Antico Oriente: storia, società, economia - Liverani PDF

Title Antico Oriente: storia, società, economia - Liverani
Author Camilla Marassà
Course Storia del Vicino Oriente antico
Institution Università di Pisa
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Riassunto del manuale di Liverani. Capitoli I-XXVI...


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ANTICO ORIENTE STORIA, SOCIETA’, ECONOMIA Mario Liverani INTRODUZIONE I. L’ANTICO ORIENTE COME PROBLEMA STORICO L’IMMAGINE MITICA Una certa memoria del quadro storico e letterario antico-orientale è stato tramandato nella cultura europea da miti, che tuttora influenzano la ricerca storica. I principali canali che hanno preservato nel tempo una memoria storica dell’antico Oriente sono:  l’Antico Testamento, legato alla diffusione delle religioni ebraica e cristiana: ciò ha contribuito alla sua conservazione, ma anche alla sua elevazione a fonte di verità indiscussa. La riscoperta archeologica dell’antico Oriente è avvenuta come tentativo di recuperare dati dell’ambiente storico dell’Antico Testamento e per confermare la veridicità di questo testo. La maggior parte degli studiosi coinvolti erano ebrei o pastori o sacerdoti, quindi non imparziali; la ricerca laica si è fatta strada faticosamente nell’ultimo secolo non senza portare a polemiche.  gli autori classici, esponenti di un mondo contrapposto alle civiltà orientali: da Erodoto in poi l’Oriente è simbolo di antropologia degli opposti (dispotismo/democrazia, immobilismo tecnologico/progresso, sapienza magica/scienza razionale). Solo nella modernità si sta passando ad un’antropologia della storicizzazione. Con l’intensificarsi delle conoscenze hanno preso piede altri miti: quello che il Vicino Oriente sia la culla della civiltà, ignorando che sia preceduto storicamente da fasi protostoriche o che sia uno dei focolai dell’origine della civiltà. LE TENDENZE STORIOGRAFICHE La storiografia moderna ha abbandonato le motivazioni di carattere mitico e punta sulla normalizzazione di questa porzione di storia, che implica l’abbandono di semplificazioni per puntare su un arricchimento di prospettive che consenta di ricostruire la storia vicino-orientale nella sua globalità. Questo obiettivo è condizionato da due fattori non presenti in ambiente classico:  Assenza sostanziale di una storiografia antica, non del tutto negativa perché ci costringe a ricostruire la storia non in base a dati di storiografi esterni posteriori ma a documentazione primaria.  Presenza notevole di documentazione amministrativa per il fatto che il materiale scrittorio impiegato fosse l’argilla, resistente agli incendi e all’immersione nel suolo. Documentazione in fieri: ogni anno si scopre nuovo materiale che costringe a revisionare il lavoro storiografico. Questi elementi configurano la storia del Vicino Oriente come una materia giovane e libera da condizionamenti tradizionali, anche se è soggetta alla necessità di competenze specialistiche per accedere alla documentazione. Si attua principalmente un lavoro filologico e archeologico, lasciando poco spazio alla storiografia basata su teorie interpretative. Al tempo stesso, questi elementi rendono possibile una sperimentazione ricca di approcci e di metodologie.

