Dalle parole aI dizionari - Marcello Aprile PDF

Title Dalle parole aI dizionari - Marcello Aprile
Author Mariateresa Scotti
Course Lessicologia e lessicografia
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Summary

Riassunto del libro "Dalle parole ai dizionari" di Marcello Aprile...


Description

DALLE PAROLE AI DIZIONARI – MARCELLO APRILE Le parole La parola è un'unità minima isolabile all'interno della frase; è composta da fonemi (cioè da uno o più suoni che hanno la proprietà di distinguere due parole diverse); è dotata di un significato autonomo fondamentale (per le parole semanticamente piene come i nomi) o di una funzione sintattica (per le parole semanticamente vuote come gli articoli). Bisogna distinguere tra parola fonologica e parola grafica: la parola fonologica consiste in una sequenza di suoni determinati da regole riguardanti la struttura delle sillabe e l'accento; la parola grafica si tratta di una sequenza di lettere intervallate da spazi. Il lessico è un insieme complesso. Le unità del lessico formano gli enunciati. Il lessico è un insieme aperto, dotato di un notevole dinamismo. Il lessico e la grammatica non sono mondi separati. Quando si realizza una frase le parole vengono adattate secondo un insieme di regole grammaticali. Le interferenze tra lessico e grammatica si attuano anche ad altri livelli. Ci sono alcuni elementi del lessico usati come funzioni grammaticali, come locuzioni preposizionali o congiunzionali (per esempio, a causa di, in funzione di): si tratta di elementi grammaticali che si sono lessicalizzati, cioè hanno subito un processo di lessicalizzazione. Viceversa, ci sono elementi che un tempo appartenevano alla sfera della grammatica, come alcuni participi presenti: mediante è il participio presente del verbo mediare e poi con l'uso si è trasformato in una preposizione che ha assunto il significato di “per mezzo di”; o anche il participio presente durante del verbo durare. Nei casi di mediante e durante abbiamo avuto un processo di grammaticalizzazione. Ciascuna parola possiede una frequenza d'uso o una disponibilità all'uso. Calcolare questa frequenza o disponibilità è un'operazione difficile. Il problema della frequenza d'uso diventa di primo piano nell'apprendimento dell'italiano come lingua straniera o per i bambini italiani in età prescolare o scolare. Tra le centinaia di migliaia di elementi lessicali che costituiscono il patrimonio di una lingua di cultura come l'italiano, è necessario stabilire quante parole siano indispensabili per condurre una conversazione o per capire un testo comune. I calcoli non sono univoci, ma si può pensare che le prime 2000 parole coprano circa l’80% degli enunciati. Le cifre sono contestabili: ci sono vocabolari fondamentali basati su 1000-3000 parole. Quel che conta è però il principio applicativo, che appare incontestabile: per l'apprendimento di una lingua da parte di un bambino o di uno straniero è un sistema migliore partire dalle parole che appaiono più usate. È difficile e forse impossibile stabilire a quante parole corrisponda la reale competenza di un adulto. Secondo i dati del più importante vocabolario francese contemporaneo, il Grand Robert, dovrebbe trattarsi di circa 10.000-12.000 parole, un dato sostanzialmente corrispondente a quello del Saba tini-Coletti. Anche questo è un dato statistico che va considerato frutto di una media dato che la competenza può essere maggiore o anche minore di questa cifra approssimativa. Il lessico mentale è l'insieme delle parole memorizzate da un parlante e la relazione che un parlante stabilisce tra queste parole memorizzate. Questa relazione può essere:  di tipo formale, come le rime, le assonanze  di tipo semantico, come i sinonimi, antonimi  di tipo insieme formale e semantico, come le relazioni che si sviluppano all'interno della formazione delle parole Quando apriamo un dizionario troviamo le parole in ordine alfabetico. La correlazione delle parole può essere di diversi tipi. Di primaria importanza sono i legami semantici che collegano tra loro i componenti di una frase, quelli che chiameremo rapporti sintagmatici. Se invece consideriamo i rapporti semantici che legano ciascun componente della frase con i suoi possibili sostituti abbiamo i cosiddetti rapporti paradigmatici.

