Didattica generale riassunto delle videolezioni universita telematica pegaso PDF

Title Didattica generale riassunto delle videolezioni universita telematica pegaso
Course didattica generale
Institution Università Telematica Pegaso
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Riassunto di tutte le videolezioni di Didattica Generale dell'Università Telematica Pegaso - Laurea in Scienze della Formazione dell'Educazione...


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Didattica Generale - Riassunto delle videolezioni - Università Telematica Pegaso Didattica generale e speciale Università Telematica Pegaso 24 pag.

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DIDATTICA GENERALE Programma a.a.2019/2020 Schemi videolezioni

2 – LA DIDATTICA La didattica può essere definita un insieme di teorie e pratiche utili a ripensare l'insegnamento in diversi ambiti formativi. Gli elementi fondanti sono: Un soggetto che eroga conoscenza, uno che la acquisisce, un oggetto di conoscenza da acquisire, un'attività volta a facilitare l'acquisizione. 3 – LA DIDATTICA ORIGINI E DUALISMO Non è possibile isolare la didattica da contesti culturali, rappresentazioni sull’apprendimento, insegnamento, luoghi e istituzione politica. Il termine didattica viene da Comenio che ha fatto una riflessione sulle finalità, i metodi, gli strumenti dell’insegnamento. Per questo autore la scuola rappresenta l’istituzione privilegiata per la trasmissione di conoscenze e l’acculturazione delle nuove generazioni. I contenuti per Comenio devono essere pochi ma ricorsivi, il maestro deve rispettare i ritmi di apprendimento e valorizzare l’aspetto esperienziale e di gioco. Tra il 500/600 il binomio promuovere e controllare diviene uno degli assi su cui si sviluppa la didattica. Finalità della scuola è promuovere comportamenti adeguati alla società con conoscenze utili alla partecipazione attiva ad un processo collettivo. 4 – I MODELLI DI HOUSSAYE E DEVELAY Nel triangolo di Houssaye alla base vi sono studente e insegnante, al vertice il sapere. Possono essere identificate posture che caratterizzano i diversi approcci e modelli didattici. Possono essere considerate anche “preferenze” che caratterizzano la relazione didattica. Postura insegnare riguarda il docente che seleziona e organizza i contenuti, egli è soggetto attivo che si impegna a costruire relazioni fra i materiali delle lezioni e approfondimenti. Ins diviene sempre più abile nel proporre le tematiche. Postura apprendere caratterizza l’attivismo ed è centrata sulla spontaneità dell’alunno. Postura formare centrale è la rel Ins-Alunno. Ins può utilizzare il carisma ed essere “seducente” catturando l’attenzione con diversi artifici. Il sapere in questa postura è latente. Il triangolo di Develay (vedi img dispensa) sostituisce il termine “pedagogico” con “didattico” e introduce il sapere scolastico come risultato della trasposizione didattica. Nel legame che l’alunno stabilisce con il sapere scolastico si trovano le “rappresentazioni o concezioni”. Queste derivano dall’esperienza di apprendimento dell’alunno, sono le teorie che ha costruito a partire dalle sue osservazioni e sensazioni. Queste rappresentazioni sono restie al cambiamento a meno che non pongano conflitti etici o cognitivi e si renda necessario rivederle. Devono essere quindi considerate e comprese dal docente che può poi intervenire per modificarle. In questo modello il polo pedagogico è connesso al vertice “Insegnante” e riguarda il contratto didattico, ovvero un set di aspettative fra insegnante e studente. La relazione tra sapere scolastico e docente si manifesta attraverso 3 decisioni: selezione dei temi concettuali fondamentali per una buona formazione, la gestione dei registri di formulazione (modalità di comunicazione dell’Ins), gli obiettivi ostacolo che ricadono nella Zoped (zona prossimale di sv) dello studente. 5 – LA TRASPOSIZIONE DIDATTICA La comunità scientifica opera una costante modifica e aggiornamento del sapere e compito della comunità scolastica è tradurre questo sapere in situazioni didattiche. Questo è ciò che si definisce trasposizione didattica. Per Chevallard la trasposizione non è solo un processo di scelta di cosa insegnare, ma una vera e propria trasformazione del sapere.

