Geografia economica dini, romei, randelli PDF

Title Geografia economica dini, romei, randelli
Author veronica inchingola
Course Geografia economica
Institution Sapienza - Università di Roma
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Geografia economicaDINI, ROMEI, RANDELLISommario Capitolo 1. Come siamo arrivati a oggi?......................................................................... Il rapporto tra le collettività umane e il loro ambiente................................................ Strategie di sfruttamento delle r...


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Geografia economica DINI, ROMEI, RANDELLI

Sommario Capitolo 1. Come siamo arrivati a oggi?.........................................................................1 Il rapporto tra le collettività umane e il loro ambiente................................................1 Strategie di sfruttamento delle risorse e transizione dell’agricoltura..........................1 I principi di organizzazione politica e di organizzazione economica............................2 Lo sviluppo del mercato.............................................................................................. 3 La trappola maltusiana................................................................................................3 Specializzazioni regionali e crisi ecologiche................................................................3 La prima globalizzazione............................................................................................. 4 L’industria come nuova strategia................................................................................5 Le basi dell’era industriale..........................................................................................7 Capitolo 2. Metodologie e strumenti della geografia economica....................................9 Le radici della geografia..............................................................................................9 L’approccio sistematico all’analisi geoeconomica.....................................................10 La geografia economica............................................................................................ 11 Gli strumenti per l’analisi geo-economica.................................................................12 Le reti di trasporto e di comunicazione.....................................................................17 Cartografia e GIS: strumenti di conoscenza e comunicazione...................................19 Capitolo 3. L’analisi geografica del processo economico: teorie e modelli...................21 Le teorie classiche dell’organizzazione spaziale........................................................21 Le teorie puntuali dello squilibrio..............................................................................23 Le teorie strutturali dello squilibrio............................................................................25 Le teorie post-fordiste............................................................................................... 27 Capitolo 4. La geoeconomia delle risorse.....................................................................30 Le risorse: concetti, definizioni e tipologie................................................................30 Produzione e consumo di energia..............................................................................31 Le risorse minerarie...................................................................................................33 Le risorse idriche....................................................................................................... 34

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Le risorse demografiche............................................................................................34 Le grandi transizioni demografiche...........................................................................35 I flussi migratori........................................................................................................ 36 Capitolo 5. Politiche e metodi di sostenibilità...............................................................37 Ambiente, ecosistemi e pressioni..............................................................................37 Dal 1992 fino ad oggi................................................................................................ 38 Le grandi convenzioni ambientali..............................................................................39 Gli indicatori di sviluppo sostenibile..........................................................................40 Capitolo 6. I mercati: come cambiano..........................................................................41 La spazialità dei mercati............................................................................................41 I mercati e le dimensioni geografiche ottime............................................................42 Il mercato mondiale e le caratteristiche dei mercati settoriali..................................43 Capitolo 7. Le imprese: come cambiano.......................................................................49 Le tradizionali chiavi di lettura..................................................................................50 Le nuove frontiere della ricerca geografica...............................................................52 Alcuni modelli geografici nell’era post-fordista.........................................................54 Il rapporto ecologico dell’impresa con il suo intorno.................................................55 David contro Golia..................................................................................................... 56 Nuove strategie di sviluppo delle imprese: la RSI......................................................57 Capitolo 8. Le sfide del XXI secolo................................................................................58

Capitolo 1. Come siamo arrivati a oggi? Il rapporto tra le collettività umane e il loro ambiente Fra la geografia e ogni tipo di attività umana, in particolare il comportamento economico, esiste una relazione necessaria. Essa dipende dal fatto che ogni cosa avviene in un luogo e che ogni individuo, per compiere un’azione, deve appropriarsi delle risorse collocate nel proprio ecosistema. Questa, più che essere individuale, è una necessità collettiva. Una collettività ha lo scopo di assicurare la sopravvivenza dei suoi membri e , a tal proposito, sviluppa una serie di forme di attività che ne 2

