza si registrò invece dal 1888 quando furono riversate sul mercato interno a prezzi ribassati.



Favorita dal ribasso dei prezzi ed intrecciata ai complessi cambiamenti di un paese sulla via dello sviluppo industriale, la recridescenza dell'alcolismo divenne nell'ultimo ventennio del secolo scorso oggetto di una più attenta vigilanza, motivata da esigenze di controllo sociale, da preoccupazioni terapeutiche per il connesso insorgere di malattie mentali, dall'interesse della cultura positivistica sulle cause e sulle conseguenze di questo fenomeno sociale frequentemente collegato all'emarginazione ed alla delinquenza



Cambia l'atteggiamento del partito socialista, spinto a sollecitare una energica azione legislativa a proposito



La principale discriminante fra città e campagna sembra risiedere nella qualità del pane, componente primaria, per consistenza e anche per significato simbolico, dei pasti popolari.



Il governo della Destracercò di riassestare la finanza pubblica ripristinando nel 1868 la tassa sulla macinazione dei cereali



1888= promulgata la legge Crispi in materia di sanità pubblicaù

Vera Zamagni- L'evoluzione dei consumi fra tradizione ed innovazione Da quando l'uomo divenne coltivatore ed allevatore iniziò a selezionare le piante e gli animali da cui si ricavavano cibi dal valore nutritivo più elevato, in base al buon senso, e cercarono metodi di conservazione efficienti, tra cui spiccavano salagione, essicamento ed affumicamento. •

Le classi ricche ebbero certamente a disposizione una varietàdi cibo maggiore di prima, mentre le classi povere sperimentarono un declino dei consumi di carne e la sostituzione di un cereale come il frumento con granoturco o patate



Nel 1700 la popolazione europea raggiunse il monofagismo



Nel 1800 si verificò una vera e propria rivoluzione dell'alimentazione, innanzitutto nela sua conservazione e quindi nela produzione agricola; in agricoltura l'offerta di concimi chimici e di antiparassitari fece aumentare a ritmi mai visti pruma la produttività dei terreni



Carestie e fame vennero eliminate, quindi la diffuzione di malattie e, di conseguenza la mortalità, diminuiro drasticamente



Emerge un panorama di stili alimentari nazionali, con delocalizzaione dei consumi alimentari favorita da trasporti e comunicazioni, e sostenuta dal commercio internazionale: da una società della scarsità si passa ad una società dell'abbondanza



Si nota l'importanza dei consumi di granoturco in certe aree del paese



Limitati i consumi di patate, frutta fresca, ortaggi, mentre elevati i consumi di legumi secchi e frutta secca



Bassissimi consumi di carne, pesce, latte, formaggio e grassi, tranne l'olio



L'età giolittiana vide una sicura ripresa dei consumi tradizionali, con un confortevole aumento dei consumi di frumento, che arrivò a livelli superiori rispetto agli anni pre-crisi agraria, ed un notevole aumento dei consumi del vino, tutto grazie agli aumenti salariali; è vero anche però che gran parte dei miglioramenti ebbe luogo in poche città, mentre in campagna rimasero invariate le condizioni



Carne= cibo di gran lusso, riservato alle feste solenni



La prima guerra mondiale non comportò una restrizione alimentare, solo il 1917 fu critico, ma comunque incomparabile con gli anni duri della crisi agraria o della seconda guerra mondiale, invece molto più tosta



La Csir calcolò il fabbisogno della popolazione umana e della popolazione animale dei singoli Stati alleati, basandosi sul bisogno giornaliero di 3ooo calorie nette



Durante la guerra ci furono nuovi bisogni di importazione prima sconosciuti, tra cui carni, latticini ed oli



Dal 1941 l'Italia incorse in gravi difficoltà alimentari, ossia nel momento in cui il regime rivelò difficoltà nel concedere il vettovagliamento alla popolaione e, così, instaurò un razionamento garante di meno della metà delle calorie del precedente, tanto che si arrivarono ad aprire mense e spacci aziendali per complementare la troppo magra dieta dei propri operai ed evitare che scioperassero; quando poi la Penisola venne tagliata a metà ed occupata da due eserciti, il vettovagliamento della popolazione peggiorò ulteriormente, portando ogni persona ad arrangiarsi dal punto di vista alimentare, giornalmente.



