Appunti dettagliatissimi delle videolezioni di Didattica Speciale - L19 PDF

Title Appunti dettagliatissimi delle videolezioni di Didattica Speciale - L19
Course didattica speciale
Institution Università Telematica Pegaso
Pages 119
File Size 3.3 MB
File Type PDF
Total Downloads 56
Total Views 146

Summary

Appunti dettagliatissimi con schemi delle videolezioni dell'esame di DIDATTICA SPECIALE - L19 - Università Telematica Pegaso...


Description

Didattica speciale IL MONDO E L’ECONOMIA DEL SECONDO NOVECENTO LA PEDAGOGIA COME SCIENZA Si inizia a parlare di pedagogia come scienza verso la fine: Dell'800, periodo in cui nascono le altre Scienze Umane. Gli origini si intravedono però anche già prima nel pensiero di Comenio. J.A. Comenio applicò il suo concetto di scienze all'ambito educazionale, ponendo l'accento sull'importanza: Dell'osservazione e dell'esperienza. Egli definì cosi per la prima volta, un sistema teorico compiuto intorno al processo educativo che consentì di superare lo stadio degli enunciati discorsivi presenti in campi come la politica e la teologia a cui la pedagogia era fortemente legata. Nella riflessione pedagogica di Comenio ritroviamo quindi, le radici di quegli aspetti su cui farà leva poi la pedagogia scientifica, ovvero: “L’importanza e la necessità di un’educazione rivolta a tutti e posta in termini di ciclicità e naturalità, sempre legata alla realtà, intenzionalmente programmata e che coinvolga anche la famiglia.” Comenio attribuisce importanza alla gradualità dell’insegnamento , pertanto proporrà di: Incominciare sempre dalla teoria, poi passare attraverso la pratica e arrivare all’utilità. (anche per soggetti disabili). A cavallo tra l'800 e il 900 la pedagogia era intesa come: Un'attività teorica e normativa, fondata sulla filosofia. Iniziò in quel periodo, pian piano a liberarsi da queste discipline e ad essere considerata una scienza autonoma. Essa venne considerata una scienza in quanto adottava una metodologia scientifica e sperimentale. Il bisogno che la pedagogia si configurasse come scienza era già stato avvertito anche da KANT, il quale nelle sue lezioni di pedagogia aveva asserito: “L'arte dell'educazione o pedagogia deve diventare ragionata se deve sviluppare la natura umana in modo che essa attui il suo destino” Per lui non basta la ragione per giudicare qualcosa; è necessario la sperimentazione, perché spesso ai nostri tentativi seguono risultati diversi di quelli che ci aspettavamo. Ciò che fu particolarmente determinante nella costituzione della pedagogia come scienza fu la corrente positivista e l’affermarsi del metodo scientifico. Il metodo scientifico non influenzò solo le scienze naturali ma anche discipline come la psicologia, la sociologia e l’antropologia che fino ad allora erano state considerate prettamente filosofiche. L’importanza conferita allo studio e all’osservazione dei fenomeni naturali contribuì alla nascita della pedagogia scientifica tra i cui precursori ricordiamo: Maria Montessori, Alfred Binet, Ovide Decroly. Tra i primi studi che mettono in luce come la pedagogia sia diventata scientifica abbiamo quelli rivolti alla soggettività infantile; si tratta di studi compiuti sia da Sigmund Freud che da Maria Montessori e che propongono in termini scientifici l’idea di un’infanzia dotata di una soggettività autonoma diversa da quella adulta ma di pari dignità. A darci una definizione particolarmente interessante della pedagogia scientifica è BREZINKA: “La pedagogia scientifica

