Disp prima parte 19 PDF

Title Disp prima parte 19
Author Roberto Potasso
Course Foundamentals Of Mathematics
Institution Sapienza - Università di Roma
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dispense del corso di fondamenti...


Description

Sapienza Università di Roma Corso di Laurea Magistrale in Matematica

DISPENSE DEL CORSO

FONDAMENTI DELLA MATEMATICA

a.a. 2018-19 docente: Claudio Bernardi

alla redazione delle dispense hanno collaborato: Mario Magnago, Marco Rainaldi, Mariella Serafini

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Alcuni paradossi

La parola paradosso assume vari significati; possiamo individuare tre tipi fondamentali: 1) una contraddizione (o antinomia); 2) un'affermazione che sembra molto strana, che è in contrasto con le nostre aspettative, ma in realtà è corretta; 3) un ragionamento che sembra impeccabile, ma contiene un errore che porta ad una conclusione assurda. Ci proponiamo di illustrare, in modo conciso, alcuni dei paradossi più conosciuti. Paradossi algebrici e geometrici Esercizio. Trovare l'errore nei seguenti ragionamenti. a)

Partiamo dall'uguaglianza 2

a = –b ed eseguiamo i seguenti passaggi

2

a =b ed a3 = –b3 a2 – a3 = b2 + b3 a2 – b2 = a3 + b3 (a–b)(a+b) = (a+b)(a2 – ab + b2) a – b = a2 – ab + b2 (tenendo conto dell'uguaglianza iniziale) 2a = 3a2 quindi a = 0

oppure

a = 2/3

mentre non abbiamo a priori alcuna informazione su a. b)

Posto

1 + 2 + 4 + 8 + 16 + … = S

si ricava

2 + 4 + 8 + 16 + 32 + … = 2S Allora S = 1 + (2 + 4 + 8 + 16 + …) = 1 + 2S e si conclude S = –1. c)

0, 5 = 0,5 + 0,05 + …

= (1 – 0,5) + (1 – 0,95) + … = = 1 + (–0,5 + 1) + (–0,95 + 1) + … = 1, 5 .

*[ d) Consideriamo un triangolo qualsiasi ABC. Ci proponiamo di dimostrare che è isoscele. Siano a e b rispettivamente l'asse del segmento AC e la bisettrice dell'angolo in B. Si possono a priori verificare le seguenti situazioni:

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(i) a e b sono rette parallele e distinte; (ii) a e b sono coincidenti; (iii) a e b sono incidenti in un punto interno al triangolo ABC; (iv) a e b sono incidenti in un punto esterno al triangolo ABC. (i) Non è possibile. (Esercizio: dimostrarlo) (ii) Allora ABC è isoscele. (Esercizio: dimostrarlo) (iii) Sia M il punto medio del segmento AC e sia O l'intersezione di a e b (si veda la figura 1). Siano poi H, K rispettivamente l'intersezione del segmento AB con la perpendicolare per O ad AB, e l'intersezione del segmento BC con la perpendicolare per O a BC. E' facile verificare che: il triangolo AOM è uguale al triangolo COM; il triangolo HBO è uguale al triangolo KBO. B

B

H K O C C

M

A

M

A

K

fig. 1 O

fig. 2

H

Se ne deduce: AO = OC; HO = OK; HB = BK; di conseguenza anche i triangoli AHO e CKO sono uguali, e quindi HA = KC. In conclusione: AB = AH + HB = CK + KB = CB. (iv) Facendo riferimento alla figura 2 e con un ragionamento analogo al caso precedente si ha

AB = BH – AH = BK – CK = BC. ]*

Paradossi linguistici (che cioè nascono dall'ambiguità del linguaggio naturale). Ricalcando gli schemi dei sillogismi classici, consideriamo il seguente esempio. premessa i: Matteo e Luca sono evangelisti. premessa ii: Gli evangelisti sono quattro. conclusione: Matteo e Luca sono quattro.

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Siamo giunti ad una conclusione errata, nonostante quest'ultima sia stata ricavata da premesse corrette e seguendo uno schema corretto. L'errore nasce dall'ambigua interpretazione del verbo "essere": «gli evangelisti sono quattro» significa che l'insieme degli evangelisti ha quattro elementi e non che ogni evangelista è quattro. Nel linguaggio corrente si esprimono in modo formalmente analogo proprietà di un insieme (ad es.: i miei libri sono molti) e proprietà degli elementi di un insieme (ad es.: i miei libri sono belli). Si lascia al lettore la ricerca dell'errore (sempre di tipo linguistico) nei seguenti quattro esempi. a)

i) Il triangolo ABC è rettangolo. ii) In un rettangolo ci sono quattro angoli retti.

