Esame archeologia greca PDF

Title Esame archeologia greca
Author Oksana Morosi
Course Archeologia e storia dell'arte greca
Institution Università degli Studi di Firenze
Pages 21
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Summary

Lefkandi, pianta e ricostruzione dell’herron Di straordinaria importanza per l’evoluzione delle prime forme di culto è il così detto Heroon, rinvenuto nei primi anni ottanta dello corso secolo a Lefkandì (Eubea). Si tratta di un edificio monumentale, datata alla prima metà del secolo X a. di pianta ...


Description

1. Lefkandi, pianta e ricostruzione dell’herron Di straordinaria importanza per l’evoluzione delle prime forme di culto è il così detto Heroon, rinvenuto nei primi anni ottanta dello corso secolo a Lefkandì (Eubea). Si tratta di un edificio monumentale, datata alla prima metà del secolo X a.C. di pianta rettangolare allungata (45/50 m) terminato da un’abside e accessibile dal lato corto tramite un’anticamera. All’interno troviamo una serie di ambienti accostati l’uno all’atro e comunicati fra loro. Fu costruito su una fondazione in pietra e con un alzato in mattoni crudi, il tetto è a doppio spiovente in canne e paglia. Il peso del tetto era sostenuto da pali posti tutti intorno alla struttura e da pali posti sull’asse centrale. Si pesa che tale struttura potesse essere stata realizzata per un re locale e poi divenuta la sua tomba, infatti si è ritrovato una tomba, scavata nel pavimento e suddivisa in due comparti. Si è ritrovato sia le ceneri che gli oggetti legata questa figura in vita, come si è anche riscontrato la presenza di una donna e i resti di quattro cavalli i loro finimenti. 2. Modello fittile di naiskos, dall’Heraion di Argo. Atene, Museo archeologico nazionale. Il nodello del naiskos è un modello di dimensioni più ridotte e semplici che rappresentavano comunque una forma templare. Tale struttura era di solito in legno o argilla, esteticamente poco pretenzioso e strutturalmente poco elaborato. L’aspetto può essere ricostruito grazie al ritrovamento di vari modellini in terracotta o pietra, rinvenuti come doni votivi nei santuari stessi. Sono oggetti che ci permettano meglio di capire il periodo di età geometrica. Tali ritrovamenti ci rendano naiskos sia di forme rettangolare che absidale con tetti a falde dritte o ricurve. Il modellino della foto, del VIII a.C, ci permette ad esempio di notare una struttura già più avanzata dove si ha un porticato sostenuto da due pali prima dell’entrata effettiva nella casa della divinità; nel tetto si vede, formato dalle falde, un’apertura che ci suggerisce la presenza di uno spazio vuoto che col passare del tempo verrà occupato dal frontone. 3. Anfora attica con scene di prothesis (anfora n° 804). Atene. Museo Archeologico Nazionale. Intorno al 760 a.C. inizia la sua attività la Bottega dei Dipylon ed è da qui che provengano innumerevoli vasi. Essa dominerà incontrastata per circa una generazione specializzandosi nella realizzazione di vasi funerari. Questo stile viene mostrato egregiamente nell’anfora n. 804. Il vaso è alto 1.55 m ed è un esempio di equilibrio tra la trama, che non lascia nemmeno uno spazio vuoto e la scena di prothesis, tale scena è collocata sul diametro massimo dell’anfora. Sul letto funebre steso il defunto, per alcuni forse una donna in quanto vestito e per altri semplicemente un uomo avvolto in panni. Un fanciullo si aggrappa con gesto di dolore alla testate del letto; ai piedi due figure inginocchiate e due sedute, portano le mani al capo, sono impegnate con gesti iterati nel lamento rituale a cui si unisce il coro dei presenti, disposti al lato del feretro. 4. Cervo fittile, dal Dipylon di Atene . Atene, Museo del Ceramico. Dopo il collasso della cultura micenea e la sua dispersione delle competenze tecniche, la storia della scultura greca inizia con la micro plastica in bronzo, terracotta e avorio. Con il ritrovamento del cervo fittile, alto 26 cm in una tomba di Atene si è in grado di risalire alla collocazione di tali produzioni già a partire dal X secolo a.C.. Il cervo è decorato evidentemente da una mano di un pittore di vasi. 5. Centauro fittile, da Lafkandì. Calice, Museo. Il centauro è coloniale tra il passaggio tra Protogeometrico e Geometrico Antico. Ovvero collocabile nell’ 900; è alto circa 36 cm, rinvenuto spezzato nella tomba rinvenuta nell’Heroon, alcuni elementi decorativi ci mostrano una possibile ripresa di contatto con il Vicino Oriente a partire dal Geometrico Antico. Un incisione sulla gamba sinistra ci ha fatto teorizzare che potesse rappresentare il centauro Chirone, ferito da Eracle con una freccia. Se fosse così sarebbe una scoperta interessante per il periodo in cui tale ritrovamento è collocata. 6. Cavallino in bronzo. Berlino, Staatliche Museen. Questa statuetta rappresenta un importante status symbol aristocratico, proveniente sia da contesti sacri che funerari; questa statuetta è vicina ai cavalli fittili del periodo di passaggio tra il Protogeometrico e il Geometrico Antico.

