Appunti - filosofia del diritto - il pensiero di Bruno Romano - a.a. 2015/2016 PDF

Title Appunti - filosofia del diritto - il pensiero di Bruno Romano - a.a. 2015/2016
Author Angelica Forte
Course Filosofia del diritto
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunti relativi all'esame di filosofia del diritto sostenuto con la professa Avitabile. Esame sostenuto con esito 30/30...


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Bruno Romano Al fine di comprendere a pieno il pensiero di Bruno Romano non possiamo far a meno che volgere lo sguardo a quanto è stato scritto da Giovanni Del Vecchio il quale, afferma che, conoscere le singole norme non basta se non si volge lo sguardo allo spirito che le muove. Filosofia e Giurisprudenza pertanto non possono essere considerate come disgiunte ma bensì come congiunte, queste camminano di pari passo. Del Vecchio infatti afferma che se si dovesse parlare di diritto non prendendo in considerazione la filosofia, si potrebbe parlare, come affermato nella favola Kantiana di una testa senza cervello. Ad oggi infatti quando si parla di “ diritto” erroneamente di parla di mera applicazione delle norme, ma dobbiamo partire dal presupposto secondo il quale l’applicazione delle norme deve volgere lo sguardo al parametro soggettivo, al perché il soggetto abbiamo tenuto un determinato atteggiamento il quale a sua volta viene considerato avente rilevanza giuridica (parliamo pertanto della ricerca del perché, della ricerca della motivazione ultima). Il diritto proprio per questo non può essere considerato come mera scienza, le scienze infatti si basano sulla “ spiegazione “ ossia sulla descrizione di eventi i quali vengono considerati in egual misura da ogni singola soggettività , le scienze di fatto infatti tendono ad istituire meri uomini di fatto, astraggono dalla soggettività. Nel momento in cui infatti si parlasse di norme e principi come elementi fattuali della giuridicità questo porterebbe ad un non-senso, pertanto questi verrebbero considerate come immagini linguistiche vuote e prive di senso esistenziale. Volgendo lo sguardo ad i soggetti dobbiamo partire dal presupposto secondo il quale ogni soggetto è portatore di una verità ma tale verità non può essere considerata come “ assoluta “ ma bensì come una verità “ parziale” e pertanto le singole soggettività che costituiscono una comunità non hanno neppure queste la padronanza di una verità giuridica totale. Tali soggettività però vengono mosse, e questo da sempre da un’ansia di giustizia, infatti dobbiamo ricordare come il desiderio di giustizia precedeil desiderio di legalità il quale ne è il senso esistenziale. Poiché come abbiamo affermato precedentemente il diritto non può essere inteso secondo il pensiero di Romano, volto ad analizzare mediante una rilettura il pensiero posto in essere da Hurssel , come una scienza giuridica, volta ad un’ applicazione sistematica delle norme, vi è la necessità di un approccio interpretativo posto in essere dalla figura del giurista, tale attività interpretativa deve essere ritenuta come un’arte ermeneutica la quale si basa sui principi oltre-sistemici universali ( dobbiamo però ricordare come la macrocategoria dei principi si bipartisce in principi intrasistemici regionali, i quali ripropongono un carattere omogeneo, e principi oltre-sistemici universeali, ossia quelli appena citati). Solo a seguito mediante l’atto del giudizio posto in essere dal magistrato, viene determinata, mediante una definitiva valutazione le conseguenze riguardanti il singolo ritenuto come responsabile dell’evento riconosciuto come avente rilevanza giuridica. Riguardo alle norme, dobbiamo per giungere ad un’analisi attenta e puntigliosa, in quanto queste devono essere analizzate sotto due diversi punti di vista: 1. Fissità ; in quanto poiché generali ed astratte, sono rivolte a tutti e disciplinano una specifica quaestio avente rilevanza giuridica 2. Flessibili; poiché mediante il parametro interpretativo vengono applicate in modo differente in base alla mutevolezza dei soggetti Pertanto determinare, istituire ed applicare le leggi costituiscono un complesso di attività di “determinazione “ esclusivamente umane, che si applicano in modalità differenti a seconda della comunità dinnanzi alla quale ci si rinviene. Vi è dunque la necessità della chiarificazione dei due versanti del