tratta ciò che spiega l’educazione come fatto nel suo aspetto psicologico e sociale; essa non stabilisce che cosa deve essere. È una scienza empirica; analitica, induttiva ed esplicativa del fatto educativo ” Anche J. P IAGET fu un sostenitore notevole della pedagogia scientifica, egli sottolineava: “la necessità di passare da una filosofia dell’educazione, ricca di saggezza ma scarsa di metodologie e di riscontri sperimentali, ad una pedagogia scientifica con precisi punti di riferimento nella psicologia sperimentale, nella sociologia e in raccordi interdisciplinari su basi scientifiche” La pedagogia scientifica, dunque, si basava sulla interdisciplinarietà per meglio cogliere e comprendere il soggetto in tutte le sue dimensioni (quella biologica, sociale, psicologica). Attraverso l’interdisciplinarietà essa ha ampliato il campo delle discipline di riferimento, ciò spiega anche perché spesso il termine “scienze dell’educazione” spesso tende a sostituire quello di pedagogia.

LA

PEDAGOGIA SPECIALE

La pedagogia come scienza che si interessa al fatto educativo si articola in diverse branche: PEDAGOGIA GENERALE: raccoglie teorie pedagogiche e informazioni che provengono dalla ricerca dettagliata e specialistica dei differenti indirizzi di cui la pedagogia si compone per elaborare una teoria complessiva dell’educazione e dei contesti educativi.

PEDAGOGIA APPLICATA: consiste nell’applicazione del sapere pedagogico. PEDAGOGIA SPECIALE : si interessa dell’educazione dei soggetti che si discostano dalla norma per dotazione psicofisica e per abilità.

Quando si parla di pedagogia speciale non si fa riferimento ad una pedagogia della diversità negativamente intesa, ma significa, invece, ricercare delle risposte specifiche a dei bisogni specifici, all’interno di un concetto di diversità inteso come valore e risorsa.

Il termine pedagogia speciale è di uso recente, in quanto in passato si parlava di pedagogia emendativa, oppure di pedagogia curativa. Essa prende in esame una serie di ricerche e tecniche il cui scopo è quello di individuare delle metodologie atte a fornire a soggetti in difficoltà la possibilità di essere educati ed integrati nel sociale.

La nascita della pedagogia speciale è dovuta ad un progressivo interessarsi nella società alla disabilità. Vediamo un breve excursus:

• •

MEDIOEVO: scarso interesse nei confronti della disabilità e dell’infanzia in generale CRISTIANESIMO: si riscontra un maggiore interesse nei confronti della disabilità anche se il tutto viene ad essere

risolto in termini compassionali. Nonostante la pietà cristiana il soggetto con handicap viveva sempre ai margini della società



NEL’ 600 : iniziano a nascere i primi luoghi predisposti all’accoglienza dei minori con disabilità



ALLA FINE DEL’700 : con Jean Marc Gaspard Itard e poi con Eduard Sèguin, ambedue medici, inizia a sorgere quella

abbandonati pedagogia, definita speciale, legata alla neuropsichiatria infantile. ( educazione sensoriale)



NELL’ 800 : ritroviamo Langdon Maydon Down (1820 - 1896): che per primo si interessò allo studio dei bambini affetti dalla sindrome che da lui prende il nome, e Braille che mise a punto una serie di tecnologie per l’educazione dei ciechi. Tra i pionieri della pedagogia speciale ritroviamo: Langdon Maydon Down.



NEL ‘900: gli studiosi che si interessarono all’handicap aumentarono sempre di più fra essi rilevanza notevole ebbero gli studi sull’intelligenza di Alfred Binet che assieme a Thèodor Simon elaborò una scala per la misurazione dell’intelligenza. Tale scala aveva anche lo scopo di evidenziare eventuali ritardi nello sviluppo cognitivo e permettere così, al docente di adattare l’insegnamento ad ogni singolo soggetto. Egli riteneva che personalizzando l’insegnamento si potesse ottenere ottimi risultati con i soggetti con difficoltà cognitiva. Altro pioniere della pedagogia speciale fu Maria Montessori, primo medico donna in Italia, si interessò allo studio delle anormalità psichiche, soprattutto infantili. Nell’azione educativa il bambino possiede un ruolo centrale, ogni bambino ha delle esigenze specifiche ed è dotato di una mente assorbente, per cui l’educazione deve essere soprattutto autoeducazione; un’autoeducazione che deve portare allo sviluppo dell’uomo che già è in lui. La Montessori sosteneva che l’intelligenza si educa attraverso l’interazione con l’ambiente e per questo che sottolinea l’importanza dell’educazione sensoriale. Con Maria Montessori e con la psicoanalisi freudiana che il problema da prevalentemente medico diviene pedagogico.

