Geografia economica 2020 PDF

Title Geografia economica 2020
Course Geografia Economica
Institution Università degli Studi di Firenze
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METODI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICAVOCABOLARIO DEI PRINCIPALI TERMINI SISTEMICIAutopoiesi = Dal greco "auto" (sé stesso) e "poiesis" (creazione, produzione). Il concetto è così definito: "Un sistema autopoietico è organizzato come una rete di processi di pro...


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METODI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA VOCABOLARIO DEI PRINCIPALI TERMINI SISTEMICI Autopoiesi = Dal greco "auto" (sé stesso) e "poiesis" (creazione, produzione). Il concetto è così definito: "Un sistema autopoietico è organizzato come una rete di processi di produzione (trasformazione e distruzione) dei componenti che attraverso le loro interazioni e trasformazioni rigenerano continuamente la rete dei processi (relazioni). La caratteristica chiave di ogni sistema vivente è il mantenimento della sua organizzazione. Resilienza = in senso dinamico il riferimento è alla stabilità degli ecosistemi, cioè la capacità di rispondere alle pressioni esterne mantenendo inalterato l’equilibrio. In senso statico, invece resilienza significa più resistenza allo stress; in questo caso l’ecosistema conserva intatte le strutture e le funzioni sottoposte a pressioni esterne. Allometria = è una misura della crescita di una parte del sistema rispetto al sistema nella sua interezza. Olismo = elemento/oggetto considerato come una parte inserita in una realtà più di riferimento più ampia. Omeostasi = tendenza a mantenere stabile il sistema pur in presenza di perturbazioni; cambiamento nella stabilità TGS: Imparare dell’ecosistema L’economia classica e neoclassica si basano sulla concezione meccanico – atomistica: il mercato tende sempre all’equilibrio e ogni cambiamento è interpretato come discontinuità, come momento di passaggio da un equilibrio ad un altro. Invece l’applicazione della TGS alle scienze sociali per isomorfismo scientifico permette di studiare i cambiamenti, di compiere un’analisi dinamica (e non più statica) dei sistemi territoriali sociali ed economici che continuamente adattano e trasformano l’ecosistema generando feedback tra ambiente e territorio a scala locale – regionale – nazionale – globale. Gregory Bateson scrive: conservare senza evoluzione è morte. Evoluzione senza conservazione è follia. ENTROPIA CLAUSIUS E L’ENTROPIA Nel 1865 il fisico Clausius conia il termine “entropia” per indicare il processo di trasformazione e di scambio di energia, il secondo principio della termodinamica (sostanzialmente la legge dell’entropia) afferma che: l’energia totale dell’universo è costante e l’entropia totale è in continuo aumento”. ΔS = ΔQ/T dove: •

ΔS = variazione dell’entropia,



ΔQ = variazione del calore trasmesso



T= temperatura assoluta

Significa che materia ed energia possono modificarsi solo in una direzione, da forme utilizzabili a forme non più utilizzabili, ovvero da disponibili a non disponibili o, ancora, da forme ordinate a disordinate. Ad esempio, il II principio ci insegna che, ad ogni evento, le riserve mondiali di energia vengono degradate e pertanto, più energia consumiamo, meno ne resta per le future generazioni. L’entropia è, quindi, anche una misura del grado in cui l’energia disponibile si è trasformata in forma non più disponibile. Questa legge dell’entropia, costituisce secondo Albert Einstein “la legge prima di tutta la scienza”. Inoltre, se nei processi reversibili l’entropia è nulla in quelli irreversibili l’entropia aumenta perché si riduce l’energia disponibile come nei processi di combustione dove si libera energia sotto forma di calore (e di emissioni di CO2 e altri gas), ma dopo non possiamo più ritornare allo stato precedente e quindi abbiamo avuto una perdita netta di energia. L’entropia viene interpretata anche come una misura del “disordine” o caos di un sistema fisico e/o della Terra. Cercava un nuovo principio di conservazione; trovò invece il principio dell'aumento dell'entropia. Formulò la nuova radicale teoria del calore affermando il principio di conservazione dell'energia. Il I principio della termodinamica, esprime il concetto della conservazione dell’energia stabilendo che la somma di materia ed energia nell’universo è costante. Clausius individuò in queste due classi di cambiamento:  

Cambiamento di temperatura (energia termica che passa dal caldo al freddo); Cambiamento di energia (energia meccanica che si trasforma in energia termica).

