Arte Greca PDF

Title Arte Greca
Course Archeologia e storia dell'arte greca
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Riassunto per l'esame di Archeologia Greca, con parte di appunti e di sintesi dal manuale di arte greca, con tutte le opere necessarie per l'esame....


Description

Arte Greca – Giorgio Bejor 1) L’età protogeometrica e geometrica (X-VIII a.C)

Porta dei Leoni a Micene: La porta dei Leoni, o meglio, delle Leonesse, è l’ingresso monumentale, sulla cinta muraria, alla città di Micene. Quattro grandi pietre costituiscono la soglia, gli stipiti e l’architrave della porta. Un grande rilievo (3m) occupa il triangolo di scarico sopra l’architrave; vi è raffigurato il famoso motivo delle leonesse affrontate che appoggiano le zampe anteriori sulla base di una colonna che le divide. Discordi sono le ipotesi sul significato di questo rilievo, che era posto a difesa simbolica della cittadella, protetta dalle robuste mura risalenti al XIV-XII a.C. Cratere geometrico (GT) da Tebe. Coppa di Nestore: Coppa Rodia (TG) dalla necropoli di Pithecusa. Le soluzioni architettoniche si sviluppano da due fondamentali tipologie planimetriche: il megaron miceneo e l’ oikos. Il megaron è un edificio a vano rettangolare, allungato, con terminazione ad abside (ortogonale) → diventerà la casa del Dio, o comunque un luogo di culto (dedicato, delle volte, a sacrifici) L’oikos è un ambiente quadrangolare di modeste dimensioni (absidato e normale). Era una tipologia di abitazione molto comune → adottato per piccoli edifici templari, i naiskoi. Heroon – Lefkandi (X a.C.): E’ un edificio monumentale di pianta rettangolare allungata, terminante con un’abside e accessibile dal lato corto tramite un’anticamera; l’interno è scandito in una serie di ambienti accostati l’uno l’altro e comunicanti tra loro. Costruito su una fondazione di pietre, con un alzato in mattoni crudi e un tetto a doppio spiovente in canne e paglia; il peso del tetto era sostenuto sia da una fila di pali lungo l’asse centrale, sia da un recinto di oltre sessanta pali tutto intorno la struttura, l’edificio è la sepoltura di un re locale. Fu scoperta una tomba, scavata nel pavimento e suddivisa in due scomparti: uno conteneva le ceneri, avvolte in un drappo e deposte in un’anfora, di un guerriero, sepolto con spada e punta di lancia in ferro, e i resti di una donna con ricchi ornamenti in oro, bronzo e ferro; l’altra le ossa di quattro cavalli con i relativi finimenti. Dopo la deposizione l’Heroon fu chiuso; delle rampe furono addossate ai muri a formare una sorta di tumulo (culto di matrice eroica). C’è un elemento precursore della peristasi (columnarium circum aedem dispositio). Daphnephorion – Eretria (VII a.C.): Abbiamo un edificio absidato (lungo circa 10m), di indubbia funzione religiosa, le cui pareti erano fatte di rami di alloro (albero sacro ad Apollo), a significare una destinazione ad edificio di culto. Verso la fine del secolo VIII a.C. questa primitiva struttura viene affiancata da un’altra costruzione, egualmente absidata ma lunga fino a 100 piedi, dunque un hekatompedon . La continuità del culto di Apollo nei secoli VII e VI è documentata infine dalla successiva edificazione di un tempio periptero. Mazaraki – Patrasso (VII a.C.): E’ stata portata alla luce una struttura di forma allungata e biabsidata, dedicata ad Artemide Aontia, il perimetro dell’edificio pare interamente circondato da pilastri/colonne in legno. Accanto a questi edifici la forma templare più diffusa dovete essere quella dell’oikos (con eventuale postibolo ad ante), una sorta di piccolo tempio di villaggio: il naiskos (legno e argilla) era meno pretenzioso ed elaborato. Riusciamo a capirne la struttura grazie ad alcuni modellini ritrovati dentro i naiskos stessi (probabilmente dei doni votivi).