Conclusione: nel triangolo ABC ci sono quattro angoli retti. *[ (b) i) Nessun uomo è più veloce di Achille. ii) Achille è più veloce della tartaruga. Conclusione: nessun uomo è più veloce della tartaruga. (c)

i) 10 è un numero naturale. ii) Un numero naturale può essere divisibile per 3.

Conclusione: 10 può essere divisibile per 3. (d)

(i) 104 = 10000.

(ii) 10000 ha cinque cifre. Conclusione: 104 ha cinque cifre. ]*

Paradosso del barbiere. Fu proposto da B. Russell per rappresentare la famosa antinomia da lui scoperta nel 1902 nella teoria (ingenua) degli insiemi (si veda a pag. 11). L'unico barbiere di un villaggio ha ricevuto il seguente ordine: «devi radere tutti e soli quelli che non radono se stessi». La domanda è: chi rade il barbiere? Se egli rade se stesso, allora non può radersi. Se egli non rade se stesso, allora deve radersi perché l'ordinanza gli dice di radere tutti coloro che non radono da soli. Si noti che non c'è una contraddizione logica vera e propria: si tratta di un'ordinanza che a priori può sembrare sensata, ma in realtà non è eseguibile.

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Paradossi semantici Si chiamano semantici i paradossi in cui entrano in gioco i valori di verità degli enunciati. Le argomentazioni seguenti si basano sull'assunzione che ogni frase di senso compiuto (costruita in modo grammaticalmente corretto) sia o vera o falsa (anche se noi non siamo sempre in grado di stabilirlo). 1. Paradosso del mentitore. È un paradosso noto fin dall'antichità. Il poeta cretese Epimenide ebbe a dire: «tutti i cretesi sono mentitori». Se Epimenide dice la verità allora Epimenide, essendo cretese, è un mentitore e quindi dice il falso. Se mente, questo significa che almeno un cretese dice la verità. Non c'è quindi, a rigore, una contraddizione logica, anche se è decisamente sconcertante che dall'affermazione di Epimenide segua l'esistenza di un cretese veritiero. In ogni caso è facile riformulare il paradosso in modo da ottenere una contraddizione: «io sto mentendo». Se io dico la verità, allora mento; se mento, allora dico la verità! Si possono anche costruire varianti: «questa frase è falsa», oppure (per evitare l'aggettivo “questa”): «la frase scritta alle righe 14 e 15 di pagina 4 delle dispense di Fondamenti della Matematica è falsa». Consideriamo infine la frase: «queta frase contiene tre erori». La frase contiene due errori ortografici e quindi è sbagliato anche il numero degli errori: in conclusione la frase contiene tre errori. Ma allora il numero degli errori è giusto, e quindi gli errori sono due. Ma allora … *[ 2. Paradosso di Grelling-Nelson. Diamo innanzi tutto la seguente definizione: un aggettivo si dice autologico se gode della proprietà che esprime, si dice eterologico in caso contrario. Ad esempio: polisillabo è un aggettivo autologico (dato che è costituito da più di una sillaba), mentre inglese è eterologico (perché espresso in italiano). Il paradosso nasce quando ci si chiede se l'aggettivo "eterologico" sia eterologico. Si ottiene che è eterologico se e solo se non è eterologico. ]* 3. Paradosso di Löb (detto talvolta paradosso di Curry). Consideriamo la frase: (A) «Se questa frase è vera allora 2 + 2 = 5» dove l'aggettivo "questa" si riferisce a tutta la frase (A). Supponiamo che (A) sia vera: in tal caso è vera non solo l'implicazione (A), ma anche il suo antecedente («questa frase è vera»). Ne segue che è vero anche il

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conseguente («2 + 2 = 5»). Pertanto abbiamo dimostrato che, se si accetta come ipotesi che la frase sia vera, allora si ottiene che 2+2 = 5. Ma l'ultima affermazione non è altro che la frase (A), che risulta pertanto dimostrata e quindi vera. Seguendo il ragionamento già visto, si conclude che 2 + 2 = 5. Notiamo che nella frase (A) non compare esplicitamente la negazione. 4.

Paradosso di Berry.

