Forme e momenti nel ragionare del diritto riassunto PDF

Title Forme e momenti nel ragionare del diritto riassunto
Author Anonymous User
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Perugia
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riassunto del libro Forme e momenti nel ragionare del diritto dal capitolo 1 al 4 ...


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Capitolo 1: Il ragionamento giuridico 1.1 Il ragionamento giuridico e il modello matematico Che cos’è il ragionamento? Il ragionamento è comprendere e risolvere un problema sulla base dei dati disponibili. Le definizioni che si trovano nei manuali di logica, non dicono in realtà molto di più, come quella che si trova nell’Introduzione alla logica di Copi e Cohen: ragionare è un modo particolare di pensare, risolvendo problemi, costruendo inferenze, vale a dire derivando conclusioni da premesse. Tuttavia, appena, si va più avanti in questa prima definizione, c’è meno da fidarsi del senso comune, infatti vi sono gravi fraintendimenti, visto che vi è l’idea che ragionare significhi pensare secondo il modello della matematica. Il vero ragionatore, si suppone, articola il suo pensiero partendo da premesse certe, e per mezzo di un passaggio deduttivo, perviene ad una conclusione dotata dello stesso grado di certezza delle premesse. E tutto ciò vale anche per il ragionamento del giurista. Che il giurista debba ragionare per fare il suo mestiere non si dubita. E se si pensa a quella che chiamiamo dottrina, alla scienza giuridica pura non applicata al caso concreto, l’attività razionale del giurista appare per certi aspetti più simile a quella del matematico che a quella di un cultore di scienze empiriche. Ne segue che se vuol ragionare bene il giurista deve ragionare more geometrico. Questa è la tesi del logicismo giuridico. Ma non è questa, o non è solo né principalmente questa, la tesi chi qui si intende sostenere. Più inquietante della tesi stessa è l’assunto generale su cui quel ragionamento si basa. Si tratta dell’opinione secondo cui ragionamento è solo quello proprio della matematica. Ed è a questo punto che la domanda “che cosa è il ragionamento?”, e più in particolare “ che cosa è il ragionamento giuridico?”, cessa di essere oziosa e diventa necessaria. 1.2 L’alternativa fra dimostrazione e retorica (o topica) Basta un’analisi dei procedimenti argomentativi non solo della giurisprudenza ma anche della filosofia, dell’etica, della politica e persino della sociologia e siamo costretti a trarre le conclusioni che tutte queste discipline sono e restano destinate a rimanere fuori della logica e a essere relegate nel campo dell’irrazionale, tutte tranne le scienze matematiche e assiomatiche. Ma, a difesa delle discipline umanistiche si è imboccata una strada diversa. L’operazione è stata compiuta dalla nouvelle rhétorique di Ch. Perelman e di L. Olbrechts Tyteca. Il loro intento sembra essere quello di allargare i confini della logica deduttiva aggiungendo ad essa l’ambito di tutti i ragionamenti, che sfuggono alla razionalizzazione di tipo matematico e scientifico. Quest’ambito, la teoria perelmaniana lo individua nell’argomentazione retorica. Indubbiamente bisogna vedere come essa viene concepita: si può concepirla in modo che “discorso retorico” sia compatibile con “discorso dotato di una sua logica” e si può concepirla in modo che, al contrario, l’un concetto escluda l’altro. E di fatto è in quest’ultimo senso che la retorica di Perelman si sviluppa. La sua è una retorica rivolta a perseguire il consenso dell’uditorio con tutti i mezzi verbali pensabili. E inoltre Perelman alla logica vera e propria non concede alcun posto nella retorica, e quando tratta delle tecniche argomentative che fanno appello alla non contraddizione, alla identità, alla transitività, ecc., le qualifica come argomenti quasi-logici, egli dice: sono argomenti puramente retorici che cercano, ad effetto, di sfruttare il prestigio del ragionamento rigoroso. Quando invece si parla di topica aristotelica si richiama invece Viehweg nel suo ben noto Topica e giurisprudenza. Tuttavia, la retorica rimane l’origine anche della topica di Viehweg, e si