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In area dorica il tempio ricalcherà nelle sue antiche forme il modello abitativo. Quando però, il sacrificio e i pasti comuni dovranno essere spostati fuori dall’edificio attorno all’altare, il tempio si adeguerà a leggi di ordine formale. L’esempio più antico è il periptero geometrico di 8x4 colonne dell’Artemision di Efeso che, con una peristasi lignea, avvolge il recinto nel quale viene ereto un tabernacolo a protezione dell’agalma. L’area risulta frequentata a scopo sacro dal X a.C.

Il primitivo recinto assume nell’Heraion di Samo le forme di un edificio rettangolare molto allungato con copertura piana. Sull’isola si data entro la metà del VIII a.C. Un hekatompedon rettangolare di mattoni crudi su muri in piccole pietre squadrate, il cui tetto era sostenuto da una fila centrale di pilastri lignei in funzione di un architrave corrente nel senso della lunghezza. Al tempio si accedeva da un lato corto aperto, tristilo in antis, la statua della dea era collocata sul fondo. (area che delimita la presenza della divinità esplicata tramite la statua di culto)

Lo stile geometrico nelle ceramiche gre greche che • • • •

Stile protogeometrico (PG): 1050-900 a.C. Stile geometrico antico (GA): 900-850 a.C. Stile geometrico medio (GM): 850-760/750 a.C. Stile geometrico tardo (GT). 760/750-700 a.C.

Stile protogeometrico protogeometrico. Principalmente forme legate alla conservazione di liquidi: anfore a collo distinto, oinochai, crateri e skhypoi. Decorazioni a larghe bande, ritmi di linee sottili, triangoli campiti a reticolo, losanghe, scacchiere e semicerchi e cerchi concentrici, dipinti con pennello multiplo montato su compasso, gli elementi sottolineano i punti di maggiore visibilità e di snodo (spalla e diametro massimo), la campitura a vernice nera è destinata alle porzioni con scarsa visibilità (collo e piede). Stile geometrico antico antico. Ricompaiono l’oro ed altri materiali pregiati, come l’avorio. Anfore, larghi crateri e pissidi globulari. Le anfore erano usate nei corredi funebri femminili, mentre i crateri in quelli maschili. La decorazione si dispone per fregi orizzontali sovrapposti, con un netto prevalere degli elementi rettilinei e obliqui e un lento scomparire delle forme tracciate a compasso. Persistono ampie superfici campite di nero.

Stile geometrico medio medio. Compaiono per la prima volta raffigurazioni di animali e di uomini, resi a silhouette. I vasi assumono proporzioni monumentali, si affermano i crateri su alto piede, con vasca molto larga e capiente, per un’altezza media di 50cm, mentre le anfore superano talvolta gli 80cm. Compare anche la pisside a scatola bassa e schiacciata, il cui coperchio è dotato di un’impugnatura plastica conformata a cavallini fittili. Ai vasi utilizzati nei corredi funebri spetta il ruolo di esprimere l’orgoglio del defunto (es.: i cavallini richiamano la matrice oplitico-contadina dell’aristocrazia). In una tomba femminile, nell’Agorà di Atene, è stato rinvenuto un modellino fittile di granaio a simboleggiare la natura agricola della ricchezza della donna, che fu sepolta insieme a una parure di gioielli in avorio, faïence, pasta vitrea, oro, ferro e bronzo.

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Skyphos di Eleusi: Sulla vasca sono dipinte due scene che sono tra i più antichi esempi di composizione figurata su ceramica. Su uno dei due lati una nave ha appena toccato terra e un uccello vi si posa; qualcuno dei marinai ancora si attarda sui banchi, mentre due individui sono già scesi a terra e un terzo con arco e frecce partecipa a sua volta all’attacco piratesco. Un convulso scontro è raffigurato sull’altro lato della coppa: mentre alcuni arcieri incalzano, due caduti giacciono colpiti a terra. Si tratta della storia di un ricco personaggio greco che partecipò a spedizioni d’oltremare e ad attacchi pirateschi.