Il significato delle parole Del rapporto tra la parola e il suo significato se ne sono occupati diversi studiosi della semantica, la scienza del significato. Saussure distingue in una parola due parti: un'espressione (il significante) e un contenuto (il significato). Il significante corrisponde all'immagine acustica, l'oggetto mentale. Insieme formano il segno linguistico. Il rapporto tra il significante (la forma della parola) e il referente (l'elemento non linguistico) è mediato dal significato (il concetto). Se nelle diverse lingue uno stesso oggetto mentale viene designato con immagini acustiche diverse, ne consegue che non esiste alcun rapporto diretto tra il significante e il significato. La parola che i parlanti scelgono per designare un oggetto mentale è frutto di una scelta arbitraria (secondo Saussure) o meglio ancora convenzionale, come preferisce Ullmann. La parola curva in quasi tutte le lingue slave vuol dire “prostituta”, e forse è meglio non dire a uno slavo una frase come “sulla strada c'è una curva”. La parola tedesca Regal è qualche volta oggetto di equivoco per gli italiani dato che non vuol dire “regalo” ma “scaffale”. Quindi da ciò si capisce che il segno è immotivato. Il rapporto tra la lingua e la concezione del mondo è reciproco. L'etimologia popolare ha influenzato le credenze e le pratiche religiose. Santa Lucia è la protettrice della vista perché si crea un'associazione tra il nome della Santa e la parola luce; in francese tra Saint Clair e clair “chiaro”. Per quanto riguarda la rimotivazione delle parole esistono due settori che contengono una grande quantità di parole morte: l'antroponomastica (i nomi di persona) e la toponomastica (i nomi di luogo). Il nome di Napoli deriva dal greco “nea” nuova e “polis” città. La parola è stata poi adattata. Nel Salento c'è una grotta indicata come “La Poesia” dalla cartellonistica stradale punto il nome originario della grotta è però posìa, non poesia. Esso viene dal greco che vuol dire “acqua potabile”. Dato che il nome ormai non era più compreso, probabilmente da secoli, è intervenuta la rimotivazione secondaria attraverso l'incrocio con l'italiano poesia. Ogni parola può avere più significati. Questo fenomeno prende il nome di polisemia. Se pensiamo alla parola acqua ci verrà in mente il liquido inodore, incolore e insapore che beviamo. In una frase come “l'acqua viene giù a dirotto” la parola significa “pioggia”. Nel modo di dire “la classe non è acqua” la parola prende il significato di “cosa senza valore”. Se una parola ha più accezioni occorre sapere come decifrarne il significato esatto. Noi non parliamo per parole isolate, ma in frasi: è il contesto che precisa la scelta del significato in una data situazione linguistica. Quando parole diverse assumono forma uguale e coincidono foneticamente abbiamo l'omonimia. L'omonimia può dar vita giochi di parole e quindi sono molto sfruttati nell’italiano dei giornali. L'omonimia è un caso estremo di un fenomeno molto più ampio, quello dell'interdipendenza formale tra famiglie di parole. La fitonimia (cioè la denominazione delle piante) si occupa del problema di quale nome assegnare in italiano a piante locali che non ne hanno uno nella lingua nazionale, ma che ne hanno uno in lingua popolare. Spesso capita che un termine popolare che non esiste in lingua nazionale venga italianizzato commettendo quindi un errore. Le parole che hanno lo stesso significato sono chiamate sinonimi. Non è possibile trovare parole con sinonimia assoluta perché c'è sempre una differenza, anche minima. Parleremo allora di sinonimia relativa. Oltre alla sinonimia abbiamo i contrari o antonimi. All'interno dei contrari va stabilita una differenza tra con contrari graduabili e contrari non graduabili. I contrari graduabili, come le coppie veloce/lento, possono esprimere una comparazione. I contrari non graduabili esprimono una scelta netta: vivo e morto sono contrari non graduabili perché l'uno è la negazione dell'altro. Però in “Milano è una città viva”, nel senso metaforico di vivace, “vivo” ridiventa graduabile perché può essere usato in frasi come “Milano è più viva di Vienna”.