fenomeno giuridico. Le norme, costituiscono una determinata fissità rivolta ad una normatività ideale, parliamo pertanto di finitezza normativa, a differenza dei principi generali del diritto i quali costituiscono l’attività creativa ed infinita della soggettività umana. La distinzione tra le due è resa possibile secondo quanto affermato da Husserl volgendo lo sguardo alla “ capacità di tematizzare “anche denominata come atteggiamento teoretico, l’atteggiamento teoretico nel giurista segna la critica che questo fa al diritto positivo , in quanto il giurista pergiunge sempre alla ricerca del senso, delle motivazioni universali, discutibili mediante il dialogo. Davanti alle norme il giurista assume un duplice atteggiamento: 1. PASSIVA RICEZIONE delle norme in quanto devono essere prese in considerazione dal giurista nel momento stesso in cui il legislatore le ha poste in essere 2. ATTIVA RIPRESA nel momento in cui volgendo lo sguardo alle norme, pone in essere una chiarificazione di queste mediante il parametro interpretativo Sottolineiamo pertanto come mentre le scienze “ spiegano”ossia, descrivono il susseguirsi degli eventi, reso già noto agli altri in egual modo, il diritto congiunto alla filosofia volge lo sguardo al parametro motivazionale, alla ricerca del perché; la motivazione dobbiamo ricordare che deve essere ritenuta come mera attività umana altrimenti parleremo di combinatoria di elementi mai imputabili ad un’intenzione. Tale motivazione viene presa in considerazione nella sfera giuridica, dal giudice il quale svolge un ruolo fondamentale ossia quello di porre in essere una sentenza la quale non viene situata solo nell’ambito della correttezza formale questo poiché sorge mediante il libero convincimento. La motivazione, il convincimento ed il libero giudizio fanno riferimento, tutti, alla norma originaria Urnorm la quale afferma il principio di uguaglianza, tutti gli uomini sono uguali in quanto singole intersoggettività, ed l principio di legalità inteso come il riconoscere un eguale dignità morale ai singoli. Pertanto possiamo concludere dicendo che i soggetti sono inoggetivabili, ed i loro diritti devono essere considerati come inviolabili. Ogni soggetto inoltre, si rispecchia nell’altro in un reciproco “ rispecchiamento dell’alter ego”. Questa reciprocità è propria di ogni soggetto umano, in tutte le condizioni dell’intersoggettività. Infatti ricordiamo come il riconoscimento sia possibile solo tra esseri aventi una creatività. Inoltre tendiamo a costatare come ogni individuo in quanto libero e non sottoposto ad un dominio ingiusto basato su un parametro di sproporzione, è responsabile delle proprie azoni. La responsabilità a tal proposito deve essere ritennuta come il luogo dell’imputabilità giuridica. Al fine di perseguire nuovamente la chiarificazione riguardante le norme ed i principi possiamo volgere lo sguardo a tre binomi: o

o

finito/infinito dove, le norme rappresentano la finitezza, in quanto disciplinano una serie di eventi in relazione ad una modalità oggettiva, a differenza dei principi i quali rappresentano l’infinitezza volta a motivare le norme in relazione alla soggettività dinnanzi alla quale ci si rinviene, parliamo pertanto dell’attività creativa-ermeneutica posta in essere dal giurista. Il finito pertanto rappresenta tutto ciò che è legale, la sfera entro la quale il giurista ed il magistrato devono agire a differenza dell’infinitezza la quale rappresenta la ricerca del giusto ( mediante il parametro interpretativo mezzi / fini , dove il fine deve essere considerato come lo scopo scelto ed istituito dalle motivazioni umane, mentre le norme come mezzi, volti al raggiungimento di tale scopo. Pertanto possiamo sottolineare come i principi debbano essere ritenuti equivalenti agli scopi mentre i mezzi alle norme.