Suppose che questi due tipi di cambiamento dovessero avere la stessa natura, essere cioè due aspetti diversi di uno stesso fenomeno: variazioni di entropia. IL PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA: TENDENZA VERSO LA MASSIMA ENTROPIA Questa tendenza chiamata da Clausius "morte termica" porta a cancellare le differenze di temperatura e quindi alla morte dei sistemi biologici •

Es. scambiando energia sotto forma di calore, le differenze di temperatura vengono meno; oppure quando un sistema rimane isolato e, consumando le proprie risorse, aumenta l’entropia interna fino alla propria auto-distruzione. Ne consegue che la distruzione delle diversità (biologiche nel caso dei sistemi viventi) ci si avvia sulla strada della "morte termica”; I sistemi viventi cercano di evitare la "morte termica" autoorganizzandosi grazie ai flussi di energia e di materia che ricevono dall'esterno e da sistemi in condizioni di temperature e di energie diverse dalle loro.

Il II principio delle Termodinamica (sostanzialmente la legge dell’entropia) per il quale materia ed energia possono modificarsi solo in una direzione, da forme utilizzabili a forme non più utilizzabili, ovvero da disponibili a non disponibili o, ancora, da forme ordinate a disordinate. Questo significa, in sostanza, che ogni volta che una certa quantità di energia viene convertita da uno stato ad un altro, si ha una penalizzazione consistente nella perdita di parte dell’energia stessa, ossia ve ne sarà una parte non più utilizzabile. L’entropia è, quindi, anche una misura del grado in cui l’energia disponibile si è trasformata in forma non più disponibile. Questa legge dell’entropia costituisce – come ebbe a dire Albert Einstein - “la legge prima di tutta la scienza”. Il II principio ci insegna che, ad ogni evento, le riserve mondiali di energia vengono degradate e pertanto, più energia ciascuno di noi consuma, meno ne resta per le future generazioni. Di conseguenza, l’imperativo morale ultimo è semplicemente consumare meno energia. NICHOLAS GEORGESCU – ROEGEN  Negli anni ’70 del Novecento l’economista Nicholas Georgescu-Roegen, applicando i principi della termodinamica all‘economia, e in particolare ai processi produttivi, ha elaborato una nuova teoria secondo la quale ogni processo produttivo non diminuisce (e quindi incrementa irreversibilmente o lascia uguale) l'entropia del sistema Terra “tanta più energia si trasforma in uno stato indisponibile, tanta più sarà sottratta alle generazioni future e tanto più disordine proporzionale sarà riversato sull‘ecosistema”.  È il padre della BIOECONOMIA J. RIFKIN  Economista e filosofo Jeremy Rifkin è presidente della Foundation on Economic Trends a Washington (USA), e della Greenhouse Crisis Foundation.  Ha studiato “economics and internal affairs”, le sue ricerche si concentrano sull'influenza che l'evoluzione tecnologica e scientifica ha sull'economia, sul lavoro, sull'ambiente e sulla società.  Negli anni Ottanta, Jeremy Rifkin ha pubblicato Entropy, un best-seller internazionale in cui per la prima volta si fondevano la teoria economica e quella ambientale. METODI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA (PT.2) I SETTORI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA  I geografi economisti si sono occupati di tutte quelle attività produttive che trasformano lo spazio economico e i territori: agricoltura, industria, risorse, reti di trasporto e di comunicazione, urbanizzazione.  La geografia economica diventa la scienza che ha per oggetto i fenomeni economici differenziati e distribuiti sulla superficie terreste riferiti alle varie scale: da quella globale alla locale e viceversa.  Gli obiettivi sono: studiare la dimensione spaziale dei processi economici, individuare le interazioni con gli eco-sistemi e la società, analizzare e interpretate alle diverse scale geografiche, formulare teorie e modelli di analisi.



