Arte in Giappone 1868-1945 PDF

Title Arte in Giappone 1868-1945
Author Elisabetta Cozzi
Course Scienze dei Beni Culturali
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

Riassunto del libro di approfondimento del corso di Arti visive, spettacolo e design dell'Asia Orientale a cura della professoressa Menegazzo Rossella...


Description

LA PITTURA NIHONGA IN EPOCA MODERNA 

Il concetto di nihonga

Nihonga è un termine moderno. Prima dell’epoca Meiji la pittura in Giappone si divideva in yamatoe, che proseguiva la tradizione artistica della cultura di corte del periodo Heian ed era rappresentata dalle scuole Tosa, Sumiyoshi e Rinpa e kanga, risalente al periodo della pittura introdotta dalla Cina, che aveva come maggiore esponente la scuola Kanō. Nihonga si diffuse solo con la restaurazione Meiji; la pittura che faceva ricorso alle tecniche occidentali introdotte in quel contesto fu definita yōga, mentre il termine nihonga finì per raggruppare tutti gli stili autoctoni. Durante l’epoca Meiji il Giappone aprì le sue porte al mondo esterno nel pieno dell’età dell’imperialismo, con le potenze occidentali impegnate ad assoggettare al dominio coloniale vaste regioni dell’Asia, a cominciare da India e Cina. Il Giappone introdusse la cultura dell’Occidente e si trasformò in uno Stato moderno attraverso una radicale riorganizzazione istituzionale: tutto questo contribuì anche ad affermare l’identità nazionale. Nell’autunno 1938 il pittore nihonga Yokoyama Taikan tenne un breve discorso ai rappresentanti delle “Gioventù Hitleriana” in visita in Giappone nel corso del ricevimento offerto dal quotidiano “Asahi shinbun” dove illustrò le differenze tra pittura occidentale e orientale: in Oriente e Occidente l’arte si differenzia in maniera sostanziale in quanto la pittura occidentale è espressione del mondo sensibile, che si basa sulla rappresentazione realistica fondata sulla vista, mentre quella giapponese esprime l’immaterialità del mondo spirituale. Poiché rivela il mondo interiore dell’artista, la pittura nihonga è una rappresentazione dello spirito e quindi potrà proseguire senza ostacoli il suo glorioso ed eterno cammino. Lo sviluppo della pittura nihonga risentì fortemente dell’influenza dell’arte occidentale. L’introduzione della pittura occidentale all’inizio dell’epoca Meiji fu seguita via via dall’arrivo delle varie correnti artistiche occidentali: impressionismo, postimpressionismo, cubismo e futurismo, che trasformarono sia la pittura giapponese in stile occidentale, sia la pittura nihonga. Lo spirito del realismo occidentale fu sempre uno dei grandi termini con cui si dovette confrontare la pittura nihonga, rimasta l’espressione dell’essenza celata dietro l’apparenza che l’artista doveva cogliere nel profondo del proprio spirito. I pittori nihonga maggiormente consapevoli della propria modernità furono sempre tormentati dal confronto con il realismo dell’arte occidentale.



La linea

Nella pittura nihonga la linea non è semplicemente l’elemento che definisce la forma: essa è espressione simbolica dell’oggetto stesso. Nonostante si ispiri al paesaggio dei monti Rokkō, Pini (Shōkan sekimon zu) di Kagaku non è una veduta di quei monti: egli per quasi due mesi frequentò quelle montagne, ma non realizzò quasi nessun disegno dal vero: osservava meditando in silenzio il cielo e il movimento delle nuvole e quando si riteneva soddisfatto si ritirava nell’atelier a dipingere. Il paesaggio di Kagaku riesce a trasmettere il senso di vastità e ricchezza spirituale che scaturisce dal fatto che stiamo osservando il paesaggio interiore, risultato di un processo di purificazione di cui l’anima del pittore è filtro. Anche in Siddharta in meditazione sotto un albero (Senbujuka Shittaishi zenjō no zu) Kagaku ha cercato di rappresentare l’elevazione dello spirito in cerca dell’illuminazione. La linea non è uno strumento per definire la forma, ma è l’espressione simbolica dell’essenza dell’oggetto. La dimensione simbolica della linea è chiaramente spiegata da Kobayashi Kokei, i cui 1

lavori sono caratterizzati dalla severa bellezza di linee tracciate senza esitazioni. A proposito dei disegni preparatori di un cane serviti per Koto, Hayami Gyoshū fa notare che tutte le immagini dal vero sono state immagazzinate nella mente dell’artista che le ha filtrate per ottenere una forma che non corrisponde a quella osservata realmente. Per l’artista la vera realtà è l’immagine ottenuta con quella singola linea che rappresenta la sintesi delle forme osservate dal vero.



