Domande neuroscienze comportamentali, A. Caria PDF

Title Domande neuroscienze comportamentali, A. Caria
Course Neuroscienze comportamentali
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

1. Campi recettivi, mappe retinotopiche, magnificazione corticale e modularità corticale. Il sistema visivo presenta, a partire dalle cellule gangliari fino alle aree sensomotorie associative, alcune caratteristiche peculiari. Una di queste è l’organizzazione topografica della via visiva primaria: l...


Description

1. Campi recettivi, mappe retinotopiche, magnificazione corticale e modularità corticale. Il sistema visivo presenta, a partire dalle cellule gangliari fino alle aree sensomotorie associative, alcune caratteristiche peculiari.! Una di queste è l’organizzazione topografica della via visiva primaria: l’organizzazione dei recettori della retina cioè, si riflette nelle corrispondenti regione del talamo e della corteccia visiva primaria. Le cause di questa corrispondenza non sono chiare; la più probabile è che abbia a che fare con la minimizzazione dei collegamenti neurali, e dunque con l’economia metabolica.! Un’altra caratteristica, che si ritrova in particolare nella corteccia visiva primaria, è che la misura di ogni unità della retina è rappresentata in modo sproporzionato nella corteccia: la fovea, infatti, è rappresentata da un’area corticale più grand rispetto a quella delle aree con eccentricità maggiore. Questo squilibrio è denominato magnificazione corticale, e la sua funzione è principalmente quella di permettere una maggiore elaborazione degli stimoli percepiti con alta acuità.! Un ulteriore principio di organizzazione che si trova nella V1 è la modularità corticale: i neuroni sono raggruppati in unita chiamate moduli o colonne corticali, con proprietà funzionali simili.! Queste colonne corticali talvolta corrispondono alle mappe topografiche presenti negli stadi precedenti della via visiva. È possibile che anche questi siano organizzati in modo tale da minimizzare le connessioni tra unità, come le mappe retinotopiche.! Infine, i campi ricettivi rappresentano l’aria che, se stimolata, provoca una risposta nel neurone in esame. Nei primi stadi sono di forma circolare e organizzare in porzioni ON/OFF, che defluiscono quando il neurone scarica: se lo stimo si presenta in un’area ON, ero scarica, altrimenti no. Procedendo lungo la via visiva, i campi ricettivi codificano stimoli più complessi e sono sempre più ampi fino ad arrivare alle aree extrastriate del campo visivo. La ragione di questo progressivo aumento di dimensioni è probabilmente la necessità di integrare, mano a mano, le info ricavate dai neuroni delle aree primarie, che ricevono piccole porzioni di campo visivo e del colore, della forma, della profondità, della chiarezza, della luminosità e del movimento dello stimolo, in un percetto visivo.! 2. Apprendimento visivo e studio di Shibata. L’apprendimento percettivo (perceptual learning, PL) consiste in un miglioramento esperienzadipendente delle capacità percettive dovuto all’allenamento che si forma nel tempo. È una forma implicita, semplice e automatica di apprendimento che avviene sia per il sistema visivo, uditivo e gustativo.! Dimostra la presenza di plasticità corticale, ovvero l’abilità del cervello di riorganizzarsi in termini strutturali e funzionali. È specifico poiché si forma per le caratteristiche dello stimolo allenato, e ciò vuol dire che avviene a uno stato di elaborazione precoce in cui le info sono ancora segregate; può avvenire anche a stadi più avanzati di elaborazione. ! Gioca un ruolo fondamentale l’attenzione, la quale può facilitare e/o attivare questo comportamento.! Sicuramente l’apprendimento percettivo interessa sia aree visive precoci che tardive; tuttavia Shibata et al. si sono chiesti se le aree visive primarie, ossia V1 e V2, siano sufficientemente plastici da permettere questo tipo di miglioramento.! Tramite tecniche di neurofeedback che utilizza segnali fMRI decodificati, hanno indotto ripetutamente pattern di attivazione in V1/V2 dei soggetti, corrispondenti a pattern vocai dalla presentazione di uno stimolo con un dato orientamento, senza però la presentazione reale di tale stimolo e senza la consapevolezza dei partecipanti di cosa doveva essere appreso. ! Consisteva in 4 stadi divisi su più giorni.! Nel pre-test e nel post-test i partecipanti svolgevano un compito di discriminazione tra tre orientamenti presenta in un Gabor patch. Nello stadio successivo venivano registrati con fMRI i pattern di attivazione in V1/V2 indotti dalla presentazione di ciascun orientamento e venne costruito più un decodificatore per classificare i pattern dei segnali fMRI per uno dei tre orientamenti. ! Nello stadio di induzione i partecipanti imparavano a produrre essi stessi pattern di attività in V1/ V2 corrispondenti a uno dei tre orientamenti target, in assenza di uno stimolo reale. Dovevano quindi regolare ‘attività posteriore del cervello in modo da far diventare il disco verde il più grande possibile. Erano ignari che la grandezza massima del disco rappresentava approssimativamente la probabilità di uno dei tre orientamenti target. !