o

Umano/non umano, dove ciò che è umano avvolge la sfera della spiritualità, comprensibile mediante motivazioni ( le quali devono essere considerate come atti meramente umani), mentre ciò che è non umano avvolge la sfera naturale-oggettiva comprensibile mediante mera spiegazione ( descrizione)

Pertanto definendo in modalità macroscopica il binomio norma/principio possiamo affermare che le norme chiudono l’atteggiamento dei singoli nei riguardi degli altri in quanto si basano su un parametro di certezza, mentre i principi si aprono all’interpretazione, questi infatti si basano su un parametro di incertezza. A tal proposito non possiamo far a meno che non trattare al fine di comprendere a pieno tale quadro espositivo , di URNORM e GRUNDNORM (esaltata da Hans Kelsen). La norma originaria ( Urnorm) è alla base del diritto e esiste in quanto esiste la soggettività dell’io. La norma fondamentale invece (Grundnorm) è presupposta ma non presuppone la soggettività dell’io. È da considerarsi come un mero dato fattuale, secondo Kelsen il diritto esiste in quanto esiste una norma fondamentale a cui si riferisce, la quale stabilisce solo ed esclusivamente l’esistenza delle norme. Ricordiamo pertanto come per Kelsen esistono tante norme fondamentali quanti sono gli ordinamenti giuridici, che queste sono presupposte e pertanto non possono essere messe in discussione mediante il principio dialogico principio base invece della norma originaria. La norma fondamentale pertanto si basa su un carattere logico- conoscitivo proprio di una ragione tautologica. Costatiamo infatti come in Kelsen i principi generali del diritto possono essere unicamente principi generali intra-sistemici discendenti da una norma fondamentale, che individua e confina quel sistema giuridico conferendogli una forma che lo differenzia da altre forme di altri ordinamenti giuridici. Possiamo così concludere tale riflessione affermando che non esiste un principio o norma fondamentale ma più principi e più norme fondamentali, le quale però sono sempre come affermato precedentemente PRESUPPOSTE, possiamo così definire il pensiero Kelseniano come un pensiero monistico. Quanto al diritto in Ulpiano la riflessione sul principio coglie significativamente tre principi : a) Vivere onestamente b) Non danneggiare alcuno c) Dare a ciascuno il suo Il questionare sulla parola, sulla forma e sul principio però è un attività di ricerca dialogica basata su un interrelazione basato su un rapporto domanda/risposta, a tal proposito al fine di definire più specificamente il principio dialogico non possiamo non riproporre il binomio Principio di ragione /Principio dialogico. Il Principio di ragione, si rifà alla norma fondamentale ( presupposta) in quanto si basa su un carattere logico/matematico non emerge il parametro della “ ricerca “ il quale invece emerge mediante, Il Principio dialogico, il quale si basa sulle relazioni tra i soggetti, ed emerge il parametro della ricerca, in quanto viene fattto proprio da questi. Gadamer inoltre si sofferma sulla distinzione tra Comprendere/conoscere, dove, la comprensione si basa sul principio dialogico ( arte ermeneutica) in quanto non è da intendersi come qualcosa di presupposto, a differenza dela conoscenza la quale deve essere intesa come ricognizione matematica degli oggetti. Altro aspetto cardine del pensiero di Romano è quello della situazione – limite la quale viene trattata in primis da Jaspers, il quale descrive questa come caratterizzata dalla lotta, dal dolore, dalla colpa e dall’avere dinnanzi a se la morte. Tale situazione però non può essere ne evitata dall’uomo in quanto è parte integrante della vita di questo ne può essere superata mediante una modalità macroscopica, l’uomo pertanto dinnanzi a questa può assumere due tipologie di atteggiamenti:

a) Rassegnazione all’insuperabilità della situazione limite b) Tentare di superare tale situazione limite Jaspers conclude dicendo che gli uomini non si orientano dunque solo verso le norme o solo verso i principi ma verso entrambe. Tale situazione limite però non viene riconosciuta da Kelsen, il quale ne dichiara l’inesistenza, egli infatti afferma che esiste un solo diritto il diritto positivo il quale si basa sulla norma fondamentale e conseguenzialmente ai principi intra sistemici regionali. Nel trattare di situazione limite ci riusciamo ad addentrare nell’approfondimento riguardante il principio di uguaglianza e il principio di identità. Notiamo come: o o

