IL Giusrazionalismo Moderno PDF

Title IL Giusrazionalismo Moderno
Course Filosofia del diritto
Institution Università degli Studi di Torino
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IL GIUSRAZIONALISMO MODERNO Il secolo XVII trovò nell’ambito filosofico del tempo elementi che contribuirono a formare la concezione di un diritto naturale evidente, universale ed eterno. In particolare si fa riferimento all’idealismo cartesiano; il quale prevede tre regole: la prima è quella dell’evidenza razionale non ammettere come verità nulla che non sia evidente per lo spirito, la seconda è la regola dell’analisi, ovvero, dividere ogni problema in tanti elementi minori quanti sono necessari a risolverlo. La terza è la regola della sintesi: cominciare dagli elementi più facili e progredire successivamente verso la conoscenza dei più complessi. Per Cartesio dunque, la chiave della comprensione non stava nell’osservazione della realtà empirica, ma in una pura riflessione razionale, isolata, incurante delle realtà esterne. Cartesio, si era laureato in diritto a Potiers nel 1618, tema centrale della sua tesi era l’ingiustizia che deriverebbe dal non seguire ciò che si può intuire come evidente su se stessi, cioè l’esistenza di una volontà e di una ragione. In particolare la questione riguardava la formalità richieste dal diritto dei testamenti. Cartesio cercava di dimostrare che le formalità prescritte dal diritto positivo non dovevano essere rispettate laddove ostacolassero il diritto naturale. Idea che venne presa in considerazione da filosofi e giuristi, molti dei quali iniziarono a privilegiare il diritto naturale ovvero un diritto che progredisse attraverso un’estensione degli stessi tramite la deduzione (ragione individuale), di scoprire le regole del giusto sottratto alla contingenza in quanto radicato in un ordine razionale. Il diritto naturale così concepito si impose nella cultura giuridica europea del secolo. Questo nuovo giusrazionalismo era basato sull’osservazione e sulla ragione. L’osservazione era fatta delle società umane, storiche ed attuali, molte opere prendono esempio dalla storia e dalla vita contemporanea. Ma accanto alla l’osservazione operava la ragione la quale: identificava assiomi della natura dell’uomo- per esempio l’uomo è governato dall’istinto di conservazione (John Locke), ha un diritto naturale all’autodifesa e alla punizione delle ingiurie che gli vengono arrecate (Locke), la giustizia è ciò che si conforma al tempo stesso della bontà (Leibniz), la volontà generale è maggiore della somma delle volontà particolari (Rousseau), e definiva i procedimenti intellettuali capaci di dedurre altre norme dagli assiomi. Il modello della natura da quale gli autori partono è quello meccanicistico. La sostituzione di una struttura mentale teologia con un’altra dominata del nuovo pensiero scientifico si manifesta nella sostituzione di un modello finalistico con un modello meccanicistico. E’ l’individuo il punto di appoggio di tutte le costruzioni del diritto naturale, sebbene muti da autore ad autore la definizione delle sue caratteristiche più rilevanti ad esempio ce chi pone il desiderio di felicità rispetto a l’impulso alla conservazione individuale. In riferimento ad un ordine sociale naturale si diffonde l’idea nuova che i vincoli e la disciplina sociale sono fat artificiali, corrispondenti alla creazione dell’ordine politico mediante un accordo di volontà, la quale diventa così l’unica fonte della disciplina civile e politica. L’idea che l’individuo, preso in isolamento, sciolto dai legami in cui è inserito risale al nominalismo di Duns Scoto e Ockham, la spinta decisiva però fu data da cartesianesimo e dall’empirismo ognuno con la propria definizione. La definizione dell’uomo sostenuta dal cartesianesimo era quella di un essere razionale e libero. La razionalità era ciò che gli permetteva di intuire la sua esistenza come soggetto pensante, e questa gli appariva come isolata. La combinazione di ragione e volontà permettevano di giungere ad un terzo attributo: la libertà che si poteva definire come la capacità di dominare le passioni e di agire in funzione dei dettami della ragione. All’individuo cosi concepito gli si riconoscevano due dirit: di usare la ragione nel campo teorico, e quello di sviluppare razionalmente la propria personalità nel campo pratico dell’azione. L’ empirismo partiva da un’osservazione meno idealizzata ma attenta agli esseri umani cosi come sono osservabili empiricamente: l’uomo concreto è guidato dagli istinti (di conservazione, di perpetuazione). Ad essi il diritto doveva garantire il libero corso, poiché si poteva affermare che la loro soddisfazione costituiva un diritto naturale. Ma poiché, il pieno soddisfacimento dagli istinti poteva creare conflit con gli altri individui, ugualmente liberi, esso doveva obbedire a un calcolo razionale su ciò che maggiormente poteva contribuire alla creazione di uno stato di felicità duratura. Di fronte alla necessità naturale di agire razionalmente o istintivamente la società appare come un ostacolo, poiché, in essa non è possibile dare libero corso agli impulsi senza cozzare con i proget di azione degli altri individui. Pertanto i giusnaturalisti sostengono in prevalenza che l’istituzione della società organizzata rappresenta un limite ai dirit naturali, limite necessario. Spinti dalla considerazione dagli interessi della vita comune, gli uomini concludono fra loro un patto col quale limitano la propria libertà naturale, consegnando nelle mani dei governanti il potere di emanare regole di convivenza obbligatorie. E’ il composto dal patto di associazione, con il quale gli individui si accordano a dar vita a una società e il patto di sottomissione, con il quale essi scelgono una forma di governo e la consegnano al governante (o governanti).