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Lo scopo di questo esperimento era quindi verificare se la corteccia visiva primaria fosse abbastanza plastica da indurre VPL per uno specifico orientamento come risultato di mere induzioni ripetitive di pattern di attività corrispondenti a quell’orientamento, riflesso in un successivo miglioramento della performance.! I risultati mostrarono che è possibile indurlo senza la presentazione degli stimoli, senza la consapevolezza cosciente del significato die patterò neurali indotti dai partecipanti o la conoscenza delle intenzioni dell’esperimento. La performance di discriminazione dell’orientamento target era aumentata significativamente tra pre e post test ed era maggiore per i partecipano con 10 gg di training rispetto a quello con 5. Ciò dimostra anche come la grandezza del VPL sia maggiore a seguito di un allenamento più lungo, fino a che non raggiunge un asintoto.! 3. Modello della percezione a 2 vie (con limiti e modello a rete). A partire da V1 l’info visiva viene trasmessa dalle aree visive superiori; l’output da V1 è contenuto principalmente in due fascicoli: quello longitudinale inferiore, che percorre una via ventrale, e quello longitudinale superiore, che si dirige verso aree più dorsali.! In seguito a numerosi studi di casi clinici e di animali con lesioni temporali e parietali è stato formulato un modello della percezione a due vie: una ventrale e una dorsale.! Secondo alcuni studi l’elaborazione lungo queste due vie è deputata dall’escrezione di due tipi di info diverse: la via ventrale, via del what, è specializzata nella percezione e nel riconoscimento degli oggetti, mentre quella dorsale, via del where, è specializzata nella localizzazione degli oggetti.! In seguito Milner e Goodale hanno sostituito la dicotomia del what e where con quella del what e how: la via dorsale è deputata non solo alla determinazione della posizione spaziale, ma anche a guidare l’interazione con gli oggetti.! Vari studi hanno mostrato differenze rappresentazionali nei neuroni delle due vie: i neuroni parietali rispondono in modo simile a stimoli diversi, in quanto interessai alla loro posizione, più che alle loro caratteristiche. Inoltre a livello parietale sono rappresentati stimoli sia periferici sia foveali, in quanto ugualmente importanti per la localizzazione.! I neuroni temporali della via ventrale, invece, hanno campi recettvi che includono sempre la fovea; sono molto specifici e rispondo in modo diverso a stimoli diversi.! Nonostante le varie prove a sostegno di questa teoria, ci sono anche molti punti deboli.! Innanzitutto sono stati trovate cinque distinte vie dorsali: la via per afferrare gli oggetti, quella per raggiungerli, quella della consapevolezza per le proprie azioni, quella del where, quella che parte dal nucleo genicolato laterale e giunge alla MT.! Risulta quindi difficile parlare di due sole vie di elaborazione. La teoria delle due vie sostiene inoltre una maggiore connettività all’interno di una stessa via e tra aree adiacenti in ordine gerarchico; tuttavia nono sono state trovate prove a sostegno.! L’idea che la via ventrale porti a una percezione cosciente, mentre quella dorsale no, è stata smentita da numerosi studi: sembra che vi sia cross-talk tra le due vie e che la via dorsale abbia la capacità di far emergere un percetto cosciente.! L’idea che lo stimolo venga elaborato lungo diversi stadi potrebbe essere vero a livello di microcircuiti, ma non è chiaro a livello degli affetti quanto le aree precoci influenzino l’elaborazione degli stimoli più complessi.! Infine risulta molto difficile distinguere tra sistemi di elaborazione di alto e basso livello, in quanto ci sono prove del fatto che proprietà considerate di base, come i colori, hanno un livello di complessità elevato.! 4. Analogia fra amigdala e comportamento avversivo. Il condizionamento avversivo è un tipo di condizionamento classico nel quale lo SC è uno stimolo neutro e l’SI è uno stimolo avversivo, ossia che è in grado di eliminare una risposta negativa, sia a livello comportamentale (immobilizzazione), vegetativa e ormonale.! Un esempio di condizionamento avversivo è il condizionamento alla paura: ad un SC neutro, si associa uno SI che provoca paura, così che quando verrà presentato lo SC da solo esso provocherà reazioni di paura. Watson scoprì questo tipo di condizionamento negli esperimenti con il piccolo Albert, oggi non più replicabili per motivi etici.!

