LA Comunicazione Narrativa (pdf) PDF

Title LA Comunicazione Narrativa (pdf)
Author Alberto Pilone
Course Semiotica
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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La comunicazione narrativa

Semiotica

SEMIOTICA LA COMUNICAZIONE NARRATIVA 1. STORYTELLING 1.1 Homo narrans Narrazioni iniziano a essere indagate tra anni '60 e '70 grazie alla Scuola di Parigi (Barthes, Todorov, Genette). Intenti: identificare unità minimali delle narrazioni e creare grammatica universale del racconto. Prima fase mette a punto strumenti di analisi essenziali per classificare: - posizione del narratore nella storia - rapporto tra tempo della storia narrata e tempo del discorso che la narra - punto di vista attraverso cui storia è raccontata. → ogni storia finiva per assomigliare alle altre, non si percepiscono elementi differenziali. Negli anni '90 (Herman) lo studio delle narrazioni imbocca nuova strada: cognitivismo + neuroscienze + studi delle intelligenze artificiali → collaborazione pluridisciplinare. Studiosi di letteratura hanno ruolo minore rispetto al passato. Cognitivisti si rendono conto che la nostra mente si fonda su connessione crono-causale di episodi, cioè narrazioni in cui impariamo a: - correlare eventi secondo rapporti di causa-effetto, - interpretare un fatto esterno come motore di un cambiamento interiore, - rapportare la nostra evoluzione interiore al contesto in cui agiamo. Neuroscienziati osservano che quando osserviamo qualcosa, lo classifichiamo sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivato da esperienze registrate nella memoria → ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pregresso. Story-telling → capacità di elaborare una narrazione, classificando la rappresentazione mentale dello status in cui ci si trova, colmando le lacune di informazioni attraverso la memoria. Oggi sti stanno perdendo i vecchi orizzonti d'attesa e si sta resettando la nostra mente su nuovi schemi narrativi, per questo motivo lo studio delle pratiche narrative è essenziale. Non sta avvenendo una semplice rivisitazione del romanzo. Sono stati fatti studi sull'importanza della strutturazione narrativa (Polletta, Cornog): - vita politica (è stata confezionata una narrazione versatile nel mondo della politica) - mondo del marketing (marche si sono smaterializzate). 1.2 La nuova frontiera degli studi sulle pratiche narrative: schema e script Schema: detto anche frame, teoria che si basa sulla convinzione che ogni nostra esperienza viene compresa sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivato da esperienze simili registrate nella memoria → ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pre-esistente. Sistema di attese si forma a partire dal 3° anno di età, attraverso una lenta comparazione cognitiva tra ciò che accade intorno al bambino e la memoria di ciò che gli è accaduto. Tuttavia la sola competenza nel classificare gli schemata non è sufficiente per comprendere la realtà né per farci agire secondo convenzioni pragmatiche → uno schema è solo un'etichetta astratta. Processo statico. Script: capacità di codificare quello che avviene entro gli schemata astratti. Questi scripts si riferiscono a processi dinamici → modo in cui si producono attese, relativamente alla maniera in cui si verificano le sequenze di eventi. Possono essere classificati in: - situazionali: riguardano l'orizzonte di attesa delle situazioni quotidiane; - personali: riguardano i ruoli (geloso, corteggiatore, lunatico ecc); - strumentali: riguardano le microazioni necessarie a pervenire a uno scopo. Cognitivisti e neuroscienziati hanno classificato in 7 componenti il nucleo essenziale di qualsiasi narrazione: 1. setting: ambientazione spazio-contestuale, 2. fattore causale: induce una trasformazione iniziale del setting, 3. risposta interna: motivazione dell'attore nel reagire alla trasformazione del setting, 4. obiettivo: direzione del desiderio da parte dell'attore di ridefinire il setting attraverso 5. un'intenzione: da questa s genera 6. un'azione consequenziale: questa genera infine una 7. reazione. → 2 certezze: - si ricorda meglio un testo che conferma il normale andamento degli story schemata, - si comprende meglio un testo se esistono all'interno di esso numerose connessioni causali.