rivela essere una tecnica di pensare per problemi e si differenzia nettamente da una struttura deduttivo-sistematica. Si distingue dalla logica, perché, dice Viehweg che la logica è ars iudicandi mentre la topica è ars iveniendi: cioè la topica deve indicare come si trovano le premesse che servono per risolvere un determinato problema, mentre la logica accetta queste premesse e le elabora. Perelman e Viehweg, hanno reso retorica e topica incompatibili con la logica, in questo modo o il discorso col quale cerchiamo di argomentare è dimostrativo, come quello della matematica e più in generale delle scienze, oppure è retorico, è topico, e la logica non vi trova posto, ed è questo il caso del discorso pratico, etico, politico, giuridico. È una alternativa che ha avuto fortuna e che ha formato il titolo di numerosissime opere, come quella di Cattani, Forme dell’argomentar. Il ragionamento tra logica e retorica: egli dice “la bipartizione è fondata sull’dea che la scienza è controllata dalla dimostrazione, mentre tutto il resto del sapere viene elaborato, nel migliore dei casi, per via argomentativa”, dove l’argomentazione è il nome che Perelman ha dato al ragionamento retorico. Ma la tesi che questo libro attraversa è la negazione di questa alternativa (dove alternativa non vuol dire necessariamente rifiuto della retorica o della topica), con le implicazioni che questa negazione comporta, esplorate in alcuni momenti della storia del pensiero giuridico.

1.3 Un ritorno ad Aristotele: il modello di ragionamento logico-dialettico La c.d. alternativa è diventata popolare soprattutto fra i filosofi del diritto e fra i giuristi, ma non sono mancate neppure le critiche, ma qui ci si riferirà all’analisi che ne ha compiuto in alcuni suoi scritti Gaetano Carcaterra. Egli si è innanzitutto riferito alla retorica, mostrando che non si può contrapporre argomentazioni scientifiche e argomentazioni retoriche, perché una componente retorica ce l’hanno tutti i nostri discorsi, compresi quelli della matematica e della scienza: i quali non prendono la forma sillogistica ma assumono l’aspetto dell’entimena (ragionamento in cui una o più premesse sono sottaciute). Tutte le specie di argomentazione presentano anche una componente probatoria; solo che si deve distinguere tra due tipi differenti di prova e di struttura logica, che, nota Carcaterra, già Aristotele, aveva indicato nei Topici, perciò egli propone un ritorno anche nel campo della logica, ma un ritorno completamento diverso da quello di Perelman e Viehweg. Secondo Aristotele, vi può essere un ragionamento apodittco, o dimostrativo, ma anche un ragionamento dialettico, o solo plausibile. Spesso si dimentica che, la differenza fra i due tipi di ragionamento non è nella presenza o nell’assenza di logica: la logica c’è comunque. La differenza sta solo nel fatto che nel sillogismo dialettico c’è un elemento di incertezza, perché o è induttivo il nesso logico, o sono opinabili le premesse, che trovano fondamento non più nella verità ma negli endoxa (credenze e opinioni), nell’opinione di tutti, dei più o dei più sapienti. Carcaterra distingue quattro forme di ragionamento: 1. Ragionamento deduttivo avente premesse certe: questo è il caso del ragionamento apodittico; 2. Ragionamento deduttivo avente premesse solo opinabili: questo è un primo caso di ragionamento dialettico; 3. Ragionamento induttivo avente premesse opinabili: è un secondo caso di ragionamento dialettico; 4. Ragionamento induttivo avente premesse certe: è il terzo caso di ragionamento dialettico; Il ragionamento apodittico (o dimostrativo) è quello tipico della matematica. Questa elencazione mostra che, fuori dalla matematica, non c’è il vuoto della logica o la retorica senza logica: c’è si, l’incerto, l’opinabile, il non definitivo, il discutibile, c’è insomma la dialettica, la topica e la stessa retorica, che però non significano discorso privo di logica. Perciò l’alternativa fra dimostrazione e retorica senza logica, viene da Carcaterra confutata e sostituita dall’alternativa fra dimostrazione e dialettica: da una parte c’è il discorso dimostrativo o apodittico, dotato peraltro di una retorica, e dall’altra