Semplificazione e stilizzazione

A partire dall’epoca Meiji la pittura nihonga subì l’influsso delle varie correnti artistiche contemporanee e quindi tornò alla semplificazione della forma su influsso della pittura occidentale che aveva avviato una nuova stagione figurativa. Nell’arte giapponese la stilizzazione nasce dalla ricerca del dinamismo insito nelle cose che implica l’eliminazione del superfluo in un processo di semplificazione che deve condurre all’essenziale. In molti capolavori dell’arte giapponese troviamo un classico esempio di stilizzazione di un elemento naturale: l’acqua. Lo scorrere delle acque espresso dalla vibrazione di sottili curve nel Paravento delle quattro stagioni (Shiki kabokuzu byobu), il dinamismo dei marosi che si sovrappongono e si infrangono in Uccelli sulla costa innevata (Settei suikin zu) e la grazia delle linee che descrivono la corrente del fiume in Susino rosso e susino bianco (Kohakubai zu). Nella realtà l’acqua assume infinite forme: i motivi stilizzati dell’onda e della corrente nascono dall’estrazione di forme universali da fenomeni particolari: nelle opere con questo soggetto si coagulano anche i sentimenti e le emozioni dell’artista. Per questo la stilizzazione nell’arte giapponese ha un forte connotato spirituale e simbolico. La stilizzazione continua anche nell’arte moderna ed è rappresentata da Fukuda Heihachiro in Increspature, dove egli descrive, attraverso un processo di semplificazione della realtà, la superficie dell’acqua, esprimendo la profondità dello spazio con le onde blu oltremare che si fanno a mano a mano più scure verso il fondo. Stilizzazione non indica la semplice trasformazione di oggetti reali in elementi modulari che ne mantengono unicamente gli elementi caratterizzanti: nel momento in cui il superfluo viene eleminato, quello che si ricava dalla semplificazione è la natura stessa, ovvero il dinamismo delle cose e dell’azione umana (“stilizzazione dello spirito”).



Lo spazio

Su influenza delle vedute a volo d’uccello cinese in epoca Heian si sviluppò nello yamatoe la tecnica in cui gli edifici sono scoperchiati (fukinuki yatai), lasciando vedere gli interni delle abitazioni da un punto di vista elevato e obliquamente. Nell’epoca successiva i paesaggi a inchiostro fecero ricorso a una prospettiva aerea creata dalla modulazione della densità dell’inchiostro e della tonalità del colore. In epoca Edo prevalsero composizioni a campiture piatte e decorative e nuvole dorate che caratterizzano i dipinti su porte scorrevoli o su paraventi. L’espressione dei volumi e delle distanze su una superficie piana secondo la prospettiva occidentale fu introdotta nel tardo periodo Edo. La pittura occidentale influenzò l’ukiyoe, mentre le opere di Shiba Kokan (1747-1818) e Aodo Denzen (1748-1822) e le immagini per visore ottico (meganee) di Maruyama sono esempi di rappresentazione tridimensionale dello spazio secondo la prospettiva occidentale. 2

Con l’introduzione dell’arte occidentale la rappresentazione dello spazio tridimensionale divenne subito una delle maggiori problematiche della pittura giapponese. La modernizzazione della pittura nihonga si avviò su iniziativa di Ernest Fenollosa e di Okakura Kakuzo che guidarono Kano Hogai e Hashimoto Gaho alla ricerca di una soluzione al problema della rappresentazione dello spazio nella sintesi tra tecnica della scuola Kano e tecnica occidentale. I loro allievi Yokoyama Taikan e Hishida Shunso proseguirono lungo questa strada con lo “stile indefinito” (morotai) che bandiva l’uso della linea, per rappresentare l’aria e la luce solo con i colori; questo stile era efficace nel descrivere nubi e vapori e il mutamento del clima nelle quattro stagioni e aggiungeva un maggior grado di realtà allo spazio pittorico, nonostante non fosse una rappresentazione dello spazio tridimensionale.