La geografia economica studia la dimensione spaziale dei fenomeni economici (imprese, mercati, città, reti e flussi, risorse e consumo), la loro evoluzione nel tempo e le relazioni con l’ambiente naturale.  I principali argomenti riguardano: i processi di localizzazione e la distribuzione spaziale delle attività produttive; le risorse e le loro modalità di consumo e di scambio; le reti trasporto e di comunicazione; le diverse modalità di organizzazione territoriale e di sviluppo; le pressioni e gli impatti sull’ecosistema. LA METODOLOGIA D’ANALISI

LA SCELTA DELLA SCALA PIÙ ADATTA

   

Il secondo passo riguarda la scelta della scala più adatta per l’analisi geoeconomica che corrisponde alla scelta dell’ambito geografico riferito all’oggetto di studio e questo può essere: a scala locale (micro), cioè lo studio dei singoli territori (per esempio, i sistemi locali, le città, i sistemi di impresa); a scala regionale (meso), una dimensione intermedia utile per analizzare ampie agglomerazioni (per esempio, le grandi metropoli, le grandi aree industriali, grandi aree turistiche); a scala nazionale (macro), cioè lo studio dei singoli stati, dell’unione di più stati oppure dei continenti; a scala globale, ovvero il mondo intero (per esempio, il commercio internazionale, i flussi migratori mondiali). DISTANZA, ACCESSIBILITÀ E DENSITÀ Nell’analisi geoeconomica la distanza gioca un ruolo fondamentale (distanza dal mercato, dalle reti di trasporto, dai servizi, dal luogo di lavoro) sia per le scelte dei consumatori, quando devono decidere dove comprare beni e servizi, sia per quelle degli imprenditori, quando devono decidere dove ubicare la loro impresa; ma anche per i decisori pubblici diventa fondamentale la scelta su

dove ubicare i servizi alla popolazione quali ad esempio, scuole, ospedali, reti di trasporto e di distribuzione. La distanza è il fattore che regola la distribuzione della popolazione e delle attività umane nello spazio, fondamentale nelle scelte localizzative delle imprese e delle famiglie. La distanza può essere immaginata anche come un attrito esercitato dallo spazio fisico per gli spostamenti e per i trasporti e pertanto viene considerata come un costo economico legato alla circolazione e alla mobilità delle merci, delle persone, delle idee. Attrito che può essere misurato semplicemente tramite la distanza fisica tra un luogo e l’altro (distanza assoluta) oppure in maniera più aderente alla realtà tramite la distanza relativa misurata in base al costo e al tempo di percorrenza. DISTANZA Nelle scelte localizzative il fattore distanza entra in gioco in molti altri aspetti della nostra vita: dalla scelta del luogo di studio, al lavoro, alla presenza dei servizi e dei mercati, all’abitazione, al turismo e allo svago.

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Le scelte localizzative seguono il criterio di minimizzare gli effetti della distanza per ridurne i costi, questo perché uno degli effetti della distanza è ancora oggi quello di attenuare le relazioni, le reti e l’intensità delle attività umane. La diffusione delle innovazioni rallenta all’aumentare della distanza dalle aree centrali, così come l’intensità degli spostamenti diminuisce all’aumentare della distanza (ad esempio il pendolarismo). In sintesi, le principali interazioni della distanza relativa sono: distanza-accessibilità, misura la facilità o difficoltà a raggiungere un luogo; distanza-costo, misura i costi di trasporto in relazione al tempo di percorrenza e alla frequenza dei collegamenti; distanza-densità, la regola è che quando aumenta la distanza chilometrica dal centro urbano la densità della popolazione diminuisce; distanza-valore del suolo, la regola è che all’aumentare della distanza dal centro il valore del suolo diminuisce (rendita di posizione); distanza-sociale ed economica, tra luoghi centrali e luoghi periferici (ad esempio, i differenziali di reddito, occupazione, istruzione, ecc.). ACCESSIBILITÀ L’accessibilità misura il tempo necessario per giungere in un luogo (facilità/difficoltà). La regola generale è che l’accessibilità tenda ad essere massima nel centro e diminuisca rapidamente all’aumentare della distanza dal centro. La diversa inclinazione delle curve gaussiane di accessibilità dipende dai valori dei coefficienti angolari di ogni retta. Le città globali e le grandi città sono i luoghi dove l’accessibilità è massima perché le modalità di trasporto sono molteplici e più intense (strade, autostrade, aeroporti) a differenza delle aree