c’è il discorso dialettico o plausibile o anche chiamato logico-dialettico, espresso in forme retoriche ma suscettibile di una struttura di carattere logico. Carcaterra critica, quello che abbiamo detto essere il logicismo giuridico, ossia l’idea che l’argomentazione giuridica abbia forza dimostrativa (idea probabilmente suggerita dall’erronea assimilazione dei codici), per cui sarebbe sufficiente la logica e la conoscenza delle leggi, per risolvere ogni problema giuridico, o almeno ogni quaestio iuris. Lo stesso Carcaterra ha messo in evidenza molti aspetti del ritorno ad Aristotele. In particolare ha sottolineato il duplice significato che la dialettica assume nei Topici: “dialettico”, infatti, per Aristotele, non è soltanto il ragionamento che ha premesse opinabili o un nesso logico meno forte della deduzione, ma anche, e insieme, è il ragionamento che si svolge nel confronto fra una tesi e una antitesi, ossia nel dialogo e nella discussione. Bisogna distinguere una dialettica come logica del probabile (opinabile) e una dialettica come logica del dialogo (della discussione). Il modello di ragionamento logico-dialettico, in cui la logica del probabile si svolge nella dimensione della discussione, ha una forma logica non solo nei singoli passaggi argomentativi dell’uno e dell’altro dei disputanti, ma anche considerato nel suo complesso, nella sequenza delle ipotesi e delle confutazioni di entrambe le parti: ha precisamente la forma di quello che Carcaterra ha chiamato “sillogismo disgiuntivo dialettico”. Infine si sottolinea che la sua idea centrale è quella della dialettica nel senso aristotelico. 1.4 Alcune precisazioni: la natura delle premesse del ragionamento e l’ambito del ragionamento giuridico Si aggiunge alla quadripartizione dei ragionamenti tracciata sopra un’ulteriore distinzione relativa al carattere delle premesse. Le premesse possono essere: - certe, proposizioni vere e prime; - probabili, fondate sull’opinione. Per Aristotele proposizioni vere e prime sono quelle della scienza e della filosofia. Possiamo chiamarle proposizioni necessarie. Ma spesso, e specialmente in campo giuridico e giudiziario, si incontrano proposizioni certe che non sono necessarie. Ed infatti possiamo distinguere due tipi di proposizioni certe, quelle che sono certe nel senso di necessarie e quelle che sono certe nel senso di reali. Si può allora concludere che esistono almeno sei modelli di ragionamento: 1. deduttivo le cui premesse sono necessarie; 2. deduttivo le cui premesse sono reali; 3. deduttivo le cui premesse sono opinabili; 4. induttivo le cui premesse sono necessarie;

5. induttivo le cui premesse sono reali; 6. induttivo le cui premesse sono opinabili. Il tipo di ragionamento che conviene scegliere dipende da una quantità di variabili: dalla materia trattata, dalle circostanze e in particolare – dagli orientamenti dell’uditorio, dai dati che si dispone e via dicendo. Che cosa intendiamo per “diritto” parlando di ragionamento? Il riferimento al ragionamento non modifica in alcun modo il concetto del diritto, perché in tutta la sua fenomenologia il diritto è attraversato dal ragionamento: ragiona il politico, ragiona il legislatore, ragiona il giurista, ragionano il giudice e le parti processuali, l’avvocato e il pubblico ministero in prima linea, e infine ragionano i privati. Bisogna notare come il ragionamento del giudice e delle parti processuali è all’opposto il più complesso, e proprio per la sua maggiore complessità che il ragionamento giudiziario si presenta come il punto di vista privilegiato nella logica giuridica. D’altra parte, è lo stesso concetto del diritto in generale a orientarci verso l’esperienza processuale. Perciò, parlando di ragionamento giuridico, si prenderà in considerazione, se occorre, anche il ragionamento del politico e del legislatore, ma ci si riferirà soprattutto al ragionamento de iure condito, al ragionamento della dottrina e in particolare, al ragionamento giudiziario. 