Archeologia Romana MOS Maiorum i valori della romanità PDF

Title Archeologia Romana MOS Maiorum i valori della romanità
Author Ophelia Green
Course Storia Romana
Institution Università degli Studi di Torino
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Appunti Laezioni di Archeologia Romana MOS Maiorum i valori della romanità...


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I VALORI DELLA ROMANITA'

MOS MAIORUM CICERONE "Resta, o Quiriti, che voi perseveriate in codesto proposito che portate avanti a voi. Farò dunque come usano i comandanti dopo aver schierato l'esercito che sebbene vedano i soldati molto preparati al combattere tuttavia li esortano; così io esorterò voi ardenti e sollevati a recuperare la libertà. Voi non avete, o Quiriti, non avete da combattere con un nemico tale col quale si possa stabilire una certa condizione di pace: infatti quello non desidera, come prima, la vostra servitù, ma ora, irato, il sangue. Nessuno spettacolo gli sembra essere più piacevole quanto il sangue, quanto la strage, quanto l'eccidio dei cittadini davanti agli occhi. Voi non avete a che fare, Quiriti, con un uomo scellerato e crudele, ma con una grande e orribile belva che, giacché è caduta in una fossa, deve essere sepolta. Se infatti uscirà di lì non potremo evitare la crudeltà di nessun supplizio. Ma ora è preso, è stretto, è pressato con quelle milizie che già abbiamo e fra poco da quelle che i nuovi consoli allestiranno fra pochi giorni. Gettatevi nell'impresa come fate, o Quiriti.

VESPASIANO Mai fu maggiore il vostro consenso in alcuna causa, mai foste tanto ardentemente uniti col senato. Né è strano: si tratta infatti non in quale condizione potremo vivere ma se potremo vivere o dovremo morire tra supplizi e vergogna. Sebbene la natura abbia destinato per tutti la morte, la virtù, che è propria della stirpe e della generazione romana, è solita respingere la crudeltà e il disonore della morte. Conservate di grazia questa virtù, Quiriti, che i vostri antenati vi hanno lasciato in eredità. Tutte le altre cose sono false, incerte, caduche, instabili: la virtù soltanto è fissa con radici saldissime; la quale mai può essere scossa con alcuna forza, mai essere smossa dal posto. Con questa virtù i vostri antenati prima vinsero tutta l'Italia, poi abbatterono Cartagine, distrussero Numanzia, ridussero sotto il potere di questo impero re molto potenti, genti molto bellicose." Il termine mos, plurale mores, i costumi, indicava in genere i mos maiorum o mores maiorum, cioè i costumi degli antenati, che permeavano tutta la gloriosa tradizione romana. All'inizio infatti, nell'età protostorica, le fonti dei mores era il comportamento dei patres, i quali erano i genii all'interno della famiglia dove i più anziani erano i sacerdoti.

