Title | Il ruolo del coordinatore pedagogico |
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Course | Coordinamento socio pedagogico |
Institution | Università degli Studi di Firenze |
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Riassunto del libro sopra citato per esame della prof.ssa Silva UniFi. Contiene domande dell'esame scritto....
Identità e funzioni del coordinatore pedagogico
1.
Lo
sviluppo
della
figura
del
coordinatore
pedagogico in Italia L’esigenza di un coordinamento organico tra le diverse strutture educative pubbliche e private rivolte ai bambini piccoli è un bisogno rilevato a livello internazionale (cfr. Musatti, Meyer, 2003) e nello specifico caso italiano si tratta di una figura presente nella legislazione di quelle regioni pioniere nell’attivazione dei servizi per l’infanzia ma che solo recentemente ha trovato un certo riconoscimento. Le prime figure di coordinatore pedagogico sono nate verso la metà degli anni Settanta per effetto delle nuove esigenze poste dalla nascita degli asili nidi. Personalità d’eccezione quali Loris Malaguzzi a Reggio Emilia, Bruno Ciari a Bologna, Sergio Neri a Modena, Duilio Santarini a Forlì,
hanno
saputo
interpretare
i
bisogni
derivanti
dall’attivazione di uno stato sociale che tentava di dare risposte alle grandi trasformazioni sociali ed economiche del paese. Il loro insegnamento ha influenzato positivamente la scelta dei comuni più attenti, che cominciano ad avvalersi della
nuova
assegnato
il
attraverso
la
figura
del
compito
coordinatore, di
formazione
al
riqualificazione degli
educatori
quale
viene
dei
servizi
e
il
loro
coordinamento sul territorio. Si tratta di un dibattito sia
politico
sia
pedagogico,
che
riguarda
l’impulso
alla
diffusione del nido sul territorio, ma anche le problematiche più tecniche, relative al ruolo e ai compiti dell’educatore, alla
necessità
del
coinvolgimento
delle
famiglie,
alle
caratteristiche degli ambienti e della organizzazione degli spazi, ecc. La carenza di una legislazione nazionale sulla figura del coordinatore pedagogico, che ne fissi con chiarezza il profilo, ha
tuttavia impedito per molti anni di portare a
sintesi le molte esperienze realizzate in varie regioni del centro e del nord. Vista da un’ altra angolatura proprio tale carenza ha favorito il crescere di molte esperienze che, seppur diversificate, hanno evidenziato negli anni che la presenza di una struttura di coordinamento pedagogico costituisce il principale indicatore di qualità del sistema di servizi per l’infanzia ed è pure un elemento essenziale nel garantire al nido d’infanzia un carattere squisitamente educativo. A
partire
dagli
anni
Ottanta
i
responsabili
amministrativi affiancati dai coordinatori pedagogici hanno cosi promosso la riorganizzare dei servizi esistenti e l’apertura di nuovi, seguendo una linea tesa a creare servizi di buona qualità per i bambini da zero a tre anni. In
questo
coordinatore
è
contesto andata
la
riflessione
complicandosi
sul
ruolo
ulteriormente
del in
quanto si è aperto, in particolare nelle regioni centrosettentrionali e anche in Toscana, un nuovo spazio per soggetti - quali le cooperative sociali - che, in virtù dell'attuale
quadro
normativo,
hanno
una
maggiore
possibilità di utilizzare in maniera flessibile le risorse umane di cui dispongono, tra cui anche il coordinatore pedagogico.
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In questo clima di grande trasformazione gli enti locali e regionali attraverso il coordinamento pedagogico operano uno stimolo costante affinché anche il privato mantenga un'attenzione puntuale per la qualità dei servizi.
