Antropologia del mondo classico prima lezione PDF

Title Antropologia del mondo classico prima lezione
Course Antropologia
Institution Università degli Studi di Milano
Pages 4
File Size 191.1 KB
File Type PDF
Total Downloads 10
Total Views 143

Summary

Modulo A antropologia del mondo classico prima lezione...


Description

Prima lezione parte A Antropologia del mondo classico: introduzione Osservazione partecipante? Intervista etnografica? Dialoghiamo con fonti che non rispondono, con società fredde, ossificate, rispetto alle quali gli usi e i costumi non si modificano più, ma sono cristallizzati nel tempo, differentemente dalle società calda che variano nel tempo. Per l’antropologo culturale ovviamente questo non vale. La mitizzazione del ruolo dell’antropologo culturale da campo, figura super partes che con la sua presenza è in grado di innescare un meccanismo virtuoso che in effetti permette sul serio di ricostruire un’usanza, ci basiamo su una idea mitizzata dell’antropologo che in realtà non esiste. Ma l’oggetto dell’indagine se è attivo e caldo reagisce comportandosi talvolta nel mondo in cui l’antropologo vorrebbe che si comportasse, o ponendosi come antagonista rispetto all’antropologo es. Levi Strauss in Brasile. Ci si affida ad un interprete, o meglio, mediatori tra un mondo e l’altro che potrebbero non essere in grado di riportare ciò che vuole l’antropologo o ciò che volessero spiegare le comunità manca canone dell’obbiettività. Paradigma che più ci interessa scontro titanico che attraversa tutta l’antropologia sin dalle origine tra una categoria Etica ad una Emica( Kenneth Lee Pike):  Eticoarriva all’osservazione dell’oggetto di indagine già carico di paradigmi ermeneutici ben consolidati. Si ha già una sua idea in mente di come debba funzionare un certo fenomeno. Quindi ci si muove sulla base di un meccanismo di inversione. La specificità va perduta, modalità di approccio dell’alterità che pervade l’antropologia del mondo antico ancora oggi. Lavora sui contenuti e sul linguaggio. Es. Aribi comunità classica studiata da Mengè studio cerimonie legate alla nascita dei bambini. Es. Marineschi  tentazione di inserire un paradigma etico anche in un osservazione che è emica alla base Es. Anche Freud stesso è caso interessante, affronta studio dell’inconscio , indaga l’inconscio, si mette a disposizione dell’antico in molti casi offrendo un ulteriore strada ermeneuta, ma poi principi dell’approccio etico nello studio dell’antichità, si pensi ad Edipo, il suo studio si basa su un verso dell’Edipoo re di Sofocle dove Giocasta in preda al panico afferma “ Chi non ha sognato almeno una volta nella vita di fare l’amore con la propria madre”, ma il modo di sognare degli antichi è molto diverso dal nostro  compresenza di etico ed emico, impronta l’antropologia culturale e del mondo antico  Emiconon si forma un’osservazione pre studiata, si osserva in modo partecipe ma si è pronti a ricevere ed accettare qualsiasi riposta dal mondo che si sta osservando. Tuttavia la cancellazione di ogni coloratura etica nell’analisi di un fenomeno indagato dal punto di vista antropologico è del tutto impossibile, possiamo tendere all’utilizzo esclusivo di una dimensione emica, impossibile che un singulto di convenzione pregressa non naufraghi nella nostra riflessione ermeneutica. Un altro elemento importantissimo è il tema del comparatismo. L’antropologia culturale è sostanzialmente basta su un comparatismo Tendenza bulimica di esempi che sembrano creare uno stesso modello fino a creare una sorta di paralisi (Comparatismo selvaggio che non si pone limiti)

