Catena psicofisica e indeterminazione percettiva PDF

Title Catena psicofisica e indeterminazione percettiva
Author Martina Erba
Course Psicologia Generale
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Summary

Riassunto sostitutivo di una parte del terzo capitolo del manuale di Psicologia Generale (Professoressa Ciceri)...


Description

LACATENAPSI COFI SI CAEL’ I NDETERMI NAZI ONE PERCETTI VA 

CATENA PSICOFISICA La catena psicofisica è un PROCESSO PSICOFISICO e SIMULTANEO che governa la PERCEZIONE UMANA, permettendoci di analizzare gli stimoli esterni ed elaborare la realtà. Tale processo collega tra di loro TRE DIVERSI TIPI DI IDENTITA’: -STIMOLI DISTALI (OGGETTI FISICI): sono stimoli indotti dalla MOLTEPLICITA’ di radiazioni di vario tipo e intensità presenti nella REALTA’ FISICA. ES. la visione di un oggetto esterno viene coadiuvata dalla SORGENTE LUMINOSA (RADIAZIONE ESTERNA). -STIMOLI PROSSIMALI (IMMAGINI): se la stimolazione distale è dotata di una certa intensità, essa SOLLECITA la risposta fisiologica dei nostri RECETTORI o ORGANI DI SENSO (tattili, uditivi, acustici, ecc.), i quali convertono l’energia ricevuta in ENERGIA NERVOSA. ES. immagine retinica –PERCETTO (OGGETTI PERCEPITI): in seguito all’elaborazione dell’energia nervosa da parte delle SPECIFICHE REGIONI CEREBRALI (aree di proiezione), si verifica il PERCETTO, ovvero il risultato finale dell’azione del sistema di elaborazione che ci permette di interpretare di ORGANIZZARE e INTERPRETARE le informazioni raccolte al fine di RICONOSCERE i fenomeni della realtà. ES. riconoscimento di oggetti statici o in movimento. La catena psicofisica costituisce solo una parte di un PROCESSO PIU’ COMPLESSO, il quale non è unidirezionale e passivo ma CICLICO e ATTIVO: le informazioni dei ricettori, quindi, non vanno in un’unica direzione, ma vengono utilizzate per GUIDARE L’ATTIVITA’ ESPLORATIVA attraverso la produzione di ANTICIPAZIONI che preparano il soggetto a RICEVERE determinati tipi di informazione e a COGLIERE quelle più pertinenti per i propri scopi. Tali informazioni, una volta assimilate, possono poi trasformare gli schemi precedenti in un CICLO CONTINUO di adattamento flessibile all’ambiente. In base a questa definizione, quindi il SOGGETTO non viene indicato come un RICEVENTE PASSIVO e STATICO, ma come un ATTIVO ORGANIZZATORE. LA CATENA PSICOFISICA NELLA VISIONE DI UNA POLTRONA 1. La LUCE RIFLESSA dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore  2. La luce riflessa forma un’IMMAGINE sulla retina.  3. Tale immagine genera IMPULSI ELETTRICI nei recettori.  4. Gli impulsi viaggiano attraverso le FIBRE NERVOSE e raggiungono il cervello (vie tra retina e cervello = TRASMISSIONE NEURALE), più precisamente la CORTECCIA VISIVA, situata nel LOBO OCCIPITALE.  5. Nel percorso per raggiungere il cervello, gli impulsi incrociano il CHIASMA OTTICO, il quale proietta la META’ DESTRA del campo visivo sulla META’ SINISTRA di ogni retina,

in modo che il soggetto abbia una buona visione STEREOSCOPICA (dotata di profondità, garantita anche dagli occhi frontali).  6. Nella corteccia visiva, tali impulsi vengono ELABORATI, fornendo al soggetto l’IMMAGINE DELL’OGGETTO. 