Il principio di uguaglianza, si riferisce a due termini ex. A=B Il principio d’identità ,invece si riferisce ad un solo termine ex. A=A

Nel momento in cui parliamo di principio di uguaglianza non possiamo far a meno che non prendere in considerazione l’art 3 della Costituizione italiana il quale afferma che tutti siamo uguali davanti alla legge ( si volge lo sguardo ad una pluralità di soggetti i quali però in quanto uomini presentano un medesimo grado di soggettività giuridica), mentre nel momento in cui parliamo di principio di identità parliamo del singolo inteso come centro di imputazioni di diritti ed obblighi.

Luisa Avitabile Il pensiero di romano si basa su tre grandi binomi : o o o

Principi/Norme Urnorm/Grundnorm Norma originaria/Norma fondamentale

L’analisi critica dell’ingiustizia inoltre viene implementata quando il rapporto tra norme e principi generali è discusso secondo l’articolazione armonico/disarmonico. Jaspers come già affermato precedentemente parla di situazione limite sottolineando così uno stato di perpetua sofferenza esistenziale dell’uomo dove l’invalicabile è rappresentato dall’ingiustizia sociale. Dunque costatiamo come il soggetto nel momento in cui deve essere giudicato viene permeato da una sensazione di timore e tremore di ingiustizia in relazione alla sentenza la quale deciderà in definitiva della propria persona, inotre la sofferenza è intensificata dalla distonia tra norme e principi. Nel momento in cui parliamo di Sofferenza però dobbiamo declinare due momenti quello di una dimensione armonica in primis nel momento in cui il soggetto ha l’aspettativa di una decisione giusta per la propria persona, e quello di una dimensione disarmonica nel momento in cui si concretizza un limite di ingiustizia. Per Jaspers inoltre la situazione limite intesa come “ lotta “ non può ne essere negata ne essere affermata, gli unici due atteggiamenti che il singolo può assumere sono quello di: a) Assumere una posizione di potere b) Sopportare la situazione limite intesa come “lotta”

L’uomo dinnanzi alla situazione limite così come definito da Jaspers può qualcosa grazie all’apertura alla Urnorm la quale mediante il principio dialogico va alla ricerca del giusto nel legale. Volgendo particolare attenzione alla realtà attuale, costatiamo come questa sia caratterizzata da una crisi dei mercati finanziari e da un’humanitas fugace, pertanto l’Urnorm la quale si cala nella realtà concreta, nella dimensione umana, scavalla i confini della Grundnorm . Gadamer in relazione a quanto affermato riguardo la situazione limite, afferma come il limite sia una condizione insuperabile dell’esistenza umana e lo ripercorre sino ai gangli della comunicazione. Il logos dunque non deve essere inteso come mera trasposizione di informazioni ma come Principio Dialogico basato su un rapporto diretto tra un Io ed un tu, in relazione ad un rapporto di domanda/riposta. Ogni soggettività la quale si rinviene nella situazone limite caratterizzata come abbiamo affermato precedentemente esponendo il pensiero di Jaspers, dalla lotta, colpa, dolore, e dal trovarsi dinnanzi alla morte, seppur schematizzata mediante parametri oggettivi deve essere analizzata dal punto di vista della soggettività, infatti ogni individuo affronta in maniera differente tale situazione limite. Pertanto: o o

Urnorm, deve essere considerata come genesi del diritto , la quale deve essere considerata come APERTA, e custode della soggettività giuridica Grundnorm, deve essere considerata invece come chiusa e autoreferenziale, in quanto rivolta al giusto o ingiusto, e tenta di spiegare mediante caratteri procedurali logico-matematici il diritto

Soffermandoci sull’HUMANITAS possiamo notare come questa possa essere analizzata in relazione al principio, come: o o

