I Carusi - Onofrio Tomaselli PDF

Title I Carusi - Onofrio Tomaselli
Author Diana Alexandra Chelba
Course Arte - 5 anno
Institution Liceo (Italia)
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Summary

Analisi dell'opera...


Description

I Carusi - Onofrio Tomaselli Onofrio Tomaselli nasce il 3 agosto 1866 a Bagheria ed inizia la sua formazione presso lo studio del pittore palermitano Pietro Volpes, che era un manierista, discepolo del Patania. Successivamente soggiornò a Napoli subendo l’influenza della migliore scuola napoletana dell’epoca come Dalbono, Altamura e in particolare Morelli. Il suo esordio avvenne all’esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92 con opere che risultano ad oggi disperse. Nella mostra visibile negli spazi di Trionfante Antichità, troviamo dei delicatissimi acquarelli raffiguranti volti o nudi di donna, così come ritratti e innumerevoli paesaggi ad olio su tavola o tela in cui possiamo intravedere - come d’altronde veniva tramandato ai posteri dal suo allievo Amorelli - una personalità appassionata della propria attività considerata anzitutto come mezzo di affermazione del proprio romantico desiderio interiore di creatività. Tra i dipinti più importanti di Tomaselli vi è ‘’I Carusi’’, realizzato nel 1905 in seguito ad un temporaneo soggiorno del pittore presso il barone La Lumia, proprietario di miniere di zolfo. L’opera è intesa come un grido contro lo sfruttamento minorile nelle zolfare dell’entroterra siciliano. Ma l'interpretazione che Gioacchino Guttuso Fasulo dà del quadro, in riferimento al problema dello sfruttamento del lavoro minorile, afferma: « È il passaggio montuoso pieno di luce di una zolfara siciliana, il teatro di quello sconcio sociale di cui si sono tanto vanamente occupati gli umanisti del giorno; dove giovanissime creature si logorano in un lavoro consumatore della mente e della fibra […]. Rilevo soltanto che il monito sociale non è mai emerso con tanta ripercussione di pena […] così come avviene da questo quadro suggestivo, palpitante di vita […]. » Guttuso si ispirerà a Tomaselli con la Zolfara del 1953-55 dove vecchi e carusi sono chiusi nel ventre della terra. Richiama la novella di Rosso Malpelo di Verga, dove descrive accuratamente le condizioni di vita dei carusi di miniera, e il film di Aurelio Grimaldi “La Discesa di Aclà a Floristella” ambientato nella Sicilia degli anni ’30, dove viene analizzata l'allucinante vita di Aclà, un povero caruso di 11 anni affidato dal padre a un picconiere e viene sfruttato e abusato nella miniera di Floristella. Anche il racconto ''Ciàula scopre la luna'' in Novelle per un anno di Pirandello tratta la storia di un caruso di miniera, che per la prima volta vede la luna nella notte, di cui aveva sempre avuto paura. Descritti in tanti romanzi e novelle di autori famosi, sfruttati e maltrattati da un sistema che non ammetteva pietà, i carusi erano ragazzini, "picciriddi di 7 - 8 anni che aiutavano la famiglia a ''buscare' un pezzo di pane. Molti di loro a quei tempi venivano venduti ai Capi partita per cento o duecento lire e il padre non poteva più riaverli, fino a quando non

restituiva i soldi ricevuti.” Il termine siciliano carusi letteralmente significa "ragazzi" e deriva dall'espressione latina carens usu che significa "mancante d'esperienza". Il quadro fu ispirato dal terribile incidente della miniera di Gessolungo, avvenuto nel 1881, e va visto come un tributo dell'artista ai 19 giovani che persero la vita nell'incendio di alcune gallerie sotterranee. Nel quadro il pittore illumina i fanciulli che emergono dall'oscurità della miniera con un sole radente che fa pensare ad un tardo pomeriggio: la luce è chiara, l'atmosfera sembra calda in contrasto con il freddo e il buio delle viscere della terra. I bambini escono finalmente dalla miniera anche se, provati dal peso dei sacchi, sembrano profondamente stanchi, tanto che il loro passo risulta lento e strascicato. Uno di loro, stremato, è raffigurato accasciato a terra, con gli occhi chiusi, quasi vinto dalla stanchezza. Anche gli occhi degli altri bambini sono rivolti verso il basso, la testa è china e tutto, nel loro corpo, sembra voler testimoniare la condizione di fatica e abbrutimento cui erano costretti in così giovane età. L’opera venne presentata all'Esposizione Internazionale di Milano del 1906. La tela si trova oggi esposta alla Galleria d'arte moderna Sant'Anna di Palermo. E' facile comprendere in quali condizioni fisiche e morali crescessero questi ragazzi. Spesso era dato vedere dei corpi sbilenchi, con le gambe ad angolo per l'abitudine a camminare sotto gravi pesi; le ginocchia di una grossezza eccezionale, la pancia rigonfia, fenomeno dovuto alla malaria e combattuta con mezzi empirici, sconoscendosi il chinino, cioé inghiottendo grani di pepe o infusi fatti con legno cassio.

Moralmente questi ragazzi venivano su in condizioni ancora più spaventose; abbrutiti per non avere conosciuto le gioie dell'infanzia spensierata, avendo vissuto in luoghi in cui facilmente potevano svilupparsi gli istinti più bestiali, privi di una benché minima educazione scolastica e immersi nel più totale analfabetismo. Solo alla metà del XX secolo questa situazione di sfruttamento si attenuerà per cessare negli anni fra il 1967 ed il 1970. Nei processi effettuati negli anni cinquanta sono emerse testimonianze raccapriccianti contro gli sfruttatori....


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