Prende il nome da G.G. Berry, un bibliotecario

dell'università di Oxford. Scegliamo un dizionario e costruiamo frasi (in cui compaiano solo parole riportate nel dizionario) che individuano un numero naturale, limitandoci alle frasi che contengono al più cento lettere. Ad esempio: «mille», «il più piccolo numero primo maggiore di un milione». Sia A l'insieme costituito da tutti i numeri naturali individuabili con le frasi considerate. È chiaro che A è un insieme finito (perché è finito l'alfabeto di cui disponiamo). Sia x il minimo numero che non appartiene ad A, cioè sia x «il più piccolo numero naturale che non può essere definito con una frase che contiene al più cento lettere». Per costruzione x ∉ A. Ma allo stesso tempo x ∈ A perché lo abbiamo individuato con una frase composta da un numero di lettere minore di cento (provare per credere). *[ 5. Paradosso di Richard. Consideriamo l'insieme delle "proprietà" (espresse in lingua italiana) relative ai numeri naturali (ad es.: essere pari, avere almeno dieci divisori). Ordiniamo tali proprietà secondo la lunghezza e, in caso di lunghezza uguale, tenendo conto dell'ordine alfabetico: otteniamo così una successione P0, P1, P2, ... Diciamo che un numero m è Richardiano se m non soddisfa la proprietà corrispondente Pm, cioè la proprietà che ha per indice lo stesso numero m. La proprietà "essere Richardiano" corrisponde ad un certo indice n0. Ora, se n0 è Richardiano, allora n0 non soddisfa la proprietà "essere Richardiano". Se n0 non è Richardiano, allora n0 soddisfa la proprietà "essere Richardiano". In ogni caso abbiamo una contraddizione. ]* 6. Paradosso di Yablo. Consideriamo un'infinità numerabile di persone: a0, a1, a2, ... Supponiamo inoltre che ciascun an si limiti ad affermare «tutti coloro che hanno un indice maggiore del mio dicono il falso». Mostriamo che la situazione

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descritta porta ad una contraddizione, nel senso che non riusciamo ad attribuire un valore di verità alle varie affermazioni in modo coerente. Supponiamo che an, per un certo n, dica il vero. Quindi tutti gli am con m > n mentono. In particolare mente an+1. Esiste allora un m > n +1 tale che am dice il vero. Ma allora an dice il falso. Supponiamo ora che an dica il falso. Allora esiste un m > n tale che am dice il vero: si può dunque riprodurre il ragionamento precedente considerando m al posto di n. In ogni caso si arriva ad una contraddizione. Osservazione. La maggioranza dei paradossi visti si basa sull'autoreferenza (cioè su enunciati che parlano di se stessi). Una possibilità per superare i paradossi è quella di escludere quest'ultima. Tuttavia l'autoreferenza viene correntemente accettata. Basti pensare a frasi del tipo: io sto dicendo la verità; io parlo un italiano perfetto; questa è una lettera di protesta. I paradossi visti mostrano, pertanto, che la logica naturale è contraddittoria. Esercizi.

i) Facendo riferimento alla numerazione binaria, verificare che la

seguente frase autoreferente è vera (si noti che, quindi, la frase è sensata): «In questa frase la cifra 1 compare 100 volte, la cifra 0 compare 11 volte». ii) Con riferimento alla numerazione in base 3, costruire una frase analoga vera. iii) Facendo infine riferimento alla usuale numerazione in base 10, completare la frase seguente (arrivando fino a 9) in modo da renderla vera: «In questa frase compare … volte la cifra 0, … volte la cifra 1, … volte la cifra 2, …». (Ci sono due soluzioni.) *[ Un paradosso in probabilità. Consideriamo un cerchio Γ di raggio R. Qual è la probabilità che una corda del cerchio, scelta a caso, sia più lunga del lato del triangolo regolare inscritto? Illustriamo tre modi diversi di risolvere tale problema; ci accorgeremo che si raggiungeranno risultati diversi! Questa circostanza dipende dal fatto che non è chiaro che cosa si intenda per "corda scelta a caso". 1° metodo. Fissiamo su Γ un punto A (da pensarsi come primo estremo della corda) e consideriamo la tangente in A. Costruiamo il triangolo regolare inscritto che ha un vertice in A; siano B e C gli altri due vertici. Osserviamo che le due semirette AB ed AC, uscenti da A, dividono l'angolo piatto A, individuato