INDETERMINAZIONE PERCETTIVA In quanto l’elaborazione percettiva entra in contatto SOLO con le MEDIAZIONI FISIOLOGICHE innescate dalla stimolazione prossimale e non con lo STIMOLO DISTALE stesso, è evidente che l’INFORMAZIONE che i nostri recettori filtrano è PARZIALMENTE INDETERMINATA, come l’IMMAGINE prodotta dai processi visivi. Il sistema di ELABORAZIONE FINALE, pertanto, deve risalire dall’immagine all’oggetto che l’ha generata attraverso alcuni CRITERI di ORGANIZZAZIONE, i quali guidano il sistema visivo nella costruzione di una RAPPRESENTAZIONE PERCETTIVA il più simile possibile al vero (coinvolge quindi un recupero dell’informazione perduta nello stimolo prossimale). I criteri di ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA ci permettono quindi di superare l’INDETERMINATEZZA dello stimolo prossimale rispetto a quello distale applicando la legge di COSTANZA PERCETTIVA. Esistono QUATTRO TIPOLOGIE DIVERSE di indeterminazione: -OCCLUSIVA e CONNETTIVA (FORMA) => riguarda il problema della corrispondenza tra contorni dell’immagine e contorni dei corpi distali. -RADIALE (GRANDEZZA) => distanza degli oggetti dal punto di vista è otticamente indeterminata, quindi una stessa regione dell’immagine può corrispondere ad un piccolo oggetto vicino o ad un grande oggetto lontano. -CINEMATICA (MOVIMENTO) => riguarda il movimento di un elemento e il movimento di un contorno, i quali specificano solo parzialmente i corrispondenti movimenti distali. –FOTOMETRICA (colore) A) INDETERMINAZIONE: LA FORMA Alcuni dei processi percettivi più semplici vennero descritti da una serie di LEGGI focalizzate sull’ORGANIZZAZIONE delle informazioni all’interno di un’UNITA’ PERCETTIVA DI SENSO COMPIUTO. Tali principi, chiamati LEGGI DELL’ORGANIZZAZIONE, furono formulati all’inizio del XX secolo da un gruppo di PSICOLOGI TEDESCHI e vennero definiti GESTALTICI, in quanto si fondano sul principio che il TUTTO E’ PIU’ DELLA SOMMA DELLE SINGOLE PARTI e descrivono l’UNITA’ PERCETTIVA come dipendente dall’ORGANIZZAZIONE TOTALE DELLA CONFIGURAZIONE (no caratteristiche dei singoli elementi). L’indeterminazione riguardante la forma può quindi essere di DUE TIPOLOGIE DIVERSE: indeterminazione per occlusione o indeterminazione per connessione. –OCCLUSIONE Quando osserviamo un’immagine, riusciamo solitamente a distinguere una figura e uno sfondo, ovvero percepiamo il CONTORNO tra due regioni, che ci appare come il bordo di una superficie che occlude l’altra. Tale affermazione costituisce la PRIMA SEGMENTAZIONE del FLUSSO DELLE STIMOLAZIONI, la quale afferma che non esiste figura senza sfondo e viceversa.

Nelle immagini, la FIGURA ha un’estensione DEFINITA (dotata di un bordo), mentre lo SFONDO è generalmente INDETERMINATO e AMORFO. La DIFFICOLTA’ nel saper distinguere l’una dall’altra è dovuta a diversi fattori, definiti FATTORI ISOLABILI, che permettono alla figura di emergere rispetto allo sfondo. Tali fattori sono: 1) INCLUSIONE: a parità di altre condizioni, diventa figura la REGIONE INCLUSA. 2) CONVESSITA’: a parità di altre condizioni, diventa figura la REGIONE CONVESSA. 3) AREA RELATIVA: a parità di altre condizioni, diventa FIGURA la REGIONE DI AREA MINORE ( ≠ rispetto all’inclusione). 4) ORIENTAMENTO: a parità di altre condizioni, diventano FIGURE le REGIONI i cui assi intrinseci sono ALLINEATI con le DIREZIONI PRINCIPALI dello SPAZIO PERCEPITO, verticale e orizzontale. 5) SIMMETRIA: a parità di altre condizioni, diventano FIGURE le regioni a SIMMETRIA BILATERALE rispetto ad un’asse. 6) ARTICOLAZIONE SENZA RESTI: a parità di condizioni, prevale l’ARTICOLAZIONE che riduce al minimo le parti SENZA RUOLO FIGURALE.

