Geografia Economica - riassunto dell\'intero libro per l\'esame con la professoressa Romei PDF

Title Geografia Economica - riassunto dell\'intero libro per l\'esame con la professoressa Romei
Course Geografia Economica
Institution Università degli Studi di Firenze
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GEOGRAFIA ECONOMICALezione 5 METODI E STRUMENTI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA Il termine geografia viene dal greco “Gê = Terra e gráphein= scrivere” e significa descrizione e conoscenza della Terra. La geografia è una scienza con una lunga storia che affonda le proprie radici nell’antica Grecia. Le prim...


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GEOGRAFIA ECONOMICA Lezione 5 METODI E STRUMENTI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA Il termine geografia viene dal greco “Gê = Terra e gráphein= scrivere” e significa descrizione e conoscenza della Terra. La geografia è una scienza con una lunga storia che affonda le proprie radici nell’antica Grecia. Le prime descrizioni della Terra risalgono ad Erodoto, che descrive il mondo conosciuto all’epoca, ovvero i paesi dell’Europa e dell’Asia minore. Un altro dei padri fondatori della geografia è stato Strabone che per primo riconobbe l’importanza della posizione geografica e le caratteristiche naturali dei luoghi, fu inoltre il primo ad aver gettato le basi metodologiche della ricerca geografica: la geografia intesa come studio-analisi dell’ecumene, cioè dei luoghi dove può vivere la specie umana. Dopo la caduta dell’Impero romano, nel medioevo, c’è stata una caduta delle scienze. Successivamente, la geografia ha avuto un nuovo sviluppo con i grandi viaggi delle esplorazioni a fini commerciali avvanuti alla fine del 1400. Addirittura si pensa che nel perido che va dal 1487 al 1522, furono scoperti e cartografati tre quarti della Terra. Le esplorazioni con i viaggi di “scoperta” della Terra hanno modificato radicalmente la percezione del mondo conosciuto e delle sue risorse. Con la fine delle grandi esplorazioni il nostro pianeta è diventato uno spazio noto, delimitato e identificato in ogni sua parte. La geografia si separa dalla cartografia per diventare una scienza che studia la distribuzione delle ricchezza delle risorse della popolazione e dei suoi flussi. I più grandi geografi furono Alexander von Humboldt (1768-1859), Karl Ritter (1779-1859) e Friedrich Ratzel (1844-1904). Questi attinsero a piene mani dal dibattito teorico filosofico delle teorie di Darwin sull’evoluzione della specie. Si ritrovano due filoni di pensiero: -il determinismo geografico, in cui si mette l’accento sull’importanza delle condizoni naturali per determinare le persone e l’organizzazione territoriale. È una rielaborazione di teorie conosciute fin dall’antichità, ad esempio Ippocrate scriveva che l’ambiente naturale influisce sul carattere delle persone e sul comportamento umano e quindi sulle modalità di organizzazione delle società e delle collettività. Il determinismo geografico ha permeato tutto l’Ottocentoe lo studioso più importante è Ratzler. Una possibile deriva del determinismo è rappresentata dal razzismo, quando si usano il clima e le determinanti naturali per discriminare le persone. -il possibilismo geografico, dottrina geografica e filosofica messa a punto da Vidal de la Blache. Dice che non solo soltanto le determinanti fisiche e climatiche che influenzano le persone ma sono anche le persone che con il lavoro modificano il luogo in cui vivono. Con il termine possibilismo, quindi, si indica la possibilità di modificare/trasformare. Vidal de la Blache introduce l concetto di “genere di vita”, ogni collettività ha la propria organizzazione, insieme di valori sociali ed identità. Il possibilismo ha aperto la strada alla lettura delle trasformazioni del paesaggio attuate dall’uomo. Reclus va oltre il possibilismo vidaliano perché mette l’accento sulle relazioni e interazioni tra l’ambiente naturale e l’ambiente storico (modificato dall’azione umana); tra l’ ecosistema naturale, caratterizzato dalle interazioni biologiche (relazioni verticali), e il sistema socioeconomico, caratterizzato dalle relazioni sociali e produttive (relazioni orizzontali). Infatti scrive: “l’osservazione della Terra ci spiega gli eventi della storia, sta