Come scrisse Festo: « Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità. » Dunque i mores erano le credenze e le cerimonie che univano un popolo, ma anche i cosiddetti valori della romanità, attinenti soprattutto al periodo regio. Secondo Gaio e Sesto Pomponio i mores erano gli usi e i costumi delle tribù che si unirono e formarono Roma, insomma dei modelli di comportamento pertinenti alle familiae e successivamente, dalla metà dell' VIII sec. a.c. alle gentes, sempre rispettando le decisioni dei sacerdoti. Questi mores furono raccolti dai sacerdoti stessi, tramandandoli oralmente, o attraverso archivi segreti. Dionigi d'Alicarnasso scrive che le prime leggi scritte furono opera di Romolo, perchè fino ad allora erano i sacerdoti o i capi tribù a far rispettare la tradizione orale. Sesto Pomponio scrisse che con i primi re iniziarono comunque le norme scritte dando luogo alle prime leggi, promulgate, come riferiscono anche Plutarco e Cicerone, dai re, o dal Pontefice o da entrambi unitamente. Che i re desiderassero garantire il popolo con leggi scritte fu un grande passo di civiltà, in un mondo dove i re, i capitribù e i padri di famiglia erano i dittatori assoluti del loro ambito. Secondo alcuni il primo libro di norme fu il "Liber Numae" di Numa Pompilio, non pervenuto, e i "Libris Pontificalis", non si sa se fossero un'opera a parte o una sezione del Liber, ma si sa che raccoglievano le norme di Romolo e quelle di Numa Pompilio nonchè i riti sacerdotali derivati dai mores. Poi ci fu il "Commentarius" di Servio Tullio e più tardi i "Libris Sibyllinis", soprattutto a base di rituali, che ricevette Tarquinio il Superbo dalla Sibilla, tutti comunque scomparsi per l'incendio di Roma nel 390 a.c. ad opera dei Galli di Brenno. Comunque, sia le pratiche tradizionali che i rituali arcaici risalivano alle consuetudini collettive. Mentre i mores identificano i costumi e usanze divengono contemporaneamente strumenti portatori di valori assumendo una caratteristica di ideologia, soprattutto nell'età imperiale, rappresentando non singoli costumi da seguire ma un esempio di virtù che si devono avere per far del bene alla comunità romana. A questo proposito il fondamento dei mores maiorum era basato su cinque virtù fondamentali: fides, pietas, majestas, vistus e gravitas. FIDES La fedeltà, la lealtà, la fede, la fiducia e reciprocità tra i cittadini, ma pure verità, l'onestà ed affidabilità. Il poter confidare sulla parola data, senza contratti nè testimoni. Dalla fides derivò la "bonae fidei" ( "in buona fede" che diventò termine giuridico) o "fidem habere" ( "per essere credibili", oppure "avere fiducia"). Nel diritto romano, fides è stato

estremamente importante, poichè, come in tutte le culture antiche, i contratti verbali erano frequentissimi nella vita quotidiana romana, e così la buona fede permetteva transazioni commerciali fatte con maggior fiducia, ma la fides si riscontra anche nel rapporto tra patronus e cliens o tra coniugi, ecc. Se questa buona fede viene tradita, la persona offesa potrebbe intentare una causa contro l'altra che non ha rispettato la buona fede. Fides fu un culto molto antico, il primo tempio in suo onore risalì a Numa Pompilio, nella città di Roma. Era la Dea della buona fede e presiedeva ai contratti verbali, descritta come una vecchia donna, ma rappresentata sempre come giovane, di età superiore a Giove, evidentemente una Dea preesistente. Il suo tempio è datato intorno al 254 a.c. e si trova sul colle Capitolino di Roma, vicino al Tempio di Giove. Livio narra che i suoi rituali venivano effettuati dai flamines maiores, che erano i sacerdoti più importanti, dopo il Pontefice. Questi sacerdoti ponevano Fides in un carro trainato da una coppia di cavalli per celebrarla in processione nella sua festa. Si riteneva che la Fides abitasse nella mano destra di un uomo, la mano dei giuramenti, rappresentata durante l'Impero Romano sulle monete con un paio di mani coperte, a simboleggiare la credibilità delle legioni e dell'imperatore. Da lì nascerà il giuramento nei vari tribunali del mondo civile antico e moderno imponendo la mano destra su un libro, civile o sacro secondo i casi. Augusto ne celebrò la Fides Augusta, perchè in Augusto e il suo governo si poteva aver fede.

DEA PIETAS CON LA CICOGNA

PIETAS La pietà, la devozione, il patriottismo, la protezione e il rispetto. Pietas non è l'equivalente del

moderno derivato "pietà". La Pietas era l'atteggiamento romano del dovuto rispetto verso gli Dei, la patria, i genitori, i parenti, famigli e schiavi. All'inizio riguardava la famiglia e la fiducia e rispetto tra coniugi poi la concezione del rapporto si estese tra uomo e divinità, un senso di dovere morale nell'osservanza dei riti (il cultus) e nel rispetto agli Dei. Secondo Cicerone, "pietas è la giustizia verso gli dei," e, come tale, richiede un'accurata osservazione dei rituali per il sacrificio e una corretta esecuzione, ma anche la devozione e rettitudine interiore della persona. Alla Dea, come narra Livio, venne dedicato un tempio nel 181 a.c. Sempre seguendo la Pietas, Giulio Cesare dedicò nel 48 a.c., dopo la battaglia di Farsalo, un tempio a Venere Genetrice, madre di Enea antenato dei Julii (gens di Giulio Cesare). Augusto, dopo la morte di Marco Antonio e Marco Emilio Lepido fece edificare un tempio a Cesare, per onorare il suo padre adottivo. Così alcuni romani, in qualità di pii cittadini, adottarono il cognomen Pio. L'imperatore Antonino Pio ricevette questa aggiunta al suo nome per aver convinto gli anziani del Senato a divinizzare il suo padre adottivo, l'imperatore Adriano, e per la pietas mostrata verso il padre naturale. Come gli altri concetti astratti della cultura romana, pietas apparso spesso in forma umana, una donna talvolta accompagnata da una cicogna. Venne adottata da Augusto come pietas Augusta in nome della sua pietas, come si può vedere sulle monete del periodo. Però Cicerone, nel "De Inventione", illustra la pietas più alta, quella del rispetto del cittadino nei confronti dello stato che nel "De republica" definisce la pietas maxima. Con Virgilio, nell'Eneide, la pietas viene a identificarsi con l'humanitas e la misericordia e si trasforma da rispetto per i consanguinei a pietà per la sofferenza altrui.