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La trasposizione esterna viene decisa da commissioni esterne che definiscono gli scopi e le direzioni dei programmi per le diverse generazioni; è quindi una sinergia tra il sapere sv dalle discipline e una visione politica. Le pratiche sociali di riferimento (relazione che si crea fra la comunità professionale, domestica e sociale e il tipo di saperi necessari per parteciparvi) divengono riferimenti obbligati per l’insegnamento. Per Develay la trasposizione diviene assiologizzazione perché trasforma il sapere scientifico in scolastico tenendo conto anche dell’etica e della morale. La mediazione interna è quella compiuta dagli Ins e che si manifesta nelle pratiche didattiche e negli strumenti selezionati. Il processo però è bidirezionale perché ogni studente elabora e assimila in modo personale i contenuti trasmessi e costruisce il suo Appr. Insegnamento richiede la sinergia fra Didattica, Pedagogia ed epistemologie disciplinari. 6 – PROGRAMMA E CURRICOLO I programmi scolastici sono l'incontro tra storia e cultura sociale, politica, pedagogia, storia della didattica. A metà ‘800 con Casati vengono stilati i primi programmi. Nella Legge che porta il suo nome erano già presenti i seguenti elementi: che cosa bisogna insegnare, quali comportamenti sono accettabili socialmente, quale comportamento e ruolo deve avere il maestro. Con i programmi stilati in seguito da Gabelli si nota una virata di tipo positivista con la valorizzazione del metodo scientifico, la riflessione critica, ciò che l’alunno apprende deve diventare uno strumento d’azione. Con Bacelli si tenta invece di uniformare conoscenze e comportamenti. Nel 1923 con Radice, allievo di Gentile, viene dato spazio all’espressività e creatività e il curricolo è in linea con i dettami del fascismo del periodo. Nel dopoguerra Washburne (allievo di Dewey) seguirà invece una linea funzionalista per creare cittadini con impostazione democratica, spirito di cooperazione e collaborazione. Nel sistema statunitense, Bruner afferma che il curricolo indica il programma del corso, il materiale didattico, le indicazioni per lo svolgimento del corso e i metodi di valutazione. Per Stenhouse il curricolo è il tentativo di comunicare i principi e le caratteristiche della proposta educativa rimanendo aperto ad una revisione critica e suscettibile di conversione pratica. Ins diviene ricercatore perché chiarisce i presupposti a cui si ispira per progettare e gestire l’insegnamento. 7-11 – LA MEDIAZIONE DIDATTICA La mediazione didattica è un processo sociale che permette ad un individuo incompleto e immaturo di approcciarsi alla conoscenza del mondo. Rende potenzialmente accessibile il sapere in modo corretto e strutturato e consente di presentare una conoscenza attraverso una metaforizzazione della realtà. L’ins decontestualizza un oggetto culturale e lo ricontestualizza tenendo conto delle diversità e potenzialità della classe. Lo strutturalismo di Bruner mette in evidenza l'importanza delle relazioni che tengono unite in modo significativo i vari elementi di conoscenza. La costruzione di strutture consente di sviluppare processi quali l'associazione, il ragionamento, che permettono di ricordare meglio. Predisponendo la struttura delle attività e dei contenuti l'insegnante dovrebbe porre attenzione all'economia con la quale lo studente può apprendere e alla generatività dei contenuti. La percezione ha un ruolo importante perché consente la trasformazione di esperienze fisiche in immagini mentali. Bruner individua 3 sistemi paralleli utilizzati per elaborare le info e creare rappresentazioni: prassico, iconico e simbolico. Da qui si sv la teoria sui mediatori didattici da utilizzare per una efficace mediazione didattica. Per stabilire le esperienze didattiche da proporre l'insegnante dovrebbe ascoltare e osservare attentamente per raccogliere informazioni sul modo di apprendere dell'alunno. Progettare accuratamente la natura della restituzione aiuta a far maturare nello studente la capacità di comprendere e autoregolare il proprio apprendimento. I mediatori sono i linguaggi, le rappr l’esperienza che uno strumento (artefatto es. Lim) permette di fare per appropriarsi di una conoscenza. Sono sistemi che supportano l’insegnamento. I mediatori attivi riguardano l’esperienza diretta, sono molto usati nella sc dell’infanzia e primaria in cui le capacità simboliche sono ridotte. Permettono di sperimentare entro margini controllati dall’Ins, si svolgono spesso fuori dalla scuola, hanno grande potenziale di Appr significativo perché coinvolgono attivamente. L’esperienza non è ripetibile in modo uguale. Per essere efficace deve essere integrato da altri mediatori perché da solo non è autosufficiente.