INCLUSIONE CONVESSITA’ -------- (sotto) AREA RELATIVA ORIENTAMENTO

SIMMETRIA

ARTICOLAZIONE SENZA RESTI: entrambe le configurazioni hanno gli stessi elementi, ma nel primo caso emergono i QUADRATI perché sono figure complete, mentre nel secondo caso risaltano le FORME STELLARI. Quando questi fattori non riescono a dominare, si ottengono le cosiddette FIGURE REVERSIBILI, le quali sono dotate di un’INVERSIONE SISTEMATICA fra figura e sfondo e per questo sono caratterizzate da una grande INSTABILITA’ PERCETTIVA, in quanto è impossibile riuscire a percepire contemporaneamente entrambi gli stimoli o le configurazioni. -CONNESSIONE Nello studio dei fattori che determinano l’unione degli elementi discreti dell’unità percettiva; WERTHEIMER mise in evidenza alcuni PRINCIPI validi per gli stimoli visivi e per quelli auditivi: 1) VICINANZA: a parità di altre condizioni, si unificano ELEMENTI PROSSIMI. ES. figura sottostante: PRINCIPIO PROSSIMITA’, gli elementi vicini vengono percepiti come un GRUPPO UNICO. 2) SOMIGLIANZA: a parità di altre condizioni, si unificano ELEMENTI SIMILI. ES. figura sottostante: stessa tendenza del principio di vicinanza, il soggetto tende a percepire gli elementi simili tra di loro come RAGGRUPPATI (quattro punti precisi, quattro punti sfocati, ecc.). 3) CHIUSURA: le linee che delimitano una regione chiusa tendono ad UNIFICARSI. ES. figura sottostante: tendenza ad ASSEMBLARE gli elementi in forme chiuse o figure complete piuttosto che aperte e a IGNORARE la discontinuità per concentrarci sulla sua forma generale. 4) CONTINUITA’ o BUONA CONTINUAZIONE: a parità di altre condizioni si unificano le LINEE caratterizzate da CONTINUITA’ DI ORIENTAMENTO SPAZIALE. ES. figura sottostante: posso considerare la figura come la somma di due configurazioni differenti, nelle quali in entrambi i casi gli elementi sono continui. 5) PREGNANZA: a parità di condizioni vengono privilegiati insiemi di STIMOLI caratterizzati da SEMPLICITA’, SIMMETRIA, REGOLARITA’. ES. figura sottostante: PRINCIPIO SEMPLICITA’, l’organizzazione più semplice ed elementare della figura viene sempre percepita per prima. ES.2. Costanza di LARGHEZZA, secondo la quale diventano figure gli elementi dotati di MARGINI PARALLELI o collocati alla STESSA DISTANZA.

ESEMPIO DUE DELLA PREGNANZA.

SINERGIA E RIVALITA’ TRA FATTORI. In alcuni casi, può succedere che in una figura si sovrappongano due o più principi e che uno di questi abbia la meglio sugli altri.

Nella prima immagine privale il principio di PREGNANZA, il quale ci porta a considerare gli insiemi di stimoli semplici, simmetrici e regolari come CROCI, mentre nella seconda immagine prevale il principio di CHIUSURA, il quale esorta il soggetto a riconoscere anzitutto un QUADRATO al centro della figura, ovvero la regione chiusa e delimitata, e in seguito anche le altre croci. B) INDETERMINAZIONE RADIALE (GRANDEZZA) La nostra esperienza umana ci rende consapevoli del fatto che, quanto più un OGGETTO si ALLONTANA da noi, tanto più PICCOLA è l’immagine proiettata sulla nostra retina. Tale tesi venne confermata da Euclide, il quale, nella LEGGE DELL’ANGOLO VISIVO, descrisse la GRANDEZZA DELL’IMMAGINE RETINICA come INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla DISTANZA dell’OGGETTO DALL’OCCHIO. Seguendo tale ragionamento, possiamo quindi indicare la GRANDEZZA PERCEPITA come corrispondente alla GRANDEZZA DELL’ANGOLO OTTICO SOTTESO.  -COSTANZA DI GRANDEZZA: Tuttavia, nonostante la validità della legge di Euclide, l’occhio umano continua a considerare gli OGGETTI LONTANI come aventi la STESSA GRANDEZZA DI QUANDO SONO VICINI (la loro grandezza fenomenica rimane COSTANTE anche se varia l’ANGOLO OTTICO SOTTESO).

Tale relazione tra distanza e grandezza venne espressa e spiegata nella legge di Emmert, la quale tiene conto non solo delle informazioni ottiche (dell’immagine retinica, quindi), ma anche di quelle presenti nell’AMBIENTE relative alla distanza dell’oggetto da noi, come GRANDEZZA, FORMA e MOVIMENTO.  -LEGGE DI EMMERT: secondo la legge di EMMERT, rimanendo COSTANTE l’ANGOLO OTTICO, a DISTANZE MAGGIORI corrispondo GRANDEZZE MAGGIORI. Uno stesso angolo ottico corrisponde quindi alla PROIEZIONE di oggetti di GRANDEZZA DIVERSA, collocati ognuno ad una distanza PROPORZIONALE. Verifichiamo dunque la sua applicazione: ES. INVARIANZA GRANDEZZA/DISTANZA. PERCEZIONE => RETTANGOLI A SX di uguale grandezza. RETTANGOLO A DX più grande di quello a sinistra (di fianco). > Se li misuriamo, ci accorgiamo che TUTTI hanno la STESSA GRANDEZZA. Questo accade perché la nostra ORGANIZZAZIONE VISISVA obbedisce al VINCOLO NATURALE DI GRANDEZZA/DISTANZA, valido a parità di angolo ottico e influenzato dalla legge di Emmert (se l’oggetto in lontananza mi appare più grande di un altro, allora la sua grandezza è maggiore di quest’ultimo).