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Ogni narrazione si organizza intorno al desiderio da parte di un attore di promuovere e perseguire un obiettivo, malgrado gli ostacoli che incontra e che tenta di rimuovere. A 3 anni ogni bambino impara a elaborare uno stile di storytelling secondo questo schema e riempie le lacune con informazioni ricavate dalla memoria semantica (registra schemata), poi legge gli eventi che accadono grazie alla memoria episodica (registra script). Difficoltà della comprensione narrativa dei bambini deriva dal loro decifit classificatorio in termini di memoria semantica e da un eccesso di memoria episodica. Gli animali vivono una cultura episodica, legata al qui e ora, mentre l'uomo possiede la capacità di “prevedere il futuro”. Raccontare qualcosa significa connettere un accadimento a uno schema di riferimento e inserirlo in una catena processuale che permette di predire gli eventi futuri. Dalle pratiche narrative dipende il modo in cui gli individui ricorrono alla propria immaginazione predittiva. Narrazioni letterarie contrastano gli schemata più ordinari. Teoria del comico (di Salvatore Attardo) → si ha un effetto umoristico quando un testo descrive una situazione che si rivela compatibile con due schemata o script opposti. Globalizzazione culturale rende necessaria la discrepanza di schemata e script → necessario per l'accettazione di altre culture o accettazione tra individui diversi. Web, sit-com, internet, tv, cinema, riviste provocano crescita della domanda sociale di narrazioni, proliferazione di pratiche narrative incentrate sul contrasto tra schemata o script differenti. 1.3 Forme primarie Esistono caratteristiche esterne e formali riconoscibili in base alle quali possiamo dire che qualcosa è narrativo rispetto a qualcosa che non lo è. Esiste un principio oggettivo in base al quale classificare le pratiche narrative come buone o cattive, felici o fallimentari? • Monika Fludernik → l'uomo osserva il mondo in forma narrativa per potergli assegnare un ordine e un'esplicabilità razionale che altrimenti esso non possiederebbe. Non ci sono oggettivamente narrazioni, ma soggettivamente. Storytelling comunica ed è un'esperienza filtrata dalla coscienza individuale, non può fare a meno di un lettore/ascoltatore che riconosca il mondo esperienziale: i destinatari costruiscono i testi nei termini di quello che loro conoscono e considerano familiare → tendono a narrativizzare tutto. • Hayden White → i processi di narrativizzazione consistono nel dare forma narrativa a un resoconto aneddotico o storico per facilitare comprensione dei fenomeni rappresentati. Ogni resoconto storico è una storificazione, cioè la trasformazione del materiale storico in forma di racconto. 4 tipologie di storificazione, in corrispondenza a determinate scelte etico-politiche: 1) ROMANZO (anarchismo) → metaforico 2) COMMEDIA (conservatorismo) → retorica di tipo metonimico 3) TRAGEDIA (radicalismo) → usa la sineddoche 4) SATIRA (liberalismo) → ironica. • Carlo Ginzburg → sostiene che l'allargamento del concetto di narratizzazione induce a invalidare le testimonianze storiche e a ridurre la separazione tra verità e finzione. Altra critica: molti sostengono che debba esistere nelle narrazioni un conflitto, in modo tale che ogni evento può avere valenze multifunzionali (es: Edipo Re → matrimonio con Giocasta è soddisfazione di un desiderio, adempimento di una profezia, violazione di un divieto e pretesto per una punizione). • Marie-Laure Ryan → sostiene che situazione narrativa ottimale si ha quando la multifunzionalità si declina in una serie di storie virtuali, che tendono ad aprire biforcazioni nello storyworld → serie di azioni diverse e opposte tra loro che creano un vasto campo di possibilità non realizzate. Architesto: categoria che sta sopra a quella di “genere”. Si pensava che Platone e Aristotele avessero creato la teoria dei 3 generi (epica, lirica, dramma), ma loro avevano in realtà elaborato un sistema di modi, cioè una classificazione fondata sulla forma