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Ci sono numerosi studi che dimostrano che l’amigdala gioca un ruolo chiave nell’elaborazione emotiva in generale, dunque anche nella paura. Essa è suddivisa in 3 principali nuclei: il nucleo basale che riceve input in attivo, il nucleo laterale e il nucleo centrale.! Supponiamo che arrivino all’amigdala due input con diversa forza: un input dorsale associato a uno stimolo neutro (SC) e un input forte associato a uno stimolo avversivo, ad esempio nocicettivo (SI). Secondo il principio associativo dell’LTP, queste due sinapsi, se avvengono in contemporanea, generano due sinapsi potenziate nel nucleo laterale dell’amigdala. Questo trasmette il segnale aò nucleo centrale, che a sua volta è connesso con ipotalamo, mesencefalo, ponte e bulbo, i quali producono la risposta emozionale condizionata.! Poiché l’amigdala potesse associare uno stimolo uditivo a uno nocicettivo, dovevano esserci delle connessioni preesistenti tra corteccia uditiva e amigdala.! Anche nel condizionamento avversivo entrano in gioco i recettori glutammergici NMDA e AMPA. Ci sono varie evidenze che dimostrano come i recettori AMPA, quelli responsabili per il mantenimento dell’LTP, siano importanti per la risposta emozionale condizionata; se essi vengono bloccati, infatti, questa viene compromessa. Sono dunque fondamentali per il condizionamento avversivo.! Amigdala: lobo temporale mediale che ha un ruolo centrale nell’apprendimento, memoria e attenzione verso stimoli emotivi.! Sindrome di Kluver-Bucy: lesioni all’amigdala che portano all’incapacità di riconoscere il significato emotivo di eventi e no condizionamento avversivo.! 5. Il meccanismo di ricompensa. Le ricompense sono fondamentali per il comportamento di tutti gli animali. Nella loro rappresentazione sono coinvolte strutture sottocorticali, tra cui lo striato dorsale (nucleo caudato e putamen), lo striato ventrale (nucleus accumbens), l’ipotalamo, l’amigdala e l’abenula laterale.! Il condizionamento operante prevede un’associazione tra uno stimolo condizionato a una risposta condizionata in base al rinforzo di quest’ultima attraverso ricompense e punizioni.! Nell’apprendimento tramite condizionamento operante è stato dimostrato che non può esserci LTP senza l’intervento della dopamina. Questa si trova in diverse aree dei gangli della base: nello striato (ventrale e dorsale), nella substantia nigra, nella VTA (area segmentale ventrale). Queste aree sono tra di loro connesse tramite 3 principali vie dopaminergiche: la via nigro-striatale (che va dalla substantia nigra allo striato), la via mesolitica ( che parte dalla VTA e arriva nel nucleus accumbens) e la via mesocorticale (che parte dalla VTA e si dirige verso la corteccia frontale).! La dopamina non modula solo i meccanismi di ricompensa, ma anche quelli di punzione. Dalla corteccia partono due vie, una diretta verso i recettori D1 (che hanno una funzione eccitatoria) e una diretta verso i recettori D2 (che hanno funzione inibitoria). Da questi due recettori partono, rispettivamente, una via diretta e una indiretta.! Schultz ha formulato una teoria diversa sui meccanismi di ricompensa: egli ritiene che la risposta dopaminergica vari in base all’errore di predizione della ricompensa (PE), operazionalizzata come la differenza tra ricompensa attesa e ottenuta. Il suo studio di registrazione sulla VTA delle scimmie prevede tre condizioni: una in cui lo stimolo SI, la ricompensa, compare senza alcun preavviso. In questo caso si ha un PE positivo, e un’attivazione dopaminergica subito dopo l’SI mano a mano che SC viene associato allo SI, la risposta dopaminergica si sposta a ridosso dell’SC, perché l’animale ha appreso ad associare i due stimoli. La risposta inizia inoltre a diminuire d’intensità se SC non viene seguito da SI, perché l’aspettativa non viene rispettata, e nel momento in cui sarebbe dovuto essere presentato SI si verifica un calo di attività.! Da questa teoria emerge che un PE positivo favorisce l’azione premiata, mentre quello negativo riduce la probabilità dell’azione che non produce la risposta attesa.! È stato osservato che anche l’abenula (talamo dorsale), al contrario dei neuroni dopaminergici, si attiva in caso di mancata ricompensa.! Recentemente ci si è chiesti se la dopamina abbia un ruolo solo nei meccanismi di ricompensa o se segnali anche la salienza di uno stimolo. Studi hanno dimostrato che esistono due diversi tipi di neuroni dopaminergici (DA): un gruppo codifica la valenza e scarica maggiormente all’aumentare della probabilità di un esito positivo (neuroni della ricompensa) e l’altro codifica la rilevanza e scarica all’aumentare della probabilità di rinforzo (neuroni salienza). I neuroni del primo gruppo sono localizzati in aree dorsolaterali della substantia nigra e creano connessioni con lo striato dorsale, quelli del secondo solo in aree ventromediali di SN e VTA, che proiettano allo striato ventrale.!