1.5 Gli sviluppi del modello di ragionamento logico-dialettico Il modello di ragionamento dialettico illustrato precedentemente, mostra la possibilità di una retorica integrata con la logica. Questo modello, come sottolinea Carcaterra, ha influenzato tutta la tradizione successiva ad Aristotele, soprattutto nel campo del diritto. Anche io, in un precedente lavoro, ho messo in luce la logica contenuta nella topica e nella retorica già presso Aristotele e poi in Cicerone, in Quintiliano e infine in Vico (Simona C. Cagnotti, Retorica e logica. Aristotele Cicerone, Quintiliano, Vico). Alla logica sono strettamente legate la retorica e la topica classica. Una parte della retorica aveva come oggetto l’elocutio e cioè la componente persuasiva del ragionamento, ma un’altra e ampia parte l’inventio, articolata nei due momenti logico-dialettici: la confirmatio e la confutatio. L’ inventio, la confirmatio, la confutatio e la topica erano pieni di logica, di esempi di sillogismi disgiuntivi, di modus pones, di modus tollens, di generalizzazioni induttive, insomma di argomenti dialettici. Tutto ciò sta a voler dire che la separazione tra retorica o topica, da un lato, e logica, dall’altro, era sconosciuta alla tradizione classica. Una indagine di tal genere potrebbe proseguire su molti altri campioni, per esempio, sul terreno della sofistica. Sarà un’indagine particolarmente significativa, se risulterà che persino i sofisti, o almeno molti di loro, considerati i violatori per eccellenza delle regole logiche, nelle esercitazioni retoriche e dialettiche non hanno potuto fare a meno della logica come pratica e talora, come teoria. Ma non è solo questo dei rapporti fra retorica e logica l’unico aspetto importante del modello logico-dialettico. Esso suggerisce in generale l’idea del discutere ragionando. In questa tecnica furono maestri, buoni o cattivi, i sofisti e certamente essi né influenzano la teorizzazione. Si è visto sopra come si possa distinguere nella dialettica una logica della discussione e una logica dell’opinabile. Da un lato, nella forma della discussione si può sviluppare e teorizzare un ragionamento opinabile, in questo caso dialettica e opinabile si reciprocano. E questo è il caso di Aristotele ed è il caso che coincide con quello che abbiamo detto modello logicodialettico. Da un altro lato, in forme dialogiche si può sviluppare e teorizzare un ragionamento apodittico, nel qual caso dialettica e apodissi possono venire pensate come un tutt’uno: si può ritenere che il vero, il buon ragionamento non possa essere che un ragionamento apodittico diretto a confutare una tesi rivale. E questo è il caso di Platone, ed è un modello che contrasta, nella sua assolutezza, col modello logico-dialettico di origine aristotelica. Nel corso della nostra ricerca il modello logico-dialettico di origine aristotelica resterà privilegiato, anche perché esso ha avuto notevoli sviluppi e applicazioni ai giorni nostri.

Capitolo 2: I buoni ragionamenti dei sofisti 2.1 I sofisti e il ragionamento giuridico Le origini delle teorie e delle pratiche relative al ragionamento giuridico sono antichissime. La logica, in generale, nella sua sistemazione teoretica, è riconducibile ad Aristotele, ma per alcuni aspetti è ancor più risalente. La retorica giudiziaria di Corace e di Tisia, fiorita nella Magna Grecia del V secolo a.C., ne è una sicura anticipazione. La loro fu una retorica logica: sembra che essi abbiano teorizzato scientificamente le tecniche della dimostrazione, e, più precisamente, le tecniche della dimostrazione non del vero, ma del verosimile, non del necessario ma dell’opinabile, che è appunto il campo della controversia giuridica. Nella Grecia continentale una simile retorica si sviluppò nella sofistica. Con Gorgia e Protagora, da un lato, e con Ippia e Antifonte, dall’altro, che si inizia a ragionare secondo schemi e modelli non più casuali, ma predefiniti, quelli che la retorica sistematica poi ha chiamato topoi, secondo un metodo nuovo, che sarà detto dialettico. Questi sono i due meriti della sofistica nella storia della logica in generale e della logica giuridica in particolare. Naturalmente i topoi e la dialettica dei sofisti sono ancora imprecisi, incerti, a volte fallaci. Tuttavia essi sono il frutto di intuizioni che hanno permesso ad Aristotele di giungere a una sistemazione definitiva della materia. Per Aristotele, come già per Platone, i sofisti