MAJESTAS La Majestas sta ad indicare nella Roma antica la dignità dello stato come rappresentante del popolo. Proprio questa rappresentanza da parte prima delle istituzioni repubblicane poi dall'impero ha fatto sì che l'imperatore stesso fosse investito di questa majestas come rappresentante del popolo. Da qui il reato di laesa majestatis ovvero crimine verso lo stato per coloro che deturpavano le opere pubbliche, o nei confronti dell'imperatore o del senato romano rappresentanti la majestas e le punizioni potevano essere severe perchè il crimine veniva visto come lesione all'intera comunità che l'imperatore e il senato o gli organi del governo romano rappresentavano. Majestas ha anche il significato della grandezza di un popolo, cioè l'essere fieri di essere un appartenente al popolo romano, come il miglior popolo che è superiore e migliore rispetto agli altri popoli per civiltà, cultura e costumi.

VIRTUS Virtus deriva dal termine latino vir, uomo, e comprende ciò che costituiva l'ideale del vero

maschio romano. Il poeta Gaio Lucilio sostiene che è virtus per un uomo sapere ciò che è bene, il male, inutile, vergognoso, o disonorevole. In origine designava il valore in battaglia dell'eroe e del guerriero, poi si estese ad altre attività. La virtus è tale solo se non è messa al servizio di mire personali come la ricerca del potere ma per l'interesse della comunità romana. La virtus si trasmetteva di padre in figlio e i discendenti di uomini con virtus avevano l'obbligo di seguire le orme dei propri padri e dimostrare essi stessi di avere virtus. Poi a partire dal I sec. a.c. si avrà la concezione che la virtus non è una virtù ereditaria ma anche un civis novum può ottenerla con le sue gesta e superare le gesta degli antenati.

GRAVITAS Da non confondersi con la parola moderna gravità, tutte le regole di condotta del romano tradizionale: rispetto per la tradizione, la serietà, la dignità, l'autorità e l'auto-controllo. Di fronte alle avversità, una "buon" romano deve essere imperturbabile, come Gaio Mucio Scevola che, minacciato di tortura da re Porsenna se non rispondeva alle sue domande su Roma, pose la mano destra sul fuoco con grande gravitas, si che il re colpito da tanto valore rinunciò al dominio di Roma. Questo contegno vale per il periodo arcaico e in parte repubblicano. Invece per l'età imperiale la gravitas appare molto meno negli scritti e dove se ne parla il concetto è cambiato, configurandosi come gentilezza, cortesia e disponibilità. Qualcuno vi vede una sorta di cortigianeria, ma gli imperatori intelligenti sapevano riconoscere gli amici dai servili, di certo Mecenate ad esempio non fu un cortigiano di Augusto ma un suo buon amico.