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7. Bronzetto raffigurante un conducente di carro e parte del carro. Olimpia, Museo dei Giochi di Olimpici. Per la raffigurazione umane in bronzo non si sa bene se tali rappresentazioni volessero raffigurare divinità o semplicemente uomini. Anche queste rappresentazioni sono comunque di piccole dimensioni, spesso non superano i 20 cm. Questa statuetta non ci permette di comprendere se l’intenzione fosse quella di ritrarre il dio a cui il bronzetto doveva essere stato offerto oppure il dedicante. 8. Bronzetto raffigurante centauromachia. New York, Metropolitan Museum. Questa composizione ci mostra la lotta di un eroe con il centauro, siamo di fronte a una composizione quindi più articolata, i cui elementi e le cui formule restano si quelle usuali ma assemblate con maggiore organicità e coerenza, e con una libertà che ci permette di notare i possibili sviluppi successivi, dove troveremo una nuova dinamicità e una potenza espressiva fino d allora ancora sconosciuta. 9.Bronzetto di guerriero, dall’Acropoli di Atene. Atene, Museo Archeologico Nazionale. E’ in questo ritrovamento che si può assistere al novo sviluppo delle micro plastiche dove si scorge una nuova dinamicità; essa raffigura un guerriero con lancia nella destra sollevata e scudo nella sinistra oppure potrebbe rappresentare un qualsiasi altro personaggio sia Ares o Apollo. La rigida concezione geometrica in essa entra in crisi e lascia spazio a una nuova fluidità di forme e una solidità di impianti dove le gambe sono divaricate, il braccio è piegato come alla ricerca di una nuova profondità, mentre il braccio sinistro è lievemente flesso verso l’interno; si hanno inoltre piccoli solchi che sembrano voler alludere alle articolazioni delle spalle e delle gambe. Il volto non è più rigidamente frontale ma bensì di poco sollevato e ruotato verso sinistra. Il bronzetto si data intorno al secolo VIII a.C. 10. Metope, dall’Apollonion di Thermos. Atene, Museo Archeologico Nazionale. Il tempio di Apollo a Thermos fu edificato intorno al 630-625 a.C. E’ un tempio periptero (tempio di dimensioni ancora contenute con una sola fila di colonne esterne) senza pronao; la cella in mattoni crudi è ancora divisa in due navate da una colonna assiale. La peristasi di 5x15 colonne lignee su tamburi di pietra regge una trabeazione lignea e un fregio dorico inglobante metope fittili dipinte con immagini mistiche. *Un notevole avanzamento dell’ordine Dorico si compie con la costruzione dell’Heraion di Olimpia; esso testimonia il passaggio dall’edificio in legno e mattoni a quello in pietra. Intorno al 650 viene eretta una cella di 100 piedi, proceduta da un pronao di 20, con due colonne tra ante. Alla fine del secolo l’edificio viene ricostruito e si ha una peristasi di 6x16 colonne lignee. Le 40 colonne vengono poi fino in età romana cambiate con colonne in calcare che ci mostrano l’evoluzione del capitello Dorico. In questo tempio lo spazio interno è per la prima volta da una scansione in pronao dove le colonne sono posizionate esattamente come quelle esterne. Il naos non è più diviso in du da un colonnato centrale ma bensì mediante due colonnati che occupano certamente maggiore spazio ma che libera allo tesso tempo lo spazio centrale. La trabeazione occupa presenta già il tipico fregio dorico composta da metope e triglifi. 11. Bronzetto di Apollo, dedicata di Mantiklos da Tebe. Boston, Museum of Fine Arts. Intorno al 700 Mantiklos, la cui identità è sconosciuta, dedicò all’Apollo di Tebe una statuetta in bronzo. La figura parla in prima persona e l’iscrizione ha reminiscenze omeriche. Il bronzetto rappresenta verosimilmente Apollo con l’arco nella sinistra e forse le frecce nella destra, ora perduta. Questa raffigurazione ci mostra verso che lato si vuole dirigere l’arte Greca tra i secoli VIII e VII a.C. Continuando sulla spinta della tradizione geometrica la figura è ancora di piccole dimensioni, alto 20 cm, realizzato nella tecnica a fusione piena ma assumendo una rotondità diversa dove i pettorali e gli altri elementi corporei acquisiscono una maggiore fisicità. L parti del corpo vengono comunque ancora assemblate insieme attraverso un’addizione assiale e infatti ci è possibile notare una linea che corre tutto lungo il corpo, questa linea centrale inoltre spartisce i