che la narrazione assume discorsivamente; in realtà furono i romantici tedeschi a reinterpretare il sistema dei modi come sistema dei generi, generando confusione. Genere: categoria astratta sotto la quale i testi letterari possono essere raggruppati secondo caratteristiche formali e tematiche. Architesto: insieme delle categorie generali (tipi di discorso, modi d'enunciazione, generi letterari) cui appartiene ogni singolo testo. Genere letterario è quindi solo una categoria. Architestualità: relazione del testo con il suo architesto, è in grado di mettere in relazione un testo con altri testi. Folklore: insieme di tradizioni popolari trasmesse oralmente e relative a una determinata area geografica o popolazione. 1897 Jolles pubblica un saggio su questo argomento → folklore NON deriva solamente dall'identificare credenze, tradizioni, costumi arcaici sopravvissuti in età moderna, MA queste sopravvivenze hanno un valore intrinseco; Jolles dice che tutto quello che appartiene al folklore è la trasformazione in immagine della realtà → folklore è una scienza ausiliaria necessaria per recupero delle fasi di crescita e di sviluppo delle capacità di rappresentazione dell'uomo. Letetratura è un fatto interpersonale, folklore costituisce la sfera delle rappresentazioni extrapersonali, dove tutto è modificabile e nulla appartiene a un volere personale, MA l'emittente può introdurre modifiche che entreranno a far parte del patrimonio folklorico solo se coerenti con il sistema culturale della comunità.

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Lavoro di comparazione dei folktales da parte della scuola antropologica inglese, interpretando questi come narrazioni legate a gruppi sociali fondati su culture agricole e sedentarie. Tesi → storytelling hanno cercato di risolvere i problemi fondamentali dell'esistenza. Storytelling è come un rituale che protegge l'uomo. Raccontare significa esistere, esserci contro le avversità del contesto sociale o naturale. Fin dall'inizio → diffusione di pratiche narrative problem-solving (fiabe, miti, leggende) per spiegare fenomeni oscuri. Per avere una natura apotropaica, lo storytelling deve avere determinate caratteristiche (come la sequenza di un rito). Axel Olrik (scuola finlandese) ne elenca 8: 1. legge dell'apertura e della chiusura → racconto non cmincia mai con un'azione improvvisa e non si conclude di colpo: si va da stato di quiete a stato di movimento e alla fine si va a uno stato di quiete provvisorio e non definitivo. 2. legge della ripetizione → NO descrizioni elaborate o nessi causali logicamente nitidi, ricorso all'uso di ripetizione di singoli elementi o di intere sequenze. 3. legge dei due personaggi sulla scena → story-telling folklorico può far interagire solo due personaggi e quando ne compare un terzo ha ruolo di spettatore silenzioso. 4. legge della contrapposizione binaria → ogni folktale è dominato da opposizioni (giovane/vecchio, grande/ piccolo, umano/non-umano ecc). 5. legge dei gemelli → quando due personaggi sono gemelli o ricoprono lo stesso ruolo, appaiono piccoli e deboli (Romolo e Remo, Hansel e Gretel); nel caso in cui loro ruolo sia cruciale, sono subordinati a legge della contrapposizione binaria → uno opposto dell'altro (Dioscuri: uno mortale, l'altro immortale). 6. legge dell'intreccio monotendenziale → narrazioni moderne amano intrecciare, mentre folktales non ha vicende che si complicano in episodi interrotti e ripresi, ma binario unico. 7. legge della situazione plastica centrale → agglomerazione dell'intero racconto intorno a una scena principale a elevata densità plastica. 8. legge della monoattorialità → protagonista e trama sono correlati; a volte ci sono una serie di avventure collegate solo dal fatto di avere un unico personaggio come protagonista. Jolles teorizza invece le forme semplici → ciò che si è generato spontaneamente in contesti comunicativi quotidiani, senza costruzione estetica consapevole (forme tipiche nella cultura popolare che si caratterizzano per semplicità strutturale e brevità). NO dimensione lineare della storia: preferisce una prospettiva circolare. FORME SEMPLICI DI JOLLES: 1. Leggenda → nasce nel 13° secolo per narrare vita di un santo per indicare che ogni esistenza individuale vale solo nella misura in cui può fungere da modello esemplare di cristianità e di capacità di dare luogo a eventi straordinari. (Età moderna → record , da recordari → impresa straordinaria, degna di essere ricordata). 