Il secondo: 

Hobbes: sostiene che sono i pericoli dello “stato di natura” a spingere gli uomini trasferire tut i propri dirit al principe, affinchè si prenda cura del bene e della felicità individuale, con la limitazione di governare razionalmente, ossia in forma adeguata agli obbietvi posti all’origine dell’istituzione della società politica: assicurare la pace e la difesa comune. Il diritto naturale scompare con l’istituzione della società politica, perché una volta istituito il sovrano come unico legislatore, non c’è spazio per un diritto che non abbia origine da lui. Le leggi naturali valgono soltanto se non siano contradette dalle leggi positive, poste dalla volontà del sovrano.



Locke: la costituzione dello stato politico non cancella i dirit di cui gli individui disponevano dello stato di natura. Lo stato politico garantisce una migliore amministrazione dei dirit naturali, sostituendo la difesa e la vendetta privata con la tutela da parte di un’autorità pubblica. Il sovrano è obbligato a rispettare il diritto naturale i dirit politici dei cittadini.

Dal punto di vista delle forme politiche. Il giusrazionalismo di dispiega in due grandi orientamenti: quello demoliberale inaugurato da Locke, e quello assolutistico che ha origine in Hobbes e Pufendorf.

LE RADICI STORICHE DEL POSITIVISMO GIURIDICO MODERNO: IL DIRITTO POSITIVO E LA SOCIETA’ DISCIPLINARE La società moderna nasce a partire dal 500, con la crisi della società medievale e sulla base di profondi cambiamenti: 