ES. 2. SCALA COSTANTE DELLA DISTANZA Tale effetto fa in modo che i cilindri sulla sinistra, nonostante abbiano la STESSA DIMENSIONE e proiettino le STESSE IMMAGINI RETINICHE, vengano percepiti come PROGRESSIVAMENTE PIU’GRANDI mano a mano che si allontanano dall’osservatore, mentre quelli sulla destra vengono percepiti come aventi la STESSA DIMENSIONE (nonostante le IMMAGINI RETINICHE DIVERSE), ma posti a DISTANZE DIVERSE. Tale esperimento ci dimostra che la PERCEZIONE DELLA DIMENSIONE, quindi, è una proprietà di CAMPO e non una ASSOLUTA.

ES.3. ESPERIMENTO HOLWAY E BORING (1941) In tale esperimento, i due studiosi cercarono di capire QUANDO e in QUALI CONDIZIONI si verifica la predominanza della COSTANZA PERCETTIVA (fenomeno per cui gli oggetti fisici vengono percepiti come invariabili e dotati di stabilità) QUANDO invece predomina l’IMMAGINE RETINICA, la quale segue la legge di Euclide. Per raggiungere tale scopo, essi sottoposero alcuni soggetti a un esperimento, nel quali gli veniva chiesto di CONFRONTARE, a diverse distanze, la grandezza di una DISCO DI CONFRONTO con quella di un DISCO CAMPIONE, collocato in QUATTRO CONDIZIONI PERCETTIVE DIFFERENTI: - normale visione binoculare. (eccesso costanza o ipercostanza) -visione monoculare. (corrispondenza a costanza percettiva) -visione monoculare con PUPILLA ARTIFICIALE (visione attraverso un piccolo foro che impedisce al cristallino l’utilizzo dello ZOOM DI ACCOMODAZIONE). (valori intermedi tra costanza percettiva e legge di Euclide) -visione monoculare con pupilla artificiale e TUNNEL DI RIDUZIONE (tendaggi neri posti per eliminare qualsiasi elemento di contesto). (avvicinamento a legge di Euclide) RISULTATI > secondo i risultati, nelle prime due condizioni l’essere umano utilizza la costanza percettiva, mentre, in ASSENZA DI ELEMENTI DI CONTESTO e di ACCOMODAZIONE nella visione monoculare, egli preferisce adottare la legge di Euclide. La costanza percettiva viene quindi utilizzata per CORREGGERE il RAPPORTO DI GRANDEZZA dell’immagine retinica e della distanza, considerandole in modo reciproco: quando questo non è possibile, allora predomina la COSTANZA DI GRANDEZZA secondo le informazioni contenute SOLAMENTE nell’IMMAGINE RETINICA. ES.4. EFFETTO SHEPARD L’ “Effetto Shepard” esemplifica la relazione tra GRANDEZZA e INCLINAZIONE, la quale costituisce un vincolo nella percezione della grandezza. In esso, vengono mostrate all’osservatore tre scatole diverse e gli viene chiesto di indicare quale delle due laterali assomiglia di più a quella centrale: in realtà, tali scatole sono tutte uguali tra di loro. Attraverso tale semplice esperimento, Shepard mise in mostra la RESISTENZA dell’essere umano ALLE INFLUENZE COGNITIVE provenienti dall’esterno: l’uomo, infatti, anche dopo aver verificato l’uguaglianza degli elementi e quindi l’esattezza dell’affermazione, NON riesce a CONVINCERSI della sua correttezza. Questo dimostra quindi che la GRANDEZZA e la FORMA dell’oggetto, considerate FENOMENICAMENTE ASSOLUTE, in realtà, dipendono dalla DISTANZA e dall’INCLINAZIONE percepita. C) DIREZIONE E VELOCITA’ DEL MOVIMENTO Nonostante il movimento venga identificato come una CARATTERISTICA ASSOLUTA e INDIVIDUALE degli oggetti, esso in realtà è SEMPRE rapportato ad un SISTEMA DI RIFERIMENTO. ES. movimento di una palla sulla retina dell’osservatore viene percepito in relazione a UNO SFONDO IMMOBILE DI RIFERIMENTO (campo o il cielo).