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I mediatori iconici hanno la capacità di mostrare uno schema della realtà, non la realtà. Hanno due requisiti: oggettivizzazione (quanto è fedele al reale) e densità (quante info riesco a inserire in una immagine). Permettono di mostrare ciò che normalmente non è visibile (es. sit circolatorio del corpo umano). I mediatori analogici sono simulazioni caratterizzate dalla verosimiglianza con il reale. Ne fanno parte gli edutainment (imparare giocando), i giochi di finzione e i giochi narrativi, il role play. La simulazione presenta un problema da affrontare ed è suff riproducibile per dar luogo a comparazioni. Compito del formatore è allestire situazioni tipiche e proporre possibili imprevisti. Il setting deve dare modo di utilizzare risorse personali o della situazione per risolverlo. Il debriefing nella formazione è un momento molto importante perché rende esplicito il tacito, ciò che ha guidato l’azione. Può essere supportato da videoregistrazioni (autoconfronto). Sono difficilmente utilizzabili a scuola perché attivano processi per prove ed errori. Le possibili problematiche sono: neutralizzazione degli errori (ambiente controllato non evidenzia la portata degli errori), semplificazione e distorsione. I mediatori simbolici sono i mediatori a massima distanza dalla realtà e liberi da riferimenti fisico-sensoriali; consentono di veicolare un gran numero di info in t brevi. Linguaggio è mediatore simbolico per eccellenza. Un esempio è il confronto e la discussione fra pari in cui un argomento viene scelto dal formatore e commentato da un gruppo. L’incipit della discussione può essere dato da un altro mediatore. La distorsione è un problema connesso ai mediatori simbolici perché le conoscenze vengono deformate e adattate dal singolo ascoltatore. Rischio di verbalismo è connesso alla possibilità che le parole vengano utilizzate senza essere reale strumento di costruzione di pensiero. 12 – DISPOSITIVO In filosofia il concetto di dispositivo è riferito all’insieme degli elementi, fra loro interconnessi, che permettono di esercitare forme di controllo sugli individui. Per Foucault il dispositivo ha prevalentemente una funzione di controllo. I dispositivi tecnologici possono presentare una complessità crescente a fronte di una maggiore invisibilità dei processi. In ambito professionale richiedono una maggiore capacità di rappr mentale e modellizzazione dei processi. Il dispositivo didattico varia in funzione del compito dato agli alunni. Il dispositivo pedagogico assume una funzione di guida, orientamento, supporto e facilitazione. Il beneficio formativo che un sogg può trarre da un dispositivo riguarda l’interpretazione delle strutture e dei vincoli che lo porta a maturare delle personali interpretazioni e decisioni. In fase di progettazione di un dispositivo bisogna porsi nell’ottica di chi lo utilizzerà e ipotizzare i possibili comportamenti. Il criterio che deve guidare è l’attivazione nel soggetto di una auto-progettazione identitaria. 13 – COMPETENZA La competenza è un costrutto complesso che potrebbe essere definito come la capacità di mobilitare le risorse proprie dell’individuo e dell’ambiente circostante per affrontare situazioni nuove. Non è trasferibile di per sé perché si attiva in modo variabile in funzione del rapporto tra l’individuo e la singola situazione. È quindi un costrutto che si adatta alle situazioni in cui occorre prendere decisioni. L’azione che caratterizza l’agire competente è intenzionale, fisica e intellettuale. Per Rey ci sono 3 azioni caratterizzano l'agire competente: la definizione del probl, la definizione dello scopo, la scelta delle strategie. Secondo Le Boterf è la sinergia tra: poter agire, voler agire, saper agire. A scuola lo sv della competenza richiederebbe tempi più lunghi per analizzare il processo di apprendimento (Appr ad Appr) ed è difficile trasferire questo concetto a scuola perché la competenza è visibile in azione. 14 – MACRO E MICRO PROGETTAZIONE Nella dimensione progettuale occorre integrare aspetti formali, non formali e informali. La metafora della rete per la progettazione rappresenta l’ intreccio di elementi modulari autodeterminati, che partecipano della coerenza generale ma possiedono una propria coerenza locale. La differenza fra modularità e frammentazione infatti consiste nell’autosuff del modulo. La dimensione micro riguarda quindi le singole attività, ma i diversi moduli riproducono in realtà tutte le caratteristiche dell’intero sistema. Progettazione granulare significa: Progettazione a differenti livelli, tra globale e locale. La dimensione macro e la dimensione micro della progettazione sono legate da elementi di coerenza comuni e per attivare la ricorsività tra macro e micro, il progettista può utilizzare il layout. Il curricolo diventa perciò una sorta di framework perché guida o orienta i soggetti nel percorso formativo e aiuta a strutturarne il senso. 15 – PROGETTAZIONE EDUCATIVA