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dettagli del volto. Ogni parte del corpo è quindi compresa e riprodotta con accuratezza che ci permette di osservare una figura non più ritagliata ma esistente. 12. Sphyrelata in bronzo di Apollo, Artemide, Latona, da Creta. Heraklion, Museo Archeologico Nazionale. Il secolo VII a.C. vede nascerà la scultura monumentale a tutto tondo che si sviluppa però in modo più chiaro nella metà del secolo a Creta, nel Peloponnesio, sulle isole Cicladi con statue in pietra e marmo e che mostra lo stile di Dedalo. Queste statue possono essere di due tipi: roana e sphyrelata. La prima forma è da intendersi come elaborazione di statue di culto, realizzate nei più disparati materiali anche se in maggior parte dei casi è il legno a prevalere. Gli sphyrelata sono invece statue di non piccole dimensioni, ottenute martellando una lamina in bronzo e piegandola attorno a un nucleo di legno a cui la lamina viene inchiodata: tale tecnica ha origini orientali. Un esempio è la statua che raffigura una triade di divinità che raffigura verosimilmente Apollo, tra la madre e la gemella. Fu rinvenuta all’interno del tempio di Apollo Delphinions a Dresa (Creta) arealizzato quest'ultimo fine del VII secolo a.C. e il principio di quello successivo. Delle tre figure quella di Apollo è quella più grande, di circa 80 cm, e manifesta anche una maggiore vitalità, i bracci separati dal corpo probabilmente reggevano gli attributi del dio. Le due immagini femminili, di 40 cm, sono invece caratterizzate da una maggiore fissità, dove glia ti si distendono lungo il corpo fino a fondersi con esso, delle gambe non vi è alcuna traccia. Sono solo i timidi accenni dei seni ad indicarcene il sesso. 13. Dama di Auxerre. Parigi, Museo del Louvre. Questa statua costituisce una manifestazione dello stile Dedalico. Si tratta di una statua femminile in pietra calcarea tenera, realizzata a tutto tondo, di dimensioni già notevoli ma ancora inferiori al vero, 65 cm. La fanciulla è di forme solide e compatte, cinta da un peplo aderente, in origine policromo e ciò ci viene suggerito anche dalla decorazione a quadri presenti sul peplo e a motivo a squame. Un alta cintura chiude la veste alla vita. Le spalle sono avvolte in una mantellina. I capelli sono acconciati in trecce spartite simmetricamente ai alti del volto, con corta frangia a riccioli sembrano calcarle la testa come una pesante parrucca. Il corpo assemblato asseconda del principio dell’addizione assiale e simmetrica alle masse esprime un vigore e una potenza nuova dove si può osservare i seni e la plasticità delle braccia. Il volto è contrassegnato da grandi occhi e da una larga bocca, atteggiata a sorriso, che accrescono la sua espressività. La sua totale frontalità e il gesto del braccio piegato appoggiato sul petto ci fanno pensare che fosse una statua votiva ma non si sa se raffigurasse una dea o una possibile dedicante. 14. Aybollos protocorinzio, da Corinto. Parigi, Museo del Louvre. Tratti stilistici comunque molto simili alla dama di Auxerre sono ritrattabili anche in questo arybollos, troviamo gli stessi elementi tipici dello stile dedalico: frontalità della figura, sistema competitivo per volumi geometrici di figure giustapposte rispetto a un asse centrale, dettagli incisi, pettinatura a parrucca, volto imperioso di forma triangolare. 15. Sculture del tempio di Prinias (Creta). Heraklion, Museo Archeologico Nazionale. Rappresenta un esempio di precoce applicazione di statue all’interno di strutture architettoniche. Il tempio in cui erano collocate fu costruito intorno alla metà del VII secolo a.C. La novità consiste in queste sculture a tutto tondo inserite al suo interno, non si è però in grado di collocarne l’ubicazione esatta anche se si è concordi a credere che le due dee fossero poste frontalmente l’una all’altra, sopra l’architrave d’ingresso ai lati dell’apertura realizzata per l’illuminazione interna. Il fregio è di natura orientalizzante, con presenza di animali quali leoni, pantere e cervi, si penza fosse situato sotto le dee. Le due divinità hanno un volto sicuramente meno ipnotico della Dama di Auxerre, sono comunque segnati da grandi arcate sopraccigliari, hanno occhi allungati e meno arrotondati che ci fanno giustapporre di trovarci già in uno stile dedalico maturo e infatti si ritrovano anche le trecce che poggiano sulle spalle e il peplo attillato. Si può quindi dire che a Creta si preferisce rappresentare kore in piedi o sedute. 16. Metopa con triade femminile, da Gortina. Heraklion, Museo Archeologico Nazionale.

