Elaborato Scritto PER Esame - 1766715 - Spingola - Didone Abbandonata PDF

Title Elaborato Scritto PER Esame - 1766715 - Spingola - Didone Abbandonata
Course Letteratura Musica Spettacolo
Institution Sapienza - Università di Roma
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tesina tatti letteratura e musica...


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ELABORATO SCRITTO PER ESAME “LETTERATURA E MUSICA”

DIDONE ABBANDONATA Pietro Metastasio – Relazione di Anna Maria Spingola (1766715)

ARGOMENTO E PERSONAGGI ARGOMENTO L’opera è divisa in tre atti nei quali si racconta dell’allontanamento di Enea dalla regina di Cartagine, Didone la quale è innamorata di lui. Il melodramma parte da un antefatto: in una Cartagine ancora in fase di costruzione la regina Didone ha soccorso il naufrago Enea scappato da Troia con il quale ha intrapreso una intensa relazione amorosa. Nel primo atto Enea, pur amando profondamente Didone, ricorda della promessa fatta al padre morente ovvero di riuscire a ricostruire Troia altrove e sente quindi di dover intraprendere il suo viaggio verso l’Italia. Didone esprime le sue preoccupazioni sulla distanza percipita da Enea alla sua confidente Osmida, la quale mentendo, le dice che Enea è in realtà geloso per l’arrivo di Jarba, re dei Mori. Al suo arrivo, Jarba si fa ricevere a corte fingendo di essere però un messaggero: chiede la mano di Didone, la quale rifiuta sostenendo il suo amore per Enea. A quel punto Osmida elabora un piano con Jarba attraverso il quale ottenere il trono di Cartagine: far uccidere Enea da Araspe, suo compagno fidato. Araspe si rifiuta nettamente di commettere l’omicidio e quando i due si incontrano, salva Enea da un attacco di Jarba. Accorsa Didone, Jarba svela la sua identità e Enea le confessa le ragioni del suo turbamento interiore. Didone ha una reazione sconsiderata. Nel secondo atto Jarba è stato imprigionato e una pena di morte incombe su di lui. Nonostante Didone sia ancora furibonda nei suoi confronti, Enea riesce comunque a parlare con la regina convincendola a sposare Jarba per non mettersi contro l’intera Africa: il rifiuto non sarebbe stato tollerato, la morte sarebbe vista come una dichiarazione di guerra e con la partenza incombente di Enea le speranze per Cartagine sarebbero poche. Didone accetta, a patto che Enea sia presente alle nozze. Ricevuto Jarba, la regina gli offre la sua destra; quest’azione fa infuriare Enea il quale se ne va infuriato. La regina ribadisce di amare Enea e Jarba promette vendetta. Enea pronto a partire viene sfidato a duello da Jarba che una volta sconfitto decide di incendiare la città. Osmida viene fatto prigioniero e salvato da Enea. Vi è un ultimo tentativo disperato di Selene di trattenere Enea; nel frattempo Osmida confessa il suo tradimento a Didone la quale gli ordina di fermare Enea che però si è appena imbarcato. Cartagine è ormai avvolta dalle fiamme e Didone disperata rifiuta qualsiasi modo per potersi anche solo provare a salvare e dopo aver rifiutato Jarba ancora una volta si getta tra le fiamme della reggia. PERSONAGGI Didone Enea Jarba Selene Araspe Osmida

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Regina di cartagine Amante di Didone, eroe di Troia Re dei Mori Sorella di Didone, innamorata anche lei di Enea Fidato di Jarba Confidente di Didone

GENESI E STORIA DEL TESTO “Didone Abbandonata” è il primo melodramma del librettista Pietro Metastasio (1698 -1782). Fu rappresentato per la prima volta al Teatro san Bartolomeo di Napoli nel 1724, dedicato al viceré Michele Federico d’Althann, musicato da Domenico Sarro. L’opera godette subito di un grande successo nella penisola – e successivamente in molti teatri europei – grazie anche all’interpretazione canora della Romanina, ovvero Marianna Benti Bulgarelli, la quale aveva già lavorato con Metastasio pochi anni prima. Il testo è infatti quasi modellato sulle specifiche qualità attoriali e vocali della soprano, e viene successivamente aggiustato e modificato per divenire conforme alle successive rappresentazioni. Importante fu anche la fortuna del testo da un punto di vista musicale: venne infatti scelta da numerosi compositori dell’epoca per essere musicata, come ad esempio G. F. Haendel (1736) o Niccolò Piccinini (1970). Per la rappresentazione l’autore scrisse anche gli intermezzi L’impresario delle Canarie, riprodotti tra un atto e l’altro, che affrontano la storia di Cleopatra che prigioniera di Tolomeo è spinta all’orlo del suicidio, instaurando così di fatto un parallelismo forte con quanto avviene nel terzo atto dell’opera. Questo melodramma segna un punto di svolta nella carriera di Metastasio: inaugura la fase che va dal 1724 al 1730, prima del periodo viennese, periodo particolarmente prolifico da un punto di vista poetico e teatrale per la produzione metastasiana e permette all’autore di dedicarsi completamente alla produzione teatrale proprio grazie al grande successo avuto. L’argomento è tratto dal IV libro dell’ Eneide di Virgilio, nel quale Enea è giunto a Cartagine e risveglia l’amore dentro Didone, che si confida con la sorella e ricorda di suo marito Sicheo; convinta dalla sorella e dagli dei a sposare Enea, riceve un rifiuto da questi che la spingerà al suicidio. Novità significative rispetto alla scrittura virgiliana sono l’amore provato dalla sorella di Didone per Enea e l’innamoramento di Osmida per Selene. Questa dinamica però introduce la coppia di innamorati come leitmotiv delle opere metastasiane (come ad esempio Olimpiade, 1733 oppure Demofoonte, 1733). Sono presenti anche dei riferimenti alle vicende del III libro dei Fasti di Ovidio, poema eziologico a fine propagandistico dell’età augustea, soprattutto per la figura di Selene e di Jarba con la conquista di Cartagine.

LE VARIE RAPPRESENTAZIONI ed EDIZIONI Portata in scena innumerevoli volte, Metastasio redasse una seconda versione ufficiale e più breve dell’opera nel 1751 (pubblicata poi assieme alla versione originaria nell’edizione di Parigi del 1955) su richiesta di Farinelli, ovvero Carlo Broschi, famoso cantante lirico castrato che aveva intenzione di portare il melodramma alla corte di Madrid. La storia del libretto è però lunga e a seguito della versione del 1724 di Napoli con la relativa pubblicazione da parte di Ricciardi, troviamo la versione di Venezia al teatro S. Cassiale del 1725 musicata da Tommaso Albinoni, che non ebbe però un grande successo dal punto di vista editoriale. L’edizione veneziana porta delle modifiche nella struttura drammaturgica del testo, soprattutto nell’ordine delle arie e una netta riduzione dei pezzi lirici, come ad esempio la parte di

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Osmida e di Selene. Si ha quindi un testo con dei tagli e delle sostituzioni funzionali ad un’organizzazione lineare dell’intreccio che tralascia possibili sviluppi di trame secondarie. Nella successiva rappresentazione al Teatro delle Dame a Roma nel 1726, musicata da Leonardo Vinci e in cui cantarono Domenico Gizzi e Giacinto Farfallino Fontana, lo stesso lavoro di messinscena apportò delle modifiche sostanziali al testo. La mancanza della Romanina e il rinnovamento del cast canoro è dovuto al fatto che a Roma non si esibivano donne, solo castrati e tenori. Il compositore stava lavorando a tre opere contemporaneamente e per venire in contro alle sue esigenze Metastasio scrive dei nuovi testi poetici per delle musiche già esistenti. E’ la tecnica del riutilizzo molto diffusa all’epoca. Da un punto di vista puramente drammaturgico invece il melodramma pone qui l’accento sul tradimento commesso da Osmida nei confronti di Didone e riporta alla luce la sotto trama di Selene e Araspe riprendendo le due arie eliminate a Venezia. E’ infine importante dire qualche parola sulle rappresentazioni alla corte di Vienna. Nella città austriaca il testo venne rappresentato solo due volte per via di una corte asburgica molto rigida che non era abituata alle rocambolesche avventure del gusto melodrammatico italiano. L’opera subisce infatti un decentramento in favore della questione amorosa e pone l’accento sulla figura di Enea che risulta alla fine essere l’unico sovrano illuminato.

STRUTTURA DRAMMATURGICA Il testo parte in medias res : abbiamo di fronte a noi Enea che discute dei suoi turbamenti con Selene e Osmida, che si presenta quasi come un ospite ingrato che ha intenzione di abbandonare colei che lo ha soccorso. E’ un espediente molto particolare perché l’azione, il conflitto, non è mosso da un incontro bensì da un abbandono; è come se stessimo già di fronte al finale della storia. Da un punto di vista di analisi narratologica della struttura dei personaggi domina su tutti la figura della regina Didone, considerabile senza dubbio uno dei ritratti femminili più significativi dell’autore. Come nota il critico De Sanctis però il modello virgiliano del sacrificio d’amore è ben lontano dalla commistione di influssi letterari e teatrali di Metastasio: >. Didone si presenta infatti come passionale, impetuosa, stupisce la sua veemenza delle invettive contro gli dei, tanto da macchiarsi di empietà bestemmiando alla fine del melodramma. Il suo tracollo psicologico non è propriamente prevedibile ma cresce come un climax nello sviluppo narrativo fino al tragico epilogo del rogo sulla scena. Abbandonata da tutti canta in 4 settenari in stile aria “Vado ma dove? Oh Dio, resto… ma poi che fo’? Dunque morir dovrò senza trovar pietà?” ma poco dopo si riprende, lanciando altre maledizioni contro Enea e pronunciando la sua condanna a morte. Si lascia quindi alla morte, al rogo e alla distruzione della città che la identifica quasi come una Medea che si lascia al destino dell’invasore straniero; ciò assume anche delle caratteristiche metateatrali: il suicidio dovuto al triplice abbandono da parte di Enea, Osmida e Selene, è accompagnato dalla riflessione che i suoi tormenti si trasformino in soggetti miserabili e dolenti alle tragiche scene.

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Rispetto a Didone Enea appare spesso sbiadito, confuso dal suo conflitto interiore e diviso tra l’obbedienza nei confronti degli dei e dall’amore nei confronti della regina. Anche Enea perde l’identità eroica virgiliana trasformandosi invece nel tipico eroe melodrammatico tormentato da conflitti interiori che lo spingono costantemente a mettere in discussione le proprie azioni e decisioni. L’Enea metastasiano è in poche parole un personaggio che sembra subire gli eventi che lo circondano. Degli altri personaggi il profilo psicologico non è propriamente dettagliato: di Jarba vengono tratteggiati solo gli atteggiamenti che più comunemente di riferiscono alla figura del “barbaro” come l’irruenza, un comportamento molto aggressivo e rozzo, la scarsità dei modi fini rispetto agli altri; Osmida risulta solo fallimentare e incapace di portare a termine i suoi ruoli (dal patto con Jarba, alla fiducia e gli incarichi di Didone).

Per concludere Didone Abbandonata risulta essere un melodramma che contiene tutti gli elementi che poi saranno caratteristici di una produzione metastasiana più matura, dall’accordo strutturale recitativo/aria, alla dinamica delle coppie di amanti, il conflitto amore/passione o il modello dell’eroe indeterminato che afferma Pietro Metastasio nel panorama teatrale italiano ed europeo.

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