2. Le competenze del coordinatore pedagogico Proprio in virtù della complessità del lavoro che viene a svolgere,
il
coordinatore
pedagogico
ha
bisogno
di
competenze diversificate che si riferiscono a tutti quegli aspetti che riguardano la vita del nido e dei servizi per l’infanzia. Il suo impegno è rivolto infatti non solo verso gli educatori e di conseguenza verso i bambini, ma anche verso l’amministrazione comunale e i genitori. In sintesi, il coordinatore necessita di: - competenze pedagogiche - competenze progettuali - capacità relazionali e comunicative - capacità organizzative - conoscenze sugli aspetti politico-amministrativi. Il coordinatore collabora con gli educatori alla messa a punto dei significati educativi dell’esperienza dei servizi per l’infanzia per i bambini, interrogandosi sulle routine, sulle pratiche educative e sulle richieste rivolte ai genitori, sull’uso degli spazi e così via. A tal fine è necessaria una continua osservazione delle dinamiche, delle azioni e dei processi educativi, oltre che la capacità di stimolare costantemente gli educatori a una riflessività sul proprio operato utile per migliorare i servizi e valutare se gli
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obiettivi educativi sono stati realizzati e in che misura. La capacità progettuale richiesta al coordinatore pedagogico dipende molto dalla sua capacità di osservazione della realtà dei servizi e dalla sua capacità di coinvolgimento degli
educatori
che
lavorano
in
essi.
Per
sviluppare
correttamente un progetto, il coordinatore deve anche contare su una buona attività di documentazione delle attività e delle azioni svolte e su una efficace valutazione dei servizi, in base a una metodologia condivisa con gli educatori. Si tratta di un lavoro di equipe, fondato sulla relazione costante e produttiva con gli educatori. Nei confronti degli educatori il coordinatore ha il compito di stimolare e favorire la capacità progettuale dei gruppi di lavoro e allo stesso
tempo
professionale.
promuovere Gli
sono
il
quindi
loro
aggiornamento
richieste
approfondite
capacità comunicative e relazionali, in quanto uno dei suoi compiti fondamentali è quello di favorire il buon funzionamento dei gruppi di lavoro nei singoli nidi o servizi educativi.
Grazie
all’attuazione
di
queste
capacità
il
coordinatore viene a essere colui che rilancia i gruppi verso nuove sfide educative sottraendole a quel modo di lavorare acritico e abitudinario. Questo modo di lavorare è favorito da una conoscenza delle tecniche di comunicazione le quali permettono una corretta interazione tra adulti all’interno dei gruppi di lavoro. Il buon funzionamento di quest'ultimo, infatti, è alla base di una reale qualificazione dell'asilo nido poiché si fonda sul superamento di una concezione individualisticoprivatistica all’esigenza
dell'educazione di
rendere
e
risponde
veramente
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nel
contempo
democratica
la
conduzione della struttura formativa. In questo modo, inoltre,
vengono
ancor
più
valorizzate
le
specifiche
competenze di cui i singoli educatori sono portatori, che così possono essere utilmente messe a disposizione dei colleghi. «La posizione di colui che coordina il gruppo si può, infatti, definire centrale, per cui si richiede una competenza non solo pedagogica, ma anche una capacità a gestire i gruppi di lavoro sul piano dei contenuti, delle relazioni e delle
comunicazioni
interpersonali
che
si
elaborano
all’interno dei collettivi. L’importanza del coordinatoreconduttore e della sua presenza all’interno dei gruppi è evidente, in quanto, poiché egli non è implicato nella dinamica operativa e relazionale del gruppo […], costituisce il suo ruolo in funzione anche della mediazione della comunicazione e quindi diventa un riferimento costante che stimola all’analisi ed alla discussione» (Restuccia Saitta 2006, 39). Compito del coordinatore, in effetti, è anche quello di stimolare la riflessività delle educatrici, in maniera che riescano a categorizzare il più possibile la loro esperienza, promuovendola al rango di pratica professionale. «In definitiva
le
funzioni
del
Coordinatore
pedagogico
in
relazione alla conduzione e gestione dei collettivi sono legate alle sue competenze in merito a: capacità di analisi per sostenere il gruppo nell’elaborazione del Progetto pedagogico; capacità di organizzare i mezzi d’azione più efficaci per permettere al gruppo di raggiungere gli obiettivi prefissati; capacità di sintesi che