a noi tornare verso uno studio più approfondito del pianeta, verso una solidarietà più cosciente del nostro essere tanto piccolo e tanto grande a volte, nell’immenso universo. La Terra è quello che tutti gli uomini hanno in comune, ciò che unisce prima ancora di ciò che divide” L’APPROCCIO SISTEMICO ALL’ANALISI GEOECONOMICA Il fondatore della Teoria generale dei sistemi è stato il biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy. Fu messa a punto intorno alla metà degli anni ’30 ma acquisì importanza solo 30 anni dopo, l’obiettivo originario della TGS era lo studio dei sistemi biologici e la loro evoluzione che secondo von Bertalanffy avveniva attraverso cambiamenti e trasformazioni continue. Sosteneva che bisognasse ragionare in termini di sistemi, ovvero di elementi che interagiscono tra di loro, in pratica Bertalanffy proponeva di abbandonare il modello meccanicistico di causalità lineare (causa-effetto) che separa le singole parti di un tutto, per privilegiare un modello di causalità circolare che tenga in considerazione le interazioni tra le parti per privilegiare un modello di causalità circolare (insieme di relazioni retroazioni, dette feedback). Negli anni ’60, questa teoria fu applicata anche agli studi dei sistemi sociali ed economici e non più solo agli ecosistemi. Un sistema è un complesso di elementi in interazione tra di loro. Ogni sistema è formato da un insieme di elementi e di relazioni che si sviluppano nel tempo e nello spazio. Cioè un insieme intero e unico che consiste di parti in relazione tra loro, tale che l’intero risulti diverso dalla semplice somma delle parti e qualsiasi cambiamento in una di queste influenzi la globalità del sistema. I sistemi termodinamici possono essere di tre tipologie: • a) sistemi isolati, assenza di scambi (alta entropia); • b) sistemi chiusi, scambio di energia ma non di materia (entropia tende a crescere) – pianeta Terra; • c) sistemi aperti, scambi di energia e di materia (bassa entropia) – sistemi sociali ed economici, tutti i soggetti viventi (quelli in cui si realizza uno scambio di energia, materie prime, informazioni con l'ambiente esterno, tali scambi si configurano come essenziali alla sopravvivenza del sistema stesso). Il sistema interagisce con l’ambiente esterno mediante un meccanismo di azione-retroazione (feedback). I meccanismi di retroazione possono essere: a) non lineari (circolarità) b) a catena (sequenzialità) Uno dei primi modelli usato per studiare gli impatti e le pressioni dei sistemi territoriali (uomo) è il modello DIPSIR (D = determinanti P = pressioni S = stato I = impatti R = risposte). I feedback possono essere sia positivi (con segno +) che negativi (con segno -). I feedback positivi non sono buoni (strumento di crisi) poichè amplificano il funzionamento del sistema e aumentano l’instabilità del sistema per cui portano il sistema ad essere soggetto ad impatti e pressioni, perdendo l’equilibrio, il sistema diverge. Per i feedback negativi vale il contrario, il sistema va a convergere. Un altro concetto importante è quello di auto-organizzazione. I sistemi si auto-organizzano seguendo due principi fondamentali: 1) il principio di minima resistenza; 2) Il principio del massimo beneficio. Questo significa che un sistema, per poter durare nel tempo, crescere e svilupparsi, deve massimizzare i benefici minimizzando gli sforzi (consumo di energia).

