Creposcolari - Breve sintesi del crepuscolarismo con principali autori PDF

Title Creposcolari - Breve sintesi del crepuscolarismo con principali autori
Course Letteratura Italiana
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Breve sintesi del crepuscolarismo con principali autori ...


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CREPUSCOLARISMO La formula “poeti crepuscolari” nasce nei primi anni del Novecento, dal critico Giuseppe Antonio Borgese, che in una recensione sulla “Stampa” definisce come crepuscolari tre autori: Marino Moretti (Poesie scritte col lapis), Fausto Maria Martini (Poesie Provinciali) e Carlo Chiaves (Sogno e Ironia). Borgese con la sua metafora sottolinea una tonalità poetica nuova, in cui gli sembra di leggere una rinuncia agli incanti della letteratura. Nei primi decenni del Novecento la critica ne sottolinea la povertà del repertorio tematico e la peculiarità espressiva. Sarà solo negli anni ’40 che si avrà una definizione più matura del crepuscolarismo. Non si può parlare di una vera e propria scuola crepuscolare poiché non si hanno esplicite dichiarazioni di una poetica comune ne è possibile trovare un centro che raccolga le diverse provenienze degli autori. La geografia della poesia crepuscolare è varia: Marino Moretti e Aldo Palazzeschi vivono gran parte della loro esperienza poetica a Firenze, Corrado Govoni a Ferrara, Sergio Corazzini a Roma e Guido Gozzano a Torino. Quello che li accomuna è prima di tutto un dato anagrafico e sociale: sono tutti giovani sui vent’anni e provengono dalla borghesia o piccolo borghesia. Hanno una sensibilità comune e gusti letterari condivisi, volontà di opporsi alla cultura ufficiale ancorata alla figura del poeta-vate, all’estetismo e all’artifizio della poesia dannunziana. Nonostante non si conoscano di persona hanno spesso scambi epistolari e dialogano attraverso le recensioni delle raccolte poetiche. Corazzini, tra il 1905-1906 cercare di stringere contatti tra il gruppo romano e quello fiorentino. L’incontro non si realizzerà, non solo a causa della morte di Corazzini(1907), ma anche a causa di diversi modi dei due gruppi di intendere la poesia. Moretti, infatti, non condivide le valenze “simboliste” della poesia di Palazzeschi e nutre diffidenza verso la componente “malata” della poesia di Corazzini. Nel 1905 abbiamo i primi contatti tra Moretti e Govoni , quando il primo dedica alle prime raccolte poetiche govoniane un articolo in cui dimostrare alcune perplessità a causa dell’eccessiva esibizione dei modelli simbolisti, in contrapposizione a Corazzini che invece manifesta un’ammirazione senza riserve. I contatti di Gozzano con

l’ambiente romano iniziano dopo la morte di Corazzini, nel 1908 quando Giulio Gianelli (intellettuale torinese) si reca a Roma ed entra in contatto con il gruppo romano che mette in comunicazione con quello torinese. (Gozzano, Vallini e Chiaves) Dopo il 1916, anno della morte di Gozzano, non si può più parlare di clima crepuscolare. Moretti abbandonerà per lungo tempo la poesia, Govoni e Palazzeschi verranno attratti dal futurismo, salvo poi tornare sui loro passi.

TEMI Una delle principali caratteristiche è l’accento dimesso, malinconico, e l’apparente rinuncia a ogni forma di sacralità del poeta. I crepuscolari credono che la poesia non possa coesistere alla società borghese, a causa del suo interesse volto solo al guadagno e al campo economico. Credono, inoltre, che nelle voci poetiche come quella di Pascoli predomini un tono “sublime” nonostante la sua applicazione ad oggetti umili. Ed è proprio con la rinuncia al sublime che nasce un tono lirico dimesso e malinconico, espressione di un poeta che rinnega il proprio ruolo, es: Corazzini- Fanciullo che piange, Palazzeschi- Saltimbanco dell’anima. Il venir meno alla funzione sociale di letterato (già espresso in poeti come Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé) trova in Italia, dopo le intuizioni ancora immature degli scapigliati, una consapevolezza nei crepuscolari. Ma nonostante la loro posizione di distanza dalla poetica e dall’etica del poeta-vate, la critica ha riconosciuto come fonte di questo movimento ( seppur in varia misura) il “Poema Paradisiaco”, ovvero l’opera più anti-dannunziana dello stesso d’Annunzio. Qui gusto estetizzante e linguaggio prezioso, tipicamente dannunziani, vengono mescolati a liriche di una colloquialità che i poeti crepuscolari percepiscono affini alla loro poetica. Pascoli, invece, lascia in eredità l’approfondimento della dimensione antilirica e narrativa praticata nei “Poemetti” e in più la condivisione dell’ingenua voce del fanciullino (che trova la poesia nelle piccole cose circostanti). Traggono inoltre grande ispirazione da poeti francesi e franco belgi, a quest’ultimi si deve molto del repertorio tematico crepuscolare:

noia, malinconia, difficoltà ad inserirsi nel ritmo “normale” della vita. La poesia crepuscolare si affida inoltre alle atmosfere quotidiane, fatte di cose povere e normali, tornando al passato dell’infanzia. Molti poeti crepuscolari, inoltre, riprendono il motivo e le figure delle “belghine” di Bruges, città fiamminga un tempo famosa per quest’ordine di suore laiche. Altro tema molto presente è quello della malattia, non solo per Corazzini e Gozzano, realmente malati ma anche per gli altri poeti che la intendono come metafora del disagio e della fatica di vivere. Elemento di novità è la componente ironica.