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Datata intorno al 630-620 a.C. rappresenta un tratto innovativo tra i ritrovamenti a Creta in quanto ci propone una divinità in cammino tra due figure femminili nude con alto polos.

17. Rilievo con busto femminile, da Micene. Atene, Museo Archeologico Nazionale. Testimonianze dello stile dedalico sono presenti anche nel Peloponneso. Dall’acropoli infatti di Micene è stato possibile rinvenire alcuni rilievi in calcare, databili intorno al 640-630 a.C. Quello meglio conservato raffigura il busto di una donna con peplo e mantello; i tratti stilistici rammentano la Dama di Auxerre, il volto di forma squadrata è dominato da grandi occhi e forti sopracciglia, la bocca è larga, le narici dilatate; la pettinatura ha la foggia di una pesante parrucca a ripiani orizzontali e sulla fronte un diadema di rosette. 18. Testa femminile, dall’Heraion. Olimpia, Museo Archeologico. Si data al principio del VI secolo a.C. la colossale testa ritrovata nell’Heraion, alta 52 cm, in pietra locale. Alcuni hanno proposto di identificarla con la testa della dea, che seduta stante accanto a Zeus avrebbe dovuto comporre il gruppo culturale dell’antico tempio. La testa ha l’aspetto di un potente solido geometrico da cui si possono vedere gli occhi, le cui iridi e pupille sono incisi, la bocca tagliente e il naso largo. Della capigliatura qui emergano solo alcune ciocche sotto il pesante polos. 19. Lamina di bronzo raffigurante Clitemnestra che trafigge Cassandra, dall’Heraion di Argo. Atene, Museo Archeologico Nazionale. L’influsso orientale si percepisce in modo particolarmente netto nell’oreficeria di bronzi e avori, tale influenza si caratterizza in tutta l’arte Greca proprio nel VII secolo a.C. Tale influenza insinuatesi in modo particolarmente forte nei piccoli manufatti ci porta alle volte a non saper identificare se questi oggetti siano di influsso orientalizzante o siano state proprio importante dall’oriente. Dall’Heraion di Argo ci è ad esempio pervenuto un manufatto in legno probabilmente ricoperto con una lamina, alta circa 46 cm. Vi sono raffigurate due donne i cui abiti richiamano la Dama di Auxerre, si osservano infatti capigliature pesanti. La lamina è stata datata intorno al VII secolo a.C. e ci mostra che la figura di sinistra è ritratta mentre trafigge con violenza quella di destra, trattenendola per i capelli , ecco dunque che si è ipotizzato che rappresentasse la scena dell’uccisione di Cassandra per mano di Clitemnestra. 20. Kotyle frammentaria, Pittore di Bellerofonte, da Egina (PCM). Egida, Museo. Nel protocorinzio medio, che va dal 690-650 a.C, il gusto raffigurato orientalizzante assume toni più vivaci e spigliati e le figure via via iniziano ad alludere maggiormente a storie legati ai miti o antichi racconti; le caratteristiche peculiari sono infatti riconoscibili in figure tracciate a silhouette in nero o bruno e si parla quindi di tecnica a figure nere dove poi intervengano i pittori tramite tecnica a graffito a delinearne i dettagli, in alcuni casi si parla anche di sovraddipinture con vernici paonazza e gialla. Le scene diventano dunque di maggiore chiarezza e più complesse senza perdere tuttavia la loro leggibilità. In questo kotyle il pittore Bellerofonte (si chiama proprio pittore di Bellerofonte) realizza con decisione due figure giganteggiante che infatti occupano tutto lo spazio rimando sospese così a creare forte pathos, il trema trattato è quello di Bellerofonte che si accinge ad uccidere la chimera. 21. Piatto ciclico con Bellerofonte e Chimera, da Taso. Taso, Museo. Altra scena in cui si va a raffigurare la lotta tra Bellerofonte e la Chimera dove però si coglie una differenza del kotyle frammentaria. 22. Olpe Chigi, da Veio. Roma, Museo Etrusco di villa Giulia. Con il Protocorinzio Tardo compaiano vasi di maggiori dimensioni e uno splendido esemplare è l’olpe Chigi, molto ben conservato, è alto 26 cm, e rappresenta il passaggio tra protocorinzio tardo e quello medio e segna quindi in un certo senso il passaggio massimo a cui giungono le figure nere, dove si hanno figure disposte in profondità in spazi finalmente liberi da motivi geometrici e si ha a che fare con una prospettiva ancora molto rudimentale ma allo stesso tempo efficace; inoltre si hanno estesi ritocchi in policromo in bianco, giallo, rosso e bruno. Si nota però ancora