aiuti il gruppo
ad
assumersi e portare a termine i compiti affidati; capacità di comunicare, per consentire a se stresso e agli altri di
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scambiare i significati delle proprie esperienze» (ivi, 4243). In
questo
modo
la
figura
del
coordinatore
non
corrisponde più soltanto all’immagine di colui che prende le decisioni,
ma
corrisponde,
semmai,
a
quella
del
“facilitatore”, che rende il “collettivo” più responsabile ed orientato al lavoro cooperativo. Le
competenze
comunicative
e
relazionali
che
consentono al coordinatore di instaurare una proficua collaborazione con gli educatori se si associano a una competenza
organizzativa
permettono
di
evitare
il
rischio di una problematizzazione sterile e inefficace. Il coordinatore ha quindi il compito di tirare le fila dei risultati emersi dai momenti di riflessione collettivi e dalla rilettura dei processi in atto, stimolando il gruppo a muoversi entro una sorta di cultura d’impresa, che comporta uno sforzo di razionalizzazione su più piani, compreso quello dei costi economici. Il momento organizzativo non si risolve nella sola progettazione delle funzioni, dei ruoli e dei processi coinvolti nella struttura organizzativa dei servizi, ma include anche tutta la sfera dei significati attribuiti dagli educatori ai servizi, il rapporto tra calendari e orari, i bisogni di cura delle famiglie, cioè tutti quegli aspetti che a prima vista non rientrano nello schema operativo dell’organizzazione, ma che di fatto formano la trama stessa dei servizi. In questo modo il coordinatore può mirare a tenere insieme l’aspetto dell’organizzazione dei servizi con il raggiungimento degli obiettivi pedagogici e sociali degli stessi. Al
fine
amministratori
di il
una
collaborazione
coordinatore
deve
proficua possedere
con
gli
anche
abilità politiche che gli permettano di creare un clima
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disteso utile per la definizione di un progetto educativo rispetto
a
cui
responsabili.
gli
Proprio
stessi per
amministrativi questo
gli
si
sono
sentano
necessarie
conoscenze rispetto agli aspetti amministrativi, che devono essere ben amalgamate con quelle di tipo educativo e pedagogico. Tutte queste competenze fanno sì che il coordinatore pedagogico viene a disporre di quella autorevolezza e di quella considerazione che sono essenziali nell’ambito di un lavoro di gruppo.
3- Il coordinatore pedagogico e le nuove tipologie di servizi per l’infanzia I mutamenti sociali e demografici che hanno segnato l’evoluzione divorzio,
della
società
aumento
multiculturalità)
italiana
(calo
dell’istruzione,
hanno
modificato
delle
nascite,
l’accentuarsi i
modi
di
della
formare
famiglia e di vivere in famiglia, facendo emergere nei bambini e nei loro genitori nuovi bisogni. Di qui l’affermarsi accanto ai nidi tradizionali
di servizi flessibili nei tempi di
apertura e articolati nelle proposte così da dar modo alle famiglie di optare per i modi e i tempi di frequenza più adatti
alle
loro
esigenze
specifiche.
Le
prime
forme
complementari al nido d’infanzia nascono intorno alla metà degli
anni
Ottanta,
fornendo
alle
famiglie
maggiore
possibilità di scelta in quanto a orari e soluzioni fino ad allora non previste dai nidi comunali preesistenti. La Legge 285 del 1997 (Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza) introduce il
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finanziamento
pubblico
dei
nuovi
servizi,
definiti
«integrativi» allo scopo di sottolineare la loro funzione complementare
e
non
concorrenziale
rispetto
al
nido
tradizionale. Accanto ai servizi gestiti dai comuni sono andati aumentando quelli gestiti da privati (cooperative, associazioni, società con finalità sociali) in convenzione con i comuni, così come quelli direttamente attivati e gestiti da privati. Fanno parte dei servizi integrativi disponibili oggi in molte realtà italiane lo spazio gioco, il centro dei bambini e delle famiglie, il servizio domiciliare e il nido aziendale. Lo spazio
gioco
è
finalizzato
a
offrire
opportunità
di