La sua DIREZIONE e la sua VELOCITA’, quindi, dipendono unicamente dal sistema di riferimento PROSSIMO, e non SOVRA ORDINARIO (in grado di osservare gli oggetti da una prospettiva superiore). Esistono TRE differenti TIPOLOGIE di movimento: 1) MOVIMENTO INDOTTO_WALLACH Il movimento indotto venne teorizzato da Wallach e dimostra come un OGGETTO IN QUIETE possa essere visto in MOVIMENTO. Esso è caratterizzato dalla COESISTENZA di PIU’ MECCANISMI, quali il MECCANISMO che registra le VARIAZIONI RELATIVE AL SOGGETTO e il MECCANISMO che registra i CAMBIAMENTI CONFIGURAZIONALI. Il primo è caratterizzato da una SOGLIA ELEVATA (meno sensibile), per la quale non segnala né la quiete del punto né il movimento della cornice, mentre il secondo possiede una SOGLIA BASSA (più sensibile) che evidenzia il MOTO RELATIVO PUNTO-CORNICE, il quale viene attribuito al punto. ES. consideriamo un rettangolo con all’interno un punto luminoso. MECCANISMO DUE  Se il rettangolo viene mosso in qualche direzione, l’osservatore è in grado di vedere il punto luminoso MUOVERSI IN DIREZIONE OPPOSTA rispetto alla cornice. MECCANISMO UNO  Se il rettangolo viene invece sostituito da un punto, mancando le CONFIGURAZIONI FIGURALI per l’organizzazione gerarchica tra il sistema di riferimento e l’elemento incluso, il MOVIMENTO INDOTTO si ripartisce tra entrambi, anche se uno di essi è FISICAMENTE IMMOBILE.  La spiegazione di questo movimento è dovuta alla descrizione di PERCEZIONE del movimento come dipendente dal sistema di RIFERIMENTO PROSSIMO e non da quello sovra ordinario. 2) MOVIMENTO APPARENTE o PHI o STROBOSCOPICO_WERTHEIMER Il movimento apparente consiste nella PERCEZIONE di oggetti in movimento a partire da STIMOLI STATICI presentati a intervalli regolari nel tempo. Esso venne teorizzato da Wertheimer, il quale scoprì che, alternando il TEMPO DI ILLUMINAZIONE fra due fonti luminose vicine, era possibile trasmettere all’osservatore la SENSAZIONE DI MOVIMENTO. –INTERVALLI DI 50/100 ms producono un MOVIMENTO APPARENTE (non si percepiscono le immagini statiche in successione ma delle immagini in movimento). –INTERVALLI MAGGIORI DI 50/100 ms producono la sensazione di osservare due STIMOLI STAZIONARI diversi. 3) MOVIMENTO AUTOCINETICO Il movimento autocinetico si verifica in un LUOGO BUIO, all’interno del quale l’osservatore, fissando un PUNTO STATICO, PERCEPISCE come una scia luminosa in movimento. Tale percezione è resa possibile dall’ASSENZA di punti di riferimento (dovuta al buio), la quale ci induce ad attribuire erroneamente i nostri movimenti oculari al punto stesso. La sola presenza di un punto luminoso fa scomparire l’effetto.

In conclusione, possiamo quindi affermare che le informazioni vengono continuamente integrate attraverso due processi: il top down e il bottom up.

L’elaborazione TOP DOWN è guidata da un ALTO LIVELLO DI CONOSCENZA, da ESPERIENZA, ASPETTATIVA, MOTIVAZIONE e dal CONTESTO. ES. “RI-SC-AL-GG-RE-AF-AS-AN-HE-EM-NC-UN-LE-TE-AO-NI-RE?” ovvero “riesci a leggere la frase anche se manca una lettera ogni tre?”. Grazie alla nostra esperienza passata e alle ridondanze presenti siamo in grado di comprendere la frase iniziale. Inoltre, le aspettative giocano un ruolo importante nella capacità di leggere la frase, in quanto ci permettono di capire che essa ha a che fare con la psicologia e non con altri argomenti. L’elaborazione top-down, tuttavia, non può avvenire da sola, ma deve essere integrata con il BOTTOM-UP. L’elaborazione BOTTOM-UP consiste nel riconoscere ed elaborare informazioni che riguardano le singole componenti degli stimoli, in modo da collocarle all’interno di uno schema. Queste due elaborazioni avvengono quindi simultaneamente e interagiscono tra di loro nella percezione del mondo che ci circonda.

BOTTOM UP ci permette di elaborare le caratteristiche fondamentali dello stimolo

TOP DOWN ci consente di utilizzare la nostra esperienza per affrontare la percezione...


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