Stile geom geometrico etrico tardo tardo. I corredi funebri attestano per Atene e per l’Attica una sensibile crescita di popolazione, di ricchezza e di importazione di prodotti di lusso stranieri. La decorazione geometrica si espande su tutta la superficie del vaso e si moltiplicano le scene figurate, contenute in pannelli metopali, oppure disposte per fregi sovrapposti. Accanto a episodi funebri compaiono scene ispirate all’Iliade ed all’Odissea. La costruzione della figura umana osserva una disciplina stretta e serrata. Nell’uomo le spalle sono ampie, la vita stretta, le cosce forti, sono evidenziati i gomiti e i ginocchi, le braccia sono muscolose e impugnano lance, spade e scudi. Le donne sono dotate di seni e di tuniche lunghe. Non si conoscono i nomi reali degli artefici. Anfora attica con scena di prothesis (Pittore del Dipylon): il vaso, 1.55m, è un esempio di equilibrio tra tessitura geometrica e il pannello figurato con scena di prothesis. Sul letto funebre è steso il defunto, per alcuni una donna in tunica, per altri un uomo avvolto in un telo. Un fanciullo si aggrappa con gesto di dolore alla testata del letto, ai piedi del qual due figure inginocchiate e due sedute, portando le mani al capo, sono impegnate nel lamento rituale, cui si unisce il coro dei presenti. Cratere attico con scena di Ekphorà: Alto 1.23m, con episodio di ekphorà di sapore fortemente omerico. Il corpo è trasportato su un carro funebre trainato da due cavalli; al compianto partecipa l’intera comunità aristocratica, con gli opliti e i loro carri. In una fase più tarda del geometrico tardo, l’armonia si stempera in un progressivo dissolversi della ferrea adesione agli schemi geometrici: il segno del pennello diviene meno preciso; la figura umana e animale, assume un contorno più pesante e meno netto; le scene risultano più confuse. Alcuni recipienti adottano proporzioni poco pratiche.

La piccola plastica Cervo fittile (X a.C.): alto 26cm, sicuramente decorato dalla mano di un pittore di vasi. Centauro fittile: alto 36cm, si ipotizza la figura di Chirone, ferito da Eracle con una freccia. Alcuni elementi mostrano legami con la produzione cipriota a testimoniare la ripresa dei contatti con il Vicino Oriente Antico, a partire dal Geometrico Antico. A partire dal VIII sec. a.C. compariranno uomini e animali dipinti anche sulle ceramiche. E’ a quell’epoca che si definiscono le grandi aree santuariali: Atene, Samo, Delfi ed Olimpia. Grandi tripodi bronzei, rinvenuti in tutti i principali santuari della Grecia, usati come doni votivi offerti agli dei. I manici ad anello sono spesso ornati da appliques di figurine e teste in bronzo a fusione piena. È ricca anche la produzione di cavallini in bronzo. Le figure umane sono principalmente aurighi, opliti, atleti e suonatori. Auriga da Olimpia (VIII a.C.): forse decorava il manico di un tripode, la figura ha glutei brevi, fianchi stretti e una struttura geometrica compatta e vigorosa, richiamo alle figure maschili sui vasi del GT.

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Bronzetto raffigurante una centauromachia: siamo di fronte a una composizione più articolata, i cui elementi e le cui forme restano sì quelle usuali, ma assemblate con maggiore organicità e coerenza, con libertà che prelude agli sviluppi successivi. Bronzetto di guerriero: raffigura un guerriero con la lancia nella destra sollevata e lo scudo nella sinistra (Ares o Apollo). La rigida concezione geometrica è in crisi per una nuova fluidità di forme e solidità di impianto. Statuetta femminile: la posa e la presenza del polos la fanno sicuramente una dea.

2) L’età orientalizzante (VII a.C.) La cultura greca si lascia invadere e affascinare da temi, motivi, manufatti e tecniche appartenenti alle culture orientali. Le importazioni di prodotti orientali e i contatti commerciali con Cipro, la Cilicia, la Siria e la Fenicia avevano ripreso vigore fin dall’inizio del secolo IX a.C.; i mercanti svolgevano il compito di mediatori culturali. Questi traffici determinarono un afflusso di manufatti sirofenici, ittiti, aramaici ed iranici. I mercanti greci frequentavano lo scalo Al-Mina nella valle d’Oriente e l’emporio di Naucrati nel delta del Nilo. Le possibilità di contatto e di scambio tra Oriente o Occidente mediterraneo si erano quindi enormemente accresciute. Compaiono le sirene, i grifoni, i centauri, le chimere, le sfingi, le gorgoni. L’ordine dell’età geometrica viene, quindi, travolto dal violento impeto narrativo di matrice orientale. La tempestosità espressiva si trasforma in organicità compositiva e in potenza figurativa. Così le città greche di area ionica e eolica si lasciarono affascinare e, quindi, influenzare dai costumi orientali. Nel corso del VII sec. a.C. si assiste a un progressivo passaggio da forme di architettura sacra di semplice funzionalità esteticamente più esigenti. Dai ciottoli informi si passa sempre più estensivamente al blocco di pietra squadrato, dal tetto stramineo al tetto di tegole, dall’uso dell’argilla cruda alla terracotta della decorazione architettonica, il legno verrà sostituito dalla pietra. È in questo periodo che si ha il definirsi di ordine dorico e ionico.