definiscono il profilo sociale, economico e politico che vengono realizzate nel quadro delle possibilità e dei vincoli forniti dall’ambiente. Per questi vincoli e possibilità, è possibile trovare risposta alle domande sulle ragioni della diversa specializzazione delle economie regionali o sulla loro diversa capacità di produrre ricchezza. Osservare il processo economico dal pov. Di questa relazione e comprenderne gli effetti è compito della Geografia economica, anche se non è facile separare, in quel profilo, la componente economica da quella sociale, da quella politica. Una tale separazione viene operata con nettezza dall’Economia politica, che spiega i fatti economici con il ricorso a variabili economiche, le cui relazioni reciproche vengono iscritte entro teorie a-temporali e a-spaziali. Gli assunti che ne conseguono, però, sono irrealistici in quanto isolano il fenomeno da tutto ciò che lo circonda e che lo mantiene in vita. La geografia economica non può accettare questo pov perché la sua ragione sociale sta nell’indagine delle interazioni fra i comportamenti economici e l’ambiente nel quale questi vengono espressi. Spazio, tempo ed ecosistemi, quindi, sono le parole chiave per descrivere le condizioni che hanno reso possibile l’economia. Un’ulteriore parola sarebbe clima: è stato questo a conferire opportunità alla nostra specie. A partire da circa 12.000 anni fa il disgelo modifica gli ecosistemi, dando loro una fisionomia simile a quella che conosciamo oggi e crea le condizioni necessarie per passare alla stanzialità e alla produzione alimentare.

Strategie di sfruttamento delle risorse e transizione dell’agricoltura La nascita dell’agricoltura può essere considerata la più rilevante delle discontinuità nel percorso verso l’organizzazione economica e sociale: viene infatti definita come una nuova strategia di sfruttamento delle risorse. Ogni collettività deve scegliere il modo con cui applicare il lavoro alle risorse per produrre le condizioni della propria sopravvivenza. Fino all’ultima glaciazione, tale strategia, detta di caccia e raccolta, è consistita nel lavoro di ricerca e prelievo di risorse commestibili dall’ecosistema. Da essa sono derivate una certa economia politica, data dall’organizzazione del lavoro, e una certa geografia economica, data dall’adattamento agli ecosistemi delle pratiche di lavoro. Nonostante il miglioramento delle tecniche adottate, la ricerca di cibo era una strategia conservativa: non modificava le condizioni ambientali esistenti. La nuova

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strategia agricola, basata sull’applicazione del lavoro alla produzione alimentare pianificata, getterà le basi per lo sviluppo dei processi economici, sociali, politici. Per molto tempo, la vecchia strategia di caccia e raccolta e quella nuova della produzione agricola conviveranno nelle stesse comunità. Questa condizione prosegue fino a circa 6000 anni fa, quando giunge la prima documentazione di una collettività basata su una forma altamente organizzata di agricoltura irrigua.

I

principi

di

organizzazione

politica

e

di

organizzazione economica Secondo le definizioni dell’antropologia funzionalista, le collettività umane hanno attraversati quattro differenti stadi di organizzazione politica 1. La banda→ organizzazione caratterizzata dal regime di caccia e raccolta, è formata da poche decine di individui legati da vincoli di consanguineità ed è orizzontale e priva di gerarchie. La banda è fondata sul principio di organizzazione

economica

della

reciprocità,

in

ragione

del

quale

ogni

componente del gruppo condivide con gli atri il frutto del suo lavoro, aspettandosi che gli altri facciano lo stesso. 2. La tribù→ è più numerosa della banda ed è formata da più famiglie. Presenta elementi di coordinazione ma non prevede alcuna gerarchia. Ad essa si può associare la fase della compresenza del regime agricolo con quello di caccia e raccolta. 3. Il chiefdom→ forma agricola o pastorale nella quale la struttura politica assume caratteri verticali. Non esiste un sistema codificato di regole, perciò il sistema tributario viene ottenuto con la coercizione e il potere è esercitato da chi lo detiene su più comunità. Il chiefdom si fonda sul principio di redistribuzione, secondo il quale le risorse di una comunità vengono ammassate e poi redistribuite. 4. Lo stato→ il passaggio da chiefdom a Stato avviene nel momento in cui il prelievo tributario non si baserà più sulla coercizione ma su un insieme istituzionalizzato di regole formali. Lo stato, può associarsi allo sviluppo dell’agricoltura irrigua.

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Lo sviluppo del mercato Quando la tecnica irrigua si perfezionerà, i villaggi diventeranno città e le relazioni di potere diventeranno stati primitivi. Esempio: Uruk  Prima città, luogo di una popolazione urbana e statalizzata  Qui si affinano per la prima volta le procedure amministrative di statalizzazione che comprendono la scrittura  Nasce il commercio pubblico, inteso come scambio tra beni in eccedenza e beni scarsi Man mano che i traffici si sviluppano, si sviluppa con essi il mercato. Questo proviene dall’esigenza di rendere più efficienti quelle procedure di scambio che l’aumento della popolazione e il surplus rendono sempre più necessarie. Il mercato corrisponde all’insieme di transazioni effettuate fra chi compra e chi vende.