ANALISI SISTEMICA DELL’ORGANIZZAZIONE SPAZIALE Si tratta della Teoria generale dei sistemi applicata ai sistemi economici e territoriali. Questa anlisi si compone di tre livelli(ad ogni livello aumenta il grado di complessità): -I livello, in cui si individuano gli elementi/attributi del sistema economico-teritoriale e, con questi elementi, si costruisce una matrice degli attributi spaziali di riferimento. -II livello, in cui si individuano le relazioni tra gli elementi e l’organizzazione del sistema territoriale (analisi delle strutture e delle reti dei flussi). -III livello, è il livello sistemico vero e proprio. Si individua il grado di apertura del sistema(sistemi chiusiaperti; innovazione-conservazione), che tipo di processi attraversano il sistema (orientati verso un fine) e l’autoreferenzialità (riproducibilità, autopoiesi). Questo tipo di analisi è poi stato applicato nella realtà nell’analisi dei sistemi locali, unità elementari che si collocano a metà tra il singolo comune e la regione che sono dotati di una propria identità. I sistemi loclai sono caratterizzati da: • la persistenza (nel tempo e nello spazio), sono sistemi radicati; • la capacità di adattarsi alle trasformazioni in atto; • l'identità del sistema esprime la chiusura organizzativa, cioè la capacità di selezionare fra tutte le sollecitazioni e perturbazioni provenienti dall'ambiente esterno quelle relazioni compatibili con la struttura del SL. Nei sistemi locali territoriali si parla anche di milliet territoriali, ovvero l’identità che ogni sistema territoriale locale possiede e la cui specificità è data dal capitale naturale, ovvero dalle condizioni di partenza (risorse, morfologia del territorio), dll’eredità del passato (evoluzione/sviluppo). VOCABOLARIO DEI PRINCIPALI TERMINI SISTEMICI Autopoiesi = Dal greco "auto" (se stesso) e "poiesis" (creazione, produzione). Il concetto è così definito: "Un sistema autopoietico è organizzato come una rete di processi di produzione (trasformazione e distruzione) dei componenti che attraverso le loro interazioni e trasformazioni rigenerano continuamente la rete dei processi (relazioni). La caratteristica chiave di ogni sistema vivente è il mantenimento della sua organizzazione. Resilienza = in senso dinamico il riferimento è alla stabilità degli ecosistemi, cioè la capacità di rispondere alle pressioni esterne mantenendo inalterato l’equilibrio. In senso statico, invece resilienza significa più resistenza allo stress; in questo caso l’ecosistema conserva intatte le strutture e le funzioni sottoposte a pressioni esterne. Allometria = è una misura della crescita di una parte del sistema rispetto al sistema nella sua interezza (squilibrio). Olismo = elemento/oggetto considerato come una parte inserita in una realtà più di riferimento più ampia. Omeostasi = tendenza a mantenere stabile il sistema pur in presenza di perturbazioni; cambiamento nella stabilità. Lezione 6 I METODI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA I metodi di studio della geografia economica possono essere suddivisi in: -metodo deduttivo, in cui si parte dalla formulazione di alcune ipotesi di base che, tramite l’uso di dati e misurazioni, vengono verificate o confutate per giungere alla formulazione di leggi e di teorie sui vari fenomeni. -metodo induttivo, in cui si parte dall’osservazione e dalla descrizione di ciò che si vuole analizzare e si arriva a definire e formulare leggi e teorie.

Affinchè un’analisi/ricerca abbia successo è necessario scegliere la scala di analisi geoeconomica più adatta, ovvero quella che corrisponde all’ambito geografico riferito all’oggetto di studio, che può essere: -a scala locale (micro), cioè lo studio dei singoli territori (per esempio, i sistemi locali, le città, i sistemi di impresa); -a scala regionale (meso), una dimensione intermedia utile per analizzare ampie agglomerazioni (per esempio, le grandi metropoli, le grandi aree industriali, grandi aree turistiche); -a scala nazionale (macro), cioè lo studio dei singoli stati, dell’unione di più stati oppure dei continenti; -a scala globale, ovvero il mondo intero (per esempio, il commercio internazionale, i flussi migratori mondiali). I concetti di base della geografia ecnomica sono distanza, accesibilità e densità. La distanza è il fattore che regola la distribuzione della popolazione e delle attività umane nello spazio, fondamentale nelle scelte localizzative delle imprese, delle famiglie e dei decisori pubblici. La distanza può essere immaginata anche