In Italia lo sviluppo della pedagogia speciale non è dovuto solo alla Montessori ma anche a Sancte de Sanctis che aprì un asilo-scuola e uno dei primi consultori di stampo psicopedagogico, e a Giuseppe Montesano che nel 1900, aprì una scuola magistrale ortofrenica. Anche l’UNESCO si interessa all’educazione speciale e la definisce come una “forma arricchita di educazione generale ”, che ha lo scopo di migliorare la vita di coloro che soffrono varie tipologie di handicap. Essa fa uso di metodi pedagogici moderni e di materiale tecnico specifico per porre rimedio a certe deficienze. L’educazione speciale fa parte quindi, dell’educazione generale, con essa ha molti fini e scopi comuni ovvero: consentire ad ogni soggetto di sviluppare al massimo le proprie potenzialità. L’educazione speciale pone notevole attenzione anche al luogo in cui l’azione educativa dovrà svolgersi, essa può essere svolta ad esempio, sia in scuole normali sia in istituti rieducativi. La scelta del luogo è importante per evitare forme di emarginazione dei soggetti con disabilità. Circa il rischio di emarginazione Zavalloni afferma che esso possa verificarsi in entrambe i luoghi se in quest’ultimi non si delineano specifici criteri come la programmazione dell’integrazione e la specializzazione degli educatori; specializzazione che deve essere medica, psicologica e pedagogica. L’azione della pedagogia speciale può delinearsi secondo tre tipologie di direttive : quella DIDATTICA, quella EDUCATIVA e quella TERAPEUTICA. Le prime due tipologie sono sempre essenziali e fondamentalmente indivisibili; quella terapeutica, invece è indispensabile solo se le due precedenti non sono in grado, di raggiungere il fine che la pedagogia speciale si pone: raggiungere la normalizzazione dell’individuo attraverso il suo inserimento sociale.

DALLA

PEDAGOGIA SPECIALE ALLA DIDATTICA

La didattica è una delle tre direttive attraverso cui l’azione della pedagogia speciale può delinearsi, essa implica delle scelte metodologiche varie e differenziate ma accomunate da un unico principio: ogni tipologia di handicap richiede una elaborazione specifica di tecniche di trattamento e allo stesso tempo di specifici itinerari di ricerca. L’azione educativa non bisogna dimenticare è soprattutto un’azione intenzionale, essa presuppone dunque, da parte di chi educa, una specifica intenzionalità e la conoscenza di metodologie e tecniche specifiche, in quanto il processo di insegnamento/apprendimento, è un processo delicato poiché diretto a soggetti in cui sono presenti svariate difficoltà. In questo caso l’intenzionalità educativa si trasforma in didattica, delineando cosi, metodologie soggette a scelte pedagogiche che, a monte hanno sempre la visione che del mondo ha l’educatore. La didattica per molto tempo è stata intesa come una parte operativa della pedagogia , oggi invece, si pone come scienza autonoma che studia le condizioni di uno spazio pedagogicamente inteso, in cui docente e allievo interagiscono in vista di acquisire capacità (skills) indispensabili per esercitare iniziative risolutive (tasks) di problemi che si delineano lungo

la strada che porta al raggiungimento di obiettivi (goals). Rosati definisce la didattica: “È una scienza pratica, perché orienta nell’affrontamento delle situazioni educative; è una scienza teorica perché non essendo semplicemente una tecnica, quindi un sapere applicativo, rimanda sempre ad una idea del fine che l’azione intende perseguire”. La comunicazione è fondamentale in didattica , perché è proprio attraverso essa che si verifica l’interazione. Tale comunicazione è voluta, strutturata e controllata e si avvale di tutti quei saperi, non solo verbali, ma anche operativi, che possono potenziarla e arricchirla. L’esigenza di rendere scientifica la didattica non è un qualcosa che riscontriamo solo in epoche recenti, infatti nel Seicento, con Comenio e la sua Didattica Magna ritroviamo ampiamente espressa tale necessità. L’apporto maggiore ad un approccio scientifico dell’azione didattica proviene dai contributi delle scienze umane in generale, e dalla psicologia in particolare. Numerose sono le ricerche che hanno fornito notevoli contributi alla didattica, pertanto vengono descritte di seguito alcune delle più salienti:



