Esercitazione - Etica E Deontologia Della Comunicazione - Casi pratici affrontati a lezione - Prof Colloca PDF

Title Esercitazione - Etica E Deontologia Della Comunicazione - Casi pratici affrontati a lezione - Prof Colloca
Author Verena Giordano
Course Etica E Deontologia Della Comunicazione
Institution Università degli Studi di Pavia
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Appunti di casi pratici affrontati a lezione e riordinati....


Description

ETICA E DEONTOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE Prof. Colloca CASI Esame, come rispondere ad una domanda su un caso specifico? Si racconta brevemente il caso, in particolare la comunicazione del caso (ossia video visualizzato, ad esempio caso Di Bella non si deve raccontare il dibattito su tale metodo, ma la specifica puntata visualizzata a lezione, come la giornalista si pone che errori commette...); bisogna poi dire quali sono i doveri deontologici violati, gli errori commessi dai professionisti ( ad esempio viene violato il dovere di verità, bisogna farne alcuni esempi) e si devono indicare le norme e i codici deontologici rilevanti per il caso specifico ( ad esempio, carta dei doveri del giornalista). Si può poi commentare con la propria opinione o le proprie considerazioni. CASI DI DEONTOLOGIA NEL GIORNALISMO PRIMO CASO: "Il caso Enzo Tortora" Servizio televisivo/video "Il caso Tortora: un uomo innocente"; La storia siamo noi, RAI. 1983, Enzo Tortora era uno dei più noti conduttori televisivi, conduceva il programma “Porto Bello”, fu anche giornalista. Nato a Genova nel 1928, morto nel 1988; il 17 giugno ‘83 venne arrestato, il 17 settembre dell’85 condannato in primo grado a 10 anni di carcere, mentre il 15 settembre ‘86 venne assolto dalla corte d'appello, l’accusa fece ricorso e nell'87 venne assolto in cassazione. Anni dopo, nel 2010 Melluso, colui che portò avanti l’accusa, si scusò pubblicamente con la famiglia e poco dopo anche il pubblico ministero PM che sostenne l'accusa riconobbe l'errore. Si scoprirà, anni dopo l’arresto, completamente innocente ed estraneo alle accuse che gli vengono fatte. Viene arrestato nel cuore della notte con l'accusa di spaccio di stupefacenti e associazione camorristica (qui il fatto non verrà trattato dal punto di vista giuridico, ma da quello comunicativo, si prenderà in considerazione come i giornalisti trattarono il caso, quali errori commisero, ecc. Tale caso viene considerato come il più grande errore giuridico dai tempi della repubblica). Nel 95% dei casi i giornalisti violarono la presunzione di non colpevolezza e sottoposero costantemente Tortora ad una "gogna mediatica", lo raffigurarono e trattarono come un mostro, anche se dopo alcuni anni venne riconosciuto innocente. Fu un clamoroso errore giudiziario e giornalistico, i professionisti della comunicazione non rispettarono la presunzione di non colpevolezza (violazione indiretta di presunzione di non colpevolezza non viene detto direttamente che Tortora è colpevole, ma i giornalisti sostengono gli inquirenti e l’accusa: "gli elementi di accusa sono credibili", l’accusa è “scrupolosa, solida”, Melluso è “pignolo e scrupoloso, un cinico calcolatore”, “Tortora mostrava una calma sospetta quando è stato arrestato”, “il successo ottenuto così si paga” e così via…) IL VIDEO: mostra l’evoluzione della storia, vengono mostrati alcuni elementi che violano la presunzione d’innocenza e altri errori deontologici, gli accorgimenti del video lo rendono particolarmente “ben riuscito”. Il video si apre con Tortora, che una volta dichiarato innocente, torna alla trasmissione “Porto Bello” e commenta il 17 giugno dell’83, il giorno del suo arresto. Vengono visionati spezzoni di alcune interviste all’avvocato difensore Della Valle, alle due figlie di Tortora, e a Tortora stesso che parla della 'gogna mediatica' a cui fu sottoposto. Il video è un veloce susseguirsi di riprese varie e differenti, spezzoni dei telegiornali

