Città Benjamin, Sennet (rif. Appadurai Mindscapes) Flaneur, Metropoli PDF

Title Città Benjamin, Sennet (rif. Appadurai Mindscapes) Flaneur, Metropoli
Course Estetica
Institution Università di Bologna
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Summary

Cos’è la casa? Un rifugio dal fuori e dagli altri, un luogo di conflitto, un punto di riferimento, un punto nodale, un luogo in cui vivere azioni quotidiane, un sacco di altre cose. Le case temporanee sono un nuovo modo di vivere la casa...


Description

W. Benjamin, Parigi, la capitale del XIX secolo I passages sono una recente invenzione del lusso industriale, corridoi ricoperti di vetro e pareti rivestite in marmo, ma sono anche l’unione dell’interno e dell’esterno. L’esterno, cioè il pubblico, viene legato alla vita privata. L’unione della sfera privata con quella pubblica altro non è che un’utopia, un’eterotopia che annulla il senso delle cose osservate. È qui che entra in scena il flaneur, soggetto passivo delle innovazioni e dell’utopia prima citata, perché passeggiando per i passages viene tartassato da immagini e feticci ritenuti belli dallo stile del periodo, una sorta di miniatura del mondo artistico e dell’innovazione nelle vetrine che ogni giorno è costretto ad affiancare. Il flaneur è immerso in un mondo fittizio dettato da regole di stile tendenzialmente uguali, che quasi annullano il suo essere. A questo proposito, Appadurai ha coniato il termine mindscape, ovvero un panorama mentale della mente umana che viene soppiantata da macchine di produzione. Nel caso del flaneur, con l’avvento dell’era industriale, le macchine di produzione hanno reso tutto troppo uguale e consumistico annullando, appunto, il punto di vista delle persone. Queste, infatti, prendono distanza inconsapevolmente dai feticci, diventando passivi verso ciò che li circonda.

Simmel Simmel afferma che l’uomo vuole rimanere sé stesso senza sentirsi vincolato da mode. Questo, però, risulta molto difficile nell’era delle metropoli e dell’accumularsi di servizi e immagini cangianti che ogni giorno circondano le persone. A differenza dei piccoli paesi, infatti, le città perdono le affezioni e immergono i suoi cittadini in distrazioni sempre maggiori, trasformando la mente di chi la vive tramite una sorta di iperestesia. Come per il flaneur, anche i cittadini delle città moderne rimangono sopraffatti dalle vetrine che li circondano, appiattendo tutto al mero consumo, uniformando tutto ad un unico colore grigio e spento, senza alcuna sfumatura. Questo processo consumistico fa sì che chi vive la città quasi rimanga un individuo solo, che vive della produzione per il mercato, e non ha bisogno di altro, nemmeno della socialità. Ciò implica che le persone diventino più calcolatrici, arrivando anche a definire e selezionare con criteri precisi le relazioni della vita. Le metropoli sono un meltin pot di persone che hanno diversi interessi e ciò non può far altro che creare relazioni ancora più effimere. Essere una grande città e contenere tantissimi abitanti non sempre implica essere una città aperta e sociale. Come afferma Sennet, infatti, il fatto di avere servizi perfettamente funzionanti, non implica automaticamente che una città sia funzionale, specie se gli abitanti che la vivono sono individui che non legano con le persone che hanno accanto (soprattutto per i legami di prossimità, per cui al massimo si possono creare piccoli gruppi chiusi, che non si aprono al resto della città). In estremo, questo comportamento di chiusura può scaturire reazioni di indifferenza e antipatia tra i diversi gruppi appartenenti ad un’unica città....


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