periferiche e marginali dove l’accessibilità è minore. Si tratta di un elemento importante per la mobilità delle persone, delle merci e delle informazioni e dipende dalla qualità e dalla quantità delle reti di trasporto, dalle politiche infrastrutturali e in ultima analisi dal livello complessivo di sviluppo locale, regionale e nazionale. Dal punto di vista geografico i componenti principali dell’accessibilità sono: la distanza, la gravitazione e l’interazione tra due o più luoghi; questo tipo di analisi spaziale concerne essenzialmente lo sviluppo delle reti di trasporto, la valutazione delle diverse tipologie di trasporto (tempi, costi, intensità) e i loro impatti sul territorio. AGGLOMERAZIONE Le attività umane tendono a concentrarsi sul territorio per usufruire delle economie di agglomerazione o economie esterne. Alfred Marshall ha introdotto la categoria di analisi delle economie esterne di agglomerazione proprio per descrivere i vantaggi che le imprese ricevono da localizzarsi vicine le une alle altre in uno spazio limitato e contiguo. Le economie di agglomerazione sono considerate come economie di scala esterne, dove per esterne si intende esterne alle imprese a differenza delle economie di scala interne che si ottengono internamente all’impresa (all’aumentare delle dimensioni d’impresa il costo unitario della produzione diminuisce). Nelle economie di agglomerazione, i vantaggi economici che ne derivano si traducono in risparmi per le imprese e per le collettività. Ad esempio, costruendo le infrastrutture, dalle reti viarie alle reti distributive dell’energia e dell’acqua, per un numero sufficientemente adeguato di popolazione o di imprese, i costi unitari si ridurranno sensibilmente. Inoltre, l’agglomerazione facilita e avvantaggia la diffusione delle innovazioni, delle idee, della conoscenza e degli scambi in generale. In breve, a seconda delle scelte localizzative che le imprese o gli abitanti compiono si possono ottenere maggiori o minori vantaggi (o economie esterne) e questo è stato descritto da Marshall come un meccanismo cumulativo che si autoalimenta. Marshall nel 1890 è stato il primo economista a osservare questi effetti territoriali utili alle imprese definendoli «economie esterne» (per differenziarle dalle economie di scala (interne) delle singole imprese). Per Marshall si tratta di «un processo che si autoalimenta e che contribuisce ad alimentare il meccanismo cumulativo. ECONOMIE DI AGGLOMERAZIONE: LOCALIZZAZIONE E URBANIZZAZIONE Le economie di agglomerazione generano vantaggi economici per le imprese grazie alle scelte localizzative degli imprenditori che traggono vantaggi economici dalla concentrazione e dalla vicinanza spaziale (agglomerazione territoriale). I risparmi dei costi dipendono dalle relazioni che

si creano tra le imprese in un’area geografica ristretta (come, ad esempio, i distretti e le aree industriali, i sistemi territoriali di piccole e medie imprese). Economie di agglomerazione = contiguità, vicinanza, accessibilità, densità. I vantaggi sono legati alla riduzione dei costi (di trasporto, delle reti distributive), aumento dei profitti (scambi di mercato, diffusione delle innovazioni, informazioni).

1.

2.