APPRENDIMENTO

PER MAPPE CONCETTUALI

Le mappe concettuali sul piano didattico sono una tecnica di rappresentazione delle relazioni semantiche evocate da un determinato concetto. Esse sono viste come strumenti a supporto della memorizzazione e come strumenti utili a favorire l’esplicitazione di preconoscenze negli allievi.

La tecnica delle mappe concettuali è stata sviluppata da Novak negli anni Sessanta e si basa sulle teorie di: Ausubel, secondo il quale ogni conoscenza viene interamente acquisita quando riesce ad essere inserita dal soggetto nella rete di conoscenze già possedute e a relazionarsi con esse. La struttura di una mappa concettuale è solitamente una struttura reticolare e gerarchica. Il concetto più generale viene posto in alto e procedendo verso il basso si ritrovano i concetti man mano più specifici. Esse sono strumenti attraverso cui rappresentare la conoscenza e sono strumenti didattici di notevole versatilità, concisione e immediatezza visiva.



ISTRUZIONE

PROGRAMMATA

L’istruzione programmata è una metodologia utilizzata nel processo di insegnamento, essa si basa sull’idea che sia possibile dividere i contenuti dell’apprendimento in parti sempre più analitiche fino a giungere a quesiti semplici affrontabili dal discente. Tali quesiti prendono il nome di unità elementari, esse sono il primo step del percorso di apprendimento che non necessariamente deve essere lineare, il percorso di apprendimento infatti, lungo la sua strutturazione deve far i conti con la partecipazione attiva dell’allievo e il rispetto del suo ritmo di apprendimento. Tale istruzione può essere lineare o ramificata.



LA

METACOGNIZIONE

Il concetto di metacognizione ha suscitato molto interesse nella didattica. Didatticamente parlando, favorire e promuovere la metacognizione vuol dire portare gli allievi, con dovute sollecitazioni, alla consapevolezza delle proprie scelte. Parlare di conoscenza metacognitiva significa, far riferimento alla capacità di saper riflettere su ciò che accade quando si impara e sulle strategie più adatte. In altri termini la metacognizione è la consapevolezza intorno ai propri processi cognitivi.



IL

MODELLO DI APPRENDIMENTO TRADIZIONALE

Il modello di apprendimento tradizionale si fonda su quattro aspetti strategici: Il modeling, il coaching, lo scaffolding, il fading.



Il Modeling: (fase di imitazione) è una fase in cui il docente mostra come fare e l’allievo dopo aver

osservato inizia il processo imitativo. Il Coaching: (fase di assistenza) consiste nell’assistenza sistematica del docente nei confronti dell’allievo nella fase di focalizzazione dell’attenzione e nell’agevolare il lavoro.





Lo Scaffolding: (fase di sostegno ) è una sorta di approfondimento della fase precedente e consiste nella preimpostazione del lavoro da parte del docente, nel fornire il suo appoggio e la sua stimolazione;

• Il Fading: (fase di progressivo abbandono del sostegno per raggiungere l’autonomia e l’apprendimento ) consiste nella progressiva riduzione del supporto da parte del docente in modo da favorire il maggior senso di responsabilità e di autonomia nell’allievo. •

IL

MODELLO DELL’APPRENDIMENTO COGNITIVO

È un modello che si ispira a quello dell’apprendimento tradizionale ma, rispetto ad esso focalizza maggiormente l’attenzione sugli aspetti meta cognitivi attraverso l’uso di una serie di strategie: l’articolazione, la riflessione e l’esplorazione.