furono avversari da confutare. L’immagine popolare dei sofisti in fatto di logica è questa: pensare ai sofisti è immediatamente pensare a ragionamenti sbagliati. Invece essi furono insospettabilmente anche dei buoni ragionatori e furono teorizzatori di un’arte, l’arte della discussione, di cui Aristotele fece tesoro nei Topici. 2.2 Due volti della sofistica Presentano aspetti di ambivalenza sia la logica sia la riflessione, e in particolare la filosofia del diritto e dei valori, dei sofisti. Il problema della ricostruzione storica di tale movimento di pensiero e della sua multiformità è legato a due circostanze facilmente individuabili: la prima che potremmo definire oggettiva, e la seconda, che potremmo definire soggettiva. Sono innegabili che le difficoltà incontrate nel ricostruire tale movimento sono legate, all’esiguità del materiale pervenutoci, per lo più, peraltro, proveniente da fonti indirette. Inoltre, si può presumere che gran parte del materiale e delle informazioni indirette siano in qualche modo artefatte; troppo spesso, infatti, passi o informazioni sono giunte a noi da fonti, quali lo stesso Platone, e quindi sottoforma di critica della sofistica. In breve, sono stati gli avversari della stessa sofistica a tramandarcela. E tutto ciò, non può che rendere cauto il nostro giudizio nei confronti di questo movimento. Cercando di superare le difficoltà ora esposte, ritengo sia, comunque, possibile cercare di riscrivere anche la storia della sofistica. Alla sofistica va riconosciuto il merito di aver praticato un metodo, quello dialettico, di averlo sperimentato e affinato ben al di là di quello che i suoi detrattori abbiano cercato di farci credere. La stessa teoria dei dissoi logoi, degli argomenti duplici, si fonda tutto sul metodo dialettico. Tutto nasce dall’idea di cercare di combattere argomento su argomento, riuscendo a sostenere qualunque tesi. Il bravo sofista è quello che è in grado di supportare, altrettanto abilmente, una tesi e il suo contrario. E nel far ciò, da un lato, deve essere in grado di utilizzare con grande perizia il metodo dialettico, dall’altro, non può non fornirsi di una sorta di argomentarlo, di un insieme di formule argomentative e di ragionamento, ossia di una topica. Detto che la dialettica, quale metodo, e la retorica, intesa non come semplice arte della persuasione, ma anche come arte o scienza dell’argomentazione, della dimostrazione, del ragionamento, prevengono dalla sofistica, e va precisato che la dura e ferma opposizione di filosofi, quali gli stessi Platone e Aristotele, si spiega per più ragioni. Anzitutto per Platone e Aristotele è inconcepibile pensare una filosofia capace di dimostrare qualunque tesi, di supportare tanto il giusto quanto l’ingiusto. In secondo luogo, si deve ammettere che, pur se hanno un precedente nell’arte sofistica, è però, con Platone e Aristotele che la dialettica e la logica assurgono ad alte vette. Forse non tutti gli argomenti sofistici erano così deboli come Platone ce li rappresenta, ma, altrettanto probabilmente, essi non avevano quella forza e quella consapevolezza che raggiunsero più tardi con Platone e Aristotele. La stessa idea di dialettica subisce, dai sofisti ad Aristotele, delle evoluzioni tanto da far apparire quella dei sofisti null’altro che una prima approssimazione rispetto alla più compiuta e, ancor attuale, elaborata da quest’ultimo. 2.3 La sofistica relativista: Protagora Come si è anticipato la sofistica racchiude in sé diverse teorie filosofiche. È possibile distinguerne almeno due principali; da un lato pensatori quali Gorgia e Protagora e, dall’altro, pensatori quali Antifonte e Ippia. Le Antilogie rappresentano, un punto di partenza importante per spiegare il pensiero greco di quel periodo. Partiamo dal fatto che l’idea secondo cui su ogni cosa possono svolgersi discorsi contrapposti nasce con Protagora. Su questo sufficienti sono le fonti. Più scarse, invece, le fonti su ciò che effettivamente Protagora intendesse con ciò. Per Protagora “chiunque afferma, qualunque sia l’oggetto dell’a...


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