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Uno spazio diventa luogo nel momento in cui viene arricchito di significati da coloro che lo abitano. La comunità ha un ruolo fondamentale nei processi di aggregazione e socializzazione. L’educatore che opera e si muove in una comunità deve aver cura di bilanciare processi di apertura fra i membri e di protezione. L’ed deve inoltre aiutare i soggetti a sviluppare il senso pratico in modo da avvicinare le loro azioni a quanto previsto. Essi sono potenziali attori della propria vita e l’ed deve intervenire per far sì che ciò avvenga aiutandoli a sviluppare competenze e capacità di azione autonoma. La progettazione educativa deve necessariamente coinvolgere anche l’educando che deve “conoscere e approvare” il percorso proposto per poterlo intraprendere nel modo più efficace possibile. Una difficoltà che l’ed può incontrare nel progettare insieme ad una équipe è data dalla diversità dei significati e culture che caratterizzano i professionisti con cui deve confrontarsi. La competenza osservativa è indispensabile per un educatore che deve raccogliere dati per poter costruire una proposta di progetto di vita adeguata per l’utente. Nel triangolo educativo al posto dei saperi ci sono i domini della qualità della vita. 16 – MODELLI DI PROGETTAZIONE Dagli anni ’80 nasce la necessità di mettere ordine fra i modelli di insegnamento. Il principio teleologico in un modello assicura coerenza e organicità. Per il docente il modello ha una funzione descrittiva. In particolare Baldacci individua 4 antinomie: processo, prodotto, soggetto e oggetto. Attorno a questi elementi si creano traiettorie in cui si collocano i diversi modelli di progettazione didattica.  Modello dei processi cognitivi superiori (metacognizione)  Modello dei talenti personali (personalizzazione)  Modello dell’arricchimento culturale (scelta dei contenuti dettata dal valore formativo assegnato ai saperi)  Modello delle competenze di base (didattica per obiettivi, centrata sulla trasmissione del sapere) 17 – PRINCIPI DELL’ISTRUZIONE Negli anni ’70 si è diffuso il filone di ricerca Instructional Design (ID). Fra i modelli su cui si è basato questo filone troviamo ADDIE: un meta-modello per guidare la progettazione. In 5 passaggi permette di ottenere la coerenza interna di un percorso di formazione.  Analyze fase in cui si raccolgono i pre-requisiti  Design traduce l’analisi in ob e sequenze di azione  Developmodalità con cui si creano i materiali da mettere a disposizione del discente  Implement realizzazione vera e propria dei supporti all’Ins e Evaluation Questo meta-modello era però troppo rigido perciò Merril ne ha estrapolato 5 principi. Un principio, secondo Merrill è: una relazione sempre vera in appropriate condizioni. Principio Problem Appr favorito quando gli studenti sono coinvolti in strategie centrate sul compito. Principio ActivationAppr favorito se studenti attivano conoscenze ed esp precedenti Principio Demonstration opportuno fornire esempi e controesempi Principio ApplicationAppr favorito se studenti applicano nuove conoscenze, per fare ciò occorre allestire situazioni che permettano la trasferibilità delle conoscenze Principio Integration Appr favorito quando studenti applicano nuova conoscenza nella vita reale. Andando oltre Merril, Calvani individua alcune guideline:  Il senso di autoefficacia matura se Il soggetto percepisce di essere stato capace di superare un ostacolo  Fornire una visione di insieme prima di trattare il singolo tema aiuta lo studente ad assegnare un senso al percorso  Il pensiero ad alta voce permette di indagare le modalità di ragionamento  Imparare ad imparare significa soprattutto spostare l'attenzione del soggetto da cosa apprende a come apprende  Operare per scomporre e sequenzializzare di fronte a compiti complessi è utile soprattutto in fase iniziale per aiutare lo studente ad affrontare il problema 18 – DIDATTICA PER OBIETTIVI