Esistono coppie di sinonimi come adesso/ora, prendere/pigliare e si tratta di parole che in origine si usavano in un dialetto e solo successivamente sono state usate nell’italiano standard. Per via della loro origine geografica diversa si può anche parlare di geosinonimi. Un sottotipo di sinonimia è costituito dal rapporto tra iperonimi e iponimi. si tratta della relazione che intercorre tra una parola di significato più esteso e generico (detta iperonimo) e una di significato più ristretto e specifico (detta iponimo): felino è l’iperonimo di gatto, tigre, che sono detti iponimi. “Felino” è a sua volta iponimo di “animale”. Il rapporto tra una parola e il suo significato può essere visto da un altro punto di vista: quello dell'estensione e dell'intensione: “mobile” ha maggiore estensione di quello di “armadio” che è più specifico e ha più intensione di quello di mobile. La realtà è una varietà infinita e si presenta in primo luogo il problema fondamentale di come stabilire i confini (mentali e poi linguistici) al suo interno. All'interno della realtà extralinguistica è difficile tracciare linee precise. I colori sono un caso classico dell'impossibilità di tagliare nettamente i confini del reale. I latini consideravano il bianco lucente (Candidus) e il bianco latte (albus) come due colori differenti virgola non come due sfumature dello stesso colore. Se diciamo vado a comprare un tavolo non sappiamo esattamente come il suo sarà. Eppure, siamo in grado di riconoscere un tavolo. Pensiamo all'oggetto mentale sedia: sedia avrà in comune con divano o sgabello alcune caratteristiche. Tutti hanno i piedi, ma sedia e divano hanno lo schienale, sgabello no. Oppure sedia e sgabello sono per una persona, mentre divano per più persone. Un'analisi impostata in questo modo è sostanzialmente corretta quando si fa un vocabolario e si deve definire un oggetto mentale individuandone le caratteristiche distintive ed essenziali. La differenza tra nomi concreti e nomi astratti e di solito piuttosto intuitiva: letto è concreto, allegria astratto. Ma da un punto di vista concettuale le cose stanno in modo più complesso. Prendiamo le frasi “sollevare un peso” o “avere un peso sulla coscienza”. Nella prima, peso è un nome concreto; nella seconda abbiamo una metafora. Spesso non sono quindi i nomi ad essere astratti o concreti di per sé, ma è astratto e concreto il senso in cui sono impiegati. Un altro aspetto del problema è costituito dal fenomeno della concretizzazione degli astratti, cioè della coesistenza all'interno della stessa parola di un senso concreto e di uno astratto: “costruzione” è sia azione del costruire sia ciò che qualcuno costruisce. Le definizioni delle parole nei vocabolari partono normalmente da unità più generiche per arrivare a unità sempre più specifiche: la sedia serve per sedersi, ha i piedi, è per una persona, ha lo schienale.

La fraseologia Per motivi pratici, i dizionari descrivono le parole isolandole dai contesti in cui ricorrono. Ma la parola va vista nell'ambito della frase: la parola non è un'unità isolata, posta al di fuori del contesto discorsivo. Il suo uso e il suo significato si possono cogliere compiutamente solo all'interno di questo contesto. La globalità del significato non può essere dedotta come la semplice somma dei significati delle singole parole. Per esempio, “essere un osso duro” che significa “persona o cosa non facile da affrontare”, non è la somma dei significati di ogni parola. I modi di dire sono diventati attraverso l'uso elementi fissi della lingua: rappresentavano qualcosa di importante nella storia e nella cultura delle comunità. Molti modi di dire nascono da prassi giudiziarie del passato o da pratiche di giustizia. Di esse si è persa traccia anche se continuiamo a usare espressioni di cui in fondo non capiamo bene la motivazione. “Fare/mettere le corna” alla moglie o al marito, ben prima di essere un comune modo di dire, era semplicemente una pratica in uso nel medioevo, quando era d'abitudine imporre delle corna di scherno ai mariti che tolleravano una condotta immorale della moglie.

