Docsity la sicilia greca braccesi PDF

Title Docsity la sicilia greca braccesi
Author Valeria Sortino
Course Chitarra Classica
Institution Conservatorio di San Pietro a Majella
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Summary

La Sicilia greca. (Braccesi)Le colonie ioniche.I colonizzatori.I primi coloni greci interessati alla Sicilia sono gli eubei, provenienti dalle città di Calcide ed Eretria. I primi colonizzatori eubonici ribattono rotte già percorse dai loro mercanti: cioè sia lungo la rotta meridionale che dall’Eube...


Description

La Sicilia greca. (Braccesi) Le colonie ioniche. I colonizzatori. I primi coloni greci interessati alla Sicilia sono gli eubei, provenienti dalle città di Calcide ed Eretria. I primi colonizzatori eubonici ribattono rotte già percorse dai loro mercanti: cioè sia lungo la rotta meridionale che dall’Eubea poggia su Creta per poi raggiungere la costa africana e quindi di costeggiarla verso occidente; sia verso lungo la rotta settentrionale che conduce a Corcira nello Ionio per attraversare quindi il canale di Otranto, puntare allo stretto di Messina, guardare le coste del Tirreno e poi costeggiare le coste dell’Italia, della Gallia e dell’Iberia fino a pervenire alle mitiche Colonne di Eracle presso Gibilterra. Qui sulla costa dell’Italia e della Sicilia, sorgono le colonie di Pitecussa (Ischia), di Cuma, di Reggio, di Zancle (Messina) e di Nasso, a loro volta metropoli di altre subcolonie. Le regioni della Grecia metropolitana stavano attraversando una profonda crisi sociale che rivelava come esse fossero ormai troppo piccole per i propri abitanti. Non che mancasse la terra, ma questa era malamente distribuita e accentrata nelle mani di un chiuso latifondo che di fatto strozzava la piccola proprietà contadina. La quale, per sopravvivere, era costretta a contrarre debiti sempre più elevati che finivano per schiacciarla. In particolare, in Eubea, i ricchi erano gli allevatori di cavalli (gli ippoboti), ed essi si accaparravano in ogni città i migliori terreni coltivabili, costringendo i ceti più deboli ad emigrare tentando l’avventura della colonizzazione. Regione per la quale le colonie euboniche, tanto in Italia quanto in Sicilia, nascono sì come basi commerciali, ma acquistano tutti i caratteri delle colonie di popolamento.

Nasso. Come Cuma (750/725) è la più arcaica colonia greca in Italia, così Nasso (734) lo è in Sicilia. Entrambe sono fondate da Eubei provenienti da Calcide. La colonia sorgeva ai piedi dell’odierna Taormina sulla piccola penisola di Schisò, in un sito che costituiva il primo approdo per le navi greche. È Tucidide che ci informa della sua fondazione: tra i greci i primi furono i calcidesi che. Salpando dall’Eubea con Tucle come capo della colonia, fondarono Nasso. I primi coloni calcidesi non dovettero rimanere atterriti sul mare dalla ferocia dei pirati etruschi, neppure, sbarcati a terra, della crudeltà degli indigeni di stirpe sicula con la quale convissero con l’elemento greco in tutta pace e senza particolari motivi di contrasto. Nasso è punto di partenza, o di raccordo, per spedizioni che conducono alla fondazione di altre due città, sue subcolonie: Lentini e Catania.

Lentini e Catania. Lentini fu fondata solo cinque anni dopo per iniziativa del medesimo ecista, che cacciò i siculi che ne abitavano nel territorio. La sua fondazione presenta elementi di commistione con tradizioni megaresi. Le quali accentuano il ruolo avuto da Lami che si sarebbe insediato per un breve periodo a Lentini insieme ai calcidesi; ma poi, cacciato da loro, sarebbe riparato a Tapso, dove sarebbe morto, i suoi compagni avrebbero quindi fondato Megara Iblea. Lentini domina su una delle più grandi e più fertili pianure della Sicilia occidentale. Ciò ne determina il ruolo di colonia agricola per eccellenza. Sarà nell’isola, la principale esportatrice di cereali e si guadagnerà l’appellativo di “granaio della Sicilia”. Catania ha come ecista Evarco ed è fondata da Nasso grosso modo nello stesso periodo. Posta sul mare ai piedi dell’Etna, è contemporaneamente colonia agricola e commerciale. Ciò le assicura grande prosperità economica; ma suscita contro di lei brame di conquista da parte della potente e vicina Siracusa.

