D\'annunzio e verga PDF

Title D\'annunzio e verga
Author MariaGrazia De Luca
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Foggia
Pages 3
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Summary

parallelismi tra d'annunzio e verga ...


Description

D'Annunzio e Verga Nel 1880 appare VITA DEI CAMPI e arriva la formulazione del Verismo. Prima l’autore siciliano aveva anche prodotto romanzi sentimentali come Storia di una capinera che mostravano già una certa vena poetica, ma intriso di romanticismo e scapigliatura. La critica infatti ha sempre avuto difficoltà nell’inserire Verga in una data categoria: era un realista, ma pessimista. Il suo primo soggetto verista è quello in cui si manifesta il CANONE DELL’IMPERSONALITA’. Egli guardava alla realtà senza ambizione di cambiamento, con un pessimismo sconcertante ed assoluto. Rosso Malpelo ad esempio è la negazione di ogni speranza. Nella novella “Fantasticheria” Verga dà indicazioni su quello che sarebbe stato il suo ruolo di scrittore. Si immagina la convivenza dello scrittore con un a donna di Acitrezza. La donna scappa dal paese, dove è impossibile vivere. La missione dello scrittore è focalizzare la lente d’ingrandimento sugli umili, sull’umanità dimenticata, ma che esiste. “ideale dell’ostrica” gli umili devono restare dove sono nati, perché altrimenti le cose vanno peggio.(cfr. Ntoni). Jeli il pastore= ingenuità del giovane pastore che fa i conti con la società del suo tempo fatta di inganni, questioni sociali e matrimoni riparatori. Jeli andrà in prigione per aver ucciso l’uomo che aveva una relazione con sua moglie Mara (è la storia di un solitario, come Dalfino in Terra Vergine). Cavalleria rusticana=TRAMA: Cavalleria Rusticana è la storia di Turiddu Macca, un contadino siciliano, figlio della gna’ Nunzia. Prima di partire per il militare è fidanzato con Lola, ma, durante la sua assenza, la ragazza incontra Alfio, un ricco carrettiere che "ha quattro muli in stalla" e sceglie lui come compagno di vita. La famiglia di Turriddu, invece, è poverissima: la madre è costretta a vendere la loro unica mula per vivere. Il dramma quindi non è solo amoroso ma anche economico: Lola sposa un uomo ricco per godere di un migliore tenore di vita, mentre Turiddu, roso dalla gelosia, deve lavorare come “camparo”, cioè come guardiano delle terre, presso massaro Cola, il vicino di casa di Alfio che “era ricco come un maiale, dicevano, e aveva una figliuola in casa” . Turiddu decide di vendicarsi e sposta le sue attenzioni su Santa, figlia di Cola. Mentre Santa si innamora di lui, la gelosia di Lola aumenta; quest’ultima, approfittando dell’assenza del marito, decide di invitare Turiddu a casa; Santa se ne accorge e, sentendosi tradita, racconta quello che ha visto ad Alfio. Quest'ultimo, turbato dall’offesa, sfida a duello Turiddu: i due uomini si affrontano, armati di solo coltello, in un duello straziante e sanguinoso che si conclude con la morte di Turiddu. E' il culmine della tensione melodrammatica: durante il duello, Alfio acceca Turiddu con una manciata di polvere e lo ferisce mortalmente. È uno dei testi più noti di Giovanni Verga: infatti la trama venne utilizzata per il libretto dell'omonima opera di Pietro Mascagni. L'opera riscosse un gran successo, ma Verga aprì una causa per plagio. La causa fu vinta da Verga che venne risarcito; ciò gli garantì, per un certo periodo di tempo, una discreta tranquillità finanziaria. GLI IDOLATRI (novelle della pescara)di D'Annunzio richiama la novella Guerra di santi, 1880, contenuta in Vita dei campi: singolare novella in cui vi è lo scontro tra due quartieri di un medesimo paese: uno che predica il culto di San Rocco, l’altro San Pasquale. Il narratore è all’interno della novella. Stile comico viste le legnate che le due fazioni si danno di santa ragione. La protagonista femminile non vuole sposare più Nino perché della fazione opposta. Gli idolatri si apre con un fatto di sangue. Quelli di Radusa hanno mandato un loro compaesano a comprare delle candele per festeggiare San Pantaleone, ma lui non torna. In questa novella non abbiamo un narratore interno ed imparziale. Qui esso giudica (e male) i personaggi. Pallura che non torna è stato quasi ucciso dagli abitanti avversari (Mascalico) i quali gli rubano persino le candele per il loro santo San Gonselvo. Quando Pallura torna, agonizzante, riesce a dire solo