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6. Agnosie visive a livello neurale: cosa ci dicono del riconoscimento degli oggetti. - Agnosia appercettiva—> lesioni a dx.! - Agnosia associativa—> lesioni a sx.! - Agnosia integrativa—> lesioni medio ventrali della corteccia extrastriata.! - Agnosie categoria-specifiche.! L’agnosia è un deficit di riconoscimento senza che ci sia un deficit di percezione dello stimolo. In questo deficit le componenti base sono analizzate, quindi esiste un percetto significativo elaborato, ma nonostante l’elaborazione il paziente non riconosce l’info. I vari tipi di agnosia sono importanti perché sono informativi dei meccanismi neurali di riconoscimento.! È un deficit modalità-dipendente, quindi può riguardare la modalità visiva, linguistica, etc.! In particolare le agnosie visive sono causate da lesioni nella V1, e ne sono state identificate tre: agnosia appercettiva, associativa e integrativa.! L’agnosia appercettiva è spesso causata da lesioni a dx in V1. I pazienti con questa agnosia! il soggetto non mostra problemi di acuità visiva (capacità di discriminare le info visive) né perdita di conoscenze visive. C’è un corretto riconoscimento di oggetti presentati con prospettive che rendono salienti le caratteristiche più importanti; nel momento in cui vengono occluse la capacità di riconoscimento diminuisce. Quindi i ss non sono in grado di riconoscere gli oggetti da prospettive insolite, manca cioè alla percezione della costanza dell’oggetto, che è lateralizzata a dx.! L’agnosia integrativa riguarda l’incapacità di integrare le caratteristiche visive in un percetto, quindi le parti di un oggetto in un intero omogeneo. L’abbinamento di forme è intatto, anche da prospettive insolite (quindi no agnosia appercettiva), ma c’è incapacità a riconoscere oggetti sovrapposti. Questa agnosia sembra essere associata a lesioni medio ventrali della corteccia extrastriata.! L’agnosia associativa comporta un deficit nel comprendere il significato di oggetti. Nei test di abbinamento in base alla funzione, in cui si devono collegare oggetti alla funzione, il paziente con agnosia associativa fallisce nel compito. sembra, tuttavia, che cerebrolesi dx e sx falliscono per motivi differenti: coloro che hanno lesioni a dx non riescono ad eseguire il compito perchè incapaci di riconoscere gli oggetti presentati in modo non convenzionale, mentre coloro con lesioni a sx non riescono a eseguire il compito perché non sono in grado di operare il collegamento tra i due oggetti. Sono le lesioni a sx quindi a causarla, quelle responsabili del dominio linguistico.! Esistono anche agnosie categoria-specifici, quale quella relativa alla distanza tra oggetti animati e inanimati.! L’esistenza di queste agnosie categoria-specifiche è una prova a favore di un’organizzazione cerebrale nella quale aree adiacenti elaborano info simili; quando è presente un’agnosia per gli oggetti animati, per esempio, non è detto che essa si applichi anche a quelli inanimati.! Si è notata tuttavia una discrepanza: ci sono molti più pazienti con deficit a riconoscere solo oggetti animati che pazienti che non riescono a riconoscere solo gli oggetti inanimati. L’ipotesi preponderante è che le entità inanimate evochino rappresentazioni che non vengono indotte da entità viventi.! Farah e McClelland hanno costruito un modello per dimostrare che i deficit categoria-specifici possono essere il prodotto di lesioni a un sistema della memoria semantica organizzate in base alle proprietà dell’oggetto.! Le entità animate sono descritte da proprietà visive, quelle inanimate sono descritte anche da affordances, ossia da rappresentazioni motorie sul loro utilizzo. Questi dati ci suggeriscono che il sistema per il riconoscimento degli oggetti è un processo complesso, che coinvolge aree specifiche all’interno della corteccia visiva, ma anche aree connesse con la conoscenza semantica, come nel caso delle affordances per gli oggetti manipolabili.! 7. Apprendimento hebbiano e meccanismi LTP/LTD. L’apprendimento è un processo di acquisizione di nuove info e/o procedure, il cui risultato è la memoria.! Ramon y Cajal fu il primo a ipotizzare che la memoria potesse essere ottenuta attraverso modifiche nelle intenzioni sinaptiche, ma per avere prove a sostegno della sia teoria dovette aspettare 60 anni.! Hebb ipotizzò nel 1949 che l’apprendimento fosse dato dalla capacità dei neuroni di creare e rafforzare connessioni sinaptiche mediante un’attivazione ripetuta.!

