Antropologia delle religioni un\'introduzione - riassunto PDF

Title Antropologia delle religioni un\'introduzione - riassunto
Course Antropologia delle religioni
Institution Università degli Studi di Torino
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riassunto del libro di Enrico Comba...


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ANTROPOLOGIA DELLE RELIGIONI UN’INTRODUZIONE APPUNTI religioni storicheriduzione della complessità religioni indigenerecupero/esplorazione della complessità CAP 1 – RELIGIONI E COMPLESSITÀ la religione è l’epistemologia di una società, il suo sistema di spiegazione dell’universo e delle sue componenti (Black). la religione costituisce un sistema; 2 chiavi di lettura diverse: 1) Durkheim (riflesso/duplicazione del sistema delle relazione e istituzioni sociali) 2) Lévi Strauss (modello di ispirazione linguistica) è importante abbandonare la dimensione troppo astratta per volgersi alla pratica religiosa ritualericerca di efficacia pratica la fede di un soggetto religioso esprime il suo particolare coinvolgimento nell’incontro con la trascendenza il termine fede e religione appaiono fortemente improntati a un modello religioso di tipo monoteistico occidentale Bergson 1) religione “statica” (reazione difensiva nei confronti della complessità 2) religione “dinamica” (il misticismo, che apre alle innovazioni e alla creatività allo “slancio vitale”) un sistema religioso è quindi da un lato uno strumento per la costruzione del mondo che fornisce al pensiero una modalità attraverso cui stabilire un certo ordine; dall’altro è un modo per aprirsi alla complessità ed esplorarla, per gettare un barlume sullo sconosciuto i sistemi religiosi producono conoscenza nei due aspetti di: 1) insiemi di saperi sul mondo, natura, esistenza, significato della

vita e destino dell’uomo; 2) insieme di “saper fare”, di modalità attraverso cui agire nella vita quoditiana le religioni e il potere politicola dimensione del potere; il potere entra in gioco nel momento in cui si costruisce un ordine la religione presso i popoli indigeni si presenta coinvolgendo e permeando gran parte della vita sociale e delle attività quotidiane poche lingue al di fuori della civiltà occidentale (problema di etnocentrismo) nella quali sia possibile tradurre adeguatamente il termine “religione”. non c’è una parola comune alle varie lingue indoeuropee per descriverla. la stessa parola latina religio indica più uno stato interiore che una proprietà oggettiva. è stato proposto di abbandonare il concetto di religione e sostituirlo con quello di fede ma il problema di etnocentrismo non sembra risolversi dal tentativo di definire il termine religione emerge un quadro curioso: gli autori esaminati “sembra che si riferiscano, senza saperlo, a una sola e identica definizione, la quale diventa problematica solo allorché si cerca di renderla esplicita” la religione è quindi un’astrazione, una categoria priva di confini precisi: è impossibile tracciare una netta linea di divisione tra ciò che è religione e ciò che non lo è complessità religiosa ≠ da modernità o modernizzazione, la complessità di un sistema religioso non dipende necessariamente dal grado di complessità del sistema sociale “l’approccio che proponiamo in questo volume è la concezione di un sistema religioso visto come produzione di conoscenza che si confronta con il problema della complessità e tenta di dare una risposta agli interrogativi generati dalla complessità dell’esistenza” il discorso religioso nasce quindi da questa fondamentale esigenza di elaborare un ordine attraverso cui pensare ed

interpretare la realtà. ma il pensiero religioso fa qualcosa di più: il continuo riferimento ad un “oltre”, a un “altrove” “popoli indigeni” vista come un’etichetta ottocentesca di “popoli primitivi” questi sistemi religiosi non sono affatto semplici o elementari come volevano i teorici dell’Ottocento e del primo Novecento, sono anzi complessi, proprio perché meno differenziati e specializzati rispetto alle grandi religioni del mondo contemporaneo la riflessione, la ricerca, l’esplorazione intellettuale, perfino il dubbio e l’incredulità non sono affatto proprietà esclusive del pensiero occidentale James Boon”la controparte degli antropologi nelle società meno specializzate include gli sciamani, i trickster, i clown, e i personaggi simili a pazzi. queste figure, come gli antropologi professionisti, dubitano dell’assolutezza della propria cultura e dislocano l’immediatezza della vita sociale dei loro spettatori” Robert Segale propone a confronto: 1) atteggiamento epistemologicol’osservatore presume di conoscere di più di colui che pratica una religione (rapporto medico-paziente) 2) atteggiamento ermeneuticol’adepto religioso è visto come l’interlocutore di una conversazione il rispetto implica il riconoscimento che l’altro rivela una visione delle cose che va tenuta in considerazione come una tra le possibili interpretazioni funzione della religione svolgere un “ruolo strategico nell’impresa umana di costruzione del mondo”, fondere i significati sociali con i significati fondamentali inerenti all’universo. in questo processo la costruzione di un ordine sociale e cosmologico significa “decomplessificare” la realtà e renderla più afferrabile, più

controllabile. tuttavia “tutti i modi socialmente costruiti sono intrinsecamente precari”. vari aspetti della vita individuale e collettiva rendono evidente che il mondo possa avere un altro aspetto oltre a quello consueto “normale”. da un lato quindi i sistemi religiosi sono tentativi per ingabbiare la complessità sfuggente e inquietante dell’universo in un sistema di ordine e di formule dottrinali, dall’altro l’esperienza umana conduce continuamente verso i limiti di queste formulazioni, verso ciò che trascende o va oltre l’ordine del cosmo. “in questo contesto siamo portati a pensare all’esperienza religiosa come a una fonte di conoscenza per quanto si trova nell’Aldilà” la tradizione non è affatto la riproduzione uniforme e monotona di modelli trasmessi […] la ripetizione rituale, che rimanda a una concezione ciclica del tempo e a un modello mitico ritualizzato ogni volta, svolge però anche una funzione di costruzione del tempo e delle attività sociali: “serve non solo a computare il tempo, ma anche a crearlo […] la messa in opera di un evento rituale “serve effettivamente a iniziare, delimitare e costruire un nuovo tempo” (Gill) il ricorso a riferimenti a diversi livelli dell’esistenza, a dimensioni nascoste e invisibili della realtà, alla presenza di forze e poteri che si sottraggono al controllo dell’umanità, non è una bizzarria o una speculazione che si contrappone all’esperienza empirica del mondo e della realtà, ma è uno strumento che fa parte delle modalità con cui gli esseri umani interagiscono con la realtà nel quadro di un sapere cosmologico ed epistemico CAP 2...


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