Humanitas nel principio, ma questa si baserebbe su un mero identitismo monologico esaltato da Kelsen Humanitas con il principio , intesa mediante il rapporto posto in essere tra i singoli basato sul dialogo tra questi

Assolutizzare però il concetto di “ Humanitas con il principio “ sarebbe scorretto in quanto l soggetto “ sceglie il principio dialogico” ma non presenta una consapevolezza piena di ciò che è giusto o ingiusto in quanto il singolo deve essere considerato esclusivamente come portatore di una verità parziale. A tal proposito notiamo come nel momento in cui l’ingiusto viene legalizzato , il soggetto vede violarsi intimamente, la violazione della sua dignità, il soggetto pertanto non è totalmente aperto o chiuso all’ingiusto o giusto ma il principio dialogico si rafforza mediante un confronto reciproco tra un “ io ed un tu”. In un’opera del 1983 ristampata nel 1999 “ Soggetto, libertà e diritto” , Romano affronta la questione della situazione limite soffermandosi sul parametro riguardante la libertà, la quale non deve essere ritenuta una libertà-con ma una libertà-dà , in quanto altrimenti emergerebbe l’idea kelseniana volta alla chiusura al principio dialogico, il quale invece emerge nel momento in cui si fa prevalere il concetto di libertà-da sottolineando l’aspetto secondo il quale, il soggetto libero è responsabile direttamente delle proprie azione e per questo è avvolto anche da un sentore di paura, riguardante la consequenzialità delle attività poste in essere da questo.Nella situazione limite dunque, il diritto può essere considerato sotto un duplice punto di vista: o

Assolutizzazione del concetto di stuazione, si può dunque parlare di propulsione ad una forma defnita-definitiva chiusa ed esaustiva;

o

Legame con il limite, di apertura verso itinerari storico creativi, mai totalmente definiti.

Volgendo a conclusione non possiamo far a meno che non risotto lineare il pensiero di Romano, il quale abbraccia a pieno le parole di Giovanni del Vecchio affermando che il diritto non deve essere considerato come una scienza e pertanto analizzato mediante parametri logico-matematici così come quelli descritti da Kelsen, ma deve essere considerato mediante la congiunzione di diritto e filosofia, Giurisprudenza (ius, dritto; prudentia, prudenza) la quale si apre al principio dialogico e alla ricerca di motivazioni, raggiungibili mediante l’interpretazione normativa fatta del giurista.

Gianpaolo Bartoli NORMA FONDAMENTALE E NORMA ORIGINARIA Il diritto deve essere considerato il fondamento unitario tra le norme, non può essere considerato come una norma tra le norme ne la somma di tutte le norme. Al riguardo possiamo delineare la distinzione tra norma fondamentale e norma originaria. o

o

Norma fondamentale , si basa su un percorso validativo volto alla relazione interumana, per Kelsen questa conferisce validità alle norme, ed afferma che le norme fondamentali sono tante quanti sono gli ordinamenti, e che queste non possono essere messe in discussione in quanto sono “presupposte” . Questa inoltre in quanto presupposta e non può essere messa in discussione non può essere neppure contraddetta, parliamo pertanto di “ Principio logico di non contraddizione “ Norma originaria, è alla base della questione della giuridicità e si basa sul Principio dialogico, volto ad una continua ricerca e mutevolezza normativa, la quale volge particolare attenzione all’aspetto qualitativo.

DIRITTO E DIALOGO Si può affermare che il “ Diritto si dà per darsi alla pluralità di soggetti in relazione “. La relazione si determina in quanto ogni soggetto pretende nei riguardi del’altro ,la pretesa ovviamente, determina comunicazione, altrimenti non sarebbe possibile. La relazione basata sulla comunicazione, viene considerata plausibile solo tra soggettività le quali si riconoscono le une con le altre come “ esseri parlantI “ aventi capacità creative. Quando il soggetto parla sta dando forma ad una sua ipotesi che però è possivile solo perché ognuno è interno al linguaggio, e ricordiamo pertanto che l’ipotesi esiste solo nel momentto in cui vi è il confronto con l’altro. Fondamentale è anche il momento della terzietà è...


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