Tempio di Posidone ad Istmia: entro la metà del secolo VII a.C.. E’ un edificio periptero di 7x18 colonne con una cella rettangolare di 100 piedi, preceduta da un pronao profondo. La colonna centrale del lato breve è in asse con una fila di colonne interne che attraversano sia il naos che il pronao, a sostegno della copertura, che si ritenesse essere a 4 falde. Il basamento del tempio è un poros, l’elevato era costruito in mattoni crudi; l’intera trabeazione era verosimilmente in legno, il muro esterno del naos era rivestito di stucco bianco, con una decorazione figurata dipinta che scandiva gli spazi compresi tra i pilastri lignei. Heraion di Olimpia: transizione dell’edificio in legno e mattoni a quello in pietra ed è un utile punto di osservazione per l’evoluzione della peristasi e della trabeazione. Intorno al 650 a.C. viene eretta una cella di 100 piedi, preceduta da un pronao di 20, con due colonne tra le ante. Verso la fine del secolo, l’edificio viene ricostruito con l’aggiunta di un opistodomo simmetrico al pronao e di una peristasi di 6x16 colonne lignee. Le 40 colonne lignee della peristasi sono poi gradualmente rimpiazzate da esemplari in calcare. In questo periodo la cella viene divisa in diverse cappelle laterali, al centro del naso, su una base, erano le statue di culto di Zeus e Hera. Le pareti della cella erano in mattoni crudi, collocati su uno zoccolo in blocchi di calcare ancora oggi intatto. La trabeazione doveva essere in legno; ad essa erano inchiodate metope in bronzo lavorate a sbalzo, nello spazio frontale venne inserito un altorilievo in pietra raffigurante una sfinge. La copertura fittile del tempio era caratterizzata da ricca policromia, ne è l’esempio l’acroterio

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a disco in terra cotta dipinta. Lo spazio interno ha una scansione in pronao-cella-opistodomo. Scansione che diverrà canonica in area dorica. La cella è inserita nella peristasi in modo pianificato; la fronte pari, esastila, dialoga con pronao ed opistodomo; entrambi con colonne in antis, e si lega in allineamento assiale alla soluzione adottata nell’articolazione dello spazio interno alla cella con doppio colonnato, di cui ne è l’esempio il tempio di Dioniso a Yria. Il naos è diviso in tre navate, mediante due colonnati che liberano il centro della cella per una piena visibilità dell’agalma. La trabeazione presenta già il tipico fregio di metope e triglifi. (Triglifi collocati sull’asse delle colonne e sull’asse degli intercolumni; lo spazio vuoto diventa lo spazio delle metope) Tempio di Apollo a Thermos (630-625 a.C.): senza pronao, ma con un opistodomo molto profondo; la cella in mattoni crudi è divisa in due navate da un colonnato. La peristasi di 5x15 colonne lignee su tamburi di pietra regge una trabeazione lignea e un fregio dorico inglobante metope fittili dipinte con immagini mitiche. Nel ricco santuario extraurbano di Samo, il vecchio hekatompedon geometrico viene sostituito dall’hekatompedon II. Nel nuovo edificio di culto la cella è circondata da una peristasi di colonne o pali su basi rotonde; sulla facciata un pronao tetrastilo conferisce enfasi allo spazio di ingresso al tempio, a discapito della parte superiore. C’è una serie di pali addossati alle pareti del naos, con il duplice risultato di un’efficace soluzione di sostegno del tetto mediante un sistema di travi trasversali e di una piena visibilità della statua di culto sul fondo. Qualche anno dopo la costruzione del tempio, viene edificato un grande portico (stoà) suddiviso in due navate, destinato all’accoglienza dei pellegrini e all’esposizione degli ex voto.