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La didattica per obiettivi è nata a partire dal filone ID degli anni ’70, non ha mai trovato piena applicazione, ma ha fortemente ispirato la programmazione didattica. Essa vede una forte relazione tra programmazione e valutazione. Alla base della valutazione vi è l’osservazione. La verifica permette di comprendere il grado di apprendimento in rapporto all’obbiettivo, se l’Appr non c’è si forniscono nuove e diverse opportunità per raggiungere l’ob prefissato. La programmazione redatta dai docenti ad inizio anno contiene gli ob per ogni classe e inizia con l’individuazione dei bisogni espressi ed inespressi. La finalità nella didattica per obiettivi è una traiettoria di senso che guida la programmazione. Occorre innanzitutto accertarsi che ogni alunno possegga i pre-requisiti necessari per l’Appr che verrà proposto. Se questi ci sono si passa all’attività, in caso contrario i pre-requisiti vanno recuperati. A seguito delle attività c’è il momento della valutazione in cui si verifica, attraverso la performance, il raggiungimento dell’obiettivo. Un problema della didattica per ob consiste nella possibile frammentazione del sapere. 19 – TRIANGOLO DEI DISPOSITIVI In un dispositivo sono presenti tutti gli elementi fondamentali per attivare una situazione formativa: finalità, ob, attività, compiti, artefatti, spazio e tempo etc.. Ogni dispositivo è ispirato alla tipologia di risultati che si vogliono ottenere che vengono selezionati in base alla “filosofia educativa” di chi li progetta. Con questa espressione ci si riferisce alle idee maturate da un Ins sulla base delle esperienze personali, esp maturate in riferimento agli studenti, esp di gestione in aula, valori. La natura dei dispositivi è dunque legata a variabili soggettive e del contesto. In base a quali aspetti si decide di dare la priorità si possono creare diverse traiettorie rappresentate nel triangolo a fianco. Vertice 1 - dispositivi istruzionali la priorità è data all’acquisizione di conoscenze e delle procedure, i metodi usati sono la classica lezione frontale o i lab. Protagonista è l’alunno che elabora le informazioni, le immagazzina e le richiama in memoria nei momenti di valutazione. Vertice 2 - dispositivi per la regolazione potenzialmente utili per sv competenze di autoregolazione e negoziare significati. Gli studenti devono formulare domande a partire dall’esplorazione del tema; la procedura è più efficace se l’esperienza è reale e concreta. Vertice 3 - dispositivi per la riflessione favoriscono riflessione e autovalutazione, lo studente matura consapevolezza circa il proprio percorsi di apprendimento. Trovano spaz...


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