Il senso della realtà

I dipinti della seconda metà dell’epoca Taisho mostrano come il senso della distanza e dei volumi generato dalla prospettiva e la conseguente espressione della realtà erano riusciti a radicarsi nella pittura giapponese. In Frutta di Hayami Gyoshū il panno e le mele su di esso poggiate sono dipinte con nitida precisione e la luce che arriva dall’alto a sinistra della composizione proietta sul panno le ombre prodotte dalle sue pieghe e dalle mele: Gyoshū sembra voler cercare di comprendere lo spazio interposto tra l’osservatore e l’oggetto per afferrare la solida realtà dell’oggetto stesso. Dipinti come Frutta sono compresi nel genere kachōga, che include i soggetti con fiori e uccelli e che corrisponde alla natura morta occidentale. Nella tradizione orientale fiori e uccelli sono visti come presenze, e quindi l’artista deve cercare di afferrare l’energia spirituale nascosta dietro di essa. Si tratta di un punto di vista molto differente rispetto alla natura morta occidentale che cerca, nella rappresentazione delle forme e dei colori dell’oggetto, di afferrarne la realtà contingente. Kokei, più anziano di Gyoshū e suo fedele amico, giunse a simili conclusioni, ma affermò che può anche essere necessario esagerare e conclude che solo quando il vassoio suona, abbiamo un vero dipinto. Il discorso sulla menzogna e l’esagerazione è analogo alla spiegazione della genesi della singola linea attraverso gli innumerevoli schizzi dal vero. Tra le opere di Kokei abbiamo Kaki, dove essi sono dipinti con linee sicure ma mai eccessive e colori vividi e al contempo discreti, posti su campo bianco, generando una mirabile armonia compositiva che è possibile osservare ammirando l’intreccio dei rami e la posizione casuale delle foglie e dei frutti dalle tonalità variegate, abilmente collocati nella parte bassa. I vuoti ci fanno percepire che lo spazio si allarga intorno alla composizione.

LE ARTI DECORATIVE GIAPPONESI All’inizio del periodo Edo (1603-1868) il Giappone commerciava con l’Olanda tramite l’isola di Deijima a Nagasaki. Alla fine del periodo Edo e dello shogunato, la riapertura del Paese e la politica di sviluppo commerciale che caratterizzò l’epoca Meiji resero il Giappone in grado di esportare numerosi oggetti e prodotti di vario genere. Per promuovere le relazioni con l’Occidente, il governo prese diverse misure , tra cui presentare la cultura e le opere artistiche giapponesi alle Esposizioni universali europee e americane. I mercanti e collezionisti d’arte europei e americani cominciarono ad intensificare le loro visite in Giappone, e grazie a loro in Occidente diventarono sempre più popolari il giapponismo, l’orientalismo e l’esotismo. Il giapponismo influenzò le arti decorative, la pittura e la musica. Le forme e i motivi decorativi si sclerotizzarono e le tecniche di fabbricazione in serie si fecero sempre più grossolane. Ciò comportò la progressiva perdita d’interesse della maggior parte della clientela. Il governo giapponese decise di riconquistare il mercato occidentale 3