ALTRI VALORI DELLA ROMANITA' Oltre ai valori fondamentali dei mores gli imperatori con le loro decisioni stabilivano quali erano i valori da rispettare per una comunità migliore. Dall'altra però anche gli autori latini: retori,

storici, eruditi, giuristi, ecc. dicevano la loro su quali valori e buoni costumi basandosi molto sulla tradizione e i periodi precedenti senza trascurare le innovazioni. Il bonus civis ebbe perciò tantissimi altri valori oltre ai consueti: DIGNITAS La dignitas è la dignità e la situazione economica sufficientemente decente che danno prestigio al cittadino romano. Questo riguarda il rispetto degli altri in senso esterno e non interno come l'auctoritas. Dignitas è uno dei risultati finali volti a visualizzare i valori dell'ideale romano e il servizio dello Stato nelle forme di primato, posizione militare e magistrature. Dignitas è il valore di reputazione, onore e stima. Così, un romano che mostrasse loro Gravitas, Constantia, Fides, Pietas e altri valori, sarebbe diventato un romano in possesso di Dignitas tra i loro coetanei. Allo stesso modo, attraverso questo percorso, un romano potrebbe guadagnare auctoritas, cioè prestigio e rispetto.

AUCTORITAS

GIULIO CESARE - PATER PATRIAE L'Auctoritas è il valore del prestigio e della fiducia che gli altri accordano a un uomo, all'inizio collegato alla religione significava far accrescere, aiutare altri. In un secondo periodo divenne un valore laico, come l'affidabilità, l'ascendente cioè la sua capacità di influenzare gli altri, soprattutto in ambito oratorio. Questo secondo stato consiste in un equilibrio tra potere politico e prestigio sociale. Cicerone, invece la considera un insieme di Dignitas e Virtus. L'Auctoritas in questo caso è una

forma altissima di potere che non si ricollega necessariamente al potere politico ma esercita il comando tramite la forza di persuasione grazie al proprio carisma. L'Auctoritas implica una serie di diritti e doveri da chi ne è insignito come l'attribuire cariche pubbliche o tenere fede agli impegni presi. La figura che storicamente se ne avvicina è Ottaviano Augusto dove l'imperatore non esercita la sua autorità per i poteri che ha ma sa dar un ordine senza imporlo convincendo i propri sottoposti e avendo rispetto per le istituzioni pubbliche. GLORIA La Gloria è la fama che si ottiene dopo aver fatto azioni valorose, perciò strettamente collegata alla virtus, per non essere inferiore agli antenati. Elemento che caratterizza la società aristocratica all'inizio ma poi anche il civis novum. Si può anche esprimere come riconoscimento e lode da parte della comunità. Anche la Gloria in un primo momento viene ritenuta trasmittibile di padre in figlio e solo successivamente ritenuta da conquistarsi con le proprie gesta. URBANITAS e RUSTICITAS Urbanitas indica il buon gusto e lo spirito naturali privi di eccessi dell'uomo elegante e a modo. Al contrario la rusticitas indica maleducazione, ignoranza, mancanza di rispetto e di finezza. Con l'influenza greca nascono la raffinatezza, la cultura, la sottigliezza, l'argomentazione, il sofismo, l'eleganza e pure il lusso, in contrapposizione alla Rusticitas e all'Industia, ovvero chi si accontentava della vita semplice rustica della campagna dedita al lavoro. Queste due tendenze trovarono poi la giusta soluzione, ad esempio in Orazio che apprezza di tutto ridicolizzando però le estremizzazioni, in fondo è il principio della continentia: fare di tutto ma senza eccessi. HUMANITAS Humanitas è il valore che ci contraddistingue dagli animali e dalle belve feroci e agli esseri primitivi ovvero il valore della comprensione, della benevolenza, della cultura, del buon gusto e dell'eleganza. Humanitas relativo non al ruolo di cittadino o militare ma della persona in se stessa. l'Humanitas a un certo punto si fa però sempre più elitaria ovvero riguardante i ceti aristocratici che con la loro educazione superiore tentano di affinarla in disponibilità, indulgenza, mitezza, dolcezza, moderazione. Nel periodo imperiale questo valore si disgiunge dall'educazione superiore cessando di appartenere solo agli aristocratici, diventa invece affidabilità, gentilezza e buon carattere senza implicare l'educazione scolastica. CLEMENTIA La Clementia è il valore della clemenza cioè moderare l'animo nei confronti dello sconfitto senza esercitare vendetta, oppure la pietà del superiore che lenisce le pene dell'inferiore. È correlata alla Benevolentia o Magnitudo animi. È il comportamento di un uomo di potere in una determinata situazione, che non si fa dominare dall'ira e dalla crudeltà ma dalla benevolenza, rapporto per esempio del buon paterfamilias nei confronti dei figli alieni iuris o del buon romano verso i vinti.