Zancle (Messene). Dell’occupazione del sito di Zancle e della sua fondazione di informa sempre Tucidide, il quale ci dice pure come, la città abbia, successivamente, cambiato il suo nome in Messene (cioè Messina): Zancle fu fondata in origine quando dalla colonia calcidese di Cuma arrivarono dei pirati; in seguito venne un gran numero di coloni anche da Calcide e dal resto dell’Eubea, i quali si divisero la terra insieme agli altri: i fondatori della colonia furono Periere e Cratemene, il primo di Cuma il secondo di Calcide. Dapprima il nome della città era Zancle, come era stata chiamata dai siculi; più tardi i calcidesi vennero scacciati dai sami e da altri ioni che erano approdati in Sicilia fuggendo dai persiani. Anassilao non molto dopo espulse i sami e lui stesso colonizzò la città e le mutò il nome chiamandola Messene. La testimonianza ci conserva 4 notizie fondamentali per immetterci nel circuito della storia di Zancle/Messina:

1. Fondazione eubonica: avviene in due tappe: la prima per iniziativa dei pirati provenienti dalla colonia calcidese di Cuma in Campania, la seconda per iniziativa di Calcide in Eubea, che associa all’impresa coloniaria altre genti dell’isola. Ne consegue che Periere e Cratemene siano espressione ciascuno dei due gruppi coloniali eubonici che fondano la città; 2. Etimologia del toponimo di Zancle: l’etimologia del nome riconduce ad ambito siculo, il che è sicuro indizio della sovrapposizione dell’insediamento greco su un più arcaico nucleo indigeno, con il quale è probabile che i nuovi venuti abbiano istaurato rapporti di pacifica coesistenza. In dialetto siculo avrebbe significato falce. Con tale nome i primi coloni designarono un sito in cui il porto pare appunto ricalcare la forma curva di una falce; 3. Immigrazioni di gente di Samo e della Ionia: essa è testimoniata da Erodoto. Il quale ci informa che sami e milesi ripararono prima a Locri in Italia e quindi a Zancle. Dopo la battaglia di Lade e soffocata la rivolta ionica; e pare che siano stati proprio gli abitanti di Zancle a invitare in Sicilia i profughi d’Asia per associarli alla fondazione di una nuova colonia da dedurre a Kalé Akté sulla costa settentrionale dell’isola. Ma Anassilao li avrebbe persuasi a impadronirsi della stessa città di Zancle, cacciandone gli abitanti; 4. Riconciliazione da parte di Anassilao: avviene in un momento ancora successivo; quando egli scaccia i sami e i loro confratelli d’Asia invitando più genti, e soprattutto etnie di stirpe messenica, ad accorrere dal Peloponneso per conquistare e ripopolare Zancle. La città, serrata tra il mare e il monte, non dispone di sufficienti risorse agricole ed è costretta, per soddisfare le proprie necessità di approvvigionamento, a fondare una subcolonia a nord-ovest.

Mile e Imera. È quest’ultima la subcolonia di Mile (oggi Milazzo). La sua acropoli sorgeva sulla collina che oggi è dominata dal castello medievale, e solo la sua necropoli si trovava sull’istmo che delimitava il promontorio. La città è subcolonia congiunta di Zancle e Mile, ma alla sua fondazione hanno partecipato anche genti doriche provenienti da Siracusa.