presentando opere di maggiore qualità nelle Esposizioni universali, per dimostrare ancora una volta la raffinatezza e l’eleganza delle arti decorative giapponesi. Il ceramista Seifū Yohei III e altri artisti furono insigniti dal governo Meiji del titolo di Artisti della Casa imperiale e inviati dal Ministero della Casa imperiale all’Esposizione universale di Parigi. Il sistema degli artisti della Casa imperiale aveva lo scopo di proteggere e promuovere le belle arti e le arti decorative giapponesi. Gli artisti più meritevoli venivano selezionati per l’assegnazione di questo titolo che rappresentava il più alto grado di prestigio e onore a cui un artista potesse aspirare. Questo sistema fu abolito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sino al 1944 sono stati nominati artisti della Casa imperiale 45 pittori, 24 artigiani, 7 scultori, 2 architetti e un fotografo. L’epoca Meiji ha portato profondi cambiamenti in Giappone, che dall’isolazionismo passò all’apertura al mondo occidentale. Per avvicinarsi alle potenze occidentali il nuovo governo concentrò gli sforzi nell’industrializzazione e nell’esportazione. Le arti decorative seguirono l’evoluzione dell’epoca e le esportazioni di opere giapponesi divennero sempre più fiorenti, focalizzandosi soprattutto nelle Esportazioni universali in Europa e negli Stati Uniti. Giunse in Giappone un personaggio che diede un forte contributo al Paese: Gottfried Wagner, un chimico tedesco nato a Hanover nel 1831 che arrivò nel 1868 a Nagasaki come impiegato della società americana Thomas & John Walsh. L’impresa fallì e Wagner perse il suo impiego, ma creò un legame con il Giappone. Nel 1870 iniziò a insegnare le tecniche di invetriatura e cottura nei forni a carbone della ceramica nel sito di Arita. Nello stesso anno prese servizio come professore nell’Università di Tokyo. Il suo maggior contributo nella produzione di ceramiche e porcellane giapponesi fu l’ottenimento del blu cobalto nelle decorazioni. Nel 1873 fu consigliere del governo giapponese per l’Esposizione universale di Vienna e nel 1876 presentò le arti decorative giapponesi all’Esposizioni universale di Filadelfia. All’esposizione di Vienna fu nominato consigliere per volere di Sano Tsunetami per cui si recò a Vienna seguito da apprendisti artigiani giapponesi. L’apprendistato tecnico includeva diversi campi di studio tra cui la ceramica, la filatura, la sericoltura, l’arboricoltura, la costruzione navale, l’architettura e la fabbricazione della carta. Tra gli apprendisti figurano Tanzan Rikurō, Date Yasuke IV, Nōtomi Kaijirō e Kawahara Chūjirō. Date Yasuke portò da Vienna una macchina per fabbricare tessuti operati (jacquard) che contribuì notevolmente alle attività del quartiere Nishijin di Kyoto. Nel 1869 il governo Meiji decise di trasferire da Tokyo a Osaka l’istituto per la ricerca scientifica nominandolo Seimikyoku (Ufficio della chimica). Nel 1870 a Kyoto fu creato un centro per lo sviluppo industriale. Venivano insegnate le nuove tecniche scientifiche occidentali da funzionari del Dipartimento dell’industria e venivano presentati nuovi prodotti. Fu successivamente fondata la Scuola di pittura della prefettura di Kyoto, che si occupò principalmente della promozione industriale del Paese. Nel 1874 venne costituito al suo interno un atelier di tessitura e l’anno seguente uno di tintura. Nel 1872 la municipalità di Kyoto aveva inviato gli artigiani del tessile Sakura Tsunneshichi e Inohue Ihei a studiare a Lione. Ritornarono in Giappone l’anno seguente portando delle macchine per tessere. Nel 1877 il tintore Inaba Katsutarō e il tessitore Kondō Tokutarō furono inviati a Lione per apprendere le tecniche moderne dei rispettivi settori. Nel 1880, Mita Chūbei e Takamatsu Shirō partirono in nave verso l’Europa per studiare le tecniche occidentali a Berlino. Dal 1878 Wagner si dedicò per tre anni all’insegnamento della fisica e della chimica a Kyoto. Arentz presentò Wagner alle autorità di Kyoto, che gli diedero l’incarico di professore all’istituto Seimikyoku. Qui insegnò le applicazioni della chimica nella ceramica, nella porcellana, nella tintura, 4