2. Saga (o leggenda profana) → si riferisce a eventi significativi in termini di clan, famiglie, stirpi; sempre connessa a movimenti intra o internazionali di gruppi etnici o culturali → in tempo di crisi funge da coagulante sociale attraverso l'attivarsi di meccanismi quali il vincolo di parentela, vendetta del sangue, faida ecc. 1800: vasto numero di romanzi genealogico-familiari per conservare memoria di una coesione comunitaria che avrebbe rischiato di andare perduta. (Età moderna → soap-opera). 3. Mito → non prescinde mai dall'intervento di un oracolo dotato di forza predittiva, sua funzione è dare risposta a domande che uomini si pongono riguardo realtà terrena. 4. Memorabile → resoconto di un fatto saliente attraverso il ricorso a dettagli concreti che garantiscono autenticità di ciò che è stato narrato. 5. Fiaba → dà al lettore un senso di sognante soddisfazione per il fatto che tutto procede come dovrebbe se la realtà fosse perfetta. 6. Scherzo → forma di storytelling che sovverte le restrizioni del linguaggio, della logica e dell'etica per liberare da ogni inibizione (età moderna → parodia). A differenza di quanto pensava Pier Paolo Pasolini (omologazione culturale del ceto medio), il folklore è una realtà dinamica, funzionale agli stili di vita e in grado di agire attivamente sui processi di costruzione sociale. Un tema, un racconto diventano folklorici quando sono accolti da un'intera cominità → fiction televisive sono un prodotto neofolklorico. 1.4 Dove tutto ha origine: lo storytelling mitico-rituale Mito originariamente indicava ogni parola che contenesse la conoscenza di una realtà non immediatamente evidente, fatta propria di una cultura collettiva e dalla tradizione orale. Mito: aspetto teorico. Rito: aspetto pratico. Hans Blumenberg → i miti sono storie con alto grado di stabilità nel loro nucleo narrativi e con variabilità marginale marcata. La loro stabilità permette di riconoscerli in rappresentazioni artistiche o rituali, la loro modificabilità sollecita a sperimentare mezzi nuovi e personali di presentazione. Produttività storica del testo mitico → processo di risemantizzazione e rinarrabilità.

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Mythos è diverso da logos (Aristotele, “Poetica”): Logos → argomento, imitazione delle azioni nel mondo reale. Mythos → trama, combinazione degli eventi che accadono all'interno della storia. Max Muller → 1800, prime teorizzazioni sistematiche sul mito. Antiche metafore avrebbero generato racconti con funzione di spiegare ciò che in passato non era chiaro + necessità di dare un senso alle cose. Processo mitopoietico → ciò che prima erano descrizioni metaforiche dei fenomeni naturali, divengono drammi in cui attori sono personaggi divini. Inoltre miti erano una strategia di addomesticamento degli aspetti perturbanti del mondo della vita. Edward B. Tylor → mito nascerebbe per spiegare eventi che accadono nel mondo fisico e si costruirebbe su principi diversi da quelli logici e razionali. Risultato del mito: epistemologico (conoscenza del mondo). James George Frazer → risultato del mito: pratico (controllo del mondo). Classifica il mito nella categoria delle narrazioni tradizionali in prosa (con fiaba e leggenda), e ne individua i caratteri distintivi: fiabe sono racconti inventati trasmessi oralmente su fatti immaginari, senza pretesa di essere creduti veri; leggende sono racconti che si riferiscono a personaggi del passato contestualizzati in località precise; miti sono spiegazioni erronee di fenomeni naturali e umani. Per entrambi, il mito e la scienza coprirebbero il medesimo range di fenomeni. MA: Mito → legato alla religione. Attribuisce eventi alle decisioni degli dei. Scienza → si riferisce a processi impersonali e oggettivi. Nel 1900 viene messa in discussione questa visione del mito e soprattutto la contrapposizione tra scienza e mito. Bronislaw Malinowski → culture primitive possiedono narrazioni mitiche ma anche cognizioni scientifiche: ricorrono alla scienza per spiegare e controllare il mondo fisico, usano il mito per riconciliarsi con gli aspetti inspiegabili del mondo e per compattare la comunità sociale. Fornisce definizione di mito → modello di comportamento politico, economico, morale e rituale. NO interpretazione simbolica del mito. Claude Lèvi-Strauss → considera mito come oggetto semiotico, un linguaggio di cui vanno individuati la grammatica e i meccanismi di significazione. Prende distanze da Tylor, concorda con Propp nel sottolineare che la fiaba non va isolata dal mito, ma definisce un errore aver ipotizzato un rapporto di derivazione storica della prima rispetto al secondo. Essi sono due specie in un unico genere, legate da un rapporto di complementarità. Introduce concetto di mitema → unità costitutive fondamentali del discorso mitologico; significato si origina dalla relazione con unità affini. Es: MITO DI EDIPO → significato di un mito non deriva dall'intreccio narrativo ma dalle relazioni a livello di struttura profonda tra le classi di mitemi nei quali esso può essere scomposto. Caratteristica distintiva del mito → risolvere o mitigare i conflitti, creando mediazioni tra entità contrapposte. I miti d'oggi (Barthes) sarebbero una forma di rappresentazione collettiva di cui si serve la borghesia per trasformare un fatto sociale e culturale storicamente determinato, in un fatto naturale e universale → cioè in oggetto mitico. Strategia di mitificazione è legata alla sopravvivenza, perchè in situazioni in cui non si sa se sia presente un agente intelligente, sarebbe utile presumerne la presenza. Epica: lungo poema narrativo in cui eroe compie azioni imponenti, in interazione con gli Dei. È uno dei generi più duraturi, ha dato vita a sottogeneri (epica eroica, epica celebrativa di un popolo, epica storica, epica cavalleresca, epica cristiana, epica allegorica, epica satirica). All'inizio l'epos ha cercato di istituire un corpus narrativo a uso della collettività. Poi epos si sarebbe diffuso per porre argine alla dissoluzione degli ordinamenti sociali nel corso della separazione delle tribù. Narrazioni epiche prendono corpo in momenti di declino storico → idealizzazione. Eroi epici devono destare amminazione perchè possiedono qualità in più rispetto a individui normali. Epos nasce in ambito di culture orali → dizione formulaica (presenza di formule esprimenti temi e motivi che si ripetono). Caratteristiche dell'oralità: - ricordo ad epiteti standard - scene o azioni tipiche (vestizioni, sacrifici ecc) - versi ricorrenti - temi codificati. Anche se epica successiva è stata pensata per scrittura, mantiene comunque elementi orali che furono considerati tipici dall'epica classica →tutti elementi conducono a una conclusione definitiva: questo aumenta illusione che esista un modello da seguire, un destino che deve adempiersi. Ciò che deve essere assente nell'epica → l'avventura intesa come incontro con l'ignoto e l'inatteso, episodi immotivati che caratterizzano invece il romanzo. Caratteristiche principali dell'epos a base omerica: - invocazione alle muse. Queste non trasformano il poeta in un semplice portavoce, ma è un segno del suo status professionale e della sua autorevolezza;

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- inizio in medias res. Narratore omerico si concentra su una fase particolare della guerra di Troia o delle avventure di Odisseo e rievoca le vicende restanti in scene che le raccontano o tramite resoconti fatti dagli eroi; - similitudine. Talvolta assai prolungata. - Alta incidenza del discorso diretto. Testimonianza del rilievo della parola nel mondo eroico → ero...


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