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Dal punto di vista della tecnologia e dell’economia si instaurano modelli produtvi, prima mercantilistici e poi capitalistici, fondati su scambi commerciali intensi ed estesi e su processi di produzione industriale di beni e servizi, sempre più complessi. Questo comporta anche una crescita della disuguaglianza tra le classi sociali con i relativi conflit tra borghesia (che sostituisce l’aristocrazia al vertice della società) e il proletariato. Si afferma la concezione della scienza galileiana che studia l’universo con il metodo dell’osservazione empirica e della dimostrazione razionale. Al modello finalistico della natura, per il quale l’universo è stato creato da Dio e tutte le creature hanno uno scopo a cui tendere, si sostituisce il modello meccanicistico che poi Hobbes porrà a fondamento delle teorie contrattualistiche del diritto naturale moderno. Si affermano due elementi culturali: il primo è il processo di secolarizzazione, causato dalle guerre di religione dopo la Rif. protestante, che tende alla separazione tra sfera religiosa e sfera politico-giuridica. Il diritto viene quindi pensato come separato dalla morale, dalla religione e dalla politica. Il secondo è l’individualismo moderno secondo cui l’individuo può essere pensato come privo di relazioni e formazioni sociali che lo limitano nella sua libertà. Da qui nasce l’idea, elaborata dal giusnaturalismo, di stato di natura come condizione di assoluta libertà, dalla quale occorre uscire attraverso il contratto sociale con cui si cedono al sovrano parte delle proprie libertà in cambio di maggior sicurezza e ordine. Individualismo e secolarizzazione portano ad un affievolimento della coscienza colletva, ovvero dei valori e principi colletvamente riconosciuti. Dopo i secoli di frammentazione del particolarismo medievale, nascono forme di organizzazione politica caratterizzate da un ente sovrano centralizzato che ha il monopolio dell’uso legitmo della forza entro un territorio. In un primo momento, che Weber chiama Stato patrimoniale, il sovrano è un primus inter pares, si avvale di fiduciari legati a lui da un rapporto fiduciario e amministra lo Stato come un patrimonio privato. Successivamente i rapporti tra sovrano e funzionari divennero più impersonali fino a costituire apparati burocratici che agiscono con imparzialità e formalismo giuridico Si sviluppano i dispositivi del potere disciplinare, descrit da Michael Foucault, cioè strategie per disciplinare l’agire umano fondate sulla concezione panotca dell’istituzione totale, elaborata da Jeremy Bentham. Il panopticom è un sistema con cui sorvegliare e condizionare il comportamento di masse di individui internati dentro istituzioni totali con regole da rispettare e sotto stretta sorveglianza. Vi è quindi un sorvegliante, posto in una torre centrale, che può sempre tenere sotto controllo i sorvegliati, senza che questi sappiano esattamente quando sono sottoposti a tale sorveglianza. Questo fa si che il soggetto interiorizzi l’obbedienza alla norma. In questo modo, al potere centrale dello stato, si aggiunge una rete di dispositivi di potere volti a regolare e standardizzare il comportamento umano.