nella tessitura, nel cloisonné e nel vetro. I ceramisti Tanzan Rikurō e Wazen Eiraku beneficiarono degli insegnamenti di Wagner imparando l’applicazione delle tecniche moderne nei loro processi di fabbricazione. Tra le più importanti opere di Wagner figura la ceramica di Azuma Asahi. Egli stesso si impegnò nella realizzazione di ceramiche, applicandovi le sue conoscenze; la tecnica di decorazione applicata sotto vetrina (yūkasai) rappresentò un contributo considerevole e una grande innovazione per la produzione di ceramiche e il lavoro del ceramista. I motivi decorativi erano applicati sopra l’invetriatura e le dorature o le aggiunte di pigmenti policromi venivano realizzate dopo la prima cottura. I manufatti venivano in seguito nuovamente cotti a bassa temperatura per fissare le decorazioni. Nel caso di decorazioni sotto coperta , la ceramica veniva lavorata con un trattamento che facilitava l’applicazione con il pennello dei motivi regolari, mantenendo la stessa intensità, ottenendo effetti di sorprendente vivacità. Sopra i motivi veniva applicato uno strato di smalto per impedirne l’alterazione in caso di sfregamento e per renderli più resistenti all’acqua. Le ceramiche realizzate da Wagner con questa tecnica furono inizialmente denominate Azumayaki, ma in seguito ribattezzate Asahiyaki. Durante l’epoca Meiji le tinture sul tessuto venivano realizzate in collaborazione con numerosi pittori come Imao Keinen, Kishi Chikudō, Takeuchi Seihō. Questi realizzarono molti disegni originali trasferiti su tessuto. Grazie alla tecnica yūzen birodo si sono potute creare atmosfere caratterizzate da sapienti effetti tridimensionali. Per quanto riguarda la tecnica del cloisonné, essa svolse un ruolo fondamentale nella promozione dell’industria, attraverso esportazioni mirate all’ottenimento di valuta estera, favorite dal governo Meiji. Tra i centri di produzione principale figurano Tokyo, Nagoya e Kyoto. Le conoscenze ed esperienze nel campo della chimica servirono a rendere gli smalti opachi più trasparenti e a creare splendide colorazioni che resistevano alla cottura. A Kyoto si distinse Namikawa Yasuyuki che fu nominato Artista della Casa imperiale. Le sue opere create con la tecnica Inaba shippō costituirono gli ultimi esempi di decorazione kyō shippo o kyō cloisonné e ne promossero la diffusione fino all’epoca moderna. L’epoca Meiji si può suddividere in tre fasi: una iniziale (1868-1887), una centrale (1887-1899) e una finale (1900-1912). Quest’ultima è caratterizzata da profondi mutamenti avvenuti sia in Giappone sia nel resto del mondo. Tra il 1900 e il 1945 furono realizzate numerose opere che presentavano caratteristiche peculiari in Giappone. Può essere considerato un periodo molto dinamico per le arti decorative giapponesi moderne, ma può anche essere visto come una fase iniziale, molto fiorente, di un movimento che coinvolse l’intera produzione e che cercava di interpretare le influenze straniere in un’ottica giapponese. A Parigi nel 1900 si teneva l’Esposizione universale, dove si assistette all’apogeo dello stile Liberty, e nel 1925 l’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne, l’Expo Art Déco. Due eventi che diffusero nel mondo le tendenze parigine. Le arti decorative giapponesi presentate furono di diverse tipologie, lavori in stile tradizionale, altri più “commerciali” e altri ancora in linea con il gusto dell’epoca. Influenzate dallo stile Liberty, presentavano tuttavia delle caratteristiche peculiari. Fino all’Expo di Parigi del 1900 le esportazioni di opere artistiche decorative giapponesi avevano subito un periodo di stagnazione; preso atto della crisi, il governo giapponese si sforzò, attraverso una maggiore ricerca nelle decorazioni e nelle tecniche artigianali, di produrre opere capaci di rispondere alle esigenze dell’Occidente. Il Giappone partecipò all’Esposizione universale del 1900 5

dove il Liberty aveva raggiunto il massimo splendore. Numerosi artigiani, disegnatori e pittori riuniti a Parigi per l’occasione rimasero impressionati da questo stile innovativo; artisti e ricercatori giapponesi furono fortemente stimolati dall’incontro con quest’arte “nuova” che si liberava dai modi del passato per arricchirsi di nuovi motivi e modalità decorative, di una linea fluida. I motivi traevano ispirazione dal mondo vegetale, dalla figura femminile e altre tematiche. Numerosi pittori e ricercatori si recarono a Parigi in occasione dell’Expo. Qualche tempo dopo li seguì Takeda Goichi e Kamisaka Sekka che, profondamente impressionati dallo stile Liberty francese, contribuirono anch’essi alla sua diffusione in Giappone. Queste nuove influenze occidentali diventarono occasione di allontanamento dall’aspetto “artigianale” del loro lavoro. Parallelamente si cercava un’espressività propria giapponese non riconducibile alla semplice imitazione di modelli occidentali. Gli artisti giapponesi introdussero in patria l’arte Liberty, proveniente dall’Occidente. Asai Chū e Kamikasa Sekka si dedicavano anche allo studio de...


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