“Essere/finire al verde” deriva dall’abitudine di far portare un berretto verde ai falliti in segno di pubblico scherno. Lo stesso fenomeno si ha per i vestiti in quanto rappresentanti dello status sociale: attraverso i segni esterni e i colori si potevano applicare punizioni esemplari, o al contrario si poteva far valere la propria superiorità sociale. Da qui una serie di modi di dire: è un altro paio di maniche, raccogliere il guanto, fare le scarpe a qualcuno. Per quanto riguarda la religione abbiamo avere talento, non c'è più religione, prendere quel che passa il convento. “Il gioco non vale la candela” è stata una trasformazione della precedente formula “il Santo non vale la candela”: cioè un Santo incapace di soddisfare le richieste del fedele a cui era quindi inutile accendere una candela. I dialetti settentrionali in particolare quelli Lombardi forniscono molti modi di dire: essere una mezza calzetta, far ridere i polli. “Essere nati con la camicia” è di origine veneta; da Roma invece abbiamo scapparci il morto e fare il finto tonto. Nel napoletano invece abbiamo passare un guaio e cose da pazzi; “su questo non ci piove” invece è siciliano. Esistono in italiano parole che si sarebbero estinte da tempo se non ricorressero in determinati modi di dire o in nessi fissi di parole; per esempio in “dare retta” il significato della parola retta è andato completamente in disuso: si tratta di una parola inserita a sua volta in un'espressione che in latino suonava come “orecchio teso, drizzato”. Dall’orecchio teso si è passati a una persona che porge attenzione. “Mancia” che indica una ricompensa in denaro in un ristorante o in un bar è un prestito dal francese che indicava la manica offerta in dono dalla dama al Cavaliere in un torneo. Naturalmente la produzione di nessi fissi continua: per la condizione femminile abbiamo il sesso debole e il gentil sesso e il principe azzurro come aspirazione per le ragazze di buona famiglia. La maternità al di fuori del matrimonio è “frutto del peccato”. Da qualche decennio la produzione di nuove locuzioni è in gran parte frutto dell'influenza congiunta dei mass media e della politica con formule come conflitto di interessi e diritto di cronaca. Dal punto di vista della formazione di nuovi modi di dire esiste il fenomeno dell'analogia. Per esempio, l'espressione “madre di tutte le battaglie” ha prodotto per analogia tutta una serie di espressioni simili come madre di tutte le partite o di tutte le cause.

Lessico e società Le varietà dell'italiano utilizzate in ambiti specifici della vita sociale e professionale sono i linguaggi settoriali. Ci sono linguaggi settoriali delle scienze o del diritto e dell'amministrazione, ma anche di hobby o sport. Ciascuna dispone di una sua terminologia. La costruzione dei linguaggi settoriali segue due vie: 1. si coniano o si prendono in prestito da altre lingue termini o unità polirematiche che la lingua comune non possiede: la medicina trae gran parte della sua terminologia dalle lingue classiche, il latino e il greco 2. Si usano parole che sono già della lingua comune ma lei si specializza attraverso l'acquisizione di un nuovo significato: nella lingua comune “scivolata” vuol dire “azione dello scivolare”, mentre nel calcio vuol dire “azione di gioco” Nel linguaggio settoriale a ciascun termine deve tendenzialmente corrisponderà un solo significato. La polisemia nei linguaggi settoriali deve essere ridotta al minimo. Il mondo del lavoro cambia e con esso cambiano profondamente le denominazioni delle professioni: “fontaniere” è diventato “idraulico”. Il fenomeno va avanti rapidamente grazie allo sviluppo della tecnologia nel mondo moderno: i ventenni di domani avranno probabilmente difficoltà a riconoscere un floppy disk. Ci sono però casi in cui il nome dell'oggetto sopravvive anche se la tecnologia è stata resa obsoleta dall'evoluzione. Se saliamo su un treno cerchiamo un vagone o una carrozza. Il secondo termine in origine designava una vettura a quattro ruote trainata da cavalli. L'oggetto trainato dai cavalli è scomparso, il nome