Il campione di Clementia fu Cesare, seguito nell'esempio, ma non sempre con lo stesso successo, da Augusto. Molti scrissero che la clementia di Cesare fosse in realtà una strategia di potere, e in effetti lo era, Cesare era molto intelligente e capiva che la durezza provocava odio e ulteriore conflitto, tanto più che sui vinti c'era stata l'abitudine alla inflessibilità. Cesare perdonava i vinti e i nemici che si arrendevano a lui, il che facilitava molto la resa. Tuttavia sappiamo che chi è crudele trova mille scuse per esercitare la sua crudeltà, gli piace esercitarla e non può farne a meno. Solo chi ha la clemenza dentro può esercitarla fuori. Tuttavia Cicerone precisa che bisogna essere clementi contro chi si arrende e si sottomette, ma spietati con chi invece si ribella: gli hostes. Questa è una caratteristica dei Romani nei confronti delle popolazioni vinte soprattutto quando l'impero si estenderà in maggior misura concedendo anche agli stranieri posizioni di rilievo nella politica romana. Quindi grande accoglienza e possibilità a chi si arrende e si romanizza, distruzione a chi si oppone.

PAX Esistevano all'epoca romana due valori inerenti alla Pax: la Pax animi ovvero la serenità e tranquillità del singolo individuo e la Pax dello stato. Questo secondo valore inerente allo stato viene messo in rilevanza solo a partire dall'età augustea poiché dalla pax deriva il benessere e il buon sviluppo dello stato. Da qui viene a configurarsi come valore poiché dalla pax deriva l'impero e la situazione di sicurezza del singolo cittadino che non si vede più minacciato da guerre e può vivere serenamente. Già Cesare aveva dedicato templi alla Dea Pace nel 49 a.c. poiché si era reso conto dell'importanza per un popolo essere in pace, questa via fu poi proseguita da Augusto che ne incrementò il culto a Roma con l'Ara Pacis, un altare dedicato alla Dea Pace alla fine delle campagne militari in Spagna, naturalmente creandone la Pax Augusta. L' imperatore Vespasiano farà poi costruire il Tempio della Pace, ma anche precedentemente nell'età regia la pace assumeva una certa rilevanza, lo stesso Numa Pompilio voleva che il tempio di Giano fosse aperto in periodo di guerra e chiuso in quello di pace. Molti poeti insisterono sulla pace come portatrice di fertilità e benessere.

AMICITIA L'Amicitia nell'idealistica romana non intende semplicemente il concetto di amicizia tra singoli individui ma anche il legame di alleanza tra due nazioni, o il rapporto tra patronus e cliens. L'amicitia persegue e protegge comuni interessi. Il termine si avvicina anche al nostro soprattutto nel II sec. d.c. collegato ad amicus e ad amor. Lo stesso cliente del patronus veniva definito amico anche se c'era una differenza di trattamento tra clienti più intimi e quelli considerati diciamo meno amici, in realtà chiamare amicus il cliens era semplicemente un fenomeno di cortesia poteva chiedere o imporre di essere salutato con gli onori del caso.

OTIUM Se per il modello di cittadino arcaico l'Otium significava assenza di occupazione mentre il cittadino-soldato ideale alla Coriolano o coltivava o guerreggiava, in età repubblicana viene a identificarsi con Cicerone con la colpevole mancanza di attività. Con l'influenza greca però si vede invece l'otium come riposo dalle attività quotidiane nei confronti dello stato ma attività di studio intellettuale, da cui nasce poi lo sforzo di Cicerone di vedere l'otium come attività positiva seppure con delle differenze da quello greco. Infatti nel caso romano non è tanto la tranquillità dell'esistenza privata dedicata a letteratura e filosofia, ma anche, nello stesso Cicerone, attività politica volta a migliorare la città. Nella tarda repubblica così si individuano due otium: otium luxuriosum dedito a occupazioni di nessuna utilità o vergognose e otium tranquillum sereno e imperturbato del saggio che lavora intellettualmente. SIMPLICITAS È il concetto di vivere secondo le origini in maniera semplice tipico dell'età arcaica, nell'età repubblicana assumerà un notevole valore ma pure rischioso, poiché espone il ...


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