socializzazione e di gioco a gruppi di bambini di 2-3 anni di età con una frequenza contenuta (mediamente 2-3 ore al giorno, fino a un massimo di 6) e un’apertura settimanale variabile fino a cinque giorni alla settimana per oltre nove mesi di calendario (cfr. Catarsi, Fortunati, 2004, pp. 34, 39). Il centro dei bambini e delle famiglie è progettato per fornire insieme opportunità di socializzazione e gioco a gruppi di bambini da 0 a 3 anni e di socializzazione delle proprie esperienze a gruppi di genitori, con orario di frequenza breve (2 o 3 ore) per una o più volte alla settimana secondo un calendario di apertura di otto mesi l’anno (cfr. ibidem). Il servizio domiciliare accoglie solo un ristretto numero di bambini (in genere non più di cinque) e può essere realizzato o presso l’abitazione di uno dei bambini utenti (“nido familiare”), o presso quella di un educatore (“nido domiciliare”). Nel primo caso l’orario è prevalentemente limitato alla sola mattina con un’apertura di otto mesi l’anno circa, mentre nel secondo il calendario è analogo a quello dei nidi d’infanzia, ovvero dieci mesi di
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apertura per cinque giorni settimanali e oltre cinque ore di frequenza quotidiana (cfr. ivi, pp. 34, 39-40). Il nido aziendale, nonostante la sua denominazione, non per forza è situato presso un’azienda e non necessariamente è aperto solo ai figli dei dipendenti dell’azienda stessa, ma può accogliere anche un’utenza proveniente dalla comunità locale (cfr. ivi, p. 34). Poiché rappresentano un’integrazione di servizi già presenti
sul
territorio,
questi
servizi
hanno
una
distribuzione che di fatto ricalca quella dei nidi d’infanzia, di fatto rafforzando la storica diversificazione sulla penisola tra aree provviste e aree sprovviste di servizi (cfr. ivi, p. 36). In
questo
contesto
di grandi
innovazioni
viene
rilanciata con maggior forza e interesse la figura del coordinatore pedagogico, visto che le cosiddette “nuove tipologie”
di
servizi
sollevano
l’esigenza
di
soluzioni
gestionali nuove capaci di dare risposta ai bisogni di socializzazione
e
sviluppo
dei
bambini
piccoli.
Il
coordinatore non è più solo un organizzatore di servizi, ma si deve occupare anche della formazione e del sostegno del personale, del rapporto con le nuove fasce di utenza e del coinvolgimento delle famiglie nella cura e nell’educazione infantile oltre che dell’offerta di occasioni ludiche e di socializzazione a un numero più ampio di bambini sotto i tre anni. Considerando che i nuovi servizi sono affidati per lo più a cooperative sociali o persino sono interamente promossi e gestiti da privati, il coordinatore pedagogico diventa un anello importante nella creazione di un’alleanza tra gli enti locali e il privato sociale, facendo così da garante di una prestazione educativa di qualità.
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Il coordinatore pedagogico si trova così a intervenire nel rapporto con il privato che gestisce servizi propri in autonomia. Da
questo
punto
di vista
il
coordinatore
pedagogico è coinvolto in alcune procedure: a) l'autorizzazione al funzionamento dei servizi privati b) il loro accreditamento c) la erogazioni di titoli per l'acquisto di servizi sociali Tutta la materia è regolata dalla legge 328/2000 (Legge Turco) di riforma del welfare, che definisce le linee generali valide per tutto il paese e, in questo ambito, assegna alle Regioni il compito di emanare una specifica normativa in materia
e
ai
Comuni
la
funzione
di
assegnare
concretamente autorizzazione e accreditamento. Allo stato attuale, i punti che sono stati ritenuti cruciali, da
parte
di
Regioni
e
Comuni,
per
la
concessione
dell’accreditamento ai servizi per la prima infanzia già dotati di autorizzazione sono i seguenti: 1. esistenza di un progetto pedagogico comprensivo non solo delle finalità educative e della programmazione delle attività , ma anche delle modalità organizzative e di funzionamento del servizio; 2. presenza della figura del coordinatore (dove non sia già prevista per avere l'autorizzazione) 3. attività di formazione periodica del personale 4. disponibilità a collaborare tra soggetti gestori pubblici e privati per la realizzazione del sistema educativo integrato; 5. presenza di specifici organismi per la partecipazione di famiglie e operatori; 6. adozione
di
specifici
strumenti
e
metodologie
di
valutazione del servizio; 7. universalità dell'accesso e ammissione prioritaria di
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bambini con disabilità o svantaggio socio-economico. I “titoli”, ovvero incentivi economici per le famiglie previsti sempre dalla legge 328/2000, hanno avuto, nelle diverse
realtà,
declinazioni
differenti
tra
loro:
...