UNITA’ E VARIETA’, NUCLEO E PERIFERIA La delimitazione spazio-temporale del Vicino Oriente è un problema sia pratico che storico. Pesano gli argomenti pratici, come la competenza settoriale degli studiosi, soprattutto filologi: per questo il limite alto della cronologia è connesso con l’aggiungersi di fonti scritte a quelle storiche, mentre quello basso col subentrare di fonti greco-romane. A questi si aggiungono fenomeni storici di ampia portata; l’inizio della scrittura non è un fenomeno isolato ma si inquadra in un processo di suddivisione sociale, di specializzazione lavorativa, di costituzione di unità politiche che è la rivoluzione urbana, di cui è il culmine, che si completò attorno al 3500 a.C. Da questa rivoluzione sono scaturite le culture del Vicino Oriente. Altro fenomeno storico è, ad esempio, la formazione dell’impero persiano nel 500 a.C., che coincide con l’inserimento del Vicino Oriente in vicende storiche di scala sopra-regionale. Questo lascia irrisolto il problema della pluralità e interconnessione di vari focolai dell’urbanizzazione; vi sono altri nuclei oltre a quello della bassa Mesopotamia e altre fasce intermedie che operano nelle problematiche di frontiera: per questo sarebbe più affascinante studiare in prospettiva allargata. L’area del Vicino Oriente pre-classico non è compatta o delimitabile: a ovest abbiamo il Mar Mediterraneo, a nord-ovest il Mar Nero, a nord il Caucaso e le steppe centro-asiatiche, a sud il deserto arabico e a est l’altopiano iranico, il Golfo Persico e andando a sfumare. Inoltre, il limite alto della cronologia (inizio urbanizzazione) varia da zona a zona. Tutta l’area è tenuta insieme da interconnessioni culturali, politiche e commerciali forti, pur mantenendo singolarmente tratti originali. Lo stesso discorso si può applicare in senso diacronico: dal 3500 al 500 si ha una continuità dovuta alla progressiva affermazione del modello urbano, ma anche cesure traumatiche e differenziazioni per fasi. Oltre alle complessità di tempo e spazio, esistono altre variabili di ambiente sociale, disponibilità economiche e partecipazione politica (es. sedentari/nomadi, città/campagna) che si collocano nelle due dimensioni; vi sono anche confini culturali dovuti a diverse ideologie. IL PROBLEMA CRONOLOGICO Due tipi di datazione: archeologica, con cifre tonde e approssimative, e storica, con cifre precise ma mutevoli da libro a libro. Ciò dipende dall’uso di due diverse procedure di datazione (per entrambe vale la distinzione tra cronologia relativa e assoluta):  Procedura archeologica: caratteri scientifici, ricostruisce la collocazione cronologica dei reperti gli uni rispetto agli altri e rispetto al presente. La cronologia archeologica relativa si basa sulla stratigrafia verticale degli scavi abitati; confrontando le sequenze di vari siti si ottiene la cronologia relativa. Questa cronologia relativa può diventare assoluta in due modi: legandosi alla procedura storica tramite il rinvenimento di documenti in uno strato o usando metodi fisico-chimici. Fra questi ultimi i più utilizzati sono la termoluminescenza per la preistoria e il C14 per protostoria e storia, mentre la dendrocronologia si sta facendo strada.  Procedura storica: carattere culturale, ricostruisce gli antichi sistemi di datazione e li pone in rapporto con i nostri. Ogni cultura sente il bisogno di stabilire una propria cronologia per scopi amministrativi e giuridici: utilizzano le ere, sequenze temporali agganciate ad un anno di inizio noto. Nell’antico Oriente le ere erano brevi perché legate all’ascesa al trono del sovrano, quindi variavano da regno a regno; ciò rende necessaria la ricostruzione delle sequenze dinastiche dei vari regni. Per fortuna era necessario anche per gli scribi avere degli strumenti per riordinare i documenti che avevano, quindi abbiamo liste reali e liste di funzionari eponimi (infatti, in Mesopotamia gli anni venivano identificati con un funzionario