CAMPO GIURIDICO MEDIOEVALE Il pensiero sociale e politico medioevale era dominato dall’idea dell’esistenza di un ordine universale ( cosmos) che include uomini e cose orientando tutte le creature verso un obbietvo ultimo, che il pensiero cristiano identifica nel Creatore. In una società profondamente cristiana il racconto della Creazione non cessò mai di svolgere un ruolo strutturante, racconto che ispirò il pensiero sociale medievale e moderno. A dominare l’interpretazione della vita, le rappresentazioni del mondo, della società e dell’azioni degli uomini c’è l’ordine, il quale prima di essere una norma formale di diritto, era anche una norma spontanea di vita. Onestà, onere, verità e bontà rinviavano all’idea corrente che il comportamento giusto fosse quello che rispettava la proporzione, l’equilibrio, la moderazione, la verità del mondo, delle persone, delle cose. Vivere onestamente significava aderire alla natura delle cose, avere onere significava rispettare la verità delle cose, invece, la bontà spettava a chi era capace di intuire il senso dell’ordine, quindi caratteristica di chi doveva giudicare. Dall’imperativo di onestà e di verità derivava l’importanza attribuita ai dispositivi miranti a rendere visibile l’ordine essenziale delle cose e delle persone: titoli e trattamenti, carattere statutari. Il linguaggio corrente delle società di antico regime è molto ricco di formule di designazione, di classificazione, di gerarchizzazione. Un'altra costruzione, era la reinvenzione di un ordine di governo del mondo a colpi di immaginazione, volontà politica o testi legali. Si sottolineava il carattere naturale della costituzione sociale, cioè l’idea che essa dipende dalla natura delle cose e che pertanto è sottratta al potere dispositivo della volontà. La legge fondamentale di una società dipende altrettanto poco dalla volontà, quanto la fisiologia del corpo umano o l’ordine della natura. Sorano e vassalli possono temporaneamente allontanarsi dalle leggi naturali dell’ordine sociale, i popoli possono scegliere le forme di governo: monarchia, aristocrazia, democrazia, ma la costituzione naturale si conserva sempre come criterio superiore per inferire la legitmità del diritto statuito dal potere. Cosi il diritto svolge una funzione costituzionale, si impone a ogni potere, quindi tutta l’atvità politica appare sottoposta al modello , ovvero tutta l’atvità dei poteri superiori è vista come orientata alla soluzione dei conflit tra sfere di interesse, conflit che il potere risolve . In caso contrario il governo diventa tirannide e può (e deve) essere oggetto di resistenza. All’interno dell’ordine perfetto, secondo Francisco Suarez, è possibile che esistano delle disuguaglianze di status cosi come di governo politico, le prime non potevano derivare da qualche imperfezione intrinseca, poiché gli uomini erano essere perfet, ma da circostanze degli elementi, dall’influenza dei cieli, dalla diversità del nutrimento degli uomini. Il governo e la soggezione politica discendevano dai vantaggi dell’associarsi fra persone diverse e complementari e dalla necessita naturale di governo che l’associazione comporta. Esso non era coatvo ma solo diretvo, ed era accettato spontaneamente. L’ordine e la conseguente disuguaglianza erano dunque compatibili con la pienezza e la perfezione, non importando il minor valore di un esser rispetto agli altri. Il pensiero sociale e politico, che domina l’Europa medievale e moderna, prevede che l’essere si integra in egual dignità nell’ordine divino. L’umile deve mantenersi nella posizione subordinata che gli compete, particolarmente sul piano dell’ordine e del governo politico. . In principio uno status corrisponde a un luogo nell’ordine, a un compito o dovere sociale. Nella società tradizionale si individuano tre uffici sociali: la milizia, la religione e il lavoro nei campi. Classifica che si mantenne nel sistema rappresentativo dei parlamenti sino alla fin dell’antico regime. Ma in altri campi della realtà giuridica e politica gli status erano molto più numerosi. La concezione dell’universo di titolari di dirit come un universo di status conduce a una personificazione degli stessi. Ossia a ritenere che un individuo possegga vari status e che in lui coincidano varie persone. Di fronte alla molteplicità di status, la materialità fisica e psicologia dell’uomo sparisce. La persona cessa di corrispondere a un sostrato fisico, passando a costituire un ente che il diritto crea in ogni suo aspetto, faccia, situazione e status in cui l’individuo gli si presenti. L’uomo considerato in un certo stato, da un punto di vista di una certa qualità, gode di dirit diversi da quelli di cui godono gli altri uomini. Se sono le (i ruoli sociali) a contare come sogget di dirit e di obbligazioni, esse possono moltiplicarsi dando sangue e vita giuridica autonoma a ciascuna situazione in cui gli uomini si pongono in relazione tra loro. Grazie al diritto la società si riempie di una pletora infinita di persone, nella quale si specchia e riverbera, al rimo delle multiformi relazione mutue, il mondo finito degli uomini. La mobilità degli status rispetto ai supporti fisici è tale da far ammettere la continuità e l’identità di una persona ancorchè muti l’identità dell’individuo fisico. La relazione tra status e individuo arriva ad apparire invertita, attribuendosi allo status (alla qualità) il potere di mutare l’aspetto fisico dell’individuo.

In una realtà giuridica decisiva, la vera persona giuridica è lo status, che è permanente, e non gli individui. L’uomo senza status non è persona....


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