La trappola maltusiana L’antropizzazione del mondo cresce in concomitanza alla diffusione geografica della pratica agricola. La geografia nel mondo, però, è plurale: la diversità dei climi e degli ecosistemi, la differente disponibilità di specie botaniche da applicare al lavoro agricolo fanno sì che colture, tecniche produttive e paesaggi possano essere tra loro molto differenti, così come saranno differenti pure le produzioni. Tutto ciò, rende diseguali i paesi. La responsabilità è della trappola di maltusiana: chi gode di un maggior surplus grazie a un vantaggio ecologico o tecnico e quindi dovrebbe godere di maggior produttività; muore dopo e quindi la quantità di alimenti pro-capite scende fino a collocarsi al livello di quella delle aree meno produttive e popolose.

Specializzazioni regionali e crisi ecologiche Produzione e commercio applicati agli ecosistemi sono i generatori primogeni della geografia economica. Con la combinazione dei loro effetti, prendono forma le specializzazioni regionali: forme di autonomia locali che si organizzano per produrre in grande quantità una o poche cose utilizzando una risorsa che hanno in abbondanza nel proprio ecosistema. Il principio di specializzazione è uno dei cardini della configurazione del processo economico e Adam Smith ne spiega i motivi: facendo sempre la stessa cosa, si impara a farla bene; sapendola fare bene, la si fa meglio di chi la fa saltuariamente; se la si fa 5

bene e con successo; chi ci sta attorno probabilmente ci imiterà; se in un certo luogo cresce il numero di coloro che la sanno fare sempre meglio, è probabile che i concorrenti si scoraggino e lascino libero il mercato. Ricardo, con la teoria del vantaggio comparato, concettualizza i benefici derivanti dalla specializzazione e darà una veste formale al principio di Smith. Se esistono le condizioni ecologiche favorevoli alla specializzazione, questa può generare benefici cumulativi legati alla concentrazione geografica, che producono l’accumulazione locale di ricchezza e che quindi produrranno surplus. Questa, dall’altra parte, tende a entrare in contraddizione con l’ambiente che ,la ospita, poiché dà luogo a una forma intensiva di utilizzo di specifiche risorse, le quali sono prima o poi destinate a scarseggiare fino a esaurirsi, dando vita a una crisi ecologica, che può essere anche causata da cambiamenti climatici. Per attenuare il rischio di crisi ecologica, l’uomo ha utilizzato la tecnologia, che possiamo definire come il complesso di soluzioni ideate nel tempo per risolvere le difficoltà o i problemi in una situazione data o per cogliere le opportunità generate al mutare di quella situazione.

La prima globalizzazione Il miglioramento progressivo delle condizioni climatiche, oltre a favorire il commercio nel mediterraneo, nell’oceano Indiano e nelle acque cinesi; rende possibile la navigazione nell’Atlantico settentrionale. Di conseguenza, inizia a formarsi un autentico sistema mercantile che connette tutte le regioni del Mondo conosciuto, ovvero la piattaforma afro-euro-asiatica formata da otto aree di mercato distinte ma collegate. Tutti e otto i circuiti erano grandi mercati nei quali la produzione e traffici erano gestiti da trading company. In questo quadro, l’Europa occidentale aveva una collocazione marginale in quanto arretrata per tecnologia e partecipante ai traffici come importatrice. Ma l’Europa occidentale riesce, nel corso del 1500, a crescere fino a dominare integralmente il Mondo, come dimostrano la scoperta dell’America e la circumnavigazione dell’Africa con accesso marittimo ai mercati asiatici. D’altra parte, la colonizzazione dell’America comporterà la decimazione delle popolazioni indigene e l’appropriazione del territorio, costituendo il più grande stravolgimento ecologico operato dai colonialismi. In questo periodo, inoltre, il baricentro dell’economia europea abbandonerà il Mediterraneo per spostarsi nell’Atlantico e nel Pacifico.