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dalla tangente, in tre angoli, ciascuno uguale a π/3. Anche i tre archi AB, BC, CA sono uguali. Chiaramente solo le corde AX tali che X giaccia nell'arco BC soddisfano la nostra richiesta, e siccome i tre archi sono uguali la probabilità è, in conclusione, 1/3 (vedi fig. 1). 2° metodo. Sia AX la corda e consideriamo il diametro perpendicolare alla corda. Costruiamo i due triangoli regolari inscritti, aventi un lato parallelo alla corda. Tali lati intersecano il diametro perpendicolare alla corda nei due punti Y e Z che distano R/2 dal centro del cerchio Γ. Osserviamo che la corda AX è maggiore del lato del triangolo se e solo se il suo punto di intersezione con il diametro perpendicolare appartiene al segmento YZ. E siccome la lunghezza di tale segmento è R, cioè metà del diametro, la probabilità è 1/2 (vedi fig. 2).

A

A

X Y

C O

O X

Z

B

fig. 1

fig. 2

3° metodo. Ovviamente ogni corda ammette un punto medio interno a Γ. Viceversa, dato un punto H interno al cerchio, quante sono le corde tali che H ne sia il punto medio? Non è difficile dimostrare che ne esiste una sola. In altre parole, esiste una biiezione naturale tra l'insieme delle corde e l'insieme dei punti interni ad un cerchio (per la precisione, occorre escludere i diametri, a ciascuno dei quali corrisponde il centro di Γ). Se ora si costruisce il cerchio Γ* concentrico a Γ di raggio R/2, è facile dimostrare che ai punti di Γ* corrispondono tutte e sole le corde di Γ maggiori del lato del triangolo regolare inscritto. In quest'ottica, dato che l'area di Γ* è la quarta parte di quella di Γ, la probabilità è 1/4. ]*

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Altri due paradossi Paradosso di Shen Yuting. Se esiste una successione (Ai) i∈N di insiemi tale che … ∈ A3 ∈ A2 ∈ A1 ∈ A0 diciamo che A0 è un insieme che non ha base. In caso contrario, cioè se ogni sequenza del tipo … ∈ A2 ∈ A1 ∈ A0 è finita, diciamo che A0 è un insieme con base. Sia G l'insieme di tutti gli insiemi con base. Se G non ha base, allora si ha una successione infinita del tipo … ∈ A2 ∈ A1 ∈ A0 ∈ G, ma questo è assurdo perché A0 ha necessariamente una base per definizione di G. Quindi G ha base; pertanto G ∈ G. Allora è lecito scrivere …∈ G ∈ G ∈ G e dedurne che … G non ha base. Paradosso dell'ipergioco.

Consideriamo un gioco a due e siano A e B i

giocatori. Un gioco si dice finito quando le sue regole sono tali che sicuramente, dopo un numero finito di mosse, ogni partita ha termine (anche se non sappiamo a priori quante mosse sono necessarie per concludere la partita). Definiamo l'ipergioco: A sceglie un gioco finito, B fa la prima mossa e il gioco procede secondo le regole. Si vede subito che l'ipergioco è un gioco finito: infatti il gioco scelto da A è finito e, dunque, la partita termina in un numero finito di mosse. Il paradosso sta nel fatto che, se l'ipergioco è un gioco finito, il giocatore A può scegliere l'ipergioco stesso lasciando a B la scelta del gioco; ma anche B può scegliere l'ipergioco, dopo di che A può ancora scegliere l'ipergioco, eccetera. Abbiamo cioè trovato una partita infinita in un gioco finito. Seguendo la linea dei due paradossi precedenti, si ottiene una dimostrazione del teorema di Cantor in cui non interviene la negazione (per la dimostrazione originaria si veda a pag. 10). Teorema di Cantor. Per ogni insieme H, non esiste una funzione suriettiva da H a P(H). Dimostrazione. Sia f una funzione da H a P(H). Dati x ed y elementi di H, poniamo x R y se x ∈ f(y). Inoltre diciamo che un elemento x di H è finito quando ogni catena del tipo … x2 R x1 R x ha lunghezza finita. Sia A = {x ∈ H | x è finito}: dimostriamo che A ∉ Im f e che quindi f non è suriettiva.

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Supponiamo per assurdo che esista un a tale che f(a) = A. Allora x R a equivale ad x ∈ f(a) = A cioè al fatto che x è finito; di conseguenza una catena che termina con a … x1 R x R a è necessariamente finita, perché il penultimo elemento x è finito. Conclusione: a è finito, cioè a ∈ A = f(a), il che implica a R a e quindi …aRaRa; ma, essendo quest'ultima una catena infinita, arriviamo ad un assurdo.