Greci e Romani a confronto

Due malattie antichissime, insieme la tentazione del ritorno all’origine dimensione dell’autenticità che per noi rappresenta la verità. A cosa serve indagine antropologica nell’uso del comparatsmo? Meccanismo di stabilizzazione politica e per legittimare la superiorità di un popolo rispetto ad un altro. Comparare serve per identificarsi e definirsi. (Erodoto primo tra gli antropologi dell’antica Grecia e Cornelio Nepote primo nell’antica Roma.) Ci troviamo di fronte a due forme di comparatismo diverse:  Una verticale di Nepote è una forma di comparatismo con la tradizione, viene evocato per cementare e legittimare oppure per rigettare una tradizione. Molto in uso anche nella contemporaneità . Tra noi e le radici. Tema che pervade la cultura romana. Dalla rapida scorribanda fra i mores dei Romani e dei Greci che costituisce la prefazione alla sua celebre opera (Liber de excellentibus ducibus exterarum gentium, praef 1 ss.), Cornelio Nepote traeva una conclusione di grande interesse: non si possono condannare i costumi altrui semplicemente perché sono diversi dai nostri. “Il criterio circa ciò che è conveniente o sconveniente (honesta atque turpia) - scriveva – non è uguale per tutti e ogni cosa va giudicata secondo le tradizioni dei propri antenati (omnia maiorum institutis iudicari)”. La riflessione di Nepote si muoveva lungo una via che - inaugurata a suo tempo da Erodoto e in seguito battuta dalla sofistica attraverso Miche de Montaigne sarebbe giunta fino al “relativismo culturale” di Melville Herskovits. Quello che ci interessa è evidentemente il metodo seguito da Nepote. Per sostenere questa sua posizione relativista, infatti, l'autore non si fa scrupolo di mettere a confronto Romani e Greci su temi tutt'altro che secondari, come le regole matrimoniali, il comportamento sessuale maschile e femminile e il concetto di “onore”. Nepote ci si presenta dunque come il primo antropologo comparativo della tradizione romana. Un civis Romanus punta lo sguardo sulla Grecia per individuare, comparativamente, le “differenze ”che intercorrono fra le due culture.  Orizzontale nel passo erodoteo vengono messi a confronto quasi con un ironia scientifica due popoli altri, per dimostrare il paradosso che ciò che è sacro e pure in una cultura non lo è in un’altra. Per Erodoto si veda qui sopra in particolare il celebre episodio in cui Dario mette a confronto Greci e Indiani Callati a proposito dei rispettivi riti funebri (Historiae ). Argomenti simili a quelli usati da Nepote, e in un contesto del tutto analogo, la relativizzazione del “bello” (kalon) e del “turpe” (aischron) , ricorrono in uno scritto sofistico di autore anonimo, e comunemente intitolato Dissoi.

Parte B Il velo Quali sono le categorie emiche dei popoli antichi? Abbiamo accesso a queste categorie in una maniera mediatica attraverso testimonianze scrittecultura testuale, ma anche visuale mediante patrimonio delle fonti epigrafiche e visive (immagini di vasi e rilievi), attraverso cui capiremo la cultura del velo. Per vocazione è una disciplina interdisciplinare, non si limita ad un unica tipologia di fonti, bensì permette uno sguardo più vasto, elaborano in maniera diversa lo stesso oggetto, ossia il velo. Vedremo:    

le 4 pratiche sociali legate al velo usi metaforici, per parlare delle emozioni il velo al maschile tematiche prettamente religiose