“ma..ma..scalico”. Giacobbe, radusano, vuole vendicare il compagno. Egli guida la processione di battaglia (ossimoro): armati di falce i radusani vogliono appoggiare la statua del loro santo sull’altare di san Gonselvo. La novella si chiude con una quasi mattanza in chiesa. I radusani uccidono tutti coloro che si trovano dinnanzi, i mascalicesi si vendicano con i coltelli, ci sono cadaveri dappertutto. Tutti i radusani vengono uccisi e quindi non riescono nell’intento di posizionare il loro santo. Se in verga c’era il comico, qui c’è il violento, il tragico. D'Annunzio cade nell’eccesso, va oltre il dato pseudoreale di Verga. Dà al testo un ritmo incalzante, un andamento teatrale, molti infatti sono i colpi di scena e i riferimenti animaleschi. L’EROE è la continua de GLI IDOLATRI parte dalla vittoria dei mascalicesi: l’Ummalido, uno degli 8 portatori della statua, si ferisce ad una mano nel tentativo di sollevare il santo. Nonostante ciò tenta di portare il santo, impossibilitato a farlo, si taglia la mano e pronuncia: “San Gonselvo la dedico a te”. La fonte di questa novella è tratta da Le novelle della beccaccia di Guy Maupassant del 1883 intitolata “En mer”.Tanto gli piacque questa novella che la scompose usandola per due sue: L’EROE, appunto, e IL CERUSICO DI MARE. EN MER=pescatore su un battello che si fracassa sulle rocce. Il narratore leggendo di questa notizia si ricorda di un fatto avvenuto 18 anni prima. Naufragato, assieme al fratello ed altri 4 uomini, il fratello minore si trova con il braccio incastrato nella rete. Anziché tagliare una corda, cosa che avrebbe causato danni economici, il fratello maggiore cerca un’altra soluzione. L’aver temporeggiato, fa sì che il braccio, liberato, sia ridotto a brandelli. Procedette così a tagliarlo (analogia con la mano tagliata ne L’EROE; la dimensione economica in Maupassant non è presente però in D'Annunzio). IL CERUSICO DI MARE= un gruppo di pescatori(anche questi sono 6) escono a pesca. Appena partiti, Gianluca fa vedere una piccola puntura sul collo. Gianluca inizia a lamentarsi sempre di più; prega San Rocco, ma niente. Gli amici vorrebbero curargli l’escrescenza(che sembra un nido di vespa da cui sgorga materia) con rimedi popolari( il vate conosceva bene l’opera di De Nino). Massarese aveva visto due anni prima un medico operare, allora si offre di fare lo stesso. Massarese procede, Gianluca si perde in uno sguardo simile a quello degli animali morenti. G., sceso sotto coperta, muore, gli amici lo trovano in branda e si domandano cosa fare: “diranno che l’abbiamo ucciso noi?” Allora si opta per buttarlo in mare. Gianluca, con una pietra legata ai piedi scompare sul fondo del mare. Giunge un altro peschereccio e alla domanda dei pescatori circa Gianluca, Massarese risponde che l’avevano perso in mare. Si mettono così a cantare. (la durezza dei personaggi è conseguenza della durezza della vita che li ha resi così) LA MORTE DEL DUCA DI OFENA (Novelle della Pescara)= forte riferimento alla novella di Verga “Libertà” (novella soggetto ad intensa attenzione critica, ad esempio Sciascia). Ispirata alla rivolta di Bronte. Sciascia rimprovera Verga di aver alterato la storia: le truppe di Garibaldi capeggiate da Nino Bixio, giungono a Bronte per dare sostegno ai cappelli (benestanti) e non ai berretti (poveri). Verga, inconsciamente, è più cruento nel mostrare i poveri che eliminano tutti i signori che incontrano. L’idea di Verga è che il popolo senza una guida non sa come comportarsi(ha bisogno di padroni; c’è paura nei confronti del popolo, come in Manzoni). Arrivano i garibaldini che si scagliano contro i popolari che vengono incarcerati. Si torna alla vita di sempre. Morale: il mondo va così, non muta. Ci sono i popolani e ci sono i padroni e gli uni sono necessari agli altri. D'Annunzio nella sua opera ci mostra il duca di Ofena come un tiranno; suo padre, a letto perché paralitico, sente il rumore della gente che protesta, stanca delle angherie. La villa del duca d'Ofena è presa di mira, e per il nobile non serve a nulla mandare un ambasciatore. L'uomo viene ucciso e impiccato ad un'asta, mentre la folla inferocita si reca sotto le fondamenta della magione per distruggerla con il fuoco. Il duca Cassaura (Castiglione a Casauria) chiama a sé un servo e il giovane Carletto, suo amante, e cerca di sedare la

folla mandando un nuovo messo: tal Mazzagrogna. L'uomo viene crivellato di colpi sulla balaustra della finestra, e la gente si diverte a distruggergli la testa con delle clave. Improvvisamente il portone di casa cede, e la folla entra, ma i servi di famiglia respingono in un primo momento l'assalto, che però alla fine volge a favore della plebe, che appicca il fuoco in casa. Il vecchio padre muore tra le fiamme, mentre il duca, che tiene tra le braccia il corpo esanime di Carletto, all'ordine della folla di morire davanti ad essa sul cortile, fugge eroicamente dentro la casa in fiamme, ostinato a far valere il proprio rango, morendo carbonizzato. La situazione in D'Annunzio è ancora più zeppa di violenza, è originale. Come sempre il vate va oltre....


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