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Secondo la legge di Hebb, quindi, un aumento dell’interazione sinaptica è ceneraio dalla stimolazione ripetute e persistente da parte del neurone presinaptico su quello postsinaptico. Se il neurone A contribuisce ripetutamente e in maniera duratura all’eccitazione di B, allora in entrambi si verifica un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l’efficacia di A nell’eccitare B viene accresciuta.! Secondo la sua teoria due neuroni che scaricano assieme si potenziano reciprocamente. tuttavia, perché ci accada, deve esserci un effetto causale che richiede precedenza temporale: A deve scaricare prima di B (spike-timing-dependet plasticity).! Questa legge è stata confermata dalla scoperta di due tipi di plasticità sinaptica: il potenziamento e la depressione a lungo termine. Il potenziamento a lungo termine (LTP) consiste nell’aumento della forza sinaptica che può durare minimo ore, quindi si riferisce al rafforzamento a lungo termine di una sinapsi. La depressione lungo termine (LTD) consiste in una riduzione della forza sinaptica che si verifica quando la presentazione degli impulsi è bassa. L’ampiezza dei potenziali d’azione postsinaptici eccitatori, causati dai PA presinaptici, si riduce, mentre nel caso del LTP aumenta.! Questi fenomeni si verifica in tutte e tre le vie eccitatori dell’ippocampo e anche in altre regioni della corteccia, il principio associativo del LTP; un’estinzione della legge di Hebb, asserisce che se un input debole e uno forte agiscono contemporaneamente su una cellulare entrambe le vie mostrano un fenomeno di LTP e l’input debole diventa più forte, secondo questo principio, più input devono essere attivi nello stesso momento (cooperatività), input più deboli si rafforzano se si verificano assieme. Input più forti (associatività) e solo la sinapsi stimolata esibisce il potenziamento (specificità). ! Affinché vi sia LTP, comunque, la cellula postsinaptica deve ricevere input avvitatori ed essere depolarizzata; questo processo è in...


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