Le colonie doriche. I colonizzatori corinzi. Sulla costa della Sicilia sorgono dunque le colonie di stirpe ionica di Nasso, di Lentini e di Zancle. Qui nasce anche Siracusa, la colonia dorica destinata a divenire la massima potenza greca dell’isola. Madrepatria ne è Corinto, grande dominatrice dei mari per tutta l’età arcaica. La sua vocazione alla colonizzazione e all’espansionismo oltremare matura in età molto antica: al tempo in cui la città è dominata dalla famiglia dei Bacchiadi. Muove allora i primi passi una nascente classe marinara e imprenditoriale, con aspirazioni economiche di stampo borghese, favorita nel suo decollo proprio dalla felicissima posizione geografica di Corinto. La città ha due grandi porti, fra loro collegati, via terra, da un binario di legno. Corinto è così base di uno scalo primario, di un punto di raccordo e di approdo obbligatorio per tutte le merci in transito tra oriente e occidente. Non meraviglia quindi che estenda il suo raggio di azione in aree lontane, verso occidente, qui fonda le grandi colonie di Corcira e di Siracusa. A Corinto favorisce così un industria ceramica che è destinata all’esportazione in cambio di materie prime e di schiavi. Tutto ciò comporta una trasformazione traumatica e immediata delle vecchie strutture economico-sociali, consentendo a una classe di imprenditori di rivendicare uno spazio politico per acquisire il monopolio dei commerci. Possiamo escludere che la rivoluzione sociale sia stata determinata anche da una causa più contingente: cioè dalla necessita della classe marinara di salvare il ruolo primario del commercio corinzio, gravemente compromesso della limitrofa Megara Nisea, essa pure dotata di due porti e dell’accesso a due mari. Corinto approfitta della situazione internazionale che accompagna e segue la guerra lelantea, la quale contrappone le città dell’Eretria e di Calcide. Nel corso della guerra, alleata di Calcide, Corinto combatte Eretria sulle vie dell’occidente, approfitta poi della sopraggiunta debolezza di Calcide per soppiantare il ruolo guida sulle rotte commerciali del Mediterraneo.

Siracusa. I corinzi fondano la colonia di Siracusa in felicissima posizione geografica. Ce ne informa Tucidide, datandola al 733 ca. Altra cronologia la colloca nel 756, l’anno della sesta olimpiade. Questa sfasatura potrebbe essere riconducibile ad un duplice stanziamento di coloni: i primi presumibilmente eubonici e solamente i secondi corinzi, destinati probabilmente a reciproca fusione. Comunque, seppur sorta per

integrazione etnica e per fusione integrativa, Siracusa, come città, nasce con la fondazione corinzia per iniziativa di Archia, e della spedizione da lui capitanata. La più antica fondazione di Siracusa interessa solo l’isoletta di Ortigia, dotata di un’abbondante sorgente di acqua dolce e di due approdi, destinati, col tempo, a diventare munitissimi porti militari e commerciali. Successivamente, diventando sempre più popolosa, Siracusa si estende anche sulla terraferma, occupando il tavolato triangolare di Epipole, e sarà presto circondata da una robusta cinta muraria. Due le ragioni della sua ricchezza: il commercio e l’agricoltura. L’uno è incremento per la sicurezza e l’attrezzatura dei suoi porti. L’altra è dote peculiare dei coloni corinzi provenienti dal villaggio rurale di Tenea e nella valle dell’Anapo. I quali si impadroniscono di tutto il territorio circostante, destinandolo a cultura e asservendo i siculi.

Acre, Casmene e Camarina. Siracusa, in età arcaica, non potendosi estendere a settentrione per non entrare in conflitto con Lentini, si espande di necessità a meridione. In direzione del vasto territorio montuoso delimitato dalla costa dello Ionio. Per dominare su tutta questa vasta regione Siracusa fonda in posizione strategica tre subcolonie di confine, destinate ad assolvere due funzioni: il controllo sui siculi e il contenimento delle mire espansionistiche della vicina colonia di Gela. Sono esse le fondazioni di Acre, Casmene e Camarina, che costituiscono una sorta di barriera siracusana da mare a mare. Camarina si connota come una vera e propria città; gli altri due insediamenti come semplici presidi di confine. Acre è da identificare con l’odierna Palazzo Acreide, Casmene è da ricercare più a meridione nell’area di Monte Casale. Le loro fondazioni ci riportano agli anni 663 e 643, quella di Camarina, più recente, al 598. Le vicende di Camarina si intrecciano di continuo con la storia di Gela e Siracusa, da madre divenuta matrigna. Colpevole di “rivolta” per essersi alleata con i siculi, viene infatti sconfitta e distrutta dalla metropoli, che ne cederà poi il controllo ad Ippocrate di Gela. Questi la ricostruisce, ma ben presto, è per la seconda volta “spopolata” e distrutta da Siracusa. Successivamente, per la terza volta, è ricostruita per rinnovato interessamento di Gela. Ed è questo il momento più felice della vicenda storica di Camarina, la cui cinta muraria raggiunge un perimetro di sette chilometri. La sua influenza di si allarga allora sopra tutto il territorio circostante, fino ad inglobare, nel momento di massima espansione, la stessa città sicula di Morgantina. Siracusa l’aveva fondata come sentinella ai propri confini meridionali, ma di fatto, ben presto, altro è il ruolo che assolve Camarina. Quello di autonoma città frontiera. Camarina sa sfruttare al massimo grado il proprio ruolo di emporio e di sbocco sul mare per il retroterra indigeno, con cui stabilisce solidi legami fino dalle sue prime generazioni.