Dal 1950 inizia un'ascesa ininterrotta verso il miglioramento quantitativo e qualitativo della dieta degli italiani, con crescita eccezionale per le carni



Si delinea la DIETA MEDITERRANEA, fortemente in antitesi con quella degli Stati Uniti



A partire dal 1968 cambiò non solo il reddito degli italiani, ma anche i loro stili di vita, con l'esodo dalle campagne, l'urbanizzazione ed il generalizzarsi dello stile di vita cittadino, l'emancipazione ed il lavoro fuori casa della donna, la drastica diminuizione dei lavori fisicamente pesanti



Ormai si consumano prodotti di negozi, che si fanno via via sempre più grandi, non si vive più di autoconsumo + inizia una destrutturazione dei pasti, con incremento di fuori pasto e spuntini vari + il pasto in famiglia resta la cena, solitamente, perchè per il resto inizia a diventare di moda il fast food, per cui il pasto eztradomestico



Sorge il problema della DIETA= sempre più attento controllo da parte dei consumatori sulla composizione dei prodotti, che si richiedono genuini e non grassi, facilmente digeribili e rapidamente preparabili, il che impone miglioramenti tecnologici e maggiore trasparenza da parte delle aziende.



Nell'Ottocento furono creati i grandi magazzini ed i magazzini a succursali a prezzo unico, ma nessuno includeva la vendita di prodotti alimentari, cosa assegnata alle Cooperative, che però non furono loro ad innovare nelle modalità di vendita, ma i due pionieri americani C. Saunders e M. Cullen, di cui il primo perfezionò la concezione della vendita a libero servizio, mentre il secondo concepì il sistema di vendere gorsse quantità di merce varia radunata tutta sotto lo stesso tetto con ricaruchi differenziati.



Circa dal 1870 nasce l'IPERMERCATO (in Italia dal 1956), grazie alla volontà di aumentare sempre di più le superfici di vendita e, poi, il CENTRO COMMERCIALE

Giorgio Pedrocco- La conservazione del cibo, dal sale all'agroalimentare 1. SALAGIONE. Le proprietà e le caratteristiche del sale erano note già nele civiltà antiche, quando questo prodotto aveva consentito un netto miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo, sia come integratore alimentare sia come conservante; la salatura avveniva versando sulle carni animali una soluzione concentratissima di sale e comprimendola con tavole di pietra. Questo metodo di conservazione riguardò in particolare la carne del maiale che, quando si voleva conserare per intero, la carcassa veniva tagliata a metà longitudinalmente lungo la colonna vertebrale, per poi essere ripulita e salata, ottenendo così la mezena. Quando invece il maiale non era conservato totalmente venivano salvate le sue parti migliori. Il primo pesce ad essere posto sotto sale fu l'aringa, perchè molto grasso e, quindi, facilmente deperibile. 2. AFFUMICAMENTO. Un altro istema di conservazione era quello dell'affumicamento, diffuso nell'Europa centrale e settentrionale ed esercitato in apposite camere da fumo dove si posavano le parti macellate degli animali; le virtù antisettiche del fumo erano dovute alla presenza di sostanze chimiche inibitrici della putrefazione.

Alla fine del Medioevo, con la rinascita delle città, il problema dell'approvvigionamento del mercato urbano favorì il sorgere delle corporazioni dei salaroli e dei lardaroli, che dovevano fornire le carni salate, e la presenza di queste istituzioni denota anche una prima separazione tra le pluriattività agricole e l'artigianato urbano. In Inghilterra, per fronteggiare la rarefazione delle risorse alimentari, si generalizzarono alcuni processi di riaccorpamento delle proprietà, gli enclosures acts, a scapito delle terre comuni che miravano ad aumentare nel comparto agricolo i volumi delle più importanti produzioni alimentari dai cereali all'allevamento del bestiame; nel resto d'Europa, invece, a restrutturazione delle proprietà agrareavveniva con maggiore lentezza. In Europa, in particolare, ci si sforzava di mettere a punto sistemi di fabbricazione dei più comuni prodotti, dal pane al vino, che aumentassero la capacità produttiva del lacoro e si affrontaba il problema del trasferimento delle antiche tecniche di conservazione, relative all'insieme della produzione alimentare, dalle pratiche artigianali e familiari a quelle industriali, senza comprometterne la salubrità. Durante il XIX secolo si svilupparono sperimentazioni sfociate nella nascita dell'industria conserviera: • Lo scineziato danese Papin aveva condotto molti esperimenti sulla conservazione dei cibi, cuocendoli e conservandoli in recipienti chiusi ermeticamente e ponendoli crudi in una soluzione succherina all'interno d ivasi di vetro sempre chiusi ermeticamente. • Appert riuscì a mettere a punto un sistema di mantenimento dei corpi deperibili che, anticipando le idee e le pratiche di Pasteur, si basava sulla sterilizzazione delle sostanze da conservare per uccidere non solo i microorganismi viventi, ma cne le loro spore. QUINDI scladando gli alimenti e ponendoli in un recipiente chius si riuscivano a bloccare i processi degradativi degli stessi.



Pasteur formulò, qualche decennio dopo, la teoria delle spore, fornendo le basi scientifiche che consentirono di interpretare correttamente il metodo Appert; allo stesso tempo elaborò la teoria e le leggi della sterilizzazione degli alimenti e, oggi, il procedimento...


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