Eubulide di Mileto Eubulide di Mileto fu un filosofo della scuola Megarica, vissuto nel IV secolo a.C., contemporaneo di Aristotele. E' famoso per i suoi paradossi: sono attribuiti a Eubulide, fra gli altri, i seguenti paradossi. 1.

Il paradosso del mentitore (pag. 4).

2.

Il paradosso dell'uomo mascherato. «Conosci quell'uomo mascherato?»

«No.» «Ma è tuo padre. Così, tu non conosci tuo padre!» 3. Il paradosso del mucchio di sabbia. Un singolo granello di sabbia non è certamente un mucchio. L'aggiunta di un singolo granello di sabbia non basta per trasformare qualcosa che non è un mucchio in un mucchio. E tuttavia, continuando ad aggiungere granelli di sabbia, ad un certo punto avremo un mucchio. 4.

Il paradosso della coda. Quello che tu non hai perso, tu l'hai ancora. Ma

tu non hai perso la coda. Quindi tu hai la coda.

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La teoria intuitiva (o ingenua) degli insiemi La teoria intuitiva degli insiemi si fa usualmente risalire a Georg Cantor (1845 - 1918), il quale diede nel 1895 la seguente definizione: "un insieme è una raccolta di oggetti determinati e distinti della nostra percezione o del nostro pensiero". Naturalmente si tratta più di un chiarimento, di una spiegazione, che di una vera definizione vera e propria, se non altro perché il termine "raccolta" è quasi un sinonimo di insieme. Per quanto riguarda poi l'aggettivo "determinati", si noti che non possiamo pretendere di conoscere effettivamente gli elementi di un insieme, anche se questo è stato introdotto in modo corretto. Sia ad esempio A l'insieme che ha come unico elemento la cento-miliardesima cifra nello sviluppo decimale di π : in base alle nostre attuali conoscenze, non siamo in grado di stabilire se 7 appartiene o no ad A. Il nostro primo obiettivo consiste far vedere che la teoria intuitiva degli insiemi è contraddittoria. Indichiamo con P(X) l'insieme delle parti di X, detto anche insieme potenza di X, e con "Card" la cardinalità di un insieme (quest'ultimo concetto verrà precisato nel seguito). Richiamiamo il Teorema di Cantor. Per ogni insieme X si ha Card X < Card P(X), cioè esiste una funzione iniettiva da X a P(X), ma non esiste una funzione suriettiva da X a P(X) (in sostanza, P(X) ha "più" elementi di X). Dim. L'esistenza di una funzione k iniettiva da X a P(X) è ovvia: basta porre infatti k(a) = {a} per ogni a in X. Dimostriamo ora che non esiste una funzione h suriettiva. Supponiamo per assurdo che esista e consideriamo l'insieme B = {a∈X | a∉h(a)}. Per la suriettività di h esiste un b∈X tale che B = h(b). Si giunge ora ad un assurdo nel tentativo di stabilire se b∈B: se b∈B, allora b∉h(b) = B; Paradosso di Cantor.

se b∉B, allora b∈h(b) = B.

Poniamo U = {x | x = x}, cioè sia U l'insieme di

tutti gli insiemi, e consideriamo P(U). Per il teorema precedente abbiamo: Card U < Card P(U). Ma P(U) ⊆ U e, di conseguenza, Card P(U) ≤ Card U . Sempre seguendo l'idea in base alla quale, data una qualsiasi proprietà F(x), è lecito costruire l'insieme {x | F(x)} (principio di comprensione), Russell ottenne nel 1902 il celebre paradosso.

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Paradosso di Russell.

Applicando il principio di comprensione alla

proprietà x∉x, si ottiene l'insieme y = {x | x∉x}. Procedendo in modo analogo a quanto visto nella dimostrazione del teorema di Cantor, ci si chiede se y∈y. Ora y∈y se e solo se y∈ {x | x∉x} se e solo se y∉y. Ma ciò è contraddittorio. *[ Alcuni paradossi simili a quello di Russell (ad esempio il paradosso del barbiere: l'unico barbiere di un villaggio ha avuto l'ordine di radere tutti e soli gli uomini che non si radono da soli) si superano accettando che la proprietà F(x) a cui si applica il principio di comprensione non si possa riferire alla persona o all'oggetto in discussione (...


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