I colonizzatori megaresi. I megaresi in Sicilia, fondano Megara Iblea, colonia che prende nome dalla madrepatria: Megara Nisea. Le vicende di questa città ricalcano quelle di Corinto. Anch’essa città istmica che dispone di due buoni porti affacciati, rispettivamente, sui golfi corinzio e saronico. Anch’essa città che promuove un’intensa attività colonizzatrice, soprattutto in oriente dove fonda stanziamenti sulle rive del Bosforo e del Mar Nero. Il suo governo è retto saldamente da un’oligarchia che è precocemente detentrice del monopolio sui traffici commerciali. Questa a sua volta declina; abbattuta da una tirannide rivoluzionaria. Causa ne è da attribuire all’essere città stretta da troppo potenti vicini, che le precludono lo stesso controllo dei mari sui quali si affaccia. Come la madrepatria, anche Megara Iblea, in Sicilia, sarà circondata da vicini troppo potenti. Il che spiega la ragione del suo limitato decollo, e quindi del suo precoce tramonto.

Megara Iblea. come rivela l’omonimia con la metropoli, sono senza dubbio coloni megaresi i fondatori di Megara Iblea; città situata sulla costa del golfo di Augusta, poco a settentrione di Siracusa. È Tucidide a informarci della spedizione colonia dei megaresi. L’obiettivo di Lami e dei coloni megaresi è quello di puntare senza indugio verso la fertile pianura di Lentini. Qui Lami e megaresi riescono a convivere per breve tempo con i coloni calcidesi di Teocle dando vita a una colonia mista. Ma poi, sorta una contesa fra i due gruppi etnici, sono costretti a fuggire da Lentini. Teocle, in un primo tempo apre ai megaresi le porte di Lentini per sbarazzarsi dei siculi, ma poi, sei mesi più tardi, si libera anche dei nuovi venuti dopo averli, con l’astuzia, privati delle armi. Esule da Lentini, Lami ripiega a Tapso, dove muore. Il novo insediamento, sulla penisola di Magnisi, nel golfo di Augusta, si trova in località facilmente difendibile, già frequentata dai mercanti micenei, ma purtroppo priva di sorgenti d’acqua. Qui si arroccano i nuovi coloni sognando il possesso di terre più fertili, e qui, appunto, muore Lami. I coloni megaresi non restarono però a lungo nell’inospitale Tapso, perché, accordatisi con i siculi, ricevono il loro permesso di fondare Megara Iblea sul lido

settentrionale del golfo di Augusta. Nasce così la Megara di Sicilia, in una località che, pure mancando di porto, consente lo stesso un ottimo approdo. Ma in una località che la destinava a un’espansione assai limitata, troppo comprimendola o soffocandola fra i territori di Lentini e di Siracusa. Ragione per la quale anche di qui nuove generazioni di coloni saranno costrette all’emigrazione per dirigersi nell’occidente dell’isola, dove fonderanno Selinunte a ridosso dell’area fenicia.

Selinunte. Subcolonia di Megara Iblea è Selinunte, città di frontiera posta sulla costa occidentale del canale di Sicilia; destinata a superare la stessa metropoli per fama, ricchezza e prosperità. È nuovamente Tucidide ad informarci sulla sua fondazione e la data al 627. Mentre Diodoro segna come data di fondazione il 650. La critica ha invano battagliato sulla validità dell’una data o dell’altra. Ma probabilmente le cose stanno così: la data di Diodoro è quella della prima spedizione di Pammilo, che parte da Megara Iblea; la data di Tucidide è la data della seconda spedizione, di rincalzo, cui partecipa il rifondatore o il soccorritore che proviene dalla Grecia, e anzi dalla stessa madrepatria Megara Iblea. Due successive fasi insediative non sono cosa infrequente nella storia della colonizzazione greca. La nuova colonia è fondata su di una spianata separata da un istmo, i cui due lobi, successivamente fortificati, si estendono a meridione fra due depressioni, corrispondenti ai suoi antichi porti. Ma sbaglierebbe chi assegnasse a Selinunte solo un ruolo mercantile, poiché la città è, anzitutto, colonia di popolamento con connotazione agricola. Il che determina la necessità di conquistare, e quindi di difendere, un territorio sempre più ampio sottratto agli indigeni: sicani e elimi. Territorio che si estende fino alla foce del fiume Platani, dove fonderà la subcolonia di Minoa, che poi diventerà agrigentina, includendo l’entroterra di Terme di Selinunte presso l’odierna Sciacca; mentre ad occidente fino a Mazzara, confinando all’interno con la città elima di Segesta.