come un attrito esercitato dallo spazio fisico per gli spostamenti e per i trasporti e pertanto viene considerata come un costo economico legato alla circolazione e alla mobilità delle merci, delle persone, delle idee. Attrito che può essere misurato semplicemente tramite la distanza fisica tra un luogo e l’altro (distanza assoluta) oppure in maniera più aderente alla realtà tramite la distanza relativa misurata in base al costo e al tempo di percorrenza. Le scelte localizzative seguono il criterio di minimizzare gli effetti della distanza per ridurne i costi, questo perché uno degli effetti della distanza è ancora oggi quello di attenuare le relazioni, le reti e l’intensità delle attività umane. In sintesi le principali interazioni della distanza relativa sono: -distanza-accessibilità, misura la facilità o difficoltà a raggiungere un luogo; -distanza-costo, misura i costi di trasporto in relazione al tempo di percorrenza e alla frequenza dei collegamenti; -distanza-densità, la regola è che quando aumenta la distanza chilometrica dal centro urbano la densità della popolazione diminuisce; -distanza-valore del suolo, la regola è che all’aumentare della distanza dal centro il valore del suolo diminuisce (rendita di posizione); -distanza-sociale ed economica, tra luoghi centrali e luoghi periferici (ad esempio, i differenziali di reddito occupazione, istruzione, ecc.). L’accessibilità misura il tempo necessario per giungere in un luogo (facilità/difficoltà). La regola generale è che l’accessibilità tenda ad essere massima nel centro e diminuisca rapidamente all’aumentare della distanza dal centro, infatti le città globali e le grandi città sono i luoghi dove l’accessibilità è massima perché le modalità di trasporto sono molteplici e più intense (strade, autostrade, aeroporti) a differenza delle aree periferiche e marginali dove l’accessibilità è minore. Si tratta di un elemento importante per la mobilità delle persone, delle merci e delle informazioni e dipende dalla qualità e dalla quantità delle reti di trasporto, dalle politiche infrastrutturali e in ultima analisi dal livello complessivo di sviluppo locale, regionale e nazionale. Dal punto di vista geografico i componenti principali dell’accessibilità sono: la distanza, la gravitazione e l’interazione tra due o più luoghi. Conseguenza dell’accessibilità è l’ aggloberazione, infatti le attività umane tendono a concentrarsi sul territorio per usufruire delle economie di agglomerazione o economie esterne.

Alfred Marshall ha introdotto la categoria di analisi delle economie esterne di agglomerazione proprio per descrivere i vantaggi che le imprese ricevono da localizzarsi vicine le une alle altre in uno spazio limitato e contiguo. Le economie di agglomerazione sono considerate come economie di scala esterne, in cui i vantaggi economici che ne derivano si traducono in risparmi per le imprese e per le collettività. Inoltre, l’agglomerazione facilita e avvantaggia la diffusione delle innovazioni, delle idee, della conoscenza e degli scambi in generale. In breve, a seconda delle scelte localizzative che le imprese o gli abitanti compiono si possono ottenere maggiori o minori vantaggi (o economie esterne) e questo è stato descritto da Marshall come un meccanismo cumulativo che si autoalimenta. Le economie di agglomerazione a loro volta si distinguono in due tipologie: 1. economie di localizzazione, la vicinanza geografica tra le singole imprese facilita la divisione per fasi del processo produttivo, riduce i costi relativi ai servizi alle imprese (logistica e trasporti, servizi finanziari e commerciali); 2. economie di urbanizzazione, il centro urbano offre alle imprese un ampio e differenziato mercato del lavoro, un ampio mercato di sbocco, presenza di servizi di rango superiore, ottima accessibilità (reti di trasporto), rapida diffusione delle innovazioni. A volte, l’eccessiva agglomerazione può originare delle diseconomie esterne (o esternalità negative) che possono generare svantaggi in termini di minori risparmi (oppure costi più elevati) per le imprese e per gli abitanti (ad esempio, congestione traffico, inquinamento, prezzi elevati del suolo e delle abitazioni, peggioramento della qualità dei servizi pubblici per l’eccessivo sovraccarico). All’aumentare del numero di abitanti anche i vantaggi dell’agglomerazione aumentano ma quando si supera una certa soglia i vantaggi mano a mano si riducono fino a diventare delle vere e proprie diseconomie di agglomerazione. Quindi queste curve