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l’incapacità di riuscire ad usare lo spazio in modo totalmente libero e si vede come tale pittore finì per ritornare all’utilizzo di ripartizioni in cui inserire la narrazione. Il pittore di tale olpe è un miniatore notevole, in grado di usare pochi centimetri di altezza. Nel primo fregio dall’alto, troviamo schiere di ospiti intenti a conversare al suono di musica che vuole essere anche un richiamo forte alla guerra. Nel punto massimo di espansione del vaso troviamo una doppia cavalcatura e una scena cruenta di caccia al leone ed è qui che troviamo un possibile episodio mitico si tratta del giudizio di Paride ; infine nella parte inferiore una caccia rivolta a lepri e volpi. 23. Anfora pronostica del Pittore di Polifemo, da Eleusi. Eleusi, Museo. Se a Corinto le ceramiche si distanziano dallo stile geometrico, Atene ne rimane legata ancora per diversi anni. Si va così creando un novo stile che si lega allo stile protogeometrico medio che va dagli anni 680-630 a.C. è in questa fase però che sempre rimanendo in un certo distaccati alle influenze orientalizzanti che i pittori iniziano comunque a sperimentare distaccandosi da forme geometriche e inserendo elementi figurativi, adopereranno inoltre un nuovo stile detto bianco e nero, dove talvolta si ha un uso indisciplinato del bianco per sottolineare certi dettagli. Nell’anfora del pittore di Polifemo, alta 1.42 m e datata a metà del VII secolo a.C. si può osservare che il decoro era riservato a un solo lato dell’anfora mentre l’altro invece rappresenta le scene di Perseo che dopo aver decapitato medusa è inseguito dalle sorelle di quest’ultima mentre la dea Atena rimane li a difenderlo. L’iconografia delle gorgonia è ancora incerta, questa scena è posta nella parte inferiore. Sul collo dell’anfora invece troviamo la scena che da il nome all’anfora; Osisseo, il cui corpo viene rappresentato in bianco si distingue in modo netto dalle altre figure dei compagni colorati in nero, trafigge con slancio violento l’occhio di Polifemo. Il pittore mostra una padronanza assoluta di tutte le tecniche, la campita nera, il contorno, il graffito e l’uso del bianco. 24. Siracusa, pianta e ricostruzione dell’Apollonion. Sono a Siracusa e a Corfù le più antiche colonie doriche in Occidente, entrambe fondazioni di Corinto ed entrambe al centro di intensi traffici sulle rotte mediterranea. Risale al principio del VI secolo a.C.la costruzione del tempio di Apollonion di Siracusa. Si tratta di un tempio periptero esastico (6x17 colonne) con uno dei più antichi colonnati dorici in pietra. Ha proporzioni allungate dovute anche da un doppio colonnato in facciata. La cella è accessibile da un pronao distico in antis con colonne perfettamente allineate con quelle centrali del pronao. La cella raccoglie in se la soluzione del doppio colonnato che permette d...


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