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Durante la prima metà del secondo millennio ha luogo la Prima globalizzazione: la costruzione di un mercato geografico che riesce a legare in un sistema diretto di transizioni tutte le principali aree del mondo conosciuto, e nel quale alcune imprese, per la prima volta, riescono simultaneamente a operare in ciascuna di esse. Per la prima volta l’accumulazione attraverso il commercio supera quella legata al possesso della terra e all’imposizione di tributi. Di conseguenza, la geografia del potere e quella della ricchezza smettono di coincidere: dal XIV secolo i re europei dovranno ricorrere regolarmente ai prestiti dei mercanti banchieri, costantemente più ricchi di loro, e nell’arco di pochi secoli, il ceto mercantile li sostituirà integralmente al potere. Nonostante ciò, il miglioramento del tenore di vita è stato lento e limitato a causa della trappola maltusiana, che trasferisce gli aumenti della produttività e del surplus più sulla numerosità degli uomini che sulla loro qualità di vita. Lo sviluppo delle tecniche produttive e il conseguente incremento demografico hanno portato all’utilizzo del capitale naturale a un livello che per la strategia agricola di sfruttamento delle risorse è sempre meno sostenibile. In questo scenario, vi è un sistema, quello inter-statale europeo, che ha preso una traiettoria economico-politica all’interno della quale vanno creandosi condizioni di vantaggio competitivo soggetto a minori condizioni ecologiche di criticità e a maggior contenuto di opportunità rispetto a quelli asiatici.

L’industria come nuova strategia La Rivoluzione industriale è il punto di arrivo dell’economia di mercato capitalistico e allo stesso tempo una discontinuità in quanto ha cambiato la strategia di sfruttamento delle risorse: si passa da un regime biologico della produzione alimentare a una produzione industriale di beni manufatti. La produzione industriale diviene presto l’attività umana in grado di generare la massima ricchezza. Questo accade grazie a un salto di tecnologia in grado di moltiplicare l’energia disponibile e la produttività di lavoro e capitale. Ciò si rivelerà tanto profittevole che l’industria inizierà nell’arco di una generazione la sua espansione geografica, che andrà realizzandosi tra ‘800 e ‘900. Trattandosi di una strategia di sfruttamento, il mutamento da essa portato, si generalizza in sei aspetti, che se analizzati mostrano un carattere strutturale, ossia la tendenza a creare un disequilibrio: 1. Aumento demografico 7

Se la popolazione nel 1700 si aggira attorno ai 600 milioni; nel 1760, anno di inizio della rivoluzione industriale, diventano 750 milioni. Nell’era industriale, dal XIX secolo in poi, la popolazione del pianeta esplode: 1,50 miliardi nel 1880; 3 miliardi nel 1960; oggi quasi 8 miliardi. Le cause dell’aumento demografico vanno ricercate nei mercati industriali e nell’innovazione tecnologica. 2. Grande divergenza fra le condizioni materiali di vita della popolazione del mondo Con l’industria si esce per la prima volta dalla trappola maltusiana e si possono realizzare le condizioni per una crescita economica durevole. Ma dalla trappola escono solo i paesi industrializzati: se il reddito pro-capite britannico tra il 1820 e il 2003 è cresciuto di 12 volte e mezzo, quello indiano di solo 4 volte. 3. Integrazione geografica resa possibile dalle tecnologie che si realizza a scala globale Con l’avvento delle tecnologie industriali del vapore e del macchinismo, i mercati acquisteranno un grado di interdipendenza mai avvenuto, dando vita a una seconda globalizzazione. 4. nascita del mercato interno il mercato interno non esisteva nella società mercantile, né durante la prima fase della rivoluzione industriale; dove i mercati sono locali. Nella seconda metà dell’Ottocento l’effetto del telegrafo elettrico e della ferrovia, insieme alla maggiore produttività delle imprese, salderanno in pochi decenni i vari mercati regionali in un unico mercato, quello interno. Qui le imprese, acquisendo dimensioni nazionali, andranno organizzando una forma di mercato di tipo oligopolistico in tutte le produzioni settoriali. 5. Inversione del rapporto tra rurale e urbano Nella strategia precedente, basata sull’agricoltura, la maggioranza degli individui vive in campagne e le città detengono con essa un rapporto di complementarità, poiché dipendenti dal proprio intorno agricolo. L’industria modifica la base economica urbana, rendendola industriale e saturando le città di impianti produttivi che offrono lavoro e di reti di trasporti. Termina perciò la dipendenza della città dal suo intorno agricolo, e la popolazione di quest’ultimo deve abbandonare le sue origini ed entrare nel mercato urbano del lavoro. 6. Stravolgimento del modello geografico della produzione L’urbanizzazione e il nuovo modello insediativo basato sulla c...


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