hanno un andamento prima crescente e poi decrescente in relazione all’aumento del numero di abitanti di un centro urbano (modello di Walter Isard). Una semplice misura dell’agglomerazione è data dalla densità, ovvero la quantità di persone, attività, servizi, imprese, biodiversità, ecc. presenti in un luogo. Si misura mettendo al numeratore la variabile scelta, che può essere il numero di abitanti, di imprese, di occupati, disoccupati, ecc. e al denominatore la superficie territoriale di riferimento (chilometri, metri) dalla scala locale fino al mondo. Anche nel caso della densità vige la regola che all’aumentare della distanza dal centro la densità diminuisce. Partendo dall’agglomerazione e dalla densità si può studiare come avviene la diffusione spaziale dei vari elementi. La diffusione spaziale può avvenire per: 1. espansione da un’area di origine (luogo di innovazione) verso altre aree per successive ondate di propagazione, e in questo caso è facilitata dalla vicinanza-contiguità e dalla presenza di reti di trasporto Richiede il contatto tra persone (o imprese) tramite l’interazione e la comunicazione (fisica e/o digitale). La diffusione per espansione può avvenire secondo due modalità spaziali e temporali, che possono avvenire anche in contemporanea: a. per contagio diretto (esempio della diffusione delle malattie) e in questa modalità la vicinanza e la contiguità sono cruciali poiché la diffusione si estende in maniera centrifuga dall’area di origine verso l’esterno; b. per via gerarchica si espande perseguendo le direttrici legate al livello o rango gerarchico (dall’alto verso il basso, come ad esempio la diffusione delle grandi innovazioni dalle grandi metropoli verso le città minori).

2. rilocalizzazione, uno spostamento dal luogo iniziale di origine verso nuove aree (esempio il decentramento industriale, le migrazioni della popolazione). IL modello di Hegerstrand descrive il processo di diffusione delle innovazioni tramite la metafora delle “ondate” di diffusione delle innovazioni, la diffusione viene suddivisa in tre fasi: 1) introduzione delle innovazioni e avvio del processo di diffusione (poche persone ne sono a conoscenza); 2) fase di espansione e del consolidamento e contemporaneamente avvio dei processi centrifughi della diffusione; 3) fase di saturazione, il livello di adozione delle innovazioni si è completato (molte persone ne sono a conoscenza). L’intensità, la durata e la forza di espansione di queste ondate dipende da molteplici elementi: l’accessibilità, le modalità di organizzazione del territorio, la presenza di confini e barriere di tipo economico, politico e culturale. Lezione 7 LE RETI DI TRASPORTO E COMUNICAZIONE I trasporti e le telecomunicazioni sono strategici per ogni sistema economico e rappresentano un aspetto fondamentale per l’organizzazione del territorio. Le reti di trasporto producono territorializzazione, intensificano le relazioni territoriali, formano le maglie connettive del territorio. I trasporti hanno una localizzazione a rete sulla quale si inseriscono nodi. Nelle reti di trasporti sono importanti gli elementi, le funzioni, la tipologia e i modelli (o struttura): -gli elementi sono: nodi, linee e aree coperte dalle reti di trasporto; -le funzioni sono quelle di comunicare (dimensione sociale), scambiare (dimensione economica) e distribuire (aspetto geografico); • trasportano energia, merci, risorse, persone e informazioni. • “catturano” risorse, facilitano gli scambi e la circolazione. • sono vie di comunicazioni (maglie connettive): importanza storia dei porti e dei fiumi navigabili e delle città che sono i principali nodi delle reti. • assicurano la circolazione lungo specifici vettori (strade, ferrovie, cavi, fili, tubi, fibre ottiche) che collegano tra loro i nodi. -la tipologia può essere fisica (tecnologiche, concreto - gasdotti) o immateriale (milieu - relazioni); -la struttura può essere a reti gerarchiche (dal nodo principale ai nodi intermedi e secondari), che a sua volta si divide in polarizzata (centralizzata ?) e decentralizzata (limiti dimensionali), o a reti non gerarchiche (dette anche distribuite interconnesse), utilizzata per internet e senza limiti dimensionali. La politica europea per le reti transeuropee (TENs) per i trasporti, l’energia e le telecomunicazioni nasce nel 1993 e consentono il funzionamento del mercato interno, collegando le regioni europee tra loro e connettendo l’Europa con il resto del mondo....


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