Autobiografia linguistica PDF

Title Autobiografia linguistica
Course Sociolinguistica dell'italiano
Institution Università degli Studi di Catania
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Summary

Autobiografia linguistica siciliana: descrivere del rapporto con la lingua e in particolare con il dialetto siciliano....


Description

Autobiografia linguistica Mi chiamo N.C, ho diciannove anni, sono nata a Ragusa e vivo a Modica; città rinomata per la sua gastronomia e la sua arte, situata nel Sud della Sicilia, in provincia di Ragusa. In famiglia siamo cinque persone: i miei genitori, entrambi di madrelingua e bilingue italiano-dialetto, sono nati e cresciuti a Modica; mia madre all’età di nove mesi ha vissuto per circa cinque anni in Germania, ma successivamente si è trasferita di nuovo nella nostra amata città dimenticando le basi del tedesco. Il loro grado d’istruzione è basso e non hanno nessuna competenza nelle lingue straniere. Sono la più piccola di tre figli: ho un fratello di ventisette anni e una sorella di venti. Sono l’unica della famiglia ad aver preso il diploma e continuato gli studi, ciò mi rende anche l’unica a conoscere maggiormente la lingua italiana e il suo utilizzo. In famiglia parliamo normalmente l’italiano, ma spesso e volentieri, anche il siciliano: non mancano infatti le espressioni dialettali soprattutto durante un litigio. I miei genitori fra loro comunicano spesso in dialetto e si sforzano con noi figli di parlare in italiano per insegnarci ad essere meno “zaurdi” durante le nostre conversazioni con altre persone. Se da un lato considerano il dialetto una lingua un po’ volgare, dall’altro lo apprezzano in quanto parte della nostra cultura. Così posso affermare che l’atteggiamento dei miei genitori rispetto all’uso del dialetto non è stato del tutto negativo: non hanno imposto dei limiti linguistici né a me né ai miei fratelli, ma ci hanno abituati a scegliere il codice linguistico più adeguato a seconda del contesto comunicativo. Dunque, la mia lingua materna è l’italiano, con alcune competenze passive di dialetto siciliano derivate dai miei genitori e soprattutto dalla frequentazione quotidiana con i miei nonni, nati e cresciuti a Modica. Mia nonna materna parla prevalentemente il dialetto siciliano, conosce anche l’italiano, ma lo parla solo in determinati contesti: ad esempio quando sbriga delle commissioni, quando ci sono ospiti in casa o quando parla con persone che non conosce. A differenza di mia nonna materna che parla anche l’italiano in determinate situazioni, facendo qualche errore di pronuncia dovuto al basso grado d’istruzione, il codice principale di comunicazione nella mia famiglia paterna è il dialetto. Si, i miei nonni paterni sono strettamente dialettofoni: mio nonno è venuto a mancare undici anni fa ma ricordo ancora quando mi canticchiava alcune canzoni esclusivamente in dialetto, come ad esempio: “ciuri ciuri, ciuriddi tuttu l’annu, l’amuri ca mi dasti ti lu tornu”. Mia nonna invece continua a cantarmi o raccontarmi alcuni detti antichi in siciliano. Ne cito uno in particolare poiché odio cucinare e soprattutto aspettare che il cibo sia pronto: “la pignata vaddata nun ugghi mai”. Se con i miei nonni paterni intraprendo discussioni nettamente in dialetto, d’altro canto, con i miei amici parlo prevalentemente l’italiano, ma spesso ricorro ad espressioni siciliane soprattutto “quannu si babbìa”. Fin da piccola sono stata legata alla lettura e alla lingua italiana: al catechismo, infatti, sceglievano sempre me per leggere in pubblico, ma non solo, anche durante le recite avevo sempre le battute più lunghe. Durante le occasioni importanti, come ad esempio il matrimonio di mia cugina, mi chiesero di

leggere una lettera per lei. Nonostante fossi un po’ timida mi piaceva comunque stare al centro dell’attenzione e la lettura era il mio mezzo per farlo. Avevo, però, sempre il timore di sbagliare a leggere una parola o una frase, così questo mi spinse ad allenarmi a leggere di più a casa. Iniziai ad acquistare libri e leggere a voce alta nella mia cameretta immaginando di avere un pubblico davanti. Così comprai anche una libreria e leggere divenne la mia passione che persiste tutt’ora, anche se non lo faccio più così tanto come prima. Ho frequentato l’Istituto D’istruzione Superiore Archimede, scegliendo l’indirizzo turistico per poter imparare le lingue straniere. Infatti, oltre all’italiano, conosco anche l’inglese ed ho una competenza passiva di francese e tedesco, studiato solo per qualche anno e dimenticato una buona parte. Ho scelto di proseguire lo studio dell’inglese all’università aggiungendo la lingua spagnola, forse perché amo la Spagna o forse perché mi piace imparare sempre nuove cose. Approfondisco la conoscenza di queste lingue guardando serie tv nella lingua originale con i sottotitoli o imparando testi di canzoni. Questa mia passione per le lingue si collega anche al fatto che mi piace viaggiare, conoscere nuovi mondi, nuove culture e nuovi usi: poterlo fare senza riscontrare alcuna difficoltà nella comunicazione è sicuramente una gratificazione. Le vacanze, i viaggi sono secondo me un’occasione di presa di coscienza della variabilità linguistica. Un’altra mia passione legata alla lingua è il teatro. Ho iniziato ad appassionarmi circa tre anni fa grazie ad un progetto scolastico e ho scoperto questo mondo nuovo, secondo me utile anche per la mia competenza linguistica, specialmente orale. A volte mi diverto scrivendo copioni teatrali anche in siciliano. Così posso affermare di essere legata sia all’italiano sia al dialetto. Il mio rapporto con la lingua italiana ritengo sia buono, sono fiera anche di aumentare sempre di più quello con le lingue straniere e di non accantonare il dialetto grazie ai miei nonni. Così alterno in vario grado e con diverse modalità l’italiano e il siciliano a seconda dei domini e delle situazioni. Anche l’università è un luogo stimolante dove inizio a conoscere nuove persone e quindi nuovi accenti e nuovi dialetti. Questo mi permette di confrontare il mio dialetto con altri. Il mio in particolare, il siciliano, mi affascina e per certi versi credo abbia più spessore rispetto all’italiano, perché a volte riesco ad esprimermi in modo più fluente. Dall’altro lato lo ritengo un limite in quanto ho una competenza passiva, non conosco bene il siciliano e spesso è un ostacolo perché non riesco ad esprimermi al cento per cento. Preferisco parlare l’italiano, non solo per il suo vasto vocabolario, ma anche perché è una lingua di cultura: è la lingua di Dante e di molti altri grandi poeti e artisti; è la lingua della moda, della cucina… Sono fiera di conoscere e di parlare il dialetto della mia terra; è stato e continua ad essere una fonte di arricchimento, ma mi piace parlarlo solo in determinate circostanze....


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