Colonizzatori rodii, cretesi, cnidi e spartani. Le colonie greche di Sicilia sono per lo più dislocate sulla costa orientale dell’isola: che è la più accogliente e la prima che incontrano i coloni provenienti dalla Grecia. Ma, con l’inizio del VII secolo, già non c’è più spazio per i nuovi coloni. Questi devono cercarsi nuovi spazi sulla costa meridionale dell’isola. Così prima che Siracusa distenda le sue ali fino a Camarina, colonizzatori provenienti da Rodi e Creta fondano Gela, cui segue, da lì a un secolo, la deduzione di Agrigento. Altri colonizzatori provenienti da Cnido e da Sparta tenteranno nuovamente la carta dell’insediamento coloniale. Ma sarà per entrambi un fallimento. I primi devono ripiegare a Lipari; i secondi decretano la fine dell’espansionismo greco nei mari d’occidente.

Gela. La più antica testimonianza sulla fondazione di Gela è fornita da Erodoto che parlando di Gelone che ha partecipato alla spedizione coloniale che è portato alla fondazione di Gela per iniziativa di rodii, provenienti dalla città di Lindo, guidati da Antifemo. Alla spedizione si associarono anche altre genti doriche abitanti le isole o le terre circovicine. Più ampio e più articolato è il quadro di Tucidide che si allarga fino ad inglobare una presenza cretese. La data di fondazione ci permette di risalire al 688. La notizia sui due fondatori, Antifemo e Entimo, il rodio e il cretese, è confermata da Diodoro. Ma la componente cretese ebbe, con tutta probabilità, un ruolo secondario. Ciò spiegherebbe perché l’acropoli di Gela prenda il nome univocamente da una località di Rodi. La nuova colonia assume subito istituzioni doriche. Per decenni Gela fu ricercata presso Licata, ma è da localizzare presso Terranova di Sicilia. Questa in breve tempo si espanse verso occidente, inglobando tutta la costa compresa tra i fiumi di Gela e Salso e puntando a un’ulteriore espansionismo ancora più ad occidente. Ma un’espansione ancora maggiore realizza nel proprio entroterra, questo non avviene in forma indolore, perché comporta lotte, guerre e contese con gli indigeni, questa volta sicani e non più siculi.

Agrigento. Agrigento è anch’essa colonia situata sul canale di Sicilia, a occidente di Gela, in posizione intermedia fra quest’ultima e Selinunte. Della sua fondazione siamo, ancora una volta informati da Tucidide. La data della fondazione coloniale ci riporta all’anno 508. Madrepatria di Agrigento, per Tucidide, è Gela. Ma non tutti gli autori antichi concordano in proposito. Alcuni pensano che fosse approdata in Agrigento la famiglia regale degli Emmenidi, altri attribuiscono alla colonia un’origine rodia. Agrigento adotta le medesime istituzioni di Gela. Anche se Agrigento non è una colonia mista in senso giuridico, lo è in prospettiva etnica. La compresenza di due ecisti, assegna ad Agrigento una duplice componente isediativa: geloa e rodia, ovvero geloo-rodia e geloo-cretese.

Lipari. Gli cnidi si interessano all’occidente quando esso non è più in grado di offrire ai greci contrade ricche e sicure. Questa è la ragione per cui le loro spedizioni abortiscono sul nascere per ostilità dell’elemento indigeno, o trovano meta in isole inospitali perché troppo boscose, o perché più idonee ad essere covo di pirati anziché sede di coloni, come Lipari in Tirreno. La loro colonizzazione di quest’isola è riferita con informazione ampia e dettagliata da Diodoro. Il quale ci informa dell’impresa di Pentatlo e della sua mancata fondazione di una colonia cnidio-rodia in Sicilia. Non è la prima volta che ritroviamo insieme genti di Cnido e di ...


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