Le economie di agglomerazione a loro volta si distinguono in due tipologie: economie di localizzazione, la vicinanza geografica tra le singole imprese facilita la divisione per fasi del processo produttivo, riduce i costi relativi ai servizi alle imprese (logistica e trasporti, servizi finanziari e commerciali); economie di urbanizzazione, il centro urbano offre alle imprese un ampio e differenziato mercato del lavoro; un ampio mercato di sbocco; presenza di servizi di rango superiore; ottima accessibilità (reti di trasporto); rapida diffusione delle innovazioni. ECONOMIE ESTERNE DI URBANIZZAZIONE

A. B. C. D. E.

Nelle economie di agglomerazione le economie di urbanizzazione derivano da: Urbanizzazione primaria (infrastrutture tecniche; es. reti stradali); Facilità di scambi di merci e mercato del lavoro differenziato e qualificato; Formazione di un mercato sempre più vasto e differenziato; Presenza di servizi pubblici (infrastrutture sociali; es. istruzione, sanità); Presenza di servizi privati (alle imprese e alle famiglie). ECONOMIE ESTERNE

a) b)

Economie esterne (esternalità positive) = i vantaggi che le imprese ottengono grazie alle caratteristiche organizzative del territorio dove sono insediate, cioè alla loro localizzazione (luogo) che è definita da: la posizione del luogo/territorio rispetto al mercato, alla città, alle reti di trasporto, la posizione geografica può essere centrale, periferica, marginale; L’ accessibilità, misurata dalla distanza relativa. La localizzazione esprime le modalità dell’organizzazione territoriale e la densità delle relazioni orizzontali e verticali. Il risultato può essere quello di una localizzazione territoriale più o meno favorevole in termini di maggiori/minori economie esterne per le imprese e per la collettività (sistema economico e sociale). Ma l’eccessiva agglomerazione può formare delle diseconomie esterne (esternalità negative) = in questo caso la localizzazione risulta svantaggiosa per le imprese per eccesso di agglomerazione (es. congestione traffico, inquinamento, costi elevati).

DISECONOMIE DI AGGLOMERAZIONE/ ESTERNALITÀ NEGATIVE A volte, l’eccessiva agglomerazione può originare delle diseconomie esterne (o esternalità negative) che possono generare svantaggi in termini di minori risparmi (oppure costi più elevati) per le imprese e per gli abitanti (ad esempio, congestione traffico, inquinamento, prezzi elevati del suolo e delle abitazioni, peggioramento della qualità dei servizi pubblici per l’eccessivo sovraccarico). Per individuare la dimensione ottimale necessaria sia per massimizzare i vantaggi derivanti dalle agglomerazioni urbane sia per evidenziare l’inizio delle diseconomie possono essere tracciate le principali curve di agglomerazione relative ai servizi che le città offrono: reti di trasporto, distribuzione dell’energia, istruzione e lavoro (Fig. 2.6). All’aumentare del numero di abitanti anche i vantaggi dell’agglomerazione aumentano ma quando si supera una certa soglia i vantaggi a mano a mano si riducono fino a diventare delle vere e proprie diseconomie di agglomerazione (reti di trasporto e servizi scolastici congestionati). Queste curve hanno un andamento prima crescente (maggiori economie di agglomerazione) e poi decrescente (minori economie di agglomerazione e diseconomie) in relazione all’aumento del numero di abitanti di un centro urbano. ECONOMIE/DISECONOMIE DI AGGLOMERAZIONE (modello di Walter Isard, 1962)

DENSITÀ

Una semplice misura dell’agglomerazione è data dalla densità: della popolazione, delle imprese, degli occupati. Per densità si intende la quantità di persone, attività, servizi, imprese, biodiversità, ecc. presenti in un luogo. Si misura mettendo al numeratore la variabile scelta, che può essere il numero di abitanti, di imprese, di occupati, disoccupati, ecc. e al denominatore la superficie territoriale di riferimento (chilometri, metri) dalla scala locale fino al mondo. Anche nel caso della densità vige la regola che all’aumentare della distanza dal centro la densità diminuisce.

1.

2.

a.

b.

DIFFUSIONE, FLUSSI E INTERAZIONE In geografia i processi di diffusione spaziale (delle idee, del sapere, delle attività economiche, delle invenzioni e innovazioni, delle informazioni) sono particolarmente importanti e studiati perché assumono significato se posti in relazione alla dimensione territoriale e al tempo di diffusione. La diffusione spaziale può avvenire per: espansione da un’area di orig...


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