PERSONALITA’ POETICHE Govoni e Palazzeschi hanno con questo movimento un rapporto confinato a specifici anni e determinate raccolte poetiche: “Armonia in grigio et in silenzio” (1903) , “Fuochi d’artifizio” (1905) di Govoni, “I cavalli bianchi” (1905) e “Lanterna” (1907) di Palazzeschi. Govoni debutta nel 1903 con “Le Fiale”, in cui si evince un ribaltamento dei preziosismi dannunziani. Nelle raccolte successive soprattutto in “Armonia in grigio et in silenzio” introduce nella propria poesia oggetti quotidiani, attinti dal repertorio franco belga, ma rivissuti nella sua Ferrara. Govoni accumula nei suoi versi cose e apparenze come se la sua voce ne prolungasse l’esistenza nella poesia. Per alcuni critici invece, soprattutto nelle prime due raccolte, l’adesione di Palazzeschi al crepuscolarismo consiste nell’uso di una lingua tutta fatta di una materiale lessicale povero e ripetitivo e di un ritmo monotono. (Pier Vincenzo Mengaldo) Per Corazzini tutta l’esperienza poetica coincide con il periodo crepuscolare, disagio esistenziale, rinuncia alla felicità, accettazione del dolore, malinconia e senso della morte vanno per lui ben oltre il tema letterario. Il “sentirsi morire” pervade profondamente uno degli ultimi componimenti dell’autore “Desolazione del povero poeta sentimentale”, che viene pervaso da un forte sentimento religioso.

SERGIO CORAZZINI Nasce a Roma nel 1886, in una famiglia di discrete condizioni economiche, ma a causa del fallimento finanziario del padre lascia gli studi per lavorare in un’agenzia di assicurazioni. Nel tempo

libero, con un gruppo di coetanei, appassionati di poesia, crea un cenacolo letterario. Collabora con alcune riviste locali e ha diversi scambi epistolari con poeti contemporanei. Muore di tubercolosi nel 1907, a soli ventun anni.

A Moretti si dive il rinnovamento del linguaggio poetico del Novecento, ed è proprio lui che con “Poesie scritte col lapis” nel 1910 ispira il giudizio del critico Antonio Borgese. Già dalla prima raccolta, la lezione pascoliana influisce sia sulla scelta del materiale lessicale sia sul livello melodico e ritmico.

MARINO MORETTI Nasce a Cesenatico nel 1885. Frequenta il ginnasio tra Ravenna e Bologna, ma abbandona gli studi per la Regia Scuola di Recitazione di Firenze. Sostituita la vocazione teatrale da quella per la poesia, si stabilisce a Firenze dove stringe amicizia con Aldo Palazzeschi. Pubblica a proprie spese le prime raccolte poetiche, per poi dedicarsi alla prosa, scrivendo novelle e romanzi. La sua attività letteraria si protrae fino a i primi anni Settanta. Nel 1965 pubblicando “Tutte le poesie” aggiunge ai versi della giovinezza “Diario senza data”, a cui segue “L’ultima estate” composti tra il 1965 e il 1968. Muore a Cesenatico nel 1979.

Gozzano esordisce nel 1907 con “La via del rifugio”. Diserta le lezioni di giurisprudenza per seguire i corsi della facoltà di lettere, tenuti dallo storico della letteratura Arturo Graf. Nonostante tutta la poesia di Gozzano sia marcata dal progressivo allontanamento dall’etica e dell’estetica dannunziana, la sua ammirazione per lo stesso d’Annunzio e il suo estetismo salvano Gozzano da una opaca adesione al repertorio di immagini crepuscolari.

I temi della sua poesia trovano espressione più matura nei “Colloqui” 1911. Raccolta pubblicata da Treves di Milano, che riunisce ventiquattro testi suddivisi in tre sezioni: “Il giovenile errore”, “Alle soglie” e “Il reduce”. Nella raccolta è interiorizzata l’impossibilità di comporre versi in una società come quella borghese, del tutto estranea all’arte. Da qui nascono da un lato la sua “vergogna d’esser poeta” , il rifugio nella malattia e la fuga nel passato, e dall’altra l’utilizzo dell’ironia come filtro attraverso cui guardare alla società. Tema principale è la malattia, che diviene non solo metafora della condizione esistenziale del poeta e della poesia nel mondo contemporaneo, ma anche forma di difesa e via di fuga rispetto alla minaccia di integrazione nella routine borghese. Es: La signorina Felicita, nell’ultima parte il viaggio che l’autore deve affrontare per curare la propria malattia e allontanare la morte è anche un modo per sfuggire al matrimonio, e all’adeguamento all’ambiente che Felicita rappresenta, che diviene materia poetica. Pare così che Gozzano sia disposto ad accogliere la società borghese nell’universo poetico anti-lirico, solo a patto di mostrarne la carenza di poeticità. Nessuna delle innovazioni metriche di quegli anni entra nella sua poesia, fedele ai valori dello stile, alle forme chiuse, al ruolo della rima, ad una pronuncia chiara ed eloquente. Cosciente dell’artifizio della propria poesia tende ad esaltarlo.

GUIDO GOZZANO Nasce nel 1883, in una famiglia borghese di Torino. Partecipa attivamente alla vita culturale e mondana della città, interrompendo gli studi in giurisprudenza. Nel 1907 pubblica “La via del rifugio”. Negli anni successivi la sua vita è segnata dalla tubercolosi e dai suoi continui spostamenti per le varie convalescenze. Collabora con vari periodici e nel 1911 pubblica la sua seconda raccolta “Colloqui” e inizia il poemetto “Le farfalle”. Nel 1912 compie un viaggio in India, da cui invia numerosi articoli a “La Stampa” che verranno raccolti postumi con il titolo “Verso la cuna del mondo”.

L’aggravarsi della malattia lo porta alla morte, avvenuta a Torino nel 1916....


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