IL

MODELLO DELL’APPRENDIMENTO GENERATIVO

Tale modello si basa sulla concezione che una conoscenza per essere tale deve saper essere reimpiegata in altri contesti differenti da quelli squisitamente scolastici. Esso insiste sulla necessità che i problemi vengano affrontati partendo da situazioni significative del reale, ove sia possibile, attraverso l’uso della discussione individuare soluzioni personali da confrontare con quelle di soggetti esperti.



IL MODELLO

DI APPRENDIMENTO SOSTENUTO DAL COMPUTER

È un modello che pone l’accento sull’importanza che le scuole siano strutturate come delle comunità in cui l’obiettivo comune deve essere sia la costruzione delle conoscenze sia la loro dimensione metacognitiva. Aspetto fondamentale di questo modello è il declino del modello discorsivo, esso infatti, deve essere sostituito dal ruolo della tecnologia dell’educazione. È dall’influenza di uno o più di questi modelli che emergono le strategie didattiche che il docente riterrà più opportuno utilizzare. Dato che i soggetti a cui la didattica si rivolge sono caratterizzati da una loro originale diversità, essa deve saper scegliere ed individuare i percorsi che possono ritenersi più utili al raggiungimento di determinati obiettivi. Questo discorso risulta valido sia se si parla di soggetti “normali”, sia se si parla di soggetti diversamente abili. Per la didattica è fondamentale l’integrazione del soggetto soprattutto socialmente. Il soggetto disabile come ogni altro soggetto ha il diritto di crescere secondo le proprie capacità, e di essere accettato “alla pari” e non sopportato a fatica dalla comunità in cui vive.

CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI E NORMATIVA DALLA MENOMAZIONE ALLA DISABILITÀ La MENOMAZIONE (inglese impairement) è: l’esteriorizzazione di uno stato patologico . Per l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la menomazione) è “…qualsiasi perdita o anormalità di funzione psicologica, fisiologica o anatomica. La menomazione è caratterizzata da perdite materiali che possono essere transitorie o permanenti e comprendono l’esistenza di anomalie o difetti a carico di arti, tessuti o altre strutture del corpo, incluso il sistema delle funzioni mentali …. rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e riflette i disturbi manifestati a livello d’organo …”. L’HANDICAP è una situazione di svantaggio che non consente di rispondere in modo adeguato alle richieste ambientali. Lo svantaggio proviene dalla diminuzione o dalla perdita della capacità di conformarsi alle aspettative del contesto in cui l’individuo vive; l’handicap si manifesta pertanto dall’incapacità di sostenere quelle azioni di sopravvivenza. Il termine handicap non corrisponde ad una definizione universale, ma indica un insieme di danni fisici o psichici (disabilità), o di situazioni culturali o sociali (alterazioni). L’handicap rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conseguenze culturali, sociali, economiche e ambientali che derivano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Per l’ONU (Organizzazione delle Nazioni unite ) il termine handicappato designa concretamente: “ogni persona incapace di garantirsi per proprio conto , in tutto o in parte, le necessità di una vita individuale e/o sociale normale , a causa di una menomazione, congenita o no, delle sue capacità fisiche o mentali”. L’handicap può richiedere in situazioni diverse, diversi tipi di intervento, finalizzati però tutti al miglioramento della qualità della vita del soggetto, che guarda a tutto l’arco della sua esistenza e che lo considera un soggetto attivo del proprio processo di sviluppo e costruttore di una propria identità. La DISABILITÀ corrisponde a qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere un’attività nel modo o nei tempi considerati normale per un essere umano. Essa può avere carattere transitorio o permanente ed essere reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Le disabilità possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione del soggetto , specialmente

da un punto di vista psicologico, ad una menomazione fisica, sensoriale o di altra natura. La disabilità è quindi: L’oggettivazione della menomazione. Si riferisce a capacità funzionali attraverso atti e comportamenti che costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.

LE CLASSIFI...


Similar Free PDFs