no. La penna si chiama così perché un tempo era una penna d'oca intinta nell'inchiostro: l'oggetto si è modificato ma il nome si è conservato. La lingua è in continua evoluzione e quindi nascono i neologismi. La neologia è un meccanismo fondamentale perché consente a una lingua di rimanere viva. La neologia si colloca quindi nell'ambito del cambiamento linguistico. Un neologismo si forma in due modi: 1. con la produzione di una vera e propria parola nuova (un neologismo lessicale) attraverso le regole di formazione delle parole come la prefissazione, la suffissazione, la composizione 2. con la nascita di un significato nuovo di una parola già esistente (un neologismo semantico) Mentre i neologismi lessicali sono facilmente riconoscibili come resettare, quelli semantici sono più difficili da osservare e da catalogare: navigare (in rete). Alcuni neologismi si impiantano in una lingua in misura stabile, mentre altri vengono usati occasionalmente e poi scompaiono. I neologismi usati da giornalisti in particolari contesti sono definiti neologismi stilistici. La maggior parte di questi neologismi cade in disuso, ma alcuni restano stabili come lottizzazione, al posto di “dividere in lotti un terreno”. In generale hanno più possibilità di successo i neologismi denominativi, quelli che servono a dare un nome nuovo a nuovi oggetti o nuove tecniche. I neologismi denominativi sono facilmente legati all'evoluzione tecnologica: per esempio la computergrafica e l'editoria digitale. La creazione di una nuova parola non implica necessariamente l'uscita dall'uso di una parola precedente; infatti, in molti casi si può semplicemente affiancare: è così per gomma da masticare, chewing gum, gomma americana e infine semplicemente gomma, che si sono affiancati senza sostituirsi. Le parole nuove ottenuti attraverso meccanismi come la suffissazione, prima di affermarsi passa molto tempo come minimizzare e massimizzare. Il movimento di una lingua non si manifesta solo attraverso il suo arricchimento e la formazione di neologismi. L'altra faccia della medaglia è rappresentata dall'invecchiamento di una parte del vocabolario e di una parte dei significati e dalla loro progressiva scomparsa. Gli arcaismi possono essere distinti in diverse categorie:  arcaismi morfologici cioè forme verbali e pronominali uscite fuori dall'uso  arcaismi sintattici cioè costruzioni in cui l'ordine delle parole è oggi desueto  arcaismi lessicali, costituiti da parole che non esistono più nell'italiano di oggi come calle “cammino,via”, rimirar “riguardare” Alcune parole esistono ancora oggi in italiano: sono arcaismi semantici come presto “veloce” come aggettivo e non come avverbio; noia “luogo di angoscia” e non “senso di fastidio”. La correttezza politica è l'esigenza di usare le parole secondo caratteri non sessisti e non offensivi verso minoranze politiche, etniche o religiose. Nei confronti di alcune situazioni di disagio si è scelto di preferire denominazioni come portatore di handicap, non vedente, non udente. Nel primo caso una progressiva sensibilizzazione al problema ha fatto emergere la denominazione di disabile e di recente quella di diversamente abile. La correttezza politica tocca da vicino anche il mondo del lavoro: spazzini in netturbini e poi in operatori ecologici; i secondini sono diventati agenti di custodia e poi agenti di polizia penitenziaria; i bidelli sono diventati collaboratori scolastici. Esistono parole riservate a situazioni formali e parole che si possono usare in contesti più informali. Parliamo quindi di lessico formale e di lessico informale. Catalogare queste forme lessicali e ricavarne elenchi precisi è quasi impossibile. Esistono però casi facilmente individuabili: pigliare (prendere), fregare (ingannare), scassare (rompere). Ci sono anche parole informali ormai quasi uscite dall'uso quotidiano, ma rimaste nel linguaggio giornalistico come grana (denaro), soffiata (rivelazione).

Il latino come matrice: trafila ereditaria e trafila dotta Il patrimonio lessicale dell'italiano può essere diviso in:  parole di tradizione...


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