La nascita della scultura monumentale monumentale. Intorno al 700 a.C. Mantiklos dedicò ad Apollo di Tebe una statuetta in bronzo. La figura parla in prima persona e l’iscrizione ha reminiscenze omeriche. Il bronzetto rappresenta Apollo con l’arco nella sinistra e forse le frecce nella destra. Ha abbandonato la forma del nucleo piatto ritagliato dallo spazio per un più accentuato potenziamento delle masse. Ogni parte del corpo umano è compresa e riprodotta a comporre una forma che è una figura esistente. Punto di partenza per la costruzione di figure a grandezza naturale e quindi per la nascita e lo sviluppo della scultura monumentale greca. Gli xoana sono statue di culto, in argento, in bronzo, in marmo, ma soprattutto intagliate nel legno. Gli sphylerata sono invece statue ottenute modellando una lamina di bronzo e piegandola attorno ad un nucleo di legno a cui la lamina viene inchiodata. Una triade divina, realizzata con questa tecnica, raffigurante Apollo, tra la madre Latona e la gemella Artemide è stata restituita dal piccolo tempio di Apollo Delphinos a Dreros (Creta), eretto tra la fine del secolo VIII a.C. e il principio del secolo successivo. L’edificio ha le forme dell’oikos quadrangolare, con breve portico di ingresso e muri in pietre sbozzate; all’interno coesistono ancora il focolare, l’altare e la base su cui erano esposti i tre sphylerata. Gli sphylerata di Dreros precedono lo sviluppo di quello che viene propriamente indicato come “stile dedalico”. Questa definizione deriva dalla suggestione che possano esserci delle analogie tra le componenti stilistiche di questa fase cronologica e l’arte di Dedalo. La dama di Auxerre: 640/630 a.C., costituisce una delle più riuscite manifestazioni dello stile dedalico. La fanciulla è cinta in un peplo aderente, un’alta cintura chiude la veste alla vita, le spalle sono avvolte in una

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mantellina. Il corpo esprime un vigore e una potenza uniche e nuove. I tratti stilistici sono i medesimi della dea lignea di Samo. Sono entrambi datati nello stesso periodo, infatti. Dall’acropoli di Micene provengono alcuni rilievi in calcare, databili intorno al 630-640 a.C. Quello meglio conservato raffigura il busto di una donna con peplo e mantello, i cui tratti stilistici rammentano la Dama di Auxerre: il volto è di forma quadrata con grandi occhi e folte sopracciglia, la bocca è larga, le narici sono dilatate; la pettinatura ha la foggia di una pesante parrucca, coronata da un diadema a rosette. Altri frammenti mostrano scene di combattimento e su un rilievo potrebbe essere ricostruita una coppia di sfingi nell’atto di sollevare un corpo. Testa colossale di Hera (rinvenute nell’Heraion di Olimpia): doveva comporre il gruppo cultuale dell’antico tempio. La testa ha l’aspetto di un potente solido geometrico. Il tipo del kouros si incontra per la prima volta intorno alla metà del secolo VII a.C., in un capolavoro di piccola plastica in bronzo rinvenuto a Delfi. La figura è eretta con la gamba sinistra avanzata; la pettinatura a parrucca richiama i canoni dedalici. La struttura si organizza attorno ad un asse immaginario. La posizione incedente esprime energia e potenza, ma non c’è un movimento reale, esprime una possibilità di movimento. Il tipo del kouros trova larga fortuna, verrà riprodotto anche in dimensioni colossali. Come la statua di Apollo che i Nasii dedicarono al dio di Delo nei primi anni del secolo VI a.C. I frammenti ci mostrano una figura maschile nuda con cintura alla vita, la cui anatomia risalta ora nel rilievo plastico dei pettorali, ora nei dettagli incisi dell’arcata epigastrica e del collo; il colosso era raffigurato incedente, secondo lo schema del kouros. Altri esempi di statue colossali maschili ricavate dal marmo giacciono da millenni nelle antiche cave di marmo a Nasso, da cui furono estratti e, solo parzialmente, lavorati. Quello di Melanes fu abbandonato, in avanzato stato di lavorazione, a causa di una visibile frattura negli arti inferiori; il Colosso di Apollonas, alto quasi 10m, giace a terra, è solo parzialmente sbozzato.

Ma cosa rappresentano i kouroi? Sono statue commemorative, votive o fune...


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