Definizione di velo: Il velo è un tessuto finissimo e leggerissimo, trasparente destinato a usi molteplici.  Assoluta e apparente contraddizione, vi è un ossimoro tra la sua funzione e materiale? Qualcosa di trasparente che permette la vista legato però all’idea di coprire. Quando pensiamo al velo pensiamo all’idea di coprire, ma è altrettanto importante l’idea del disvelamento e l’idea dello svelare, che permetta un rapporto diverso con il corpo di chi lo porta. Quindi questo ossimoro attraversa tutto il corso e le circostanze in cui ci si vela e si disvela. Cerchiamo di comprendere quali sono i nostri pregiudizi, idee preconcette che abbiamo nel guardare oggi a questo oggetto. In che modo possiamo relativizzare queste idee? Cercando di comparare  primo capitolo del manuale di Bettini. La comparazione deve andare in due sensi, nello spazio e tempo, e ci permette di identificare con precisione le nostre idee preconcette senza lasciare l’implicito, bisogna esplicitare le nostre idee prima di analizzare il materiale, essendo oggetto di dibattito contemporaneo. Attualità In realtà questo velo è molto sfuggente, ne esistono quante sono le declinazioni della religione musulmana, parliamo quindi di una varietà geografica, cronologica ma anche di statuto sociale o di età , nonostante sia usato massivamente in una società. La questione è delicata essendo oggetto di dibattito politico: uno di questi casi è proprio quello della Francia, il cui paese possiede un diverso concetto di lecito. Sin dall’800 applica distinzione tra ambito religioso, laico e pubblico. Nel 2004 è stata accettata una legge, molto discussa, che impedisce di portare segni e simboli religiosi in senso neutro quando si esercitano funzioni pubbliche o quando si è in un luogo aperto al pubblico. Ultimamente questo dibattito continua in ciclo in tutta Europa Argomento esploso in una società multiculturale, quindi ad oggi più sentito anche dall’opinione pubblica. Incremento della tematica si nota poi con una forte deviazione negativa a partire dall’11 settembre del 2001 con l’esplosione della convivenza con minoranze islamiche e terrorismo. A partire da questa data negli ordinamenti occidentali la questione di diritti culturali è andata ad appiattirsi molto sulla questione della libertà religiosa, o meglio quali sono i limiti che la politica dei paesi cosiddetti ospitanti può imporre alla libertà religiosa, laddove attraverso i simboli manifesti una non perfetta adesione a quelli che sono i valori fondamentali per l’ordinamento ospitante. In primis parliamo del velo, uno dei simboli più riconoscibili della religione islamica. La retorica che si è iniziata a diffondere dall’11 settembre è quella di una religione islamica non integrabile, che rifiuta il valore della convivenza, i valori dei nostri ordinamenti, allora bisogna intervenire in modo proattivo per imporre i nostri principi fondamentali e il rispetto dei nostri diritti fondamentali, in primis nei confronti della donna, laddove non vogliano conformarsi autonomamente. Il velo integrale è percepito negli ordinamenti occidentali come segno di sottomissione della donna e lesione dei suoi diritti e della sua libertà, incompatibile con la nostra parità di genere. Ci si è posto allora il problema della legittimità del velo integrale, e abbiamo risultati differenti tra gli ordinamenti europei, la Francia come già detto ha sposato un modello assimilazionista vietandolo nei luoghi pubblici aperti al pubblico, ritenuto non conforme alla pubblica sicurezza e alla dignità della donna, opposto il Regno Unito che lo ha ritenuto lecito in qualsiasi momento e situazione. In Italia rispetto ai due grandi

imperi coloniali europei, la questione si è posta in tempi più recenti, e non abbiamo una norma di riferimento generale che vieti o disciplini l’uso del velo integrale, la norma alcuni sindaci del nord Italia hanno deciso di inventarla, con decisione di forte connotazione politica, hanno adottato delle ordinanze per situazioni urgenti , operando automatismo che dovrebbe invece applicare il giudice, ritenendo che la donna che indossa il velo commette due reati: primo articolo 85 del turps del 1931 per cui è vietato apparire mascherato in luogo pubblico, e articolo 5 della legge 182, legge reale anti terrorismo per il riconoscimento della persona, nata durante gli anni di piombo. Viene messo fine al fenomeno nel 2008 con una sentenza del consiglio di stato: il velo non è una maschera, ordinanze quindi illegittime, ed inoltre la legge reale non punisce chi si nasconde il volto, ma chi nasconde il volto ai fini di garantirsi l’impunità con la commissione di un reato. La donna con il velo integrale è quindi giustificata attemperando alla sua religione. Divieto particolare potrebbe essere giusti, come nei casi degli obbiettivi sensibili, in luoghi dove la sicurezza è alta, e in alcuni casi potrebbe essere richiesta la rimozione del velo per il tempo necessario per l’identificazione. La Svizzera ha poi ultimamente avanzato una proposta di legge per sul divieto di dissimulare il volto, ciò dimostra come venga quindi associato il velo ad un comportamento violento. Pertanto notiamo come il dibattito del velo ce lo portiamo dietro. Possiamo completamente eliminarlo? E’ difficile, ma esserne consapevoli ci porta ad indietreggiare le categorie etiche per alzare la conoscenza di quelle emiche....


Similar Free PDFs