eponimo, con un nome di anno o con gli anni del regno di un sovrano), che purtroppo sono incomplete o errate. Con questo materiale sono riusciti a ricostruire l’ossatura cronologica della Mesopotamia dalla metà del III millennio alla metà del I. II. I CARATTERI ORIGINALI REALTA’ ECOLOGICA E MAPPE MENTALI L’area del Vicino Oriente è caratterizzata da discontinuità ambientale: si hanno rilievi montuosi sostanziosi, pianure fertili, deserti, valli irrigate da wadi e piane alluvionali. Questa caratteristica ha fatto sì che si instaurassero rapporti fra zone potenzialmente diverse e, per comprenderli, utilizziamo tre concetti:  Interfaccia: saldatura di due zone diverse attraverso cui passano esperienze, prodotti, uomini, tecnologie ed elaborazioni che mancano nella zona adiacente; il passaggio comporta un effetto di confronto e aggiustamento dei risultati che ha contribuito all’evoluzione delle comunità. I fenomeni di interfaccia spesso comportano lo spostamento di nuclei umani (es. pastori che si spostano). La regione vicino-orientale ha molteplici interfacce che la rendono dinamica culturalmente.  Frontiera: carattere più storico-culturale; zona marginale di un nucleo culturale che ritiene ci sia il vuoto o il diverso o l’inferiore al di là di essa. È unidirezionale, un punto di vista che può mutare in base alla forza o alla debolezza del nucleo centrale, al cui interno possono essere individuate ulteriori frontiere (linguistica, religiosa, ideologica ecc.).  Nicchia: sottolinea il valore di zone compatte e coerenti ben delimitate e protette dall’ambiente circostante in modo da riuscire a sviluppare al meglio le proprie potenzialità. La nicchia può essere piccola, come un’oasi. La dimensione ottimale delle nicchie dipende dalle condizioni storiche. Così articolato, il Vicino Oriente presenta una complessità che dimostra la veridicità della sua molteplicità, ma che complica lo studio. Per questo interviene una semplificazione che riesce a spiegare il maggior numero possibile di fenomeni storici, semplificazione che già era proposta dai protagonisti e che passa alla storiografia moderna. È il caso della semplificazione potente che vede il Vicino Oriente secondo lo schema che contrappone nucleo e periferia. Il nucleo è lo spazio più abitato e civile, con la città al centro ideale circondata da pianure irrigate e villaggi agricoli; la periferia è la fascia circostante con frequentazione sparsa e mobile che sfuma verso la zona serbatoio di materie prime. Mappe simili sono ricavabili dai testi antichi. Queste mappe configurano il Vicino Oriente come accentrato sulla piana basso-mesopotamica, circondata da steppe e montagne di popolamento discontinuo e subordinate al nucleo: questa semplificazione è valida dal punto di vista del nucleo, ma non delle periferie, che a loro volta si ritenevano il centro di un mondo da loro organizzato. Questa visione rischia di sacrificare la pluralità culturale: bisogna, dunque, correggere quest’ottica. Una semplificazione si può adottare fra zone di addensamento umano e zone di addensamento delle materie prime: gli uomini sono legati all’agricoltura e, quindi, alle pianure fertili e irrigate che non hanno, però, materie prime. Quest’ultime sono dislocate su montagne e tavolati semi-aridi. Fra queste due zone si hanno interscambi ineguali: da una parte importano materie prime, dall’altra ideologie. Finora abbiamo considerato il Vicino Oriente come articolato nello spazio ma stabile nel tempo. In realtà è così in larga scala: da 10000 anni il clima attestato ha valori simili a quelli attuali, ma è intervallato da fluttuazioni nel regime delle precipitazioni e nella temperatura media. La storiografia attribuisce a queste fluttuazioni la causa di spostamenti umani e collassi regionali. Ma il paesaggio è mutato soprattutto a causa dell’attività umana, che ha praticato uno sfruttamento selvaggio delle

risorse. È stato pesante soprattutto il processo di disboscamento per creare spazi adatti alla coltivazione e all’allevamento: già dal neolitico iniziano i primi disboscamenti, poi nell’età del bronzo aumentano per la crescente urbanizzazione e intaccano i boschi montani; nell’età del ferro si arriva ad un disboscamento di zone montane e collinari e ad un allevamento intensivo che portano a danni irreversibili. Nelle piane l’intervento maggiore è stato la canalizzazione dell’acqua, che in bassa Mesopotamia ha subito fasi di sviluppo e di collasso: per questo è necessario ricostruire il paesaggio storico di ogni epoca. Per arrivare a ciò, sono necessari dati paleobotanici e palinologici (identificazione di vegetazione spontanea e coltivata), dati archeologici (canali, terrazzamenti) e dati testuali: quest’ultimi sono utili se di testi amministrativi, che sono veritieri e precisi ma di difficile traduzione; i testi letterari forniscono informazioni sul paesaggio ma generalmente sono filtrate da un’ideologia. IL POPOLAMENTO La varietà del paesaggio si traduce in un popolamento umano discontinuo nello spazio, che si concentra nelle piane alluvionali, nelle nicchie di montagna, in zone collinari ed evita le zone aride e montane. Nelle stesse piane alluvionali si ha discontinuità poiché vengono abitate solo le zone bonificate. Vengono adottati tre principi:  Terra sovrabbondante rispetto alla popolazione  Disponibilità di acqua consente di gestire la terra in modo da renderla produttiva  Il lavoro umano permette la sistemazione di terre e acque in modo da sfruttarle Terra-acqua-lavoro si condizionano a vicenda. A questa discontinuità spaziale si aggiunge una discontinuità diacronica dello sviluppo demografico: ogni insediamento ha subito fasi di costruzione e distruzione e sommando le storie degli insediamenti si ottiene un’alternanza di fasi di sviluppo e di regresso. Le crisi sono dovute ad eventi naturali, come epidemie o terremoti, ma soprattutto a fattori umani:  Fattore quantitativo: piccole comunità hanno meno probabilità di sopravvivere nel tempo poiché soccombono davanti alle crisi e hanno meno disponibilità per la procreazione. Una comunità più vasta reagisce meglio alle crisi, ma è più esposta e complessa strutturalmente.  Fattore strategico: modello di sviluppo più lento, che tende alla salvaguardia dell’esistente e non progredisce (piccole comunità agro-pastorali); modello più accelerato, che tende ad accrescere, diversificare e sovrasfruttare le risorse (città). Anche la guerra fa parte di questo secondo modello di sviluppo: il momento militare è negativo per il saldo demografico e la produttività, ma il momento politico che lo segue porta ad annessione di territori e ricchezze che si rivelano un elemento di sviluppo. Quindi, nel secondo modello si hanno picchi di sviluppo alternati a fasi di ricaduta. Questi picchi, però, sono isolati e il normale sviluppo demografico è affidato al primo processo, che presenta dei ritmi modesti a causa della mortalità infantile e della durata breve della vita. La risposta sociale a quest’ultimo problema è l’abbassamento dell’età matrimoniale delle donne e l’alternanza di monogamia, poligamia ecc. Queste soluzioni sociali tuttavia non sono sufficienti per contrastare la condizione fisica dettata da alimentazione e sanità. Dal punto di vista antropologico, colpisce la stabilità del popolamento fino ai giorni nostri: significa che dal neolitico hanno agito soprattutto dinamiche interne (migrazioni e spostamenti), mentre gli afflussi esterni hanno influito marginalmente sul patrimonio genetico e maggiormente sull’aspetto culturale. Dal punto di vista linguistico, sin dall’inizio della documentazione scritta abbiamo popolazioni semitiche nella parte concava della mezzaluna fino ai giorni nostri, che formano un’area semitica compatta in cui mutano solo l’articolazione linguistica e dialettale. All’esterno della mezzaluna si hanno gruppi linguistici indoeuropei occidentali e orientali che erodono la fascia intermedia di

gruppi parlanti lingue non appartenenti a nessuno dei due gruppi (Sumeri, Elamiti, Hurriti ecc.), destinata a scomparire.

LO SVILUPPO TECNOLOGICO Due immagini del Vicino Oriente: una lo considera stagnante, sempre uguale a se stesso, un ciclo che tende a ripetersi senza mai mutare; l’altra associa quest’area alla culla della civiltà, luogo di progresso tecnologico. Sono entrambi visioni mitiche: la prima serve per sostenere il “miracolo greco”, l’altra per valorizzare per polarizzazione il nostro punto di arrivo tecnologico. Con un’analisi razionale, si nota come il mutamento tecnologico in Oriente sia avvenuto costantemente nel corso dei millenni a ritmi lenti, considerando che la maggior parte delle risorse erano destinate alla mera sopravvivenza e non al progresso tecnologico. Le grandi fasi innovative sono tre:  Rivoluzione neolitica: messa a punto delle tecniche di base della produzione del cibo e relativo strumentario (allevamento, agricoltura, attrezzi, contenitori) e dell’ambiente abitativo (case e villaggi).  Rivoluzione urbana (inizio età del bronzo): tecniche di controllo e registrazione (scrittura), tecniche specialistiche (artigiani), allargamento dell’orizzonte abitativo e politico (città e Stato).  Tarda età del bronzo/inizio ferro: diffusione innovazioni di carattere democratizzante (alfabeto, metallurgia del ferro) e intervento di zone geograficamente marginali rispetto alla città. Bisogna, però, ridimensionare la centralità del Vicino Oriente in questo progresso tecnologico: infatti, le varie rivoluzioni sono avvenute lentamente, su un’ampia area e coinvolgendo anche altri poli, che hanno scambiato informazioni con il V.O. I luoghi privilegiati per lo sviluppo tecnologico sono molteplici: a partire dalla prima urbanizzazione, uno di questi sono le botteghe artigianali del palazzo reale; al di fuori, però, vi sono una serie di ambienti tecnologici marginali che sviluppano tecniche alternative che si inseriscono nel processo storico nel momento in cui il mutare delle condizioni sociali lo permette. Analizzare ogni fattore del progresso tecnologico è difficile. IL MODO DI PRODUZIONE Per stabilire delle leggi di economia politica del Vicino Oriente si sono basati su documenti ristretti e relativi ad altre situazioni in cui si fa uso di strumenti come il mercato e la moneta, elementi estranei al mondo orientale. Tuttavia il V.O. aveva una struttura complessa dell’economia e quindi non sono sufficienti confronti con situazioni elementari. L’analisi marxiana è adatta ad un sistema capitalista e pochi elementi si adattano allo studio dell’economia vicino-orientale; l’elemento utile di questa teoria è il modo di produzione, di cui nell’antico Oriente se ne avevano due tipi:  Palatino: frutto della rivoluzione urbana, è caratterizzato dall’accentramento dei mezzi di produzione nelle mani del tempio e del palazzo, dall’asservimento dei produttori, dalla specializzazione lavorativa, dalla gerarchizzazione lavorativa, dall’accentramento e ridistribuzione dei beni.  Domestico: frutto della rivoluzione neolitica, è caratterizzato da coincidenza fra forze produttive e possessori dei mezzi di produzione, da rete di scambi multidirezionali e dall’assenza di specializzazione lavorativa. Il primo modo è egemone e subordina il tipo domestico, che perde la sua autonomia e viene riorganizzato per sottostare alle regole del palazzo. Questi due modi prevalenti si evolvono per reciproca interferenza e contemporaneamente se ne sviluppano di altri marginali che rappresentano una vera alternativa di sviluppo.

Si può anche individuare una sorta di schema degli scambi, seguendo sempre la divisione dei modi di produzione: schema di redistribuzione e di reciprocità; anche qui il primo, la redistribuzione, ha l’egemonia. Sia per la produzione che per gli scambi sono necessari dati archeologici, oltre che testuali. LE ESPRESSIONI IDEOLOGICHE L’aspetto cronachistico della storia vicino-orientale è recuperato dalle iscrizioni reali, dagli annali, dalle liste reali e dalla letteratura pseudo-storiografica antica. Questi testi, però, non sono storici poiché gli autori avevano come scopo la celebrazione e la propaganda politica e non la ricostruzione oggettiva degli eventi. Non esisteva il genere storiografico, ma non significa che non avessero una loro concezione di storia. Una volta appurato che questo materiale non contiene fatti storici ma elementi celebrativi, saremmo tentati di non considerarlo: sarebbe un impoverimento in quanto offrono una panoramica sul contesto e l’ideologia politica degli autori. La letteratura celebrativa di questi testi ha evidenti scopi di legittimazione, celebrazione, contrapposizione e comunicazione. La legittimazione accompagna l’esercizio del potere soprattutto nella sua fase iniziale e se questo viene preso da un usurpatore, che dovrà giustificare la sua ascesa. La celebrazione, invece, accompagna il potere per tutto il suo corso: il regnante deve dimostrare continuamente che il suo regno è prospero e vittorioso e qualunque ramo del governo è utile a questo scopo (militare, commerciale ecc.). La celebrazione spesso prendeva forma di contrapposizione spaziale e temporale; spaziale perché tratteggia come negativo tutto ciò che è al di fuori del nucleo centrale e come positivo la città e il sovrano regnante. Temporale perché spesso si scandisce in tre parti: un’origine positiva da parte di divinità, una fase negativa con usurpatori e mal regnanti e di nuovo una fase positiva con il sovrano in carica. Questa letteratura di propaganda è dunque parziale e non accenna mai all’opposizione o alle minoranze, di cui poss...


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