dell’epoca, interviste, immagini dell’arresto, della trasmissione televisiva “Porto Bello”, del processo in tribunale… Gli accusatori di Enzo Tortora furono quasi tutti dei presunti “pentiti” (sfruttarono legge sui pentiti per ottenere riduzioni di pena), che ebbero dunque tutti a che fare con l’ambiente carcerario (il primo che fece il nome di Tortora, Barra, era un detenuto e lo nominò al diciassettesimo interrogatorio → fonti non perfettamente attendibili), Margutti fu l’unico degli accusatori che non rientrava nell’ambiente carcerario. Seguono interviste di amici, fra cui anche volti noti, e dei parenti, vengono riportati ricordi e momenti felici, vi è un elogio alle capacità di Tortora, descritto come una buona persona e molto capace nel suo lavoro, e per questo l’accusa è stato un fatto sconcertante, uno shock per molti. Viene passato in rassegna il giorno dell’arresto, il 17 giugno ’83 Tortora, in piena notte con l’accusa di non si sa bene cosa, viene arrestato; ‘affare dei centrini’ (inviati da Domenico Barbaro, per la trasmissione televisiva, a Tortora, scambio di lettere fra i due e Pandico, suo compagno di cella accusa Tortora di spaccio di droga per tale episodio); la stampa colpevolizzava Tortora, i giornalisti non si preoccupano di controllare le fonti, ossia i pentiti, danno retta ad essi senza il minimo dubbio e/o controllo (Enzo Biagi fuori dal coro di voci colpevolizzanti 'il caso Tortora mi preoccupa non per Tortora ma per me' → può capitare a chiunque). Ai video dell’epoca seguono interviste dalle quali Tortora risulta essere fin troppo santificato, vengono alternati momenti d’azione (processo, arresto) a momenti drammatici (lettura lettere Tortora alla figlia dal carcere), la tecnica di comunicazione adottata nel video è molto efficace, è ben realizzato (variazione veloce di immagini, voce del conduttore Minoli penetrante che varia di tono e velocità), variazione contenuti (ilarità/drammaticità), sottofondo musicale azzeccato. ASPETTI ETICO-DEONTOLOGICI: 1 viene violata la presunzione di non colpevolezza (articolo 27 della Costituzione, la fonte eteronoma di più altro grado) sia in modo diretto che indiretto, ossia dando maggior peso alle fonti accusatorie che non alle difensive, ritraendo il personaggio in modo negativo oltre agli stessi dati (è un mostro perché lo sembra e se non lo sembra lo è perché è troppo bravo a nasconderlo, non vi è spazio per interpretazioni diverse); 2 a prescindere da innocenza o colpevolezza, far vedere una persona ammanettata e arrestata in video cosi umiliata e debole è deontologicamente scorretto, perché è leso il rispetto dignità della persona, riprendere un detenuto senza consenso è considerato lesivo della dignità personale ( inoltre Tortora viene sfigurato nella sua immagine pubblica, personaggio noto); 3 incapacità di giudicare l'affidabilità delle fonti, viene violato il dovere di far riferimento a fonti attendibili, ossia macro-dovere di verità; 4 inoltre Tortora è sottoposto alla “gogna mediatica” (ossia un ulteriore punizione inflitta non dal sistema giudiziario, ma da quello mediatico), con l’uso di determinati termini (“insospettabile di lusso”, “persona cinica, pericolosa”, “che se lo merita”). Da ciò si comprende quanto sia enorme il potere della stampa (con qualche riga, la reputazione di una persona può essere completamente distrutta). Ma come è potuto accadere che tutti questi professionisti abbiano commesso tali errori? Come mai la tendenza colpevolista si è tanto radicalizzata? Necessità di fare audience, è il pubblico che lo vuole; la colpevolezza fa notizia, ciò che è notiziabile è la colpevolezza non l’innocenza, quest’ultima fa notizia solo se segue ad un periodo di accuse. Altre ragioni: invidia della fama e del successo soprattutto se è meritato; ragione più tecnica e teorica: il giornalista solitamente aderisce al punto di vista del PM, del magistrato ecc... ciò avviene perché il giornalista per dare le notizie le prende dalla fonte, e deve avere il più possibile un buon rapporto con le fonti (magistrato mi dà notizie e io appoggio la sua idea perché in futuro mi darà altre informazioni), il giornalista per riuscire meglio nella sua professione è portato a trattare bene e tenersi buone le fonti.

SECONDO CASO: “Il metodo Di Bella” (presunta cura per il cancro) Il professor Di Bella sostiene di aver trovato una cura per il cancro, senza effetti indesiderati e tanto disastrosi come quelli della chemioterapia. Il metodo (basato sulla monostatina) venne poi però dichiarato non funzionante e dunque falsificato nel 1999, inoltre nel 2005 il Consiglio Superiore di Sanità lo dichiara persino nocivo per i pazienti. Viene qui preso in considerazione il video di una recente puntata della trasmissione “Medicina Amica”, in onda su telecolor, dedicata al “metodo Di Bella” con ospite il figlio del dottore, Adolfo Di Bella, nella quale si afferma che vi siano ancora dei dubbi sull’accertamento della verità e si dice che il metodo risulta perfettamente funzionante (teorie complottiste, seguaci di Di Bella). Si prende in considerazione tale caso per la violazione del macro-dovere di verità (in maniera indiretta e per cui ancora più difficile da riconoscere) nel campo delle scienze e della medicina, per cui nel giornalismo scientifico. ERRORI DEONTOLOGICI: 1Di Bella viene definito come una persona affidabile, dai buoni principi, un uomo che ha sempre lavorato molto e sostenuto una famiglia intera, viene persino descritta la sua storia d’amore, il figlio parla della vita del padre e ne ha scritto la sua biografia, quindi si presenta il dottore da un punto di vista emotivo/personale e non tecnico, la presentatrice adotta spunti emotivi per supportare il dottore stesso; 2 la presentatrice aderisce completamente al punto di vista dell’ospite e dà per buono il metodo, non offre mai differenti punti di vista, non ribatte ne obbietta nulla (INTERVISTA A ZERBINO o IN GINOCCHIO); 3 non viene mai menzionato il fatto che il metodo sia stato falsificato, violato il dovere di verità e completezza dell’informazione ('professore è stato forse uno dei più importati scienziati del nostro paese' → forse è seguito da una cosa falsa; 'le sostanze potevano veramente portare a guarigioni' menzogna, usa il verbo 'sapere' verbo fattivo → ciò che segue è presupposto come vero) SECONDO VIDEO: intervista sulla terapia vera e propria di Di Bella, è un’intervista in ginocchio, la giornalista non ribatte alle accuse che il medico fa alla comunità scientifica anzi lo supporta, gli dà ragione, lo elegge a giudice (chiede persino il suo punto di vista), intervista prosegue con una serie di monologhi, domande sembrano essere concordate, la giornalista sembra essere in soggezione, in un atteggiamento di riverenza nei suoi confronti (non guida l'intervista, si lascia guidare), nei suoi monologhi mai interrotti il dottore riporta menzogne che non vengono minimamente segnalate. Il macro-dovere di verità viene violato, non è presente un confronto ma solo un punto di vista, ossia quello di Di Bella. *Invece affrontare la questione con almeno due punti di vista sarebbe stato un buon metodo per presentare la questione? In questo caso anche un “ CONTRADDITTORIO” (confronto paritario) sarebbe stato eticamente sbagliato perché era un caso già confutato, il giornalismo non deve proporre dubbi se la verità scientifica è già stata accertata, come se non avesse ancora una risposta attendibile. TERZO CASO: “Narcotest” e “Morire di anoressia”, Le Iene Servizio “Narcotest” (2007/2008): Le Iene, sotto mentite spoglie di giornalisti di tv locali, propongono interviste a diversi parlamentari, e durante tali interviste con la giustificazione di sistemare la fronte lucida degli intervistati stessi, rilevano campioni di sudore per poter vedere se viene fatto uso di sostanze ( drug wipe, una striscia che rileva la presenza di sostanze stupefacenti attraverso il sudore). Si è dimostrato che ben un terzo dei parlamentari intervistati ha fatto uso di stupefacenti. Le iene sono state però accusate dal Garante della privacy per aver violato alcune norme, per cui la visione dello scoop è stata bloccata (e ai campioni di sudore non sono mai stati fatti

corrispondere i nomi). Secondo il Garante, infatti, si poteva comunque risalire all’identità degli intervistati, le Iene non hanno mostrato la loro identità per ottenere tali informazioni (ma non avrebbero potuto fare altrimenti), il Garante sostiene inoltre che le Iene hanno acquisito dati sensibili senza consenso dell’interessato. Servizio “Morire di anoressia” di Nadia Toffa (28/01/2013): sotto mentite spoglie Nadia Toffa avvicina una ragazza che soffre di uno stadio avanzato di anoressia, Sara, che si apre alla Iena e racconta la sua vita e le sue ossessioni (dire bugie, macchinette, fare la spesa e nascondere il cibo a casa…), il servizio va in onda dopo la morte della ragazza (suicidio) e nonostante abbiano avuto il consenso dei genitori per mandarlo in onda, sembra essere lesivo della dignità della ragazza (vista in pessime condizioni e deturpata nella sua immagine). Vi è infatti un conflitto diritti, fra il diritto dei cittadini ad essere informati e sensibilizzati al problema (anche emotivamente, raccontare la storia), e il diritto del rispetto della persona, rispetto della sua dignità (C'è il consenso dell’interessato qui, ma basta il consenso della persona perché questa sia tutelata? Vi sono diverse posizioni anche opposte sulla risposta). QUARTO CASO: "La zanzara" su Radio24 Trasmissione radiofonica “La zanzara”: ricerca dello scandalo, vengono chiamati dei politici e/o esperti del settore, facendo finta di essere qualcun altro da loro conosciuto, e soprattutto non dichiarandosi come scherzi telefonici. Vi sono diversi casi e scherzi, ad esempio "Finto Nichi Vendola chiama Fabrizio Barca" (economista candidato ad un possibile ministero). Tale modalità di giornalismo non è eticamente corretta, perché non rispetta alcune norme deontologiche, ma il direttore Cruciani si difende dicendo che se l'informazione non può essere ottenuta se non nascondendo la propria identità è giusto ottenerla in questa maniera, mentre il Garante della privacy sostiene che determinate informazioni potevano forse essere ottenute anche in altri modi e per cui punisce il programma. Quest’ultimo però non informa nessuno dello scherzo avvenuto, per evitare che la messa in onda possa essere bloccata dal garante stesso. *Deontologia giornalista ≠deontologia pubblicità (giurì o comitato di controllo: bloccare la pubblicità è più facile). QUINTO CASO: “Intervista a Sandra Mondani” Su Odeon Tv va in onda il programma 'Schiamazzare' che in una puntata propone un intervista a Sandra Mondaini ad opera di Don Antonio Mazzi, l’attrice ormai in condizioni di salute molto gravi e costretta alla sedia rotelle si presenta in televisione (poco tempo dopo la morte del marito Raimondo Vianello). Sandra Mondaini, che fu una delle prime persone nel mondo dello spettacolo a parlare della sua " depressione" che l'ha colta in diversi momenti della sua vita, ha ovviamente dato il consenso per l’intervista, che però la ritrae in condizioni pietose. Il video può dunque essere considerato lesivo della dignità dell’attrice. SESTO CASO: “Intervista a Stefania Nobile a Domenica Live” Intervista da parte di Barbara D’Urso su Domenica Live a Stefania Nobile, figlia di Vanna Marchi riguardo il loro caso di cronaca giudiziaria. Anni ’80: Vanna Marchi era una famosa televenditrice italiana, con grande potenziale che si occupava di prodotti di bellezza, la figlia Stefania Nobile la affiancava spesso durante le televendite. Ad un certo punto passa ad occuparsi di tutt’altro campo, quello della magia, e affiancata dal mago Don Nacimiento incomincia a vendere a poveri malcapitati i numeri del lotto vincenti, e se poi tali numeri non venivano estratti

convinceva le persone che la richiamavano che erano affette da una sorta di malocchio e contro di esso vendeva altrettanti prodotti magici per una truffa da milioni e milioni di euro. Nel 2001 Striscia la Notizia (programma di ENTERTATION) lancia lo scoop, e fa scoppiare il caso giudiziario. Vanna Marchi e Stefania Nobile nel 2006 vengono condannate a 10 anni di reclusione, nel 2008 arriva la sentenza della corte d'appello e nel 2009 la sentenza definitiva della Cassazione condanna Vanna Marchi a nove anni e sei mesi e Stefania Nobile a nove anni e quattro mesi. L’intervista presa qui in considerazione risale al 2013, quando ormai la truffa e la condanna sono fatti accertati. Il caso si collega al problema dell'infotainment (fino ad ora si sono affrontati casi legati all’entertation, ossia programmi d’intrattenimento che svolgono funzione informativa). In questi programmi misti, esiste un problema di riconoscibilità, la commistione tra informazione e intrattenimento rende difficile distinguere i momenti di verità informativa da quelli di semplice intrattenimento, e ciò è vero anche per il conduttore/scrittore (il programma è una testa giornalistica di informazione). Vengono uniti elementi d’informazione ad elementi di varietà, e quindi anche i momenti informativi, di cronaca, attualità o politica vengono affrontati con modalità tipiche del varietà (così il ruolo del giornalista giusto ed eticamente corretto passa in secondo piano). Questa intervista risulta essere amichevole, simpatizzante, la conduttrice al posto di porsi in maniera critica e porre precisazioni o questioni sembra aderire in maniera eccessiva al punto di vista dell’intervistata, che così è libera di “condurre la propria intervista” (intervista “in ginocchio”). Innanzitutto Barbara D’Urso dà del tu a Stefania Nobile, si pone vicina e allo stesso livello dell’intervistata; pur essendo un intervista su un inchiesta giudiziaria il servizio si apre con un video sui successi televisivi e le capacità di Vanna Marchi (ricordi, emotività, lacrime), vi è quindi un maggiore interesse verso l’emotività e la sfera emozionale che verso i fatti veri e propri; l’intervistata infine prende il comando dell’intervista stessa, si lascia andare ad un sarcasmo inaccettabile verso le vittime della sua truffa (la conduttrice non interviene, Stefania Nobile fa anche i complimenti a Barbara D’Urso “sei un mito in carcere, tutti ti guardano, ti seguono” ); intervento di Bruno Vespa che dà contro l’intervistata.

CASI DI DEONTOLOGIA NELLA PUBBLICITA’ Campagne pubblicitarie a scopo sociale Hanno lo scopo di indurre nel destinatario a comportamenti virtuosi di vario tipo (eliminare le discriminazioni, rispetto verso le persone, rispetto dell’ambiente e della sicurezza, ecc.) Si chiama "pubblicità progresso" e spesso sono anche le stesse industrie e aziende che creano pubblicità con fini sociali. Nella pubblicità progresso solitamente si utilizza un linguaggio forte, crudo, violento e persino volgare , si pubblicano, ad esempio, riprese di veri incidenti con feriti e/o morti. Un linguaggio forte e cruente infatti spesso è molto efficace e raggiunge meglio il suo scopo. Vi è dunque, nell’ambito della pubblicità progresso, necessità di bilanciamento tra efficacia e correttezza etica: bisogna sensibilizzare le persone, ma anche rispettarle e salvaguardarle. Vari esempi di campagne a scopo sociale in cui vengono violati alcuni principi deontologici: - “Mamma beve, bimbo beve”: cocktail con all’interno un feto (viola l’articolo 9 del codice di autoregolazione della pubblicità; - Campagne antidroga: una italiana contro articoli 8 e 9; l'altra straniera in cui viene mostrato un uomo che “si sniffa” il cervello;

- Campagne contro gli incidenti stradali: "Mistakes" video di due uomini che stanno per fare un incidente e si blocca il tempo; spot australiano di 4 minuti con una serie di incidenti realmente accaduti; - Campagne contro AIDS: una italiana in bianco/nero e una francese, con vari disegnini sconci sul muro; - Campagna per la parità dei sessi: cartelloni con varie donne e frasi lasciate (appositamente) in sospeso, vandali le hanno deturpate e l’effetto è stato voluto per rendere noto come ancor oggi la mentalità di molti sia arretrata; - Campagna contro i test per i cosmetici sugli animali: manifesto con una donna con un cane al posto della boccetta di profumo; - Campagna contro il bullismo: video con alcuni bambini/vittime che cantano “I will survive” con il testo modificato così da esprimere odio e una futura rivalsa nei confronti dei persecutori; - Campagna contro l’abbandono degli animali; - Campagne commerciali a scopo sociale: Oliviero Toscani contro l’anoressia per il brand Nolita, il soggetto della pubblicità è la malattia e non più di tanto la modella (fotografata malata e nuda, 31 chili), il consenso della modella è stato dato, ma essendo l’anoressia una malattia soprattutto mentale non può essere considerato valido, per cui è stata bloccata ai sensi dell’articolo 1 “